Uso psicofarmaci e ansilolitici

Egregi Dottori,
ho 27 anni,dallì eta di 17 anni circa assumo psicofarmaci per curare una depressione che , durante la mia adolescenza,è poi sfociata in disturbi del comportamento alimentare.
Successivamente sospesi la cura per circa 1 anno o poco piu.La situazione era decisamente migliorata anche se il controllo del peso e l'importanza della forma fisica erano fondamentali per mantenere un equilibrio psichico.
All'eta di 21 anni dopo una grande delusione sentimentale sfociai in una bulimia notturna che mi portò a prendere 15 kg.( senza compensazione)
Durante quel periodo iniziai ad assumere 2 compresse di fluoxetina da 20 mg ciscuna e xanax (fino ad 1 mg )due compresse al giorno.Poco dopo iniziai una psicoterapia.
Sono andata avanti con la terapia fino a febbraio 2012.Sentendomi continuamente ovattata ,poco lucida , deconcentrata e con una nausea quasi continua decisi di diminuire gradualmente l'assunsione dei farmaci.
Per alcuni mesi nonostane l' aumento dell aggressività e presa di coscienca sono riuscita a stare meglio e quasi speravo di poter finalmente riprendere in mano la mia vita.
Purtroppo gia verso maggio si sono manifestate forti crisi di ansia estraneamento e forte preoccupazione per il mio futuro.(incapacità decisionale e forte insicurezza)
Ho quindi ri iniziato ad assumere xanax 0,25 in un primo momento una volta ogni due giorni fino a 2 o 3 volte per evitare le continue crisi di pianto che sembrano essere a questo punto prevedibili entro determinate fasce orarie.

Importante precisare che in tutto questo percorso,al di la della nutrizionista e in seguito della psicologa , psichiatra (che avrebbe preferito che seguissi un percorso di medicina alternativa ) sono stata seguita da mio padre.neurologo.
Adesso che credo che se pur depressa vedo le cose con piu realismo mi rendo conto di aver sbagliato a seguire le indicazioni di mio padre in quanto familiare e probabilmente adesso avrei potuto affrontare il problema in maniera differente.

Adesso continuo con ad essere seguita dalla mia psichiatra che mi ha dato l'iperico tintura madre 60 goccia al giorno (mattina e sera) e xanax all occorrenza (anche se è molto contraria).
Mio padre ovviamente è contro questo tipo di cura che definisce "all acqua di rose" e pensa che il percorso con gli psicofarmaci era l'unico che dovrei perseguire.
Io adesso mi trovo con una dipendenza da xanax,che ancora non riesco a scalare se pur volendo con conseguente calo dell'attenzione , difficoltà di concentrazione e elaborazione del pensiero e preoccupante calo di memoria.
Adesso sono confusa perchè non so a chi affidarmi.
Non vedo risultati e temo che andando avanti così con lo xanax possa rimanere in una fase di stallo se non regredire.

Mi rendo conto di essermi dilungata,ma ho cercato di introdurre nel modo piu sintetico possibile la mia situazione .
Sarebbe per molto importante avere opinioni da professionisti come Voi in merito a questo mio percorso e nel caso qualche consiglio.

Grazie
[#1]
Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119
Gentile utente,
Lei scrive:
<<..Adesso sono confusa perchè non so a chi affidarmi..>>

Tuttavia, mi sembra che Lei ha già preso una strada corretta, e cioè affidarsi alla Sua psichiatra.

L'iperico può avere l'efficacia antidepressiva, e può condividere con la Fluoxetina alcuni meccanismi d'azione che sono importanti anche nella cura dei disturbi di alimentazione; anche il dosaggio dell'iperico è terapeutico. Bisogna notare che la latenza dell'effetto dell'iperico può essere più lunga rispetto ai farmaci "sintetici", ma ci vuole un po' più di pazienza; inoltre è importante notare che le diverse preparazioni a base di iperico differiscono fra di loro nell'efficacia (è una caratteristica di tutti i medicinli erboristici: dipende dalla ditta produtrice, perfino dal lotto; ci sono i produttori più affidabili e meno affidabili; importante che sul contenitore sia menzionato il contenuto, in percentuale, in principi attivi dell'iperico), per cui è un aspetto sul quale porre l'attenzione della Sua psichiatra, e ricorrere, asseime con lei, alle modifiche, se necessario.

Come scrivevo, l'iperico può essere un valido antidepressivo, ma non bisogna nemmeno sopravalutare l'aspetto farmacologico, come se tutto dipendesse da questo. L'aspetto farmacologico è importante, ed è anche importante non modificare la cura da soli o sulla decisione dei parenti, ma le oscillazioni dello stato di compenso della Sua malattia potevano essere legate anche ai fattori controllabili (e che potranno controllare con l'approccio psicoterapeutico e ambientale). Anzi, adesso questi aspetti possono essere ancora più importanti.

Anche per quanto riguarda lo Xanax posso condividere a grandi linee l'approccio della Sua psichiatra, salvo forse la tendenza di ridurrlo troppo velocemente e di usarlo solo al bisogno. Lo Xanax è un medicinale cui uso deve essere limitato nel tempo, perché è una cura sntomatica e non risolutiva a lungo termine. Molte persone, conoscendo l'effetto "sicuro", "pronto" di questo medicinale, ne ricorrono, pensando che questo è "un giusto medicinale, che aiuta", pensano anche di essere più "pratici" con esso, siccome "solo sintomatico", ne hanno anche meno paura. In sostanza, in tal modo molte persone anche colludono con la propria tendenza a "minimizzare" il problema, risolverlo in un modo "casalingo", ma lo Xanax non è affatto un rimedio casalingo, è un potente psicofarmaco, e, anziche "contenere" il problema, Lei stessa sa che cosa succede. Da quello che sono riuscito a capire, la dipendenza da Xanax è frutto in gran parte del ricorso al tale farmaco nell'arco di quest'anno, per contenere la ricaduta (in modo autonomo ?).

Se si è instaurata la dipendenza dallo Xanax, i sintomi che Lei descrive sono molto probabili alla sospensione troppo brusca. Non bisogna averne paura, ma bisogna discutere con la Sua psichiatra come orientare la cura per minimizzare tali effetti da sospensione. Bisogna che la sospensione sia abbastanza graduale, e correlata al raggiungimento di un maggior compenso proveniente dalle altre cure (iperico, psicoterapia). Può aver senso discutere con la Sua psichiatra di fare un programma di sospensione, magari basata su una graduale diminuzione dei dosaggi fissi. Qui comunque ci sono approcci diversi e quello che esprimo non è la regola universale.

Per quanto riguarda invece il Suo padre, con tutto il rispetto verso di lui, non porrei la questione nei termini della scelta. Lui è il Suo padre e non è il Suo medico. Inoltre, il disturbo che ha Lei non è di competenza della neurologia. Nonostante che molti neurologi si sentono qualificati di curare le malattie psichiche, non si tratta delle loro strette competenze. Al giorno d'oggi le linee di specializzazione sono più nette di quanto anni fa, ma molte persone proseguono a fare la confusione. C'è sicuramente ancora da aggiungere che i disturbi di alimentazione molto spesso sono correlate ad alcune dinamiche famigliari e ambientali, per cui il ruolo del Suo padre, in quanto il Suo parente avrebbe capito anche meglio da questo punto di vista: non intendo dire necessariamente "dal punto di vista patologico", ma in quanto parte importante del Suo ambiente. In altre parole, va curata non solo la persona, ma va curato anche il Suo ambiente, e spesso i programmi di cura integrata dei disturbi di alimentazione prevedono anche gli incontri con i genitori, perché l'andamento della malattia è spesso condizionata dal loro atteggiamento. Ovviamente, in modo tale da non compromettere la privacy del paziente ed il rapporto terapeutico. Per cui, spesso gli incontri coi genitori sono affidati ad un altro terapeuta, ma della stessa equipe.

Dunque, per quanto riguarda il Suo padre, non si tratta solo di non fare il medico nei Suoi confronti, ma, idealmente, anche di far parte del perocrso terapeutico in un certo senso come "paziente", ma non come "paziente" lui stesso, bensì, come "il genitore della paziente". Non so però quanta possa essere la disponibilità del Suo padre in tale ultimo senso; e, in genreale, tale coinvolgimento non è sempre attuabile. Ho scritto "idealmente", ma in realtà è da valutare bene se è opportuno o meno: ciò dipende non solo dal Suo padre, ma molto anche da Lei e da quello che potrete decidere assieme con i Suoi curanti.

Comunque, quando ho scritto "l'approccio psicoterapeutico e ambientale", nel "ambientale" mi riferivo anche all'ambiente della famiglia, anche se non solo. Quando ci sono, ad esempio, i rapporti sentimentali o di amiicizia, anche questi possono avere un notevole ruolo e talvolta possono essere coinvolti (sia nel decorso della malattia, sia nel processo di cura).

Dr. Alex Aleksey Gukov

[#2]
Utente
Utente
Gent.Dott.Alesky

La ringrazio molto per la risposta lunga e esauriente.
Da giugno circa prendo lo xanax per contenere la ricaduta,ho comunicata alla mia psichiatra le dosi che sto assumendo (2 volte al giorno) e anche lei è dell'idea di diminuire gradualmente.
Purtroppo sto provando da circa 1 mesi a diminuire le dosi ma non risultano sufficenti,i risultati sono crisi di pianto,forte agitazione e abbuffate.

La mia domanda sono :

1-dopo aver preso per questi anni, che ritengo molto importanti per la formazione di un individuo (17-26 ), psicofarmaci e ansiolitici è possibile che sia stato in qualche modo interrotto il mio percorso di maturazione?

2-Prima ero molto piu determinata , non avevo particolari difficoltà a prendere delle decisioni , ricordavo le cose senza problemi e elaboravo i pensieri in maniera veloce e chiara.
Adesso mi ritrovo una persona totalmente diversa e inoltre dopo la recente sospensione della fluoxetina mi sembra di essere come improvvisamente svegliata in una situazione che non mi appartiene.
Non sono piu lucida come prima,ho difficoltà a seguire i discorsi che non siano proprio banali e sento forti blocchi nell' affrontare molte piccole cose del quotidiano.
Puo essere che le prestazioneii del mio cervelllo
siano diminuite in seguito a questa cura prolungata?

3-
Tre anni fa,prima di iniziare la cura con gli psicofarmaci, mio padre ( sotto mia stupida richiesta visto l aumento notevole di peso ) mi diede l' ectiva,farmaco che ho preso per 8-9 mesi.Ho la sensazione che anche un farmaco come quello possa aver favorito,anche a distanza di tempo certe tensioni e ansie.Lei cosa pensa?


Spero mi possa rispondere,sono preoccupata di aver fatto un percorso per il quale resterò segnata il resto della mia vita,avei davverp voluto avere la conscemza di scegliere soluzioni alternative a suo tempo

La ringrazio nuovamente

Cordiali saluti








premetto che non prendevo psicofarmaci ancora
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