Cura contro ansia e depressione
Buonasera,sono in cura,con lamictal e xeristar. Il primo da 2 mesi, prima a bassa dose e ora a 100mg,il seconda da 2 anni e mezzo sempre a 60mg. Il mio specialista dice che lo xeristar è fondamentale per me. Da un mesetto non mi sono bene,sarà anche il mio lavoro un pò stressante. La cosa che noto è che il lamictal che mi era stato prescritto per aumentare il buon umore,invece il buon umore non c'è,non sono felice. Eppure faccio un lavoro che mi piace ma quando non sto bene non c'è niente da fare. Cosa mi consigliate?
[#1]
Gentile utente,
Le consiglio di riparlarne con lo specialista che La segue, facendo presente che:
- se la diagnosi è rimasta un disturbo d'ansia generalizzato, come Lei ha accennato nel Suo consulto precedente, vedrei, come la strategia, di dare più attenzione alla terapia antidepressiva che Lei già assume: Xeristar (cui principio attivo è la "duloxetina"). Dunque, bisogna valutare assieme con il Suo specialista se la dose va modificata.
- come Le ho risposto alla Sua richiesta di consulto precedente (all'inizio di questo anno), va definita meglio la diagnosi. Questo è importante. Non si può parlare dei farmaci a prescindere della diagnosi. Da lì si potrà capire anche meglio il razionale dell'aggiunta del Lamictal e le aspettative che se ne può avere.
- il Lamictal (cui primcipio attivo è la "lamotrigina") non è un antidepressivo. Può avere anche un effetto antidepressivo, ma in primo luogo è utilizzato in psichiatria come stabilizzante dell'umore (aiutando a ridurre le fluttuazioni dell'umore sia in basso, che in alto). Questo stabilizzatore di umore è noto per la sua capacità di essere efficace negli stati depressivi, anche da solo. Ma non perché è un farmaco antidepressivo, bensì perché favorisce la stabilizzazione dell'umore, aiuta all'umore a tornare alla sua normalità. Questo può richiedere più tempo.
- bisogna riuscire a distinguere fra quello che dipende dalla malattia e fra quello che dipende dal resto, abituarsi a tenere nella giusta considerazione i fattori di stress e non cercare di far fare ai farmaci quello che a loro non spetta. Se nell'ultimo periodo Lei si trova nelle condizioni di lavoro più stressanti, queste condizioni vanno ottimizzate, perché i farmaci possono lavorare su questi fattori solo fino ad un certo punto.
Le consiglio di riparlarne con lo specialista che La segue, facendo presente che:
- se la diagnosi è rimasta un disturbo d'ansia generalizzato, come Lei ha accennato nel Suo consulto precedente, vedrei, come la strategia, di dare più attenzione alla terapia antidepressiva che Lei già assume: Xeristar (cui principio attivo è la "duloxetina"). Dunque, bisogna valutare assieme con il Suo specialista se la dose va modificata.
- come Le ho risposto alla Sua richiesta di consulto precedente (all'inizio di questo anno), va definita meglio la diagnosi. Questo è importante. Non si può parlare dei farmaci a prescindere della diagnosi. Da lì si potrà capire anche meglio il razionale dell'aggiunta del Lamictal e le aspettative che se ne può avere.
- il Lamictal (cui primcipio attivo è la "lamotrigina") non è un antidepressivo. Può avere anche un effetto antidepressivo, ma in primo luogo è utilizzato in psichiatria come stabilizzante dell'umore (aiutando a ridurre le fluttuazioni dell'umore sia in basso, che in alto). Questo stabilizzatore di umore è noto per la sua capacità di essere efficace negli stati depressivi, anche da solo. Ma non perché è un farmaco antidepressivo, bensì perché favorisce la stabilizzazione dell'umore, aiuta all'umore a tornare alla sua normalità. Questo può richiedere più tempo.
- bisogna riuscire a distinguere fra quello che dipende dalla malattia e fra quello che dipende dal resto, abituarsi a tenere nella giusta considerazione i fattori di stress e non cercare di far fare ai farmaci quello che a loro non spetta. Se nell'ultimo periodo Lei si trova nelle condizioni di lavoro più stressanti, queste condizioni vanno ottimizzate, perché i farmaci possono lavorare su questi fattori solo fino ad un certo punto.
Dr. Alex Aleksey Gukov
[#2]
Gentile Utente,
i farmaci del tipo da lei assunti non servono a dare il "buon umore" o la "felicità" ma a curare condizioni per le quali esiste una loro indicazione come un disturbo depressivo, se lei ritiene che questa terapia non è soddisfacente deve farlo presente al suo curante che valuterà se sia necessaria un'integrazione, una modifica o un cambiamento sostanziale,
Saluti
i farmaci del tipo da lei assunti non servono a dare il "buon umore" o la "felicità" ma a curare condizioni per le quali esiste una loro indicazione come un disturbo depressivo, se lei ritiene che questa terapia non è soddisfacente deve farlo presente al suo curante che valuterà se sia necessaria un'integrazione, una modifica o un cambiamento sostanziale,
Saluti
Dr G. Nicolazzo
Specialista in Psichiatria
Psicoterapeuta
[#3]
Utente
Buonasera Dottori, ho omesso di dire nel vecchio post di una settimana fa che assumo il rivotril compresso 2mg ma da 2 mesi solo metà alla sera. Solo se è necessario lo prendo anche il giorno. Secondo voi questo farmaco è efficacie? A me forse non fa tanto effetto soprattuto adesso con una sola metà.
Grazie
Grazie
[#4]
Gentile utente,
il Rivotril (cui principio attivo è il "clonazepam") non è un antidepressivo, e non è una cura radicale nei disturbo d'ansia generalizzata, ma è un farmaco che poteva essere prescritto come ansiolitico ed ipnoinducente, e, alla dose sufficiente, poteva attenuare alcuni sintomi d'ansia.
Ovviamente, con la dose minore, l'effetto è minore, ma nel dire "fa effetto" o "non fa effetto" bisogna considerare quale tipo di effetto si attende.
Se si attende un effeto antidepressivo, il Rivotril può essere responsabile dell'effetto ansiolitico che attenua alcuni componenti ansiosi dello stato depressivo, ma non modifica il decorso della malattia, e, da solo, non fa guarire l'episodio depressivo. A certi dosaggi eccessivi può avere anche un effetto che accentua lo stato depressivo, perché è un farmaco sedativo.
Se si attende un effetto ansiolitico, il Rivotril può essere efficace, ma anche qui non modifica il decorso della malattia.
Insomma, bisogna considerare questo farmaco come coadiuvante ad altri farmaci che Lei assume (che sono la cura di base), e bisogna considerare che l'uso di questo farmaco dovrebbe essere possibilmente limitato nel tempo, per evitare di svilupparne l'assuefazione (la graduale perdità dell'effetto in funzione della durata di assunzione più protratta e delle dosi più alte) e la dipendenza.
Comunque, Le raccomando caldamente di discutere la Sua terapia con il Suo specialista: non cercare le soluzioni da solo. Se le dosi attuali del Rivotril sono ottimali o meno: lo deve decidere il Suo specialista.
un saluto
il Rivotril (cui principio attivo è il "clonazepam") non è un antidepressivo, e non è una cura radicale nei disturbo d'ansia generalizzata, ma è un farmaco che poteva essere prescritto come ansiolitico ed ipnoinducente, e, alla dose sufficiente, poteva attenuare alcuni sintomi d'ansia.
Ovviamente, con la dose minore, l'effetto è minore, ma nel dire "fa effetto" o "non fa effetto" bisogna considerare quale tipo di effetto si attende.
Se si attende un effeto antidepressivo, il Rivotril può essere responsabile dell'effetto ansiolitico che attenua alcuni componenti ansiosi dello stato depressivo, ma non modifica il decorso della malattia, e, da solo, non fa guarire l'episodio depressivo. A certi dosaggi eccessivi può avere anche un effetto che accentua lo stato depressivo, perché è un farmaco sedativo.
Se si attende un effetto ansiolitico, il Rivotril può essere efficace, ma anche qui non modifica il decorso della malattia.
Insomma, bisogna considerare questo farmaco come coadiuvante ad altri farmaci che Lei assume (che sono la cura di base), e bisogna considerare che l'uso di questo farmaco dovrebbe essere possibilmente limitato nel tempo, per evitare di svilupparne l'assuefazione (la graduale perdità dell'effetto in funzione della durata di assunzione più protratta e delle dosi più alte) e la dipendenza.
Comunque, Le raccomando caldamente di discutere la Sua terapia con il Suo specialista: non cercare le soluzioni da solo. Se le dosi attuali del Rivotril sono ottimali o meno: lo deve decidere il Suo specialista.
un saluto
[#6]
Gentile utente,
penso che telefonicamente non sempre si può rendersi conto della situazione. Bisogna fare la visita dal vivo.
Se la Sua salute psichica è per Lei importante, è un motivo sufficiente per chiedere di assentarsi e fare la visita e comunque per mettere il lavoro in questo periodo al secondo piano.
Se la visita dal Suo specialista non è possibile periche, ad essempio, Lei si trova in un'altra città, può rivolgersi al Pronto Soccorso più vicino, per chiedere una visita psichiatrica direttamente lì (la quale non penso che sarà risolutiva della problematica che dura da più tempo, ma forse sì della situazione strettamente attuale, se questa sta peggiorando).
un saluto
penso che telefonicamente non sempre si può rendersi conto della situazione. Bisogna fare la visita dal vivo.
Se la Sua salute psichica è per Lei importante, è un motivo sufficiente per chiedere di assentarsi e fare la visita e comunque per mettere il lavoro in questo periodo al secondo piano.
Se la visita dal Suo specialista non è possibile periche, ad essempio, Lei si trova in un'altra città, può rivolgersi al Pronto Soccorso più vicino, per chiedere una visita psichiatrica direttamente lì (la quale non penso che sarà risolutiva della problematica che dura da più tempo, ma forse sì della situazione strettamente attuale, se questa sta peggiorando).
un saluto
[#9]
Gentile utente,
per fare lo psichiatra ovviamente non basta fare gli studi. Se non tenessi conto della Sua situazione, non L'avrei consigliato di andare al Pronto Soccorso, e non avrei specificato che tale visita al Pronto Soccorso potrà risolvere o almeno attenuare lo stato attuale (il che è già importante), ma non necessariamente quello di base.
Nella Sua domanda comunque, più che una domanda, sento la Sua insoddisfazione per come Lei si sente considerato (o, piuttosto, per "non essere" considerato).
I consulti via internet non possono sostituire questa considerazione: forse invece è da migliorare qualcosa nel rapporto reale con il Suo specialista. Anche il leggere il grado di considerazione nell'approccio farmacologico o negli effetti dei farmaci è un grave errore: chi prescrive i farmaci deve avere la mente fredda, ed i farmaci hanno i loro meccanismi, le loro dosi, i loro tempi, ed i loro limiti, e che i farmaci ci possano rendere "felici" questo bisogna scordarlo. Possono invece aiutarci a trovare la strada per la felicità, aiutarci a muoversi in tale direzione, questo sì, ma non bastano solo i farmaci. Anche l'uso dei farmaci soprattutto per sopportare lo stress lavorativo non è "una cura", ma è un trattare la persona come una macchina (altro che "vivere la vita" !).
Comunque, non riuscendo "a vivere la vita, ad essere felici e a lavorare con profitto" certamente si soffre, ma è purtroppo una condizione affatto rara, e anche parecchi degli stessi medici la vivono. Messa nei termini che Lei usa, non è solo una malattia, ma anche una condizione esistenziale, e non per questo di poco conto: potrebbe essere un'idea, appena rivista la questione farmacologica, affiancare alla farmacoterapia anche un approcio psicoterapeutico, se non lo segue già (e se lo segue già, migliorare anche questo).
per fare lo psichiatra ovviamente non basta fare gli studi. Se non tenessi conto della Sua situazione, non L'avrei consigliato di andare al Pronto Soccorso, e non avrei specificato che tale visita al Pronto Soccorso potrà risolvere o almeno attenuare lo stato attuale (il che è già importante), ma non necessariamente quello di base.
Nella Sua domanda comunque, più che una domanda, sento la Sua insoddisfazione per come Lei si sente considerato (o, piuttosto, per "non essere" considerato).
I consulti via internet non possono sostituire questa considerazione: forse invece è da migliorare qualcosa nel rapporto reale con il Suo specialista. Anche il leggere il grado di considerazione nell'approccio farmacologico o negli effetti dei farmaci è un grave errore: chi prescrive i farmaci deve avere la mente fredda, ed i farmaci hanno i loro meccanismi, le loro dosi, i loro tempi, ed i loro limiti, e che i farmaci ci possano rendere "felici" questo bisogna scordarlo. Possono invece aiutarci a trovare la strada per la felicità, aiutarci a muoversi in tale direzione, questo sì, ma non bastano solo i farmaci. Anche l'uso dei farmaci soprattutto per sopportare lo stress lavorativo non è "una cura", ma è un trattare la persona come una macchina (altro che "vivere la vita" !).
Comunque, non riuscendo "a vivere la vita, ad essere felici e a lavorare con profitto" certamente si soffre, ma è purtroppo una condizione affatto rara, e anche parecchi degli stessi medici la vivono. Messa nei termini che Lei usa, non è solo una malattia, ma anche una condizione esistenziale, e non per questo di poco conto: potrebbe essere un'idea, appena rivista la questione farmacologica, affiancare alla farmacoterapia anche un approcio psicoterapeutico, se non lo segue già (e se lo segue già, migliorare anche questo).
[#11]
Utente
Buonasera, oggi sono stato dallo specialista che mi segue, dopo aver raccontato la mia situazione attuale che è veramente pessima, sia mentale che fisica, mi ha detto che lascia la terapia cosi com'è e cioè Xeristar da 60 mg e lamictal da 100 mg, come ansiolitico rivotril da 2 mg mezza cp alla sera. Secondo il vostro parere medico-professionale, sempre limitato da questa chat, qual'è?
Grazie e buone feste !!!
Grazie e buone feste !!!
[#12]
Gentile utente,
è importante: come il Suo specialista ha motivato la decisione di non cambiare la cura ?
Ho cercato di leggere i Suoi consulti precedenti su questo sito, e mi risulta che Lei non ha tollerato bene il precedente tentativo di aumento della dose di Xeristar, e non ha tollerato nemmeno tanto bene neanche i tentativi di aggiunta di altri antidepressivi. Posso solo ipotizzare che questi potrebbero essere fra i motivi di lasciare la cura così come è.
Ma penso.., che il problema possa essere anche nella relazione con i Suoi curanti. Adesso parlo dello psichiatra.
La stessa cosa si può fare nei modi diversi, .. e ottenere risultati diversi. Mi sembra che a Lei le cure vengono prescritte senza una necessaria gradualità e senza una prospettiva.
Ad esempio, lo stesso Xeristar è successo che lo avete aumentato fino alla dose doppia, e poi siete stati "costretti" a lasciarlo alla solita dose. Si poteva però aumentare la dose in un modo più graduale e non ostinarsi che sia subito la doppia: questo poteva prevenire alcuni effetti collaterali e la necessità di tornare indietro. Ma anche tornando alla dose solita di Xeristar, si poteva essere più graduali: provare a lasciare una parte dell'aumento del dosaggio.
Senza una gradualità, come ho scritto, ma anche senza una prospettiva: come Lei stesso ha scritto nei Suoi consulti precedenti, il Suo specialista Le avrebbe già comunicato che con il Suo disturbo Lei dovrà imparare a convivere... Dunque, è probabile che i cambiamenti di cura vengono visti come di utilità limitata..
E' un approccio discutibile. Volendo, ci sono diverse possibilità di cura anche farmacologica (in alcuni consulti precedenti nell'area di Psichiatria è stato già notato che i trattamenti con gli altri farmaci andidepressivi "provati" già in passato, sono stati sottodosati, e che rimangono ancora diverse possibilità), ma ... se le aspettative sono quelle che sono, allora uno non ci si adopera in tal senso.
E chi sa.., magari, se lo specialista avesse una visione diversa della successiva evoluzione della Sua malattia, questo avrebbe potuto già cambiare in parte le cose in meglio. Perché chi non crede va avanti solo con inerzia ma senza l'entusiasmo.
Se questi aspetti di relazione rimarranno, anche dopo averne parlato con lo specialista, potrebbe avere senso cercare un altro, benché so che Lei ha già cambiato diversi.
Questo è un aspetto centrale: la relazione con lo specialista e le aspettative che ha lo specialista. In particolare nel Suo caso: dalla mia impressione, Lei è una persona che ha bisogno della guida nel Suo percorso, Lei stesso lo ha sottolineato diverse volte; e dalle aspettative altrui dipende dunque molto.
Anche per quanto riguarda la psicoterapia, il discorso può essere un po' simile. Bisogna che lo psicoterapeuta sia adatto soprattutto come persona, sono importanti le prospettive che vede in Lei.
Ma attenzione, "adatto come persona" non vuol dire "essere come un amico", perché fra gli amici spesso molti aspetti diventano sottintesi, e spesso ci si adegua a vicenda a quello che ciascuno ha. Ed invece, non bisogna adeguarsi a quello che è e ha Lei, perché Lei stesso ha delle difficoltà di esprimersi emotivamente, ha dei dubbi su sé stesso, ha un'autostima fragile. Adeguarsi a tutto questo come ai "dati di fatto" non bisogna. In un rapporto duraturo, il quale si sviluppa come una amicizia o come una conoscenza è possibile che tutto questo finisce per essere accettato così come è. E questo non va bene. Questo non è quello che deve essere un rapporto di cura.
Posso consigliarLe di rileggere alcuni dei Suoi consulti in Psicologia, dove alcune repliche dei nostri consulenti mi sembrano importanti, e vale la pena che Lei li rilegga:
https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/138683-i-miei-problemi-sono.html
https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/225420-non-essere-capiti-e-apprezzati.html
Comunque, nel caso del rapporto con lo psichiatra, anche se Lei non scrive di sentirsi con lui come con un amico (il contesto è ovviamente un po' diverso, ed il Suo psichiatra si cura apparentemente di meno di non esprimere le valutazioni che urtano la Sua autostima), ma anche qui, sembra che la relazione si è strutturata nel senso di accettare la situazione...
Dunque, il discorso che faccio potrebbe riguardare entrambi i Suoi specialisti: psicologo e psichiatra. L'approccio generale che vedo sembra di ostacolare i cambiamenti.
E' solo una mia impressione, coi limiti della conoscenza della situazione solo tramite i Suoi consulti qui. E vorrei tanto sbagliare in questa mia impressione, sperare che con i Suoi attuali curanti Lei avrebbe potuto fare ancora molta strada. Ma se non è solo la mia impressione sbagliata, dopo un po' bisognerà porre la questione di cercare uno specialista nuovo.
è importante: come il Suo specialista ha motivato la decisione di non cambiare la cura ?
Ho cercato di leggere i Suoi consulti precedenti su questo sito, e mi risulta che Lei non ha tollerato bene il precedente tentativo di aumento della dose di Xeristar, e non ha tollerato nemmeno tanto bene neanche i tentativi di aggiunta di altri antidepressivi. Posso solo ipotizzare che questi potrebbero essere fra i motivi di lasciare la cura così come è.
Ma penso.., che il problema possa essere anche nella relazione con i Suoi curanti. Adesso parlo dello psichiatra.
La stessa cosa si può fare nei modi diversi, .. e ottenere risultati diversi. Mi sembra che a Lei le cure vengono prescritte senza una necessaria gradualità e senza una prospettiva.
Ad esempio, lo stesso Xeristar è successo che lo avete aumentato fino alla dose doppia, e poi siete stati "costretti" a lasciarlo alla solita dose. Si poteva però aumentare la dose in un modo più graduale e non ostinarsi che sia subito la doppia: questo poteva prevenire alcuni effetti collaterali e la necessità di tornare indietro. Ma anche tornando alla dose solita di Xeristar, si poteva essere più graduali: provare a lasciare una parte dell'aumento del dosaggio.
Senza una gradualità, come ho scritto, ma anche senza una prospettiva: come Lei stesso ha scritto nei Suoi consulti precedenti, il Suo specialista Le avrebbe già comunicato che con il Suo disturbo Lei dovrà imparare a convivere... Dunque, è probabile che i cambiamenti di cura vengono visti come di utilità limitata..
E' un approccio discutibile. Volendo, ci sono diverse possibilità di cura anche farmacologica (in alcuni consulti precedenti nell'area di Psichiatria è stato già notato che i trattamenti con gli altri farmaci andidepressivi "provati" già in passato, sono stati sottodosati, e che rimangono ancora diverse possibilità), ma ... se le aspettative sono quelle che sono, allora uno non ci si adopera in tal senso.
E chi sa.., magari, se lo specialista avesse una visione diversa della successiva evoluzione della Sua malattia, questo avrebbe potuto già cambiare in parte le cose in meglio. Perché chi non crede va avanti solo con inerzia ma senza l'entusiasmo.
Se questi aspetti di relazione rimarranno, anche dopo averne parlato con lo specialista, potrebbe avere senso cercare un altro, benché so che Lei ha già cambiato diversi.
Questo è un aspetto centrale: la relazione con lo specialista e le aspettative che ha lo specialista. In particolare nel Suo caso: dalla mia impressione, Lei è una persona che ha bisogno della guida nel Suo percorso, Lei stesso lo ha sottolineato diverse volte; e dalle aspettative altrui dipende dunque molto.
Anche per quanto riguarda la psicoterapia, il discorso può essere un po' simile. Bisogna che lo psicoterapeuta sia adatto soprattutto come persona, sono importanti le prospettive che vede in Lei.
Ma attenzione, "adatto come persona" non vuol dire "essere come un amico", perché fra gli amici spesso molti aspetti diventano sottintesi, e spesso ci si adegua a vicenda a quello che ciascuno ha. Ed invece, non bisogna adeguarsi a quello che è e ha Lei, perché Lei stesso ha delle difficoltà di esprimersi emotivamente, ha dei dubbi su sé stesso, ha un'autostima fragile. Adeguarsi a tutto questo come ai "dati di fatto" non bisogna. In un rapporto duraturo, il quale si sviluppa come una amicizia o come una conoscenza è possibile che tutto questo finisce per essere accettato così come è. E questo non va bene. Questo non è quello che deve essere un rapporto di cura.
Posso consigliarLe di rileggere alcuni dei Suoi consulti in Psicologia, dove alcune repliche dei nostri consulenti mi sembrano importanti, e vale la pena che Lei li rilegga:
https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/138683-i-miei-problemi-sono.html
https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/225420-non-essere-capiti-e-apprezzati.html
Comunque, nel caso del rapporto con lo psichiatra, anche se Lei non scrive di sentirsi con lui come con un amico (il contesto è ovviamente un po' diverso, ed il Suo psichiatra si cura apparentemente di meno di non esprimere le valutazioni che urtano la Sua autostima), ma anche qui, sembra che la relazione si è strutturata nel senso di accettare la situazione...
Dunque, il discorso che faccio potrebbe riguardare entrambi i Suoi specialisti: psicologo e psichiatra. L'approccio generale che vedo sembra di ostacolare i cambiamenti.
E' solo una mia impressione, coi limiti della conoscenza della situazione solo tramite i Suoi consulti qui. E vorrei tanto sbagliare in questa mia impressione, sperare che con i Suoi attuali curanti Lei avrebbe potuto fare ancora molta strada. Ma se non è solo la mia impressione sbagliata, dopo un po' bisognerà porre la questione di cercare uno specialista nuovo.
[#13]
Utente
Grazie per la chiarezza della risposta Dottore. Io in effetti le prospettive ce l'ho ma non ho il supporto del mio specialista, mi riferisco allo psichiatra. Io non so perchè abbia aumentato il doppio e non gradualmente, da precedenti consulti avuti qui questa cosa si è sempre detta ma io non so cosa fare se non seguire il suo consiglio di cambiare specialista. La questione me la sono posta tante volte ma diciamo che fin'ora come dice Lei mi sono adattato alla situazione e non ho fatto quel passo avanti che serviva. Nel caso della cura rimasta quella che era, ha centrato il problema perchè in effetti lo specialista alla mia domanda ha risposto con queste parole : "La lascerei cosi perchè aumentare il dosaggio di Xeristar ti porta problemi al fegato, come in effetti successo in passato. Lascio il lamictal perchè è efficace e ottimo per non ricorrere all'aumento del dosaggio o l'aggiunta di un altro antidepressivo avendo provato tanti in passato" aggiungo io con dosi minime o raddoppiate non gradualmente.
[#15]
Gentile utente,
nella letteratura sono state menzionate le problematiche cognitive dopo un uso protratto di antidepressivi, tuttavia è una questione non ancora abbastanza accertata, e nella mia pratica non ne ho mai riscontrate.
E' anche molto importante distinguere fra le problematiche cognitive su base iatrogena/farmacologica e quelle che tipicamente si manifestano nel corso della malattia depressiva e che scompaiono con l'uscita definitiva dalla fase depressiva; e con le problematiche cognitive che si sviluppano nel corso delle altre malattie psichiche e che, per il carattere di quelle malattie, sono più croniche e potenzialmente permanenti.
<<..parlo perchè ho un amico che dopo aver avuto la depressione è peggiorato..>>
Lei però non spiega in che cosa esattamente il Suo amico è peggiorato. Se si tratta delle problematiche di funzionamento cognitivo che non erano presenti prima e che sono insorte in seguito ad uno stato depressivo, la prima ipotesi da indagare dovrebbe essere quella della permanenza dello stato depressivo, del quale le problematiche del funzionamento cognitivo sono dei sintomi molto frequenti e tipici. Ovvero, l'ipotesi che il Suo amico non si è ancora guarito della sua malattia.
In generale, non sempre si può generalizzare dagli altri casi al proprio caso, tanto più che Lei generalizza da un caso (quello del Suo amico), il quale ha probabilmente anche un impatto emotivo su di Lei, e dunque non può portare alle conclusioni obbiettive.
Inoltre, conta il tipo di molecola utilizzata come un antidepressivo. Con la duloxetina (il principio attivo di "xeristar") la possibilità delle problematiche cognitive è teoreticamente minore rispetto agli antidepressivi delle generazioni più vecchie, quelli che hanno anche un'attività antagonista importante nei confronti dei recettori di Acetilcolina o che hanno un'attività troppo potente nei confronti del sistema di Serotonina. La duloxetina (xeristar) ha invece un profilo più bilanciato.
Ci sono comunque molte persone che proseguono ad assumere gli antidepressivi anche delle vecchie generazioni senza avere problematiche cognitive.
<<...la mia preoccupazione è che sono con lo stesso dottore mio..>>
Vuole dire che il Suo amico è stato (o è) seguito dallo stesso specialista ? Dunque, è una preoccupazione nei confronti degli effetti degli antidepressivi oppure è piuttosto una riflessione dei Suoi dubbi sulla fiducia che Lei possa avere nel Suo specialista ?
nella letteratura sono state menzionate le problematiche cognitive dopo un uso protratto di antidepressivi, tuttavia è una questione non ancora abbastanza accertata, e nella mia pratica non ne ho mai riscontrate.
E' anche molto importante distinguere fra le problematiche cognitive su base iatrogena/farmacologica e quelle che tipicamente si manifestano nel corso della malattia depressiva e che scompaiono con l'uscita definitiva dalla fase depressiva; e con le problematiche cognitive che si sviluppano nel corso delle altre malattie psichiche e che, per il carattere di quelle malattie, sono più croniche e potenzialmente permanenti.
<<..parlo perchè ho un amico che dopo aver avuto la depressione è peggiorato..>>
Lei però non spiega in che cosa esattamente il Suo amico è peggiorato. Se si tratta delle problematiche di funzionamento cognitivo che non erano presenti prima e che sono insorte in seguito ad uno stato depressivo, la prima ipotesi da indagare dovrebbe essere quella della permanenza dello stato depressivo, del quale le problematiche del funzionamento cognitivo sono dei sintomi molto frequenti e tipici. Ovvero, l'ipotesi che il Suo amico non si è ancora guarito della sua malattia.
In generale, non sempre si può generalizzare dagli altri casi al proprio caso, tanto più che Lei generalizza da un caso (quello del Suo amico), il quale ha probabilmente anche un impatto emotivo su di Lei, e dunque non può portare alle conclusioni obbiettive.
Inoltre, conta il tipo di molecola utilizzata come un antidepressivo. Con la duloxetina (il principio attivo di "xeristar") la possibilità delle problematiche cognitive è teoreticamente minore rispetto agli antidepressivi delle generazioni più vecchie, quelli che hanno anche un'attività antagonista importante nei confronti dei recettori di Acetilcolina o che hanno un'attività troppo potente nei confronti del sistema di Serotonina. La duloxetina (xeristar) ha invece un profilo più bilanciato.
Ci sono comunque molte persone che proseguono ad assumere gli antidepressivi anche delle vecchie generazioni senza avere problematiche cognitive.
<<...la mia preoccupazione è che sono con lo stesso dottore mio..>>
Vuole dire che il Suo amico è stato (o è) seguito dallo stesso specialista ? Dunque, è una preoccupazione nei confronti degli effetti degli antidepressivi oppure è piuttosto una riflessione dei Suoi dubbi sulla fiducia che Lei possa avere nel Suo specialista ?
[#16]
Utente
Dottore il mio amico è peggiorato eccessivamente parlando,sicuramente mi sono espresso male,volevo dire se possono avere effetti di rimbalzo. Non riesce a riprendersi premetto che ha più di 60 anni. Anche la fiducia verso il mio dottore è in bilico perché io non riesco a sconfiggere questa forma di rigidità che mi sta sempre addosso e la domanda era in seguito ad un parere espresso da un mio parente ieri che affermava sia stato questo dott a rovinarlo. Boh
[#17]
Gentile utente,
dopo l'età di 60 anni il tutto va valutato diversamente: le malattie sono diverse, loro decorso è diverso, anche la reazione ai farmaci è diversa... Di certo non si può paragonare con Lei. Curare la depressione dopo 60 anni è obbiettivamente più difficile, e più volte non si tratta solo della malattia depressiva, ma possono essere presenti anche altri diversi fattori importanti, legati all'età: fisiologicamente e socialmente. Non voglio affatto banalizzare, ma Lei può provare a mantenere più viva l'amicizia con questa persona, farla sentire meno sola nella propria situazione, se vuole aiutarlo. Questo potrebbe aumentare indirettamente anche la Sua propria autostima...
<<..volevo dire se possono avere effetti di rimbalzo..>>
Certo, dopo la sospensione brusca degli antidepressivi possono esserci effetti da sospensione o da rimbalzo. Anche questo problema negli anziani possa essere più ppresente, ma riguarda tutte le età. Gli antidepressivi non debbano essere sospesi in modo brusco. Purtroppo spesso sono i pazienti stessi a farlo, senza consultare il medico.
Tornando a Lei, penso, ancora una volta, che il problema principale qui non sono tanto i farmaci, ma proprio il Suo rapporto con il Suo specialista, del quale Lei dubita.
<<..la domanda era in seguito ad un parere espresso da un mio parente ieri..>>
Non bisogna orientarsi su quello che dicono e pensano gli altri, anche se parenti. uno dei Suoi problemi possa essere proprio la difficoltà a formare il proprio punto di vista.
E' possibile che Lei dubiti non solo di lui, ma che abbia questa caratteristica in generale: dubita di sé, dei farmaci, forse anche del fatto se i Suoi messaggi ci arrivano o meno (visto che gli digita più volte). Ma il dubbio rispetto al Suo specialista è una cosa diversa: diversa, perché si può affrontare tale dubbio con una persona interessata (con lui). Quando non c'è abbastanza fiducia nel medico, bisogna parlarne, anche se è penoso. Il non parlarne cronicizza la situazione e peggiora ancora di più il rapporto di fiducia.
dopo l'età di 60 anni il tutto va valutato diversamente: le malattie sono diverse, loro decorso è diverso, anche la reazione ai farmaci è diversa... Di certo non si può paragonare con Lei. Curare la depressione dopo 60 anni è obbiettivamente più difficile, e più volte non si tratta solo della malattia depressiva, ma possono essere presenti anche altri diversi fattori importanti, legati all'età: fisiologicamente e socialmente. Non voglio affatto banalizzare, ma Lei può provare a mantenere più viva l'amicizia con questa persona, farla sentire meno sola nella propria situazione, se vuole aiutarlo. Questo potrebbe aumentare indirettamente anche la Sua propria autostima...
<<..volevo dire se possono avere effetti di rimbalzo..>>
Certo, dopo la sospensione brusca degli antidepressivi possono esserci effetti da sospensione o da rimbalzo. Anche questo problema negli anziani possa essere più ppresente, ma riguarda tutte le età. Gli antidepressivi non debbano essere sospesi in modo brusco. Purtroppo spesso sono i pazienti stessi a farlo, senza consultare il medico.
Tornando a Lei, penso, ancora una volta, che il problema principale qui non sono tanto i farmaci, ma proprio il Suo rapporto con il Suo specialista, del quale Lei dubita.
<<..la domanda era in seguito ad un parere espresso da un mio parente ieri..>>
Non bisogna orientarsi su quello che dicono e pensano gli altri, anche se parenti. uno dei Suoi problemi possa essere proprio la difficoltà a formare il proprio punto di vista.
E' possibile che Lei dubiti non solo di lui, ma che abbia questa caratteristica in generale: dubita di sé, dei farmaci, forse anche del fatto se i Suoi messaggi ci arrivano o meno (visto che gli digita più volte). Ma il dubbio rispetto al Suo specialista è una cosa diversa: diversa, perché si può affrontare tale dubbio con una persona interessata (con lui). Quando non c'è abbastanza fiducia nel medico, bisogna parlarne, anche se è penoso. Il non parlarne cronicizza la situazione e peggiora ancora di più il rapporto di fiducia.
[#23]
Gentile utente,
vedo che questa volta, come auspicavo, è stata rivista la terapia antidepressiva.
Per valutare però una terapia farmacologica serve la diagnosi di malattia ed un programma di cura e di osservazione, nel senso che quello che Le è stato prescritto potrebbero essere i dosaggi iniziali, ed il Suo specialista vorrà, presumo, valutare quanto Lei li tollera, quanto siano sufficienti e quanto avrà senso o meno aumentarli. E quando la Sua situazion psichica permetterà di passare all'assunzione solo degli antidepressivi senza il Control (che serve soprattutto nel primo periodo, mentre gli antidepressivi non hanno ancora dato loro pieni effetti terapeutici).
Questo è il metodo di monitoraggio.
Nel mentre, la Diagnosi di malattia è importante, permettendo muoversi non solo col metodo "prova e osserva". Per il Disturbo d'Ansia Generalizzata i Suoi attuali farmaci sarebbero indicati, ma le dosi sono da vedere, e poi: se lui dice non è esattamente tale disturbo, le cose eventualmente cambiano. Dunque torno a dire che è importante la Diagnosi, perché aiuta a prevedere un po' anche a priori l'efficacia di un dato farmaco ad una data dose (essendo l'efficacia diversa per ogni malattia e per ogni persona). Questo è il metodo aggiuntivo al monitoraggio.
Sono importanti sia la diagnosi, che il monitoraggio.
Entrami fa lo specialista curante.
Spero che con il cambio dello specialista Lei è riuscito a trovare quello al quale Lei riesce a fare le domande nel caso dei dubbi, e del quale si sente di poter fidare avvertendo di meno la necessità di confrontarsi con gli altri sul suo approccio.
un saluto,
vedo che questa volta, come auspicavo, è stata rivista la terapia antidepressiva.
Per valutare però una terapia farmacologica serve la diagnosi di malattia ed un programma di cura e di osservazione, nel senso che quello che Le è stato prescritto potrebbero essere i dosaggi iniziali, ed il Suo specialista vorrà, presumo, valutare quanto Lei li tollera, quanto siano sufficienti e quanto avrà senso o meno aumentarli. E quando la Sua situazion psichica permetterà di passare all'assunzione solo degli antidepressivi senza il Control (che serve soprattutto nel primo periodo, mentre gli antidepressivi non hanno ancora dato loro pieni effetti terapeutici).
Questo è il metodo di monitoraggio.
Nel mentre, la Diagnosi di malattia è importante, permettendo muoversi non solo col metodo "prova e osserva". Per il Disturbo d'Ansia Generalizzata i Suoi attuali farmaci sarebbero indicati, ma le dosi sono da vedere, e poi: se lui dice non è esattamente tale disturbo, le cose eventualmente cambiano. Dunque torno a dire che è importante la Diagnosi, perché aiuta a prevedere un po' anche a priori l'efficacia di un dato farmaco ad una data dose (essendo l'efficacia diversa per ogni malattia e per ogni persona). Questo è il metodo aggiuntivo al monitoraggio.
Sono importanti sia la diagnosi, che il monitoraggio.
Entrami fa lo specialista curante.
Spero che con il cambio dello specialista Lei è riuscito a trovare quello al quale Lei riesce a fare le domande nel caso dei dubbi, e del quale si sente di poter fidare avvertendo di meno la necessità di confrontarsi con gli altri sul suo approccio.
un saluto,
[#25]
Utente
Buonasera da poco meno di una settimana mi è stato aumentato il laroxyl dapprima da 7 a 10 gocce e dopo 2 giorni 15 gocce la sera. Ho una forte ansia , secondo voi potrebbe essere il medicinale che provoca ciò? Premetto che era stato aumentato perchè mi sento nervoso, un pò irritabile, non riesco a stare rilassato.
[#27]
Buona sera,
è possibile l'incremento dell'ansia nel primo periodo dopo l'aumento del dosaggio dei farmaci antidepressivi, come nel Suo caso. I quindici giorni è comunque un intervalo di tempo dopo il quale sarebbe già il caso di rivedersi con il Suo specialista, soprattutto se si tratta dell'inizio della terapia, e di rivalutare la terapia ansiolitica.
è possibile l'incremento dell'ansia nel primo periodo dopo l'aumento del dosaggio dei farmaci antidepressivi, come nel Suo caso. I quindici giorni è comunque un intervalo di tempo dopo il quale sarebbe già il caso di rivedersi con il Suo specialista, soprattutto se si tratta dell'inizio della terapia, e di rivalutare la terapia ansiolitica.
[#31]
Utente
Si ma se la situazione non cambia, io mi sento più nervoso e male, cosa dovrei fare....Io sto dando fiducia ma più si va avanti e peggio sto....So che non potete far niente ma cercate di capire lo sfogo,il Dottore due mesi fa mi disse vedrà che tra un mese mi ringrazierà,son passati due .
[#32]
Gentile utente,
capisco che il Suo è anche uno sfogo, e che Lei può aver bisogno anche di uno sfogo, ma se davvero la cura non va, ripiegarsi sullo sfogo qui con me è un errore, ed anche il nostro servizio su questo sito perde quel minimo dell'utilità pratica che avrebbe potuto avere, anzi diventa peggiorativo, facendo quello che dovrebbe fare lo specialista curante.
Preferisco di esprimere le considerazioni di carattere pratico:
- fino ad ora non è stata abbastanza chiarita la diagnosi (da quello che ho capito, l'Ansia Generlizzata non sarebbe la diagnosi esatta), e senza capire che cosa stiamo curando non si può curare bene. Ma quello che ci vuole non è di sentire "Lei ha "quello" e portare a casa (e, eventualmente scrivere a noi) la dicitura di tale diagnosi. E no ! Ci vuole che lo specialista che La prende in carico "lavori" sulla diagnosi, ovvero sulla comprensione del Suo caso, che La veda più spesso (quanto meno in questo periodo critico) ovvero che Lei si faccia vedere di più da lui. Perché il Suo problema non è solo quella di umore. E lo vedo io che non La vedo. Allora come può non vederlo lo specialista che La vede dal vivo ? E se si presume (senza la diagnosi lo si può solo "presumere") che la cura necessita anche dell'uso dei farmaci, e con i farmaci i risultati non si vedono, ciò vuol dire anche qui che bisogna vedersi più spesso (per capire il perché, per monitorare la situazione, i farmaci, cercare loro dosi e combinazioni di farmaci più adatte ecc.: ad esempio, è probabile che sia l'antidepressivo, sia gli ansiolitici sono sottodosati). In altre parole, in qualsiasi modo lo mettiamo, per un motivo o per un altro, bisognerebbe chiedere al Suo psichiatra che La veda di più, di darLe più attenzione, e dovete entrambi conoscervi di più. Ed anche se Lei ha bisogno di uno sfogo, il Suo psichiatra serve anche a questo. E sì (lo psichiatra serve mica solo per prescrivere i farmaci ?). Se c'è un problema, bisogna sentirne anche lo sfogo, e bisogna lavorarci sopra.
Altrimenti cercare uno psichiatra che possa lavorare su tutti questi diversi fronti. Perché molto probabilmente non è solo il problema di umore o d'ansia generalizzata.
capisco che il Suo è anche uno sfogo, e che Lei può aver bisogno anche di uno sfogo, ma se davvero la cura non va, ripiegarsi sullo sfogo qui con me è un errore, ed anche il nostro servizio su questo sito perde quel minimo dell'utilità pratica che avrebbe potuto avere, anzi diventa peggiorativo, facendo quello che dovrebbe fare lo specialista curante.
Preferisco di esprimere le considerazioni di carattere pratico:
- fino ad ora non è stata abbastanza chiarita la diagnosi (da quello che ho capito, l'Ansia Generlizzata non sarebbe la diagnosi esatta), e senza capire che cosa stiamo curando non si può curare bene. Ma quello che ci vuole non è di sentire "Lei ha "quello" e portare a casa (e, eventualmente scrivere a noi) la dicitura di tale diagnosi. E no ! Ci vuole che lo specialista che La prende in carico "lavori" sulla diagnosi, ovvero sulla comprensione del Suo caso, che La veda più spesso (quanto meno in questo periodo critico) ovvero che Lei si faccia vedere di più da lui. Perché il Suo problema non è solo quella di umore. E lo vedo io che non La vedo. Allora come può non vederlo lo specialista che La vede dal vivo ? E se si presume (senza la diagnosi lo si può solo "presumere") che la cura necessita anche dell'uso dei farmaci, e con i farmaci i risultati non si vedono, ciò vuol dire anche qui che bisogna vedersi più spesso (per capire il perché, per monitorare la situazione, i farmaci, cercare loro dosi e combinazioni di farmaci più adatte ecc.: ad esempio, è probabile che sia l'antidepressivo, sia gli ansiolitici sono sottodosati). In altre parole, in qualsiasi modo lo mettiamo, per un motivo o per un altro, bisognerebbe chiedere al Suo psichiatra che La veda di più, di darLe più attenzione, e dovete entrambi conoscervi di più. Ed anche se Lei ha bisogno di uno sfogo, il Suo psichiatra serve anche a questo. E sì (lo psichiatra serve mica solo per prescrivere i farmaci ?). Se c'è un problema, bisogna sentirne anche lo sfogo, e bisogna lavorarci sopra.
Altrimenti cercare uno psichiatra che possa lavorare su tutti questi diversi fronti. Perché molto probabilmente non è solo il problema di umore o d'ansia generalizzata.
[#33]
Utente
Salve,il mio specialista lo scorso lunedì ha lasciata invariata la terapia tranne che al posto del control ha messo En a dosi di mezza la mattina mezza alle13 e una intera la sera. L'ansia, il malessere c'è, quello che mi fa riflettere è la frequenza così alta di sedute che per me sono soldi che vanno via.
[#36]
Utente
Salve,il mio specialista lo scorso lunedì ha lasciata invariata la terapia tranne che al posto del control ha messo En a dosi di mezza la mattina mezza alle13 e una intera la sera. L'ansia, il malessere c'è, quello che mi fa riflettere è la frequenza così alta di sedute che per me sono soldi che vanno via.
[#37]
Utente
Buonasera, mi ritrovo qui a raccontarmi la mia esperienza con il Daparox e Anafranil ed EN che mi sono stati i primi due diminuiti e l'ansiolitico aumentato di 2mg la sera e due metà il giorno. Questo cambiamento è stato voluto dallo specialista a causa della mia osservazione sugli effetti collaterali di tipo sessuale,mancata erezione anche se la voglia di eiaculare c'era. Cosa ne pensate di questo cambio?
Grazie
Grazie
Questo consulto ha ricevuto 37 risposte e 51.6k visite dal 04/11/2012.
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