Ansia somatizzata o fibromialgia
Gentili medici, i miei problemi di salute iniziarono con gli attacchi di panico, seguiti da agorafobia e DOC. Dopo alcuni mesi mi rivolsi ai medici. Mi fu indirizzato uno psicologo-psicoterapeuta che centrò il problema: i miei disagi erano dovuti ad una situazione familiare che mi aveva ferita inconsciamente. Fu necessario lo psichiatra: riuscii a sbloccarmi solo grazie ad una cura farmacologica. Il mio corpo reagì splendidamente, rinacqui. Dopo qualche anno la cura fu interrotta. Successivamente, fui colpita da un lutto. Inizialmente reagii, poi punto e a capo: psicologo, psichiatra, farmaci. Di nuovo "guarita". Un paio di anni di cura e poi un anno finalmente senza farmaci e senza sedute. Tutto ciò fino a un mese fa, quando mi sono sentita male. "Un mancamento" seguito da dolore al braccio. I medici mi dicono che si tratta di un abbassamento di pressione ed il dolore al braccio è dovuto all'ansia. Per essere scrupolosa, faccio le analisi e varie visite, che confermano che sono sanissima. I dolori continuano: tachicardia, vampate di calore, dolore alla gamba, dolore alla schiena, acufene. Insonnia o troppa sonnolenza, tendenza a restare a casa. Scottata dalle esperienze passate, vado dallo psicologo, che mi aiuta a capire che la mia vita nell'ultimo anno - anche se non ho avuto problemi di salute - è andata a rotoli. Rintraccio lo psichiatra: stavolta la mia ansia è sfociata nella somatizzazione. Mi ripropone la cura farmacologica, io reagisco male. Dopo la terza ricaduta nasce in me l'ossessione di non uscirne mai più (sono molto giovane) o di dover vivere sempre sotto farmaci. Al che decido di reagire senza farmaci, e comunico ai medici la mia decisione. Lo psicologo sostiene che risolvendo pian piano ciò che non va potrei tornare a star bene anche senza farmaci. Lo psichiatra mi ha parlato di psicosintesi: con grande volontà, potrei riuscire da sola a produrre quella serotonina che dovrebbe stimolare un farmaco. Se non riuscirò a riprendere in mano la mia vita, dovrò ricorrere ai farmaci. Attualmente i miei problemi sono: fitte alla testa, acufene, qualche formicolio o sensazione di rigidità, fitte al petto, dolore al braccio, dolore alla schiena, alla gamba, fascicolazioni, prurito diffuso, dolori tipo cervicale. Questi sintomi non li ho contemporaneamente, nel senso che un giorno ho il dolore al braccio, un giorno il mal di testa, ecc...MAI sintomi assocciati (ad esempio mal di testa + prurito) Si attenuano o scompaiono se sono impegnata a fare qualcosa, se riesco a non pensare al mio problema di salute. Oggi, però, dopo aver fatto le scale ho sentito bruciore ai muscoli e mi è tornata una fissazione: potrei soffrire di fibromialgia? L'ho chiesto al mio psichiatra ma lui è scettico nei confronti dell'esistenza stessa della fibromialgia. Quali sono le differenze tra ansia somatizzata e fibromialgia? Ammetto di essere diventata un po' ipocondriaca ultimamente, ma la paura purtroppo è tanta.
Grazie.
Grazie.
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Gentile utente,
Invece di muoversi tra il concetto di guarigione per cui ogni episodio è un capitolo a parte, e lo spettro della "cura a vita" (che poi sarebbe il meno se le cure funzionassero sempre e consentissero il controllo completo delle malattie), direi di fare un ragionamento medico semplice:
Lei ha ricevuto una diagnosi che corrispondeva ad un disturbo con una certa probabilità di riproporsi più volte nella vita. Come tale è stato trattato e non per le presunte cause alla base di ogni episodio. Inoltre "l'inconscio" è un termine senza significato biologico, e le persone con proprie vulnerabilità sono più facilmente stressabili, in una maniera che non è loro evidente perché non è che si riesca a separare sempre (per chi lo vive) il senso di quello che si sta vivendo dal modo in cui il cervello ad un certo punto ce lo fa vivere in maniera obbligata. In altre parole chi è stressato e poi si ammala di panico o depressione lo vive come un episodio della sua vita, magari arriva anche a capire che certi sintomi non sono spiegabili con quello che gli è successo o vanno oltre, ma questo accade sempre in ritardo e comunque mai completamente. Prova ne è che Lei ha fatto una cura farmacologica per un disturbo, ma rimane dell'idea che era un disturbo da causa esterna, diversa tra la prima volta, la seconda e questa ultima.
Direi che sia più semplice consultare lo specialista psichiatra, e ragionare su una cura che le serva anche a scopo preventivo.
Le "fissazioni" non sono motivo di chiedere allo psichiatra una diagnosi sull'oggetto della fissazione. In altre parole non deve porsi domande sulla diagnosi e lo psichiatra non è bene che svolga la visita per rispondere si e no a ipotesi diagnostiche fatte da Lei. Inoltre queste domande racchiudono un che di terrificante o preoccupante che esprime semplicemente la preoccupazione. Se in partenza aveva doc, era preoccupata per il corpo e tutt'ora riferisce sintomi o preoccupazioni per il corpo non direi che la fase attuale sia "strana" rispetto alla sua storia psichiatrica.
Invece di muoversi tra il concetto di guarigione per cui ogni episodio è un capitolo a parte, e lo spettro della "cura a vita" (che poi sarebbe il meno se le cure funzionassero sempre e consentissero il controllo completo delle malattie), direi di fare un ragionamento medico semplice:
Lei ha ricevuto una diagnosi che corrispondeva ad un disturbo con una certa probabilità di riproporsi più volte nella vita. Come tale è stato trattato e non per le presunte cause alla base di ogni episodio. Inoltre "l'inconscio" è un termine senza significato biologico, e le persone con proprie vulnerabilità sono più facilmente stressabili, in una maniera che non è loro evidente perché non è che si riesca a separare sempre (per chi lo vive) il senso di quello che si sta vivendo dal modo in cui il cervello ad un certo punto ce lo fa vivere in maniera obbligata. In altre parole chi è stressato e poi si ammala di panico o depressione lo vive come un episodio della sua vita, magari arriva anche a capire che certi sintomi non sono spiegabili con quello che gli è successo o vanno oltre, ma questo accade sempre in ritardo e comunque mai completamente. Prova ne è che Lei ha fatto una cura farmacologica per un disturbo, ma rimane dell'idea che era un disturbo da causa esterna, diversa tra la prima volta, la seconda e questa ultima.
Direi che sia più semplice consultare lo specialista psichiatra, e ragionare su una cura che le serva anche a scopo preventivo.
Le "fissazioni" non sono motivo di chiedere allo psichiatra una diagnosi sull'oggetto della fissazione. In altre parole non deve porsi domande sulla diagnosi e lo psichiatra non è bene che svolga la visita per rispondere si e no a ipotesi diagnostiche fatte da Lei. Inoltre queste domande racchiudono un che di terrificante o preoccupante che esprime semplicemente la preoccupazione. Se in partenza aveva doc, era preoccupata per il corpo e tutt'ora riferisce sintomi o preoccupazioni per il corpo non direi che la fase attuale sia "strana" rispetto alla sua storia psichiatrica.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 17.5k visite dal 21/09/2012.
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