Disturbi d'ansia

Salve. Ho 41 anni e due figli piccoli, lavoro come impiegata presso un’università e sono laureata. Soffro da più di un anno di ansia. Inizialmente provavo paura e angoscia alla notizia che i miei figli potessero contrarre virus che danno vomito, quindi alla notizia che tali virus fossero diffusi. La paura del vomito è una paura che ho da molto tempo, ma che si palesava soltanto in presenza di mal di stomaco. Da circa un anno questa paura è diventata preoccupazione continua, pensieri ossessivi, e un senso di angoscia che mi caratterizza gran parte della giornata. Sono stata curata da novembre a gennaio con mezza compressa di Daparox che mi ha parzialmente sollevato, ho iniziato anche una seduta settimanale di psicoterapia cognitivo costruttivista. Il Daparox però mi procurava anorgasmia e a parere dei medici non toglieva i sintomi di una depressione di fondo. Mi è stato chiesto di entrare in un studio sperimentale per la prova di un nuovo psicofarmaco adatto alla mia patologia. L’assunzione di questo farmaco però dopo poco tempo non ha dato risultati positivi, anzi mi ha provocato reazioni emotive e fisiche molto forti che mi hanno fatto stare male, per cui l’equipe di psichiatri che segue lo studio ha ritenuto di interrompere il trattamento, giudicandolo troppo forte per la mia ipersensibilità. Il malessere del farmaco sperimentale è diminuito fino a sparire nel giro di un paio di settimane ma contemporaneamente sono tornati prepotentemente i miei problemi originari di ansia, angoscia, irritabilità, paura, che sono progressivamente aumentati. Mi è stato consigliato, fin dal momento dell’assunzione del farmaco sperimentale, di assumere 5 gocce di Tranquirrit per controllare gli stati di ansia troppo forti, o per dormire in caso di insonnia.
Nel frattempo non ho continuato la psicoterapia, perché la psicologa mi aveva consigliato di prendere parte ad una terapia di gruppo, e poi non ho più avuto modo di interfacciarmi con lei fino al momento in cui erano finiti gli effetti del farmaco sperimentale ed erano ritornati i miei sintomi originari.
Adesso da circa 5 gg sto assumendo Lyrica 25 mg 2 volte al giorno, che mi ha leggermente sollevato e riprenderò le sedute di psicoterapia individuale, e in seguito credo che a Lyrica verrà associato un antidepressivo, sempre a basso dosaggio.
Comunque è singolare che a questo momento della vicenda, dopo tutti questi passaggi estremamente gravosi per me, gli psichiatri che continuano a seguirmi mi hanno diagnosticato una depressione su cui si è innestato uno stato di ansia, mentre la psicoterapeuta ritiene che io non sia depressa, bensì che abbia una forte forma di ansia che deriva dalla mia volontà di tenere tutto sotto controllo, e dalla mia rigidità a provare ed esprimere emozioni che sono diventate patologiche con il rapido cambiamento della mia vita da single a mamma di due bambini, e che tutto questo mi abbia progressivamente staccato dalla vita di tutti i giorni rendendomi depressa nei momenti in cui l’ansia non c’è.
Alla luce di quanto è successo, mi piacerebbe avere un altro parere di uno psichiatra sulla mia vicenda e sul come dovrei procedere.
Grazie per l’attenzione.
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 42.4k 1k
Gentile utente,

per avere un altro parere deve necessariamente farsi visitare da un altro psichiatra in modo da poter avere una valutazione differente.
Vorrei pero' porre l'accento su due fattori:

- i curanti (psichiatri, psicologi e psicoterapeuti) che non si coordinano tra di loro possono portare a questa confusione nel paziente
- e' anche probabile che la indicazione di alcune diagnosi possa non essere accettata da lei e pertanto prova ad avere valutazioni differenti dai suoi curanti.

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Dr. Gabriele Tonelli Psichiatra, Psicoterapeuta, Perfezionato in medicine non convenzionali, Neuropsichiatra infantile 327 11
Gentile utente all'inizio della Sua mail citava la presenza di sintomi fobici, quindi di sintomi ossessivi. Sarebbe così gentile da descrivere un poco meglio la storia dei suoi disturbi ?
Una vera e propria diagnosi non può prescindere da una visita medica, purtuttavia potremmo fornirLe un orientamento diagnostico da rivedere poi con i Suoi medici curanti.

Cordiali saluti

Gabriele Tonelli

Dott. Gabriele Tonelli
Psicoterapeuta,Master in Psicopatologia e Scienze Forensi,Segr.Redazione PsychiatryOnline It,Medico di Categoria. C.T.U.

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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
Gentile utente, divido la mia risposta in due parti:

a) Diagnosi. Al di là della diagnosi, i sintomi saranno comunque stati definiti. Depressione con ansia o ansia con depressione, diciamo che comunque sintomi e medicine utili si somigliano. L'interpetazione sull'origine dei sintomi è quella che richiede tempi più lunghi e importa meno ai fini del controllo degli stessi. I sintomi "di fondo" o si vedono o non si vedono, nel secondo caso non si può dire che esistano. Quindi un disturbo può benissimo consistere nei suoi sintomi visibili, e nelle conseguenze che questi comportano, senza bisogno di "inventarsi" letteralmente cause nascoste.

b) Terapia. Esistono numerose molecole utili nell'ansia. La procedura migliore è provare quelle indicate e classiche (tipo daparox) e poi se non funzionano o hanno limiti, muoversi su altre. Lyrica è nuova, utile nell'ansia generalizzata, ma non certo a quelle dosi, troppo contenute. I Tranquillanti solo solo momentanei, non valgono come cura di mantenimento. Avete mai parlato con gli psichiatri di tutto il resto (cioè ne dico alcuni: citalopram, escitalopram, fluoxetina, fluvoxamina, sertralina, imipramina, trimipramina, venlafaxina, duloxetina, clorimipramina, amitriptilina etc). Non siamo certamente "alla frutta" nel suo caso, è solo un problema di tollerabilità della prima scelta (paroxetina).
La psicoterapia è indicata ma bisogna chiarire con che obiettivo e con che tecnica, devono essere coerenti l'uno con l'altra, e soprattutto abbinata al controllo farmacologico dei sintomi, perché altrimenti funziona meno o non funziona.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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Dr. Stefano Garbolino Psichiatra, Psicoterapeuta, Sessuologo 2.5k 36
Gentile utente,
condividendo in sostanza quanto già espresso dai colleghi, mi preme sottolineare come una specifica collateralità da psicofarmaci (e cioè quella a carico della sfera sessuale) vada sempre discussa e preventivamente, in modo adeguato ed approfondito, comunicata e valutata al paziente.
Tutto ciò per evitare spesse volte marcate difficoltà a continuare terapie psicofarmacologiche per altri versi efficaci e necessarie. D'altra parte la possibilità di superamento di tale spiacevole effetto collaterale è complessa ma possibile.
Cordialmente

Cordialmente
www.psichiatriasessuologia.com

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Dr. Vassilis Martiadis Psichiatra, Psicoterapeuta 7.3k 161
Gentile utente,
condivido le perplessità del Dott.Pacini sulle strategie terapeutiche seguite dai colleghi. E'stato provato un unico antidepressivo per passare poi a Lyrica ,peraltro a dosaggi molto bassi. L'uso di ansiolitici avrebbe potuto supportarla maggiormente qualora a dosaggi più appropriati. Come già indicato dal Dott.Ruggiero un parere sulla sua situazione può essere dato solo dopo consulto di persona.
cordiali saluti

Dott. Vassilis Martiadis
Psichiatra e Psicoterapeuta
www.psichiatranapoli.it

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Utente
Utente
Gentili dottori, vi ringrazio per le vostre risposte. Innanzitutto volevo aggiornarvi sul fatto che al momento mi è stata confermata la terapia di 75 mg di Lyrica al dì, e di non integrarla con ulteriori farmaci, perchè il mio stato attuale è abbastanza buono la mia ansia è generalmente sottocontrollo, e con la psicoterapeuta sto lavorando per capire la natura dei miei problemi e la soluzione.
Quindi per ora non ritengo ritornare sulla questione 'depressa con ansia' oppure 'ansiosa con depressione'. Riguardo alla specifica più precisa della mia patologia, posso dire di non avere tratti ossessivi come comportamenti reiterati tipo lavarsi le mani spesso, oppure evitare luoghi affollati, o di baciare le persone. Certo è che, non in questo ultimo periodo, i pensieri e le paure delle malattie sono diventati ossessivi. Vorrei però sottolineare che non ho paura che una malattia come un virus gastrointestinale o un'influenza possa degenerare e portare alla morte. Ad esempio a Natale il bimbo grande ha contratto la varicella, e io sono stata contenta quando dopo 15 giorno anche il piccolo l'ha manifestata, perchè almeno so che la varicella non rappresenterà più un problema. Quindi la mia patologia è soprattutto l'ansia che mi viene dalla probabilità non controllabile che in famiglia ci si possa ammalare.
Resto a disposizione per ulteriori informazioni. Sono consapevole che questi consulti non sono un'alternativa alle cure ma per me rappresentano la possibilità di ulteriori confronti e di soluzione a certi dubbi come ad esempio quanta responsabilità ha la genetica nello sviluppare patologie come la mia. Cordialmente
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Dr. Gabriele Tonelli Psichiatra, Psicoterapeuta, Perfezionato in medicine non convenzionali, Neuropsichiatra infantile 327 11
Gentile utente la presenza di fobie relative a malattie, sporco, contaminazione ecc. sopratutto se associate a bisogno di controllo può comunque orientare verso l'universo sintomatico di tipo ossessivo compulsivo, anche in assenza di rituali di controllo (come appunto lavarsi le mani spesso, o altro).
Peraltro il richiamo al fatto che il consulto non può essere sostitutivo di una visita medica nasce da due considerazioni:
1 di ordine medico legale, che mette comunque il sanitario in una posizione contrattuale nei confronti del paziente
2 l'impossibilità di sapere quali siano le attese del richiedente, il che ha anche portato a redigere delle linee guida sui consulti presenti in prima pagina e a cui i sanitari che partecipano all'iniziativa sono richiesti di aderire
Per quanto riguarda i dubbi sulla genetica: genericamente tutto è geneticamente determinato. Solo che quello che la genetica determina è solo la possibilità che sotto specifici sintomi ambientali si sviluppi un determinato disagio, ma non la certezza che quel dato disagio (o malattia) si sviluppi. Per cui ciò che ci viene trasmesso dai nostri genitori è la possibilità che un qualcosa si determini, possibilità più o meno elevata a seconda dei fattori di rischio (genetici) trasmessi, ma tutto ciò non determina in maniera assoluta la certezza che una determinata patologia a partire da un determinato pool genetico si debba sine qua non sviluppare. Quello che geneticamente viene trasmesso è un pool di possibilità, alcune sono favorevoli, altre no. A volte poi (nella evoluzione questo è accaduto di frequente) caratteristiche che in dato ambiente sarebbero state sfavorevoli si sono col tempo mostrate vincenti,

Cordiali saluti

Gabriele Tonelli
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