Farmaci antideppressivi
Gentili Psichiatri
dato che mia madre da 30 anni assume antidepressivi (negli ultimi anni ha preso e prende tuttora il Noritren 25 e lorazepam 2,5 ) e considerato che anche io ho fatto uso (con risultati meno che discreti,) di antidepressivi per la mia Distimia ( 8 anni fa il Prozac – 4 anni fa un altro farmaco ed ultimamente l’Entact )
quando sulla rivista “Panorama” ho letto in copertina: “Depressione = le pillole dell’infelicità. Gli psicofarmaci servono a ben poco. Ma contro il mal di vivere ci sono altri rimedi.”
sono rimasto di sasso ed ho acquistato la rivista.
In parole povere l’articolo dice che se viene somministrato un antidepressivo a 100 depressi, 53 stanno meglio. Se do un farmaco finto a stare meglio sono in 42.
Mario Maj afferma che: “Gli antidepressivi sono tanto più efficaci quanto più la malattia è grave. In genere non hanno effetto sulla demoralizzazione e ne hanno uno modesto sulla depressione lieve “
. . . . . . . per questo motivo allora io per la mia distimia ho avuto un miglioramento molto, molto basso ?
Già prima di leggere l’articolo pensavo se fosse giusto e NECESSARIO che mia madre si “intossicasse” l’organismo con l’assunzione trentennale di questi farmaci;
cercavo di vedere se ci fosse un modo per poterle far smettere di prendere i farmaci (la sua però non era una semplice distimia)
e dopo aver letto quest’articolo, ancor di più mi domando: perché mia madre deve continuare a introdurre nel suo organismo queste sostanze “potenzialmente tossiche” ?
dato che mia madre da 30 anni assume antidepressivi (negli ultimi anni ha preso e prende tuttora il Noritren 25 e lorazepam 2,5 ) e considerato che anche io ho fatto uso (con risultati meno che discreti,) di antidepressivi per la mia Distimia ( 8 anni fa il Prozac – 4 anni fa un altro farmaco ed ultimamente l’Entact )
quando sulla rivista “Panorama” ho letto in copertina: “Depressione = le pillole dell’infelicità. Gli psicofarmaci servono a ben poco. Ma contro il mal di vivere ci sono altri rimedi.”
sono rimasto di sasso ed ho acquistato la rivista.
In parole povere l’articolo dice che se viene somministrato un antidepressivo a 100 depressi, 53 stanno meglio. Se do un farmaco finto a stare meglio sono in 42.
Mario Maj afferma che: “Gli antidepressivi sono tanto più efficaci quanto più la malattia è grave. In genere non hanno effetto sulla demoralizzazione e ne hanno uno modesto sulla depressione lieve “
. . . . . . . per questo motivo allora io per la mia distimia ho avuto un miglioramento molto, molto basso ?
Già prima di leggere l’articolo pensavo se fosse giusto e NECESSARIO che mia madre si “intossicasse” l’organismo con l’assunzione trentennale di questi farmaci;
cercavo di vedere se ci fosse un modo per poterle far smettere di prendere i farmaci (la sua però non era una semplice distimia)
e dopo aver letto quest’articolo, ancor di più mi domando: perché mia madre deve continuare a introdurre nel suo organismo queste sostanze “potenzialmente tossiche” ?
[#1]
Gentile Signore,
non ho letto l’articolo che lei cita ma posso capire la sua preoccupazione e i suoi dubbi.
Ultimamente alcuni studi pubblicati nella letteratura medica, ad esempio nel British Medical Journal del 2008, riportano un’efficacia minore di quanto ci si aspettasse prima per alcuni antidepressivi e i motivi di questo sono tanti. Tuttavia bisogna tenere presenti alcuni fattori:
- la diagnosi che viene fatta è importante, perché a questa consegue una certa terapia anziché un’altra: se la diagnosi è sbagliata potrebbe esserlo anche la terapia;
- la distimia e i disturbi depressivi minori sono in effetti i più difficili da trattare, anche se sembrava che con i nuovi antidepressivi dopo gli anni ’90 si fosse trovata una cura abbastanza efficace;
- non tutte le persone reagiscono allo stesso modo ai farmaci ed esempi di questo ne troviamo tantissimi in tutta la medicina: vi sono persone con ipertensione o diabete ben stabilizzate con pochi semplici farmaci, altre per i quali vengono provati mille farmaci in mille combinazioni senza arrivare a un soddisfacente controllo della pressione o della glicemia;
- i numeri riportati dall’articolo da lei citato non so da dove siano presi ma possono essere discutibili: alcuni studi riportano una risposta al placebo inferiore al 30% altri superiore, ma i fattori in causa sono diversi e sarebbe troppo lungo da spiegare. Inoltre quando si parla di placebo non significa solo una pillola inerte ma un effetto di cui ancora si conosce poco ma che è comunque efficace;
- le parole di Maj che lei riporta riassumono in parte i concetti espressi sopra: se la diagnosi non è giusta (semplice demoralizzazione anziché depressione), i farmaci potrebbero rivelarsi poco efficaci, mentre sono più efficaci tanto più è grave la depressione.
Venendo a lei e alla distimia, spesso il farmaco è solo una parte del processo terapeutico che andrebbe accompagnato, quando possibile, con una psicoterapia.
Il termine distimia purtroppo viene usato indifferentemente per identificare una forma di depressione minore (ma non per questo meno grave) o un temperamento di tipo depressivo o anche una personalità depressiva: capirà che un conto è trattare un disturbo che insorge in una persona relativamente sana, un conto è trattare una personalità orientata alla depressione: è molto più difficile e potrebbe spiegare il risultato solo parziale delle terapie farmacologiche, sebbene, nella mia pratica personale, qualche risultato lo si può raggiungere.
Quanto all’ultima domanda sulle sostanze tossiche e sua madre, lei stesso ha detto che sua madre non è distimica ma più grave, quindi ha motivo di prendere questi farmaci, secondo queste sostanze non sono tossiche se assunte correttamente: è sufficiente fare dei controlli regolari al cuore e fegato e reni per accertare un corretto funzionamento dell’organismo. Inoltre sospendere questi farmaci potrebbe essere peggio se ciò comportasse una grave ricaduta con tutto ciò che questa comporta.
Spero di esserle stato utile
Cordiali saluti
Massimo Lai
non ho letto l’articolo che lei cita ma posso capire la sua preoccupazione e i suoi dubbi.
Ultimamente alcuni studi pubblicati nella letteratura medica, ad esempio nel British Medical Journal del 2008, riportano un’efficacia minore di quanto ci si aspettasse prima per alcuni antidepressivi e i motivi di questo sono tanti. Tuttavia bisogna tenere presenti alcuni fattori:
- la diagnosi che viene fatta è importante, perché a questa consegue una certa terapia anziché un’altra: se la diagnosi è sbagliata potrebbe esserlo anche la terapia;
- la distimia e i disturbi depressivi minori sono in effetti i più difficili da trattare, anche se sembrava che con i nuovi antidepressivi dopo gli anni ’90 si fosse trovata una cura abbastanza efficace;
- non tutte le persone reagiscono allo stesso modo ai farmaci ed esempi di questo ne troviamo tantissimi in tutta la medicina: vi sono persone con ipertensione o diabete ben stabilizzate con pochi semplici farmaci, altre per i quali vengono provati mille farmaci in mille combinazioni senza arrivare a un soddisfacente controllo della pressione o della glicemia;
- i numeri riportati dall’articolo da lei citato non so da dove siano presi ma possono essere discutibili: alcuni studi riportano una risposta al placebo inferiore al 30% altri superiore, ma i fattori in causa sono diversi e sarebbe troppo lungo da spiegare. Inoltre quando si parla di placebo non significa solo una pillola inerte ma un effetto di cui ancora si conosce poco ma che è comunque efficace;
- le parole di Maj che lei riporta riassumono in parte i concetti espressi sopra: se la diagnosi non è giusta (semplice demoralizzazione anziché depressione), i farmaci potrebbero rivelarsi poco efficaci, mentre sono più efficaci tanto più è grave la depressione.
Venendo a lei e alla distimia, spesso il farmaco è solo una parte del processo terapeutico che andrebbe accompagnato, quando possibile, con una psicoterapia.
Il termine distimia purtroppo viene usato indifferentemente per identificare una forma di depressione minore (ma non per questo meno grave) o un temperamento di tipo depressivo o anche una personalità depressiva: capirà che un conto è trattare un disturbo che insorge in una persona relativamente sana, un conto è trattare una personalità orientata alla depressione: è molto più difficile e potrebbe spiegare il risultato solo parziale delle terapie farmacologiche, sebbene, nella mia pratica personale, qualche risultato lo si può raggiungere.
Quanto all’ultima domanda sulle sostanze tossiche e sua madre, lei stesso ha detto che sua madre non è distimica ma più grave, quindi ha motivo di prendere questi farmaci, secondo queste sostanze non sono tossiche se assunte correttamente: è sufficiente fare dei controlli regolari al cuore e fegato e reni per accertare un corretto funzionamento dell’organismo. Inoltre sospendere questi farmaci potrebbe essere peggio se ciò comportasse una grave ricaduta con tutto ciò che questa comporta.
Spero di esserle stato utile
Cordiali saluti
Massimo Lai
Massimo Lai, MD
[#2]
Purtroppo spesso vengono ampiamente pubblicizzati studi che screditano l'efficacia di questo o quell'altro psicofarmaco (ora antidepressivo, prima antipsicotici e così via). Dico purtroppo perchè sempre viene pubblicata la conclusione che spara il titolo a più alto impatto: gli antidepressivi non servono, sono inutili, etc.
come ha già esposto il collega Lai, le variabili in gioco sono numerose e non vengono mai approfondite generando spesso confusione, sfiducia e malcontento e mettendo in cattiva luce la professionalità di tanti operatori che lavorano nel settore.
Cordiali saluti
come ha già esposto il collega Lai, le variabili in gioco sono numerose e non vengono mai approfondite generando spesso confusione, sfiducia e malcontento e mettendo in cattiva luce la professionalità di tanti operatori che lavorano nel settore.
Cordiali saluti
Dott. Vassilis Martiadis
Psichiatra e Psicoterapeuta
www.psichiatranapoli.it
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 5.4k visite dal 19/03/2008.
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