Disturbo paranoide di personalità

Gentili Dottori,
gradirei sapere se esistono dei "sintomi" precisi per capire se un nostro caro è affetto da un disturbo paranoide di personalità.
Leggendo sul dsm i criteri diagnostici di questo disturbo di personalità, dopo averne sentito parlare nel reparto psichiatrico in qui faccio volontariato nel gruppo di lettura, mi sono resa conto che molti, se non la maggior parte, dei comportamenti di una persona a me molto vicina si possono ricondurre a qualcosa di non troppo sano. Inizialmente i racconti di quest'uomo sembravano plausibili, non avevano nulla di delirante e gli credevo, difendendolo quando mi chiedeva consigli su torti subiti o discussioni lavorative. é un uomo con un buon funzionamento, una famiglia e una vita sociale discreta anche se caratterizzata da frequenti litigi e chiusure brusche dei rapporti di amicizia o sentimentali senza un serio motivo. qualche settimana fa però ha iniziato a travisare le mie parole, anche una sciocchezza diventava un riferimento ai suoi difetti, un oltraggio al suo onore. Lo stesso diceva di colleghi o familiari. I comportamenti aggressivi e rancorosi di quest'uomo sono rivolti in particolare contro le donne e riferiti a situazioni passate e presenti, in cui lui si descrive come vittima di stalking, di invidia, di bugie e macchinazioni per adombrare la sua immagine e far passare lui per cattivo e colpevole. Ignorando molte cose della sua vita privata e non conoscendo la verità dei fatti, il tutto sembrava rientrare in un "brutto carattere, permaloso e incapace di perdonare", forse anche tormentato e ferito, ma quando ha iniziato ad insultarmi per ogni cosa, ad accusarmi di mentirgli, di essere "falsa e furba", "subdola e traditrice" in assenza della minima scorrettezza da parte mia, e a troncare ogni mio intento di chiarimento e dialogo, allora ho iniziato a pensare che potesse trattarsi di qualcosa di più profondo. parlandone con un'infermiera mi è stato consigliato di chiedere a uno psichiatra, anche se la diagnosi dovrebbe essere fatta visitando il soggetto e non basandosi sulle mie descrizioni.
Vi chiedo aiuto e, se possibile, di potermi fornire dei "mezzi" più pratici e quotidiani, rispetto alle definizioni reperite su testi e web, per capire se gli atteggiamenti e l'ostilità di questa persona nei miei confronti (al momento non vuole sentirmi perchè "credeva fossi diversa, invece sono come tutti gli altri, non gli piaccio e ho chiuso con lui") siano o meno frutto di un problema da verificare e curare. Io cedo ai sensi di colpa che inconsciamente lui innesca trattandomi male senza motivo, pensando che avrei potuto comportarmi diversamente, assecondandolo e capendolo di più, ma razionalmente sembra che, in ogni modo, tutti facciano sempre qualcosa di male in grado scatenare la sua collera e le sue insinuazioni.
Concludo aggiungendo,se può servire,che spesso cambia umore e si definisce "girato"o "voltato",si chiude in se stesso, insultando chiunque lo avvicini.
Grazie in anticipo per l'ascolto
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119
Gentile utente,
confermo che la diagnosi può essere fatta solo visitando il soggetto. Inoltre, sussiste un problema etico: presumo che la persona in questione non ha dato il proprio consenso di essere "diagnosticata".

In ogni modo, penso che quello che può servire a Lei in questa situazione dal punto di vista pratico non è la diagnosi psichiatrica. Se la sapesse, che cosa ne farebbe ? Le diagnosi fanno parte della "lingua" dei medici, che in base a questa organizzano l'eventuale cura come sanno fare loro; senza un medico la diagnosi dà luogo ai significati sociali spesso controproducenti per la cura della malattia pschica, se si sospetta che questa possa avere luogo.

Penso che quello che può servirLe è di capire come atteggiarsi nei confronti di questa persona. Che tipo di legame ha con lui ?

Dr. Alex Aleksey Gukov

[#2]
Utente
Utente
grazie Dottore per la risposta tempestiva.....la persona in questione è, anzi era, il mio fidanzato. Relazione chiusa in un modo piuttosto strano, ma principalmente perchè lui afferma che io abbia tenuto certi comportamenti, che però non mi comunica, che gli hanno mancato di rispetto. mi ha accusata di avergli mentito e di essermi comportata in modo grave nei suoi confronti, senza sostenere la sua tesi, senza farmi gli esempi di ciò che avrei fatto, insultandomi pesantemente ma senza spiegare, senza darmi la possibilità di un confronto e soprattutto addebitandomi cose che non ho MAI neanche immaginato. credo, ed è il motivo di questo consulto, che sia un suo atteggiamento frequente, anche nei confronti di familiari, amici e vecchie relazioni sentimentali.Lui stesso mi raccontava, nell'arco dei mesi e in tempi "non sospetti" ,che è stato sempre ingannato, che ha trovato persone indegne ecc, come ho già detto prima.
Non è la diagnosi la cosa che più mi interessa, ma il capire come mai abbia improvvisamente agito così, perchè per me è stato un fulmine a ciel sereno e so di non avergli mai mancato di rispetto, nè come persona, nè come fidanzata. Tengo molto a lui e il fatto che rifiuti ogni più piccola forma di dialogo, fermo nella sua convinzione che io lo abbia preso in giro, mi fa soffrire molto, più della fine della relazione che, probabilmente, non avrebbe avuto altri motivi per essere conclusa, se non questi suoi repentini e immotivati sbalzi d'umore, scoppi di rabbia o silenzi nei miei confronti.. che si protraevano anche per diversi giorni.
vorrei sapere se c'è un modo per aiutarlo, o meglio per capire di più, dato che non vuole sentirmi e tantomeno confrontarsi. E se c'è un modo per contattarlo o di agire che possa funzionare nel caso in cui questa persona fosse davvero problematica. insomma, cosa dovrei fare ora, come posso rapportarmi con lui??
Io sono sempre stata paziente, provavo a rassicurarlo e a stargli vicino, anche se mi allontanava in modo brusco, a volte direi maleducato, e i suoi attacchi gratuiti, le sue domande, i suoi sospetti erano diventati davvero opprimenti.
Per darvi modo di capirne di più, posso aggiungere che all'inzio della conoscenza e della relazione era una persona solare, divertente, un po' permalosa e guardinga, ma nei limiti della norma. ci sono stati momenti di tensione immotivati che nascevano dal nulla, sospetti visti come fondati da parte sua, ma erano episodi rari e isolati, dopodichè si giustificava dicendo di essere stato deluso in passato e chiedendo scusa, ma negli ultimi mesi è cambiato, iniziando a comportarsi in modo ambivalente, a volte avevo l'impressione che agisse per dispetto o per scatenare una mia reazione ed avere la scusa di arrabbiarsi con me..criticava tutto, nessuno agiva correttamente, tutti gli facevano dei torti, persino il fattorino della pizza da asporto che ha sbagliato l'ordine! Insomma, non so che fare!
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119
Gentile utente,
cercherei di capire soprattutto che cosa L'ha attratto in questa persona e se Lei è mossa dalle intenzioni di "recuperarlo" dal punto di vista affettivo o se lo percepisce come una persona soprattutto "da aiutare". A volte succede che ci siano sia l'uno che l'altro motivo, ed il legame affettivo si basa in parte su un ruolo (di protezione, o, in altri casi, di dominanza, o di dipendenza), e in tali casi uno dei problemi è proprio questa tendenza ad assumere i "ruoli" (forse da parte di entrambi), ... i "ruoli" che (non escludo che) danno la possibilità al partner di agire nei confronti di Lei i soliti schemi comportamentali..., e idem (in un modo "solito", benché completamente diverso) intrappola Lei nei propri schemi e nei propri principi morali e relazionali,.. e si perde il valore del legame autentico ed intimo.

In altre parole, se Lei lo vede come il Suo fidanzato, non deve cercare di avere nei confronti di lui un atteggiamento simile a quello che può essere intuitivo e logico avere nei confronti delle persone che assiste durante l'attività di volontariato, perché sono cose diverse e perché, se fidanzato, dovrebbe riuscire essere talvolta anche lui quella persona che capisce e protegge Lei.

Posso consigliarLe di prendere tempo, anche per rifletterci su questo e anche per rispettare la volontà di lui di non avere contatti; e per decidere come comportarsi quando, eventualmente, lui torna o vorrà risponderLe, per non ricadere nelle stesse modalità di prima.

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Utente
Utente
l'attrazione fisica e la curiosità sono stati i fattori predominanti per iniziare questa relazione,almeno da parte mia, inoltre è una persona piacevole e simpatica, almeno inizialmente, o dovrei dire almeno superficialmente.....I primi tempi interpretavo le sue "scenate" di gelosia o le richieste di rassicurazioni come attenzioni che fanno piacere ad ogni donna, ma col passare del tempo i momenti felici diminuivano lasciando spazio a silenzi e risposte brusche..in più abitiamo lontani e non era possibile vederci tutti i giorni, così quando non stavamo insieme il suo atteggiamento nei miei riguardi peggiorava ulteriormente. Lui stesso mi confidava di provare sensazioni negative quando ero distante, addirittura di "non sopportarmi" quando andavo via.....da questo e altri segnali ho cominciato a percepire che forse qualcosa non andava in lui, ma non volevo neppure "psichiatrizzare "la cosa,magari influenzata dal volontariato che svolgo...così ho resistito fino alla chiusura una settimana fa.

come ha ben immaginato Lei, ora sono mossa anche da un sentimento di tenerezza verso quest'uomo....se si fosse trattato di un tradimento, di una diminuzione dell'intesa o dell'amore non avrei esitato a volerlo allontanare e anche a covare rabbia, ma così facendo mi porta a continuare a preoccuparmi per lui e a voler "tentare di aiutarlo" e di farlo "guarire", cosa che so bene essere impossibile, oltre che ambiziosa!
dovrò riflettere sul motivo per cui continuo a volerlo sentire e cercare, nonostante i suoi rifiuti e insulti, a cosa mi lascia questa relazione "aggressiva e piena di rancore" da parte sua e cosa mi manca di lui, ma soprattutto penserò bene se è il caso di andare direttamente a parlargli, senza preavviso, cosa che ammetto di aver preso in considerazione, data l'mpossibilità di farmi ascoltare, quantomeno per esporgli la mia versione, anche se non capirà essere la verità....

Insomma, dovrei aspettare, non contattarlo e riflettere, o provare l'ultima volta ad avvicinarlo? potrebbe essere controproducente?

La ringrazio dell'attenzione Dottor Gukov, buona giornata
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119
<<..se si fosse trattato di un tradimento, di una diminuzione dell'intesa o dell'amore non avrei esitato a volerlo allontanare e anche a covare rabbia, ma così facendo mi porta a continuare a preoccuparmi per lui e a voler "tentare di aiutarlo" e di farlo "guarire"..>>

In qualsiasi modo si pone la questione, quello che sembra di esssere importante per Lei è se in lui o nella sitazione di lui è rimasto uno spazio per Lei, a prescindere a quale titolo sia... E se è così, umanamente lo si può capire, ma forse bisogna rendersi più conto, appunto, quanto è una intenzione di aiuto a lui o a Lei.. Bisogna capire prima quali sono le Sue aspettative (se si immagina che lui L'avesse tradito, allora la preoccupazione e l'intenzione d'aiuto cambierebbero ?). Sembra che nel volerlo "aiutare" le Sue aspettative non contassero.., ma invece ci sono, e bisogna capirle prima bene Lei stessa.

Manca anche la conferma da parte di lui: cosa ne pensa lui ? Che "spazio" ha per Lei ? Chi è Lei per lui ? Vuole/ accetta il Suo affetto o il Suo aiuto ? E' anche possibile che lui abbia difficoltà a capirlo o a deciderlo adesso, ma se già cercare di parlare sul serio con lui, forse questa domanda è fra le più importanti da porre. Se la risposta non può essere data, non bisogna insistere ora, ma non bisogna nemmeno presumerla, significa che non c'è ancora.

<<..penserò bene se è il caso di andare direttamente a parlargli, senza preavviso, cosa che ammetto di aver preso in considerazione, data l'mpossibilità di farmi ascoltare, quantomeno per esporgli la mia versione, anche se non capirà essere la verità....>>

Lei avverte il bisogno di "esporgli la Sua versione", "anche se non capirà essere la verità", ma allora a chi serve farlo ? Probabilmente più a Lei che a lui. Ed è anche umanamente comprensibile, ma di nuovo, va al secondo piano quello che possa pensare o volere lui. Forse sarebbe più una "prova" della sua capacità in questo periodo di mettersi dalla parte di Lei, capire Lei... Se Lei percepisce che lui stia sofferente, forse non è il caso di sottoporrlo alle prove..

Per capire lui, bisogna ascolatare lui o, se non vuole parlare, rispettarlo.

Se invece si pensa che lui sia in grado di rispondere adesso alle Sue domande, di ascoltare Lei, di "darLe spazio", questo va un po' in contraddizione con il percepirlo psichicamente sofferente.

<<..Insomma, dovrei aspettare, non contattarlo e riflettere, o provare l'ultima volta ad avvicinarlo? potrebbe essere controproducente?..>>

Bisogna seguire il proprio intuito ed i propri sentimenti.









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Utente
Utente
Se lui ha vissuto in modo distorto certi miei atteggiamenti, essendo io in buona fede, se ha preferito allontanarmi basandosi su fatti inesistenti,che lui vede poichè affetto da un qualsiasi tipo di disturbo, e per questo motivo mi odia e non vuole neppure sentirmi, allora ho bisogno di spiegarmi. forse per me stessa, ma anche per cercare di recuperare un rapporto difficile ma che non dovrebbe finire per questioni che non esistono, devo almeno provarci..e forse lui capirebbe di potersi fidare, anche se ne dubito, conoscendolo.

Se invece lui non provasse più nulla, come non mi è mai stato detto o fatto capire, dato che il litigio finale si è scatenato nel giro di due giorni in cui lui è diventato davvero un'altra persona dall'oggi al domani, allora basterebbe dirlo chiaramente e a quel punto sarebbe una scelta che non potrei controbattere in nessun modo.
la rispetterei, ovviamente soffrendone.

questo è il mio problema. Non so quanto possa essere utile il mio dimostrargli affetto e pazienza.
Ciò che Lei dice, del rispettare il suo momento di crisi, qualunque sia il motivo, e il suo non potermi dare spiegazioni chiare, riuscendo solo ad allontanarmi, trattarmi male e ignorarmi è sacrosanto, ma io ho molta paura che il passare del tempo possa peggiorare le cose, o raffreddare i sentimenti, per questo sono combattuta e cercavo consigli.

Preferirei sapere che si tratta di una persona disturbata, mi sarebbe facile capire e non mi peserebbe l'aiutarlo per salvare la nostra storia,non volendomi mancare di rispetto in modo "volontario" ma non so quanto sarebbe sano per la mia vita.

Anche per questo ho chiesto se esitessero dei sintomi più precisi per capire quando e dove finisce il brutto carattere e inizia la patologia....per non giustificarlo quando magari dovrei arrabbiarmi, ma per non "abbadonarlo" qualora avesse un problema.

La ringrazio sempre della disponibilità!
[#7]
Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119
Gentile utente,
Un disturbo psichico può riconoscere solo specialista e solo in base dell'osservazione diretta. Altrimenti se ne può parlare nel senso popolare delle parole, che spesso ha poco di medico o di psichiatrico.

Ma la problematica che Lei porta in questo consulto vedrei piuttosto nell'errore di quello che è stato assunto di partenza, il quale poi Lei chiarisce:

"Preferirei sapere che si tratta di una persona disturbata, mi sarebbe facile capire..."
"...e non mi peserebbe l'aiutarlo per salvare la nostra storia,.."

L'errore è nel presumere che una persona "disturbata" non esprime autenticamente o non si rende conto di quello che pensa o prova, che non sbaglia lui, ma è la malattia che lo fa..

In realtà, essere malati psichicamente, anche in maniera grave (e Lei parla solo di un'ipotesi di un disturbo di personalità), non è automaticamente omologabile con l'incapacità di analisi realistica delle proprie emozioni e dei propri pensieri. Può esserci. Ma non si può presumerla a priori. Di contro, anche le persone che psichicamente non sono disturbate in modo evidente, tutti noi, possiamo non avere questa capacità a livello ottimale. In altre parole, il punto "dove finisce il brutto carattere e inizia la patologia" non è netto, e, se la questione è l'attendibilità delle dichiarazioni o dei sentimenti, questo punto si trova già nella zona del "brutto carattere".

Dall'altra parte, è anche errato presumere che una persona psichicamente "disturbata" possa averlo come "scusante" delle proprie emozioni o delle proprie dichiarazioni. Qui ci si mette sulla strada "pericolosa", perché si rischia di legittimare i comportamenti e le convinzioni che da una persona "sana" non avremmo accettato, e questa legittimazione non è detto che sia sempre di buon servizio neanche all'eventuale patologia della persona, anche perché in tal modo viene deresponsabilizzata (mentre le capacità di responsabilizzarsi di più, mettersi dalla parte dell'altro potrebbe anche avere); e inoltre è "pericoloso", perché si rischia di concludere che cosa la persona può pensare o non pensare al posto di questa.

"Preferirei sapere che si tratta di una persona disturbata, mi sarebbe facile capire..."
"...e non mi peserebbe l'aiutarlo per salvare la nostra storia,.."

(sono le Sue conclusioni al postodi lui, che sono più "facili" emotivamente per Lei).

Dunque, penso che o si parla con lui come con una persona sana, ovvero, rivolgendosi alla sua "parte sana", oppure, se si vede che è impossibile, lo si lascia uscire dal periodo di sofferenza, se lo percepiamo di trovarsi in un tale periodo.

Uscire però dal periodo di sofferenza psichica è più difficile se si è messi di fronte alle domande e alle decisioni, soprattutto nell'ambito della relazione affettiva, che di per sé è un fattore spesso destabilizzante.

Le propongo una impostazione alternativa rispetto a quella Sua:
perché non pensare che tutti noi, chi più chi meno, possiamo esprimere tramite i nostri comportamenti o le nostre dichiarazioni qualcos'altro, che a parole abbiamo difficoltà a dire o di cui non siamo pienamente consapevoli ?

Ad esempio, lui è descritto come una persona che spesso lamenta di essere trattato ingiustamente, di subire, apparentemente si pone nella posizione di una persona che "debba essere difesa", ed il vostro rapporto Lei descrive come uno nel quale Lei ha cercato a difenderlo, ad aiutarlo, ed anche adesso sembra di essere la prima cosa che Le viene quasi d'istinto. Tuttavia... siamo sicuri che essere in questa posizione di una persona che "debba essere difesa", è quello di cui lui ha bisogno ? siamo sicuri che questo non lede la sua autostima ? Siamo sicuri che non abbia bisogno invece di sentirsi lui quello che è più forte ? che sa aiutare e difendere ? (come potenziali veri lati positivi). E, adirittura, come uno che "fa subire", "dominare" a modo suo (come potenziali lati meno simpatici, ma veri, che ha) ?

(soprattutto se ricordiamo che l'autostima e l'autorealizzazione nella propria vita e nella vita condivisa con un'altra persona) dipende anche dai valori culturali e sociali del ruoli attribuiti al genere, nel sua caso - genere maschile.

Dunque, non è detto che per aiutarlo bisogna mettersi nella posizione di chi "aiuta". Forse viceversa, stimolando la sua autostima, ma non dimenticando che ha minime responsabilità a livello comportamentale.

Dall'altra parte, il "vero lui" può essere sia quando si comporta bene, sia quando si comporta male, e non bisogna illudersi che i suoi lati meno simpatici siano passeggeri o che non fanno parte di lui. Volendo costruire la vita con una persona, penso che sia importante non illudersene.
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Utente
Utente
Gentile Dottore, Lei ha perfettamente ragione..rileggendo le sue parole ho capito, non solo che non devo tollerare e giustificare con un possibile disturbo i gesti, le offese e le accuse di questa persona, ma anche che così facendo potrei aver dato modo a lui di non capire gli errori che continuamente fa e lasciandogli lo spazio per "cullarsi" nelle sue reazioni di difesa.
Forse voleva comunicare qualcosa attraverso l'aggressività, forse suscistare in me una reazione opposta forse voleva vedere se mi allontanavo...chi lo sa, io non voglio pensarci troppo perchè mi sta scoppiando la testa. sono passate due settimane ormai e non l'ho sentito, mi manca ma sono anche molto arrabbiata.
in più la cosa che mi ha suggerito riguardo al fatto che voglia avere lui il controllo o sentirsi quello più forte si addice molto bene al suo tipo di mentalità, di lavoro, di carattere e anche di aspetto fisico......il solo fatto che io abbia messo in dubbio il suo equilibrio mentale può avergli scatenato sentimenti che non è in grado di elaborare.....ma ora Lei cosa consiglia di fare? con una persona con un carattere simile, escludendo ogni possibile risvolto psichiatrico, sarebbe meglio lasciarlo "sfogare" come ha detto Lei, rimandando quei chiarimenti che ora non sa e non vuole darmi, oppure agire in modo netto, come tenderei a fare seguendo il mio carattere e il mio istinto??
mi sento bloccata tra l'arrabiatura causata dal non potermi spiegare, dal non vederlo e sentirlo, dal saperlo andare avanti nella sua vita dove fino a ieri c'ero io e la paura di perderlo, lasciando morire la cosa se decido di aspettare. Il tempo mi fa paura, è come se non ne avessi abbastanza...e stare ad attendere qualcosa, che può anzi sicuramente non accadrà, mi mette molta tristezza.
Io gli voglio bene e vedevo un futuro con lui. Sapere che magari mi odia credendo che gli abbia mancato di rispetto è una cosa terribile!
A questo punto il consiglio lo richiedo per me stessa. come faccio a non distruggermi e a risolvere la faccenda?
è un domandone, ma Lei saprà sicuramente suggerirmi al meglio!
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