Sono stata brava a scuola ma non facevo altro
buongiorno, ho 25 anni e sono in queste condizioni da 11...mia madre se l'è presa fortemente con me per il suo rapporto con mio padre questa mattina e non ho un amico cui confidarlo, perchè ho talmente bisogno di qualcuno che quando si avvicina probabilmente lo annoio con questi problemi. non ricordo un giorno felice.... o ero capricciosa o mangiavo troppo o non lo so...non so più niente...sono stata brava a scuola ma non facevo altro...ora sono bulimica, depressa e sola...cosa posso fare per uscirne?
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Utente
sono andata da una psicologa che ha giudicato il mio aspetto di bambina normale...un po' rotondetta, ma venivo sempre bersagliata da prese in giro, quindi piangevo sempre, mi vedevo grassa, odiavo il mio peso...e studiavo perchè era l'unica cosa in cui riuscivo. ero empia e tracotante...a 14 anni mi sono resa conto che dovevo cambiare...solo che "facevo la brava"...studentessa modello, no altre attività e piangevo di solitudine. nel 2001 mio padre ha cominciato una storia con una donna, mia madre ha detto che la mia scelta della scuola era la causa di tutto, per anni mi ha presa a male parole, mi ha picchiata, insultata. soffrivo, mi "prostituivo" per aver un po' di attenzione dai compagni di classe,facendo loro da zerbino...e mi sentivo realizzata solo nei voti...a suon di lacrime mi sono diplomata convinta di aver una gran testa e sono andata a ingegneria...non ce la facevo...ma mia mamma avrebbe reso la mia vita un inferno se avessi deciso di cambiare facoltà..così sono 25 anni che sono sola sul divano con gli occhi tumefatti...piango e basta, non mi concentro e dopo 4 anni di abbuffate con compenso sono bulimica e depressa...non ho amici...allontano tutti...perchè non sono serena...ma ho bisogno d'aiuto...di accettazione...solo che tutti mi lasciano
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Utente
la gente non ama chi si lamenta o è ombroso...non ama chi è taciturno...ama quelli che ridono e scherzano, che sono solari...mi sono aperta ma la risposta è sempre stata quella "sei poco solare, sei una pizza"...da parte delle donne, "fai schifo fuori e non sei solare da parte dei maschi"..e forse quel muso è un modo per attirare l'attenzione, ce l'ho con mia mamma da quando avevo 11 anni...un groviglio di emozioni me lo facevano avere, ma non le riconosco. in primis avevo un problema di peso per cui mi facevo pena di aspetto,, dai capelli al resto, poi mi mancava la compagnia della mia età ma proprio non ho mai imparato a crearmela...ed eccomi qui, come a 11 anni... grazie comunque
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Dunque, "forse quel muso è un modo per attirare l'attenzione"...
Penso che, se una persona si sente male, è in realtà un valido motivo per cercare l'attenzione e l'aiuto. Se gli esseri viventi non avessero la capacità di segnalare le difficoltà di sopravvivenza, mancherebbe uno dei meccanismi fisiologici fondamentali. Un meccanismo che si attiva anche a prescindere dalla consapevolezza e dell'intenzionalità dell'individuo.
Ovviamente, è patologico se diventa un modalità di socializzazione pervasiva, anche perché perde la propria autenticità.
Ma anche il cercare di essere serena e solare può essere una modalità non sincera, non spontanea, che non risolve affatto il problema.
Sostituire un comportamento "obbligato" con un altro sempre "obbligato", essere "problematica" Lei, ma essere "non sensibile" anche l'ambiente crea un circolo vizioso che porta all'esasperazione sia emotiva che delle modalità di vita.
Penso che da questo circolo vizioso si può uscire: non con le sole proprie forze, ma con l'aiuto di una persona giusta, magari uno psicologo. Lei è già stata seguita in passato da uno psicologo ?
Per quanto riguarda la bulimia, è seguita (o è stata seguita) da uno specialista ? (se sì, psicologo o psichiatra ? entrambi ?).
Non poco, secondo me, possa dipendere dal Suo contesto relazionale e sociale (dove le trova queste persone, femmine e maschi, che reagiscono così come Lei descrive ? pensa che loro reazioni sono socialmente normali ? che sono tutti così ?),
ma cambiare questo contesto senza un lavoro più psicoterapeutico individuale potrebbe essere difficile o anche azzardato e traumatico.
Penso che, se una persona si sente male, è in realtà un valido motivo per cercare l'attenzione e l'aiuto. Se gli esseri viventi non avessero la capacità di segnalare le difficoltà di sopravvivenza, mancherebbe uno dei meccanismi fisiologici fondamentali. Un meccanismo che si attiva anche a prescindere dalla consapevolezza e dell'intenzionalità dell'individuo.
Ovviamente, è patologico se diventa un modalità di socializzazione pervasiva, anche perché perde la propria autenticità.
Ma anche il cercare di essere serena e solare può essere una modalità non sincera, non spontanea, che non risolve affatto il problema.
Sostituire un comportamento "obbligato" con un altro sempre "obbligato", essere "problematica" Lei, ma essere "non sensibile" anche l'ambiente crea un circolo vizioso che porta all'esasperazione sia emotiva che delle modalità di vita.
Penso che da questo circolo vizioso si può uscire: non con le sole proprie forze, ma con l'aiuto di una persona giusta, magari uno psicologo. Lei è già stata seguita in passato da uno psicologo ?
Per quanto riguarda la bulimia, è seguita (o è stata seguita) da uno specialista ? (se sì, psicologo o psichiatra ? entrambi ?).
Non poco, secondo me, possa dipendere dal Suo contesto relazionale e sociale (dove le trova queste persone, femmine e maschi, che reagiscono così come Lei descrive ? pensa che loro reazioni sono socialmente normali ? che sono tutti così ?),
ma cambiare questo contesto senza un lavoro più psicoterapeutico individuale potrebbe essere difficile o anche azzardato e traumatico.
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Utente
quando a giugno 2010 ho perso il mio ragazzo mi sono rivolta ad una psicoterapeuta, chiedendole di rompere questo circolo vizioso. è cominciato dalle elementari, una bambina in particolare diceva "non sono più tua amica"...ricordo il solco nella sabbia che tracciava tra me e lei in quei momenti...e tutte la seguivano e ovviamente mi domandavo perchè e piangevo, piangevo e mangiavo...alle medie idem... ma lì ero tracotante...credevo di avere il mondo in mano in quanto mi riusciva bene tutto...mi credevo molto intelligente, ma sola...al liceo avevo perso ogni speranza, finchè quel ragazzo non mi ha fatto vedere che c'era tutta una vita fuori, che senza di lui non avrei più avuto...in famiglia non andava bene all'epoca. insomma, lui mi ha tradita più volte, ma non mi sono guardata dentro o ho usato un atteggiamento costruttivo, facevo l'offesa finchè non mi lasciava e poi mi accorgevo di esser sola e facevo da zerbino...all'università era un po' cambiata la musica, ero più serena e percepivo che nessuno ce l'aveva con me, ma quest'anno mi è crollata questa certezza....lo psicologo l'ho smesso quando ho smesso di lavorare..i miei non erano d'accordo che ci andassi.,..era una cosa da stupida viziata, quale sono...e in più la figura professionale in questione sosteneva che il nocciolo delle mie difficoltà relazionali che causano pure la bulimia sono da ricercarsi proprio in famiglia...ieri ho scritto qui perchè mia mamma ha avuto un atteggiamento da "psycho" nei miei confronti, culminando con "merdaccia, mi vergogno di averti cagata io"...non ricordo più la mia infanzia...non ricordo nulla, ma dai 14 anni in poi quelle frasi mi accompagnavano ogni giorno o quasi, da quando mio padre si è fatto scoprire nella sua relazione clandestina....(dopo averci trattate malissimo per un anno)...
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Non escludo, in base a quello che Lei descrive, che lo psicologo abbia avuto ragione, dicendo che "il nocciolo delle mie difficoltà relazionali che causano pure la bulimia sono da ricercarsi proprio in famiglia",
ma ne è solo una parte. Il resto (la Sua reazione, che si è consolidata) non è meno importante. D'altronde, se pensassimo che tutto stesse nella famiglia, il problema sarebbe irrisolvibile. All'epoca più precoce l'intervento più importante sarebbe giustamente da mirare sulla famiglia, ma col tempo le cose cambiano: i Suoi genitori con l'età potevano non maturare una maggiore consapevolezza dei propri comportamenti e, anzi diventare più rigidi nelle proprie abitudini mentali e comportamentali; invece Lei è più matura e più adulta di prima, e non sarebbe neanche il caso pensare a Lei sempre nei termini di anni fa (nel ruolo della bambina che i genitori sono responsabili di far sopravivere e di far crescere).
In altre parole, le problematiche della famiglia sarebbero sì importanti in tutta la storia, ma l'approccio più razionale in questa fase a tali problematiche della famiglia non è di limitarsi a rimarcarle e, credo, non di azzardarsi a cambiare gli altri, ma piuttosto a riuscire a distanziarsene, ad aquistare la propria autonomia rispetto alla famiglia.
In realtà, benché Lei descrive le interazioni con la Sua madre come negative, penso che il legame fra di voi possa essere abbastanza stretto, e che ora, come anche in passato, Lei sia abbastanza condizionata da lei. Nel caso di una persona che non ha molti legami sociali e che non si sente accettata, mantenere un legame emotivo stretto con la famiglia poteva essere uno sviluppo precedibile, però anche qui si crea un "circolo vizioso", perché i contatti con l'esterno così si limitano forse ancora di più, e, quando ci sono, i Suoi atteggiamenti riproducono in gran parte quelli che ha in famiglia. In realtà , viste queste limitazioni, non si può dire che Lei ha esplorato abbastanza la vita per dire che non sia capace di instaurare i legami affettivi o d'amicizia.
Riuscire ad aquisire una maggiore indipendenza, una maggiore autonomia, in primo luogo dalla famiglia, non è affatto facile, ma potrei pensare che possa essere uno degli obbiettivi principali e realizzabili. Si compone da più elementi, fra i quali, ovviamente anche il ritrovare il lavoro, una maggiore indipendenza economica, ma anche la revisione di quello che è Lei e di quello che ha Lei come persona: le Sue capacità intellettive possono essere qui di molto aiuto; sto parlando sia di realizzazione professionale in tale ambito, sia degli interessi personali in ambito intellettuale (o artistico) che Lei possa avere. Questi non devono essere intese come la "sostituzione", come un ambito dove può avere la "rivincità", ma come qualcosa che fa per sé stessa. Se riesce a fare in modo che siano armoniche con le Sue aspirazioni e con i Suoi interessi, è anche una base per maggiori autenticità affettiva e per una maggiore assertività. Anche questo è un ambito nel quale il Suo sviluppo è stato condizionato dalla famiglia, ma non lo deve essere.
Sono comunque le mie considerazioni in base alla conoscenza abbastanza parziale di Lei (a distanza, via internet). Sarebbe il caso di cercare uno specialista il quale possa aiutarLe nel Suo percorso dal vivo. Ed anche qui, è un ambito legato ai rapporti con l'esterno e anche ai rapporti professionali, dove deve decidere e scegliere Lei in maniera non condizionata dalla famiglia. Per farlo privatamente in modo indipendente presumo che deve avere una fonte finanziaria propria (un lavoro); ma si può farlo anche in regime della mutua presso un Centro della Salute Mentale (Centro Psicosociale o Centro di Igiene Mentale) della Sua zona di rtesidenza. Un'altra alternativa (che può richiedere il pagamento del tiket, ma per motivi di reddito sarebbe possibile l'esonero) è l'ambulatorio della Clinica Psichiatrica Universitaria della vostra città. Le consiglio questa ultima possibilità soprattutto se avverte che la Sua situazione emotiva non possa aspettare, e, considerando la presenza di bulimia, è opportuno un contesto di cura più specializzato.
ma ne è solo una parte. Il resto (la Sua reazione, che si è consolidata) non è meno importante. D'altronde, se pensassimo che tutto stesse nella famiglia, il problema sarebbe irrisolvibile. All'epoca più precoce l'intervento più importante sarebbe giustamente da mirare sulla famiglia, ma col tempo le cose cambiano: i Suoi genitori con l'età potevano non maturare una maggiore consapevolezza dei propri comportamenti e, anzi diventare più rigidi nelle proprie abitudini mentali e comportamentali; invece Lei è più matura e più adulta di prima, e non sarebbe neanche il caso pensare a Lei sempre nei termini di anni fa (nel ruolo della bambina che i genitori sono responsabili di far sopravivere e di far crescere).
In altre parole, le problematiche della famiglia sarebbero sì importanti in tutta la storia, ma l'approccio più razionale in questa fase a tali problematiche della famiglia non è di limitarsi a rimarcarle e, credo, non di azzardarsi a cambiare gli altri, ma piuttosto a riuscire a distanziarsene, ad aquistare la propria autonomia rispetto alla famiglia.
In realtà, benché Lei descrive le interazioni con la Sua madre come negative, penso che il legame fra di voi possa essere abbastanza stretto, e che ora, come anche in passato, Lei sia abbastanza condizionata da lei. Nel caso di una persona che non ha molti legami sociali e che non si sente accettata, mantenere un legame emotivo stretto con la famiglia poteva essere uno sviluppo precedibile, però anche qui si crea un "circolo vizioso", perché i contatti con l'esterno così si limitano forse ancora di più, e, quando ci sono, i Suoi atteggiamenti riproducono in gran parte quelli che ha in famiglia. In realtà , viste queste limitazioni, non si può dire che Lei ha esplorato abbastanza la vita per dire che non sia capace di instaurare i legami affettivi o d'amicizia.
Riuscire ad aquisire una maggiore indipendenza, una maggiore autonomia, in primo luogo dalla famiglia, non è affatto facile, ma potrei pensare che possa essere uno degli obbiettivi principali e realizzabili. Si compone da più elementi, fra i quali, ovviamente anche il ritrovare il lavoro, una maggiore indipendenza economica, ma anche la revisione di quello che è Lei e di quello che ha Lei come persona: le Sue capacità intellettive possono essere qui di molto aiuto; sto parlando sia di realizzazione professionale in tale ambito, sia degli interessi personali in ambito intellettuale (o artistico) che Lei possa avere. Questi non devono essere intese come la "sostituzione", come un ambito dove può avere la "rivincità", ma come qualcosa che fa per sé stessa. Se riesce a fare in modo che siano armoniche con le Sue aspirazioni e con i Suoi interessi, è anche una base per maggiori autenticità affettiva e per una maggiore assertività. Anche questo è un ambito nel quale il Suo sviluppo è stato condizionato dalla famiglia, ma non lo deve essere.
Sono comunque le mie considerazioni in base alla conoscenza abbastanza parziale di Lei (a distanza, via internet). Sarebbe il caso di cercare uno specialista il quale possa aiutarLe nel Suo percorso dal vivo. Ed anche qui, è un ambito legato ai rapporti con l'esterno e anche ai rapporti professionali, dove deve decidere e scegliere Lei in maniera non condizionata dalla famiglia. Per farlo privatamente in modo indipendente presumo che deve avere una fonte finanziaria propria (un lavoro); ma si può farlo anche in regime della mutua presso un Centro della Salute Mentale (Centro Psicosociale o Centro di Igiene Mentale) della Sua zona di rtesidenza. Un'altra alternativa (che può richiedere il pagamento del tiket, ma per motivi di reddito sarebbe possibile l'esonero) è l'ambulatorio della Clinica Psichiatrica Universitaria della vostra città. Le consiglio questa ultima possibilità soprattutto se avverte che la Sua situazione emotiva non possa aspettare, e, considerando la presenza di bulimia, è opportuno un contesto di cura più specializzato.
Questo consulto ha ricevuto 8 risposte e 2k visite dal 09/06/2012.
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