Rabbia repressa e scatti d'ira
Salve, cio che sono a chiedervi riguarda mio marito.
Capita che abbia degli scatti d'ira per motivi futili (ad esempio, siccome sono incinta e devo stare attenta per la toxoplasmosi, quando andiamo a pranzo dai miei che hanno un gatto, si fa mille paranoie sulle contaminazioni possibili, come se tutto quello che tocco è sporco, diventa nervoso e se per caso tocco una cosa senza poi lavarmi le mani diventa furioso)dove urla, si agita, colpisce gli oggetti che gli stanno intorno (una volta ha addirittura divelto lo stipite di una porta)diventando violento anche con le persone. Poi quando si calma si rende conto di aver esagerato, anche se a volte cerca di giustificarsi. L'ultima volta che è successo mi ha confidato di aver paura di se stesso, di diventare violento.
Ogni volta che litighiamo finisce per mettere in dubbio il nostro matrimonio, minaccia di andarsene, ecc...
E' stato in cura da una psichiatra circa 6-7 anni fa, ma non ha fatto altro che prescrivergli una serie di pastiglie (tuttora prende 2 pastiglie al giorno di sereupin da 20 mg).
Sono molto preoccupata per lui, è un bravo uomo, marito e padre e non farebbe male a una mosca, ma quando ha questi attacchi spaventa anche me.
Vorrei aiutarlo ma non so come, ho paura che dicendogli di andare da uno specialista si possa sentire "malato".
Il tutto puo essere legato ad un rapporto con il padre che è sempre stato conflittuale?o anche alle medicine che prende?
Grazie
Vorrei sapere cosa lo spinge ad avere questi comportamenti
Capita che abbia degli scatti d'ira per motivi futili (ad esempio, siccome sono incinta e devo stare attenta per la toxoplasmosi, quando andiamo a pranzo dai miei che hanno un gatto, si fa mille paranoie sulle contaminazioni possibili, come se tutto quello che tocco è sporco, diventa nervoso e se per caso tocco una cosa senza poi lavarmi le mani diventa furioso)dove urla, si agita, colpisce gli oggetti che gli stanno intorno (una volta ha addirittura divelto lo stipite di una porta)diventando violento anche con le persone. Poi quando si calma si rende conto di aver esagerato, anche se a volte cerca di giustificarsi. L'ultima volta che è successo mi ha confidato di aver paura di se stesso, di diventare violento.
Ogni volta che litighiamo finisce per mettere in dubbio il nostro matrimonio, minaccia di andarsene, ecc...
E' stato in cura da una psichiatra circa 6-7 anni fa, ma non ha fatto altro che prescrivergli una serie di pastiglie (tuttora prende 2 pastiglie al giorno di sereupin da 20 mg).
Sono molto preoccupata per lui, è un bravo uomo, marito e padre e non farebbe male a una mosca, ma quando ha questi attacchi spaventa anche me.
Vorrei aiutarlo ma non so come, ho paura che dicendogli di andare da uno specialista si possa sentire "malato".
Il tutto puo essere legato ad un rapporto con il padre che è sempre stato conflittuale?o anche alle medicine che prende?
Grazie
Vorrei sapere cosa lo spinge ad avere questi comportamenti
[#1]
Gentile utente,
il Suo marito prosegue ad assumere la farmacoterapia prescritta dallo specialista psichiatra, però senza fare i controlli di monitoraggio e Lei ha paura che "dicendogli di andare da uno specialista si possa sentire "malato" ? Non c'è una contraddizione ?
In ogni modo assumere una farmacoterapia senza essere monitorato non va bene. Le consiglio di non avere paura a suggerire al Suo marito di andare dallo specialista, a maggior ragione se il Suo marito stesso "ha confidato di aver paura di se stesso, di diventare violento".
Il malessere e le alterazioni comportamentali del Suo marito potrebbero essere anche sullo sfondo della gravidanza, alla quale verosimilmente partecipa anche lui (su una possibile predisposizione alla labilità emotiva), ma questa ipotesi non va intesa come una "attenuante", anzi, la situazione va certamente curata, perché costituisce il contesto per la gravidanza e per le successive maternità e paternità. Posta così la questione, non si tratta solo e necessariamente di essere "malato", ma anche del garantire un clima familiare ottimale nella vostra circostanza: anche queste potrebbero essere le motivazioni per la visita dallo specialista, che sicuramente bisogna fare. Se non andrà lui, ci vada Lei dallo specialista per spiegarlo. L'interesse, credo, deve essere comune.
Non avendo visitato il Suo marito né Lei, non posso fare la diagnosi (la diagnosi deve essere comunque fatta), ma non escludo a priori che la terapia farmacologica non sia l'unica possibile e che la terapia farmacologica possa essere integrata con un approccio non farmacologico.
il Suo marito prosegue ad assumere la farmacoterapia prescritta dallo specialista psichiatra, però senza fare i controlli di monitoraggio e Lei ha paura che "dicendogli di andare da uno specialista si possa sentire "malato" ? Non c'è una contraddizione ?
In ogni modo assumere una farmacoterapia senza essere monitorato non va bene. Le consiglio di non avere paura a suggerire al Suo marito di andare dallo specialista, a maggior ragione se il Suo marito stesso "ha confidato di aver paura di se stesso, di diventare violento".
Il malessere e le alterazioni comportamentali del Suo marito potrebbero essere anche sullo sfondo della gravidanza, alla quale verosimilmente partecipa anche lui (su una possibile predisposizione alla labilità emotiva), ma questa ipotesi non va intesa come una "attenuante", anzi, la situazione va certamente curata, perché costituisce il contesto per la gravidanza e per le successive maternità e paternità. Posta così la questione, non si tratta solo e necessariamente di essere "malato", ma anche del garantire un clima familiare ottimale nella vostra circostanza: anche queste potrebbero essere le motivazioni per la visita dallo specialista, che sicuramente bisogna fare. Se non andrà lui, ci vada Lei dallo specialista per spiegarlo. L'interesse, credo, deve essere comune.
Non avendo visitato il Suo marito né Lei, non posso fare la diagnosi (la diagnosi deve essere comunque fatta), ma non escludo a priori che la terapia farmacologica non sia l'unica possibile e che la terapia farmacologica possa essere integrata con un approccio non farmacologico.
Dr. Alex Aleksey Gukov
[#2]
Gentile Utente,
Sarebbe importante sapere sulla base di quale diagnosi è stata prescritta la terapia farmacologica con SSRI, e se gli episodi di "esplosività" erano presenti già anni fa. Suggerirei anch'io come il collega di riferirsi al più presto allo specialista psichiatra, in quanto a volte gli SSRI (come la paroxetina) prescritti sulla base di disturbi "ansiosi" o "ossessivo compulsivi" possono peggiorare la situazione clinica quando ci sia comorbidità di spettro bipolare (come ad esempio disturbi del controllo degli impulsi). In questi casi il trattamento deve essere adeguatamente modificato.
Cordialità
Sarebbe importante sapere sulla base di quale diagnosi è stata prescritta la terapia farmacologica con SSRI, e se gli episodi di "esplosività" erano presenti già anni fa. Suggerirei anch'io come il collega di riferirsi al più presto allo specialista psichiatra, in quanto a volte gli SSRI (come la paroxetina) prescritti sulla base di disturbi "ansiosi" o "ossessivo compulsivi" possono peggiorare la situazione clinica quando ci sia comorbidità di spettro bipolare (come ad esempio disturbi del controllo degli impulsi). In questi casi il trattamento deve essere adeguatamente modificato.
Cordialità
Dr. Leonardo Quercioli
[#3]
Utente
Salve, grazie per la risposta.
Non so se le crisi sono legate alla gravidanza, visto che ormai è la terza che affrontiamo e che le aveva anche prima di conoscerlo.
So che ha vissuto un'infanzia turbolenta a causa del padre, che a volte lo costringeva a punizioni severissime ed umilianti, come stare in ginocchio sui ceci o sassi per ore tenendo le braccia parallele al pavimento e cose simili.
Per quanto riguarda il sereupin, so che gli è stato prescritto insieme ad altre 5 o 6 pastiglie che con il tempo è riuscito ad eliminare. Rimane questa medicina da togliere, il medico di famiglia gli ha consigliato di fare una visita dal neurologo per farsi consigliare su come eliminarla gradualmente.
So che ha bisogno di essere curato, la mia difficoltà nel proporglielo sta nella sua grande insicurezza personale e sfiducia in se stesso. Magari farò un primo colloquio io per spiegare la situazione e farmi dire come comportarmi in tal senso.
Grazie ancora
Non so se le crisi sono legate alla gravidanza, visto che ormai è la terza che affrontiamo e che le aveva anche prima di conoscerlo.
So che ha vissuto un'infanzia turbolenta a causa del padre, che a volte lo costringeva a punizioni severissime ed umilianti, come stare in ginocchio sui ceci o sassi per ore tenendo le braccia parallele al pavimento e cose simili.
Per quanto riguarda il sereupin, so che gli è stato prescritto insieme ad altre 5 o 6 pastiglie che con il tempo è riuscito ad eliminare. Rimane questa medicina da togliere, il medico di famiglia gli ha consigliato di fare una visita dal neurologo per farsi consigliare su come eliminarla gradualmente.
So che ha bisogno di essere curato, la mia difficoltà nel proporglielo sta nella sua grande insicurezza personale e sfiducia in se stesso. Magari farò un primo colloquio io per spiegare la situazione e farmi dire come comportarmi in tal senso.
Grazie ancora
[#4]
Utente
Purtroppo non so la diagnosi che ha portato alla prescrizione di tutte quelle medicine perchè quando andava dalla psichiatra ancora non lo conoscevo. Mi ha raccontato che andava una volta al mese e che ogni volta gli dava pillole diverse, poi ha smesso per motivi economici e piano piano ha smesso da solo di prendere la maggior parte delle medicine. L'ultima eliminata (seguendo questa volta il consiglio medico) è stata il lorazepam circa 3 anni fa.
[#5]
Gentile utente,
condivido la Sua decisione ("Magari farò un primo colloquio io per spiegare la situazione e farmi dire come comportarmi in tal senso"), ma bisogna andare dallo psichiatra e non dal neurologo.
Non è un problema di competenza neurologica, ma andare dal neurologo in questa situazione è un buon modo di non andare dallo psichiatra e, in sostanza, di non occuparsi del problema.
L'atteggiamento verso la cura farmacologica (la sua percezione nell'ottica di come eliminarla) denota la scarsa consapevolezza della malattia (qualsiasi questa malattia fosse), perché i farmaci sono normalmente prescritti perché ce ne sono dei motivi, e questi motivi (la diagnosi, la prognosi, il decorso della malattia) in questo caso si tende a voler ignorare.
Credo che Lei stessa è consapevole di ciò, e dunque ha senso che il primo colloquio fa Lei.
Tuttavia, ci sono le cose delle quali anche Lei potrebbe essere più consapevole. Mi riferisco all'atteggiamento verso il Suo marito (e la sua malattia). Lei accorge che il Suo marito ha una "grande insicurezza personale e sfiducia in se stesso", cerca di proteggerlo ("ho paura che dicendogli di andare da uno specialista si possa sentire "malato"), ha una considerazione nel rispetto dell'infanzia che lui ha avuto e cerca (forse) di non ripetere gli errori dei suoi genitori. In altre parole, lo tratta come un bambino. Tende anche a scartare che lui possa reagire alla gravidanza, all'arrivo del nuovo figlio (come se lui non fosse il papà di questo bambino). Non è detto che tali atteggiamento siano ottimali, perché lui può rendersi ben conto che deve assumere nuovamente il ruolo del padre, che presuppone il ruolo protettivo nei confronti di Lei e del bambino (e nel contempo è destinato "dividere" l'affetto che Lei dà con il nuovo arrivato). La reazione emotiva all'assunzione di tali ruoli non è in contraddizione con lo stato di malattia psichica, anzi, una persona coi fattori psichici predisponenti può esserne più suscettibile. Può anche cercare di assumere tali ruoli in modo non del tutto adeguato: emblematico il timore della contaminazione, Toxoplasmosi, forse alimentato anche dalla percezione di sé stesso nel ruolo protettivo, inoltre per una persona che ha avuto un padre aggressivo, essere "padre" può significare essere aggressivo..
In poche parole, potrebbe esserci una discrepanza fra come lui si sente (cercando di assumere la responsabilità) e come lo trattiamo (togliendola a lui).
Questo l'ho scritto per far riflettere Lei, ma non per l'ultimo anche per lui. Intendo dire che, a prescindere quale ruolo può giocare la gravidanza nelle problematiche che ha il Suo marito, la circostanza della gravidanza può essere un fattore motivante per lui per decidersi di rivolgersi dallo psichiatra (e, magari, di farsi seguire), non necessariamente con l'idea in testa di essere "malato", ma per voi, perché è verò che le nuove gravidanza e maternità e la crescita dei figli già nati risentono dello stato di benessere (o malessere) psichico del padre.
E' un suggerimento per motivarlo a curarsi.
condivido la Sua decisione ("Magari farò un primo colloquio io per spiegare la situazione e farmi dire come comportarmi in tal senso"), ma bisogna andare dallo psichiatra e non dal neurologo.
Non è un problema di competenza neurologica, ma andare dal neurologo in questa situazione è un buon modo di non andare dallo psichiatra e, in sostanza, di non occuparsi del problema.
L'atteggiamento verso la cura farmacologica (la sua percezione nell'ottica di come eliminarla) denota la scarsa consapevolezza della malattia (qualsiasi questa malattia fosse), perché i farmaci sono normalmente prescritti perché ce ne sono dei motivi, e questi motivi (la diagnosi, la prognosi, il decorso della malattia) in questo caso si tende a voler ignorare.
Credo che Lei stessa è consapevole di ciò, e dunque ha senso che il primo colloquio fa Lei.
Tuttavia, ci sono le cose delle quali anche Lei potrebbe essere più consapevole. Mi riferisco all'atteggiamento verso il Suo marito (e la sua malattia). Lei accorge che il Suo marito ha una "grande insicurezza personale e sfiducia in se stesso", cerca di proteggerlo ("ho paura che dicendogli di andare da uno specialista si possa sentire "malato"), ha una considerazione nel rispetto dell'infanzia che lui ha avuto e cerca (forse) di non ripetere gli errori dei suoi genitori. In altre parole, lo tratta come un bambino. Tende anche a scartare che lui possa reagire alla gravidanza, all'arrivo del nuovo figlio (come se lui non fosse il papà di questo bambino). Non è detto che tali atteggiamento siano ottimali, perché lui può rendersi ben conto che deve assumere nuovamente il ruolo del padre, che presuppone il ruolo protettivo nei confronti di Lei e del bambino (e nel contempo è destinato "dividere" l'affetto che Lei dà con il nuovo arrivato). La reazione emotiva all'assunzione di tali ruoli non è in contraddizione con lo stato di malattia psichica, anzi, una persona coi fattori psichici predisponenti può esserne più suscettibile. Può anche cercare di assumere tali ruoli in modo non del tutto adeguato: emblematico il timore della contaminazione, Toxoplasmosi, forse alimentato anche dalla percezione di sé stesso nel ruolo protettivo, inoltre per una persona che ha avuto un padre aggressivo, essere "padre" può significare essere aggressivo..
In poche parole, potrebbe esserci una discrepanza fra come lui si sente (cercando di assumere la responsabilità) e come lo trattiamo (togliendola a lui).
Questo l'ho scritto per far riflettere Lei, ma non per l'ultimo anche per lui. Intendo dire che, a prescindere quale ruolo può giocare la gravidanza nelle problematiche che ha il Suo marito, la circostanza della gravidanza può essere un fattore motivante per lui per decidersi di rivolgersi dallo psichiatra (e, magari, di farsi seguire), non necessariamente con l'idea in testa di essere "malato", ma per voi, perché è verò che le nuove gravidanza e maternità e la crescita dei figli già nati risentono dello stato di benessere (o malessere) psichico del padre.
E' un suggerimento per motivarlo a curarsi.
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 21.8k visite dal 01/05/2012.
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