Antidepressivi ed effetti collaterali
Sono stato in cura per circa 2 anni con antidepressivi, soffrivo principalmente di ansia, attacchi di panico, fobia sociale, avevo difficoltà ad iniziare un lavoro, ed ero molto limitato nelle uscite con gli amici.
Per molto tempo la terapia non dava grossi benefici, ne ho avuti solo nell'ultimo periodo, ma gli effetti collaterali erano abbastanza pesanti, mi sentivo sempre stanco, ero aumentato di circa 10 kg e non ero in grado di avere rapporti sessuali.
All'inizio della terapia, ero single e pensavo "ma sì, pazienza" poi la situazione è migliorata mi sono fidanzato ed è diventato un grosso problema.
Anche se c'era il desiderio di fare sesso, non riuscivo perchè praticamente perdevo l'erezione subito e finiva con un nulla di fatto, era veramente frustrante
Così decisi di smettere, visto che la mia situazione era migliorata di molto.
Adesso che sono in difficoltà stavo pensando di riniziare, ma penso agli effetti collaterali e sono titubante..
Per molto tempo la terapia non dava grossi benefici, ne ho avuti solo nell'ultimo periodo, ma gli effetti collaterali erano abbastanza pesanti, mi sentivo sempre stanco, ero aumentato di circa 10 kg e non ero in grado di avere rapporti sessuali.
All'inizio della terapia, ero single e pensavo "ma sì, pazienza" poi la situazione è migliorata mi sono fidanzato ed è diventato un grosso problema.
Anche se c'era il desiderio di fare sesso, non riuscivo perchè praticamente perdevo l'erezione subito e finiva con un nulla di fatto, era veramente frustrante
Così decisi di smettere, visto che la mia situazione era migliorata di molto.
Adesso che sono in difficoltà stavo pensando di riniziare, ma penso agli effetti collaterali e sono titubante..
[#1]
Gentile utente,
da quello che Lei descrive non mi è chiaro di quale malattia Lei soffriva ed era curato. L'ansia, attacchi di panico, fobia sociale, difficoltà ad iniziare un lavoro è solo un elenco dei sintomi, non specifico di una malattia precisa. Serve una diagnosi di malattia. Questa va fatta in realtà sempre prima di iniziare una cura. Ora magari potrà anche aiutare a capire i risultati della cura antidepressiva che Lei descrive come insoddisfacenti. Se non è stata fatta in passato, ed ora il malessere ritorna, bisogna farla almeno adesso. Per farla è necessaria una visita psichiatrica dal vivo.
Un altro punto è la Sua tendenza a decidere da solo quando smettere la terapia, quando riprenderla e di decidere che ci vogliono gli antidepressivi e non qualcos'altro, la farmacoterapia e non qualcos'altro. Queste decisioni sono di competenza dello specialista. Possono essere concordate, ma non deve decidere la persona da sola.
da quello che Lei descrive non mi è chiaro di quale malattia Lei soffriva ed era curato. L'ansia, attacchi di panico, fobia sociale, difficoltà ad iniziare un lavoro è solo un elenco dei sintomi, non specifico di una malattia precisa. Serve una diagnosi di malattia. Questa va fatta in realtà sempre prima di iniziare una cura. Ora magari potrà anche aiutare a capire i risultati della cura antidepressiva che Lei descrive come insoddisfacenti. Se non è stata fatta in passato, ed ora il malessere ritorna, bisogna farla almeno adesso. Per farla è necessaria una visita psichiatrica dal vivo.
Un altro punto è la Sua tendenza a decidere da solo quando smettere la terapia, quando riprenderla e di decidere che ci vogliono gli antidepressivi e non qualcos'altro, la farmacoterapia e non qualcos'altro. Queste decisioni sono di competenza dello specialista. Possono essere concordate, ma non deve decidere la persona da sola.
Dr. Alex Aleksey Gukov
[#2]
Gentile utente,
aggiungo che sicuramente la possibile collateralità sessuale della terapia è un dato importante, ma non determinante nella sospensione dei farmaci.
Inoltre è mai stata considerata la possibilità di affiancare un trattamento psicoterapico?
aggiungo che sicuramente la possibile collateralità sessuale della terapia è un dato importante, ma non determinante nella sospensione dei farmaci.
Inoltre è mai stata considerata la possibilità di affiancare un trattamento psicoterapico?
Cordialmente
www.psichiatriasessuologia.com
[#3]
Utente
Grazie per le risposte,
Scusate se non l'ho scritto, probabilmente pensavo si capisse, comunque ero seguito da uno psichiatra che mi vedeva ogni 2 mesi circa e mi prescriveva i farmaci.
Ne ho presi di svariati tipi, ad esempio zoloft, solian, anafranil, orap, fluoxetina, cypralex, ed altri che purtroppo non mi ricordo.
Ero anche seguito da una psicoterapeuta da cui sto andando tutt'ora.
L'unica cosa che ho fatto di testa mia è stato interrompere il trattamento farmacologico perchè ero stufo degli effetti collaterali e perchè la situazione pensavo si fosse ormai stabilizzata
Scusate se non l'ho scritto, probabilmente pensavo si capisse, comunque ero seguito da uno psichiatra che mi vedeva ogni 2 mesi circa e mi prescriveva i farmaci.
Ne ho presi di svariati tipi, ad esempio zoloft, solian, anafranil, orap, fluoxetina, cypralex, ed altri che purtroppo non mi ricordo.
Ero anche seguito da una psicoterapeuta da cui sto andando tutt'ora.
L'unica cosa che ho fatto di testa mia è stato interrompere il trattamento farmacologico perchè ero stufo degli effetti collaterali e perchè la situazione pensavo si fosse ormai stabilizzata
[#4]
Gentile utente,
non metto in dubbio che i farmaci sono stati prescritti dallo psichiatra e che la loro assunzione è stata da lui monitorata. Non potevo sapere che Lei stava seguendo anche la psicoterapia (ora Lei lo ha scritto).
Tuttavia
1) non è chiara la diagnosi del disturbo.
2) non si può negare alla persona il diritto di rifiutare un trattamento e di sospenderlo se questo porta effetti collaterali, ma in tale circostanza deve essere avvisato lo specialista curante, le modalità e le alternative vanno concordate con lui;
anche perché il compito dello specialista non è solo di prescrivere una cura, ma anche di monitorarla (dunque essere al corrente degli effetti collaterali e di gestirli, di indicare anche le modalità dell'eventuale sospensione di una cura e di monitorare gli esiti della sospensione), di monitorare soprattutto il decorso della malattia a prescindere se è sotto la cura, e a prescindere dal tipo di cura. Nel contesto medico (e a maggior ragione quello psichiatrico) l'impressione della persona stessa che la situazione si fosse "stabilizzata" non è sufficiente. In altre parole, lo psichiatra dovveva essere informato della Sua intenzione di sospendere la cura farmacologica anche per valutare lo stato di compenso e le alternative. Non so se è stato fatto (?) e perché è stato necessario decidere di interrompere il trattamento in maniera autonoma (?).
3) Rispetto alla psicoterapia, avverte che sia d'aiuto ? Se sì, su quali aspetti ? Di quale tipo di psicoterapia si tratta ?
Lei scriveva:
"..Adesso che sono in difficoltà stavo pensando di riniziare..." (riferendosi alla farmacoterapia)..
Che cosa intende però con l'essere in difficoltà ? Quale è la situazione ?
non metto in dubbio che i farmaci sono stati prescritti dallo psichiatra e che la loro assunzione è stata da lui monitorata. Non potevo sapere che Lei stava seguendo anche la psicoterapia (ora Lei lo ha scritto).
Tuttavia
1) non è chiara la diagnosi del disturbo.
2) non si può negare alla persona il diritto di rifiutare un trattamento e di sospenderlo se questo porta effetti collaterali, ma in tale circostanza deve essere avvisato lo specialista curante, le modalità e le alternative vanno concordate con lui;
anche perché il compito dello specialista non è solo di prescrivere una cura, ma anche di monitorarla (dunque essere al corrente degli effetti collaterali e di gestirli, di indicare anche le modalità dell'eventuale sospensione di una cura e di monitorare gli esiti della sospensione), di monitorare soprattutto il decorso della malattia a prescindere se è sotto la cura, e a prescindere dal tipo di cura. Nel contesto medico (e a maggior ragione quello psichiatrico) l'impressione della persona stessa che la situazione si fosse "stabilizzata" non è sufficiente. In altre parole, lo psichiatra dovveva essere informato della Sua intenzione di sospendere la cura farmacologica anche per valutare lo stato di compenso e le alternative. Non so se è stato fatto (?) e perché è stato necessario decidere di interrompere il trattamento in maniera autonoma (?).
3) Rispetto alla psicoterapia, avverte che sia d'aiuto ? Se sì, su quali aspetti ? Di quale tipo di psicoterapia si tratta ?
Lei scriveva:
"..Adesso che sono in difficoltà stavo pensando di riniziare..." (riferendosi alla farmacoterapia)..
Che cosa intende però con l'essere in difficoltà ? Quale è la situazione ?
[#5]
Utente
La ringrazio dottore,
Le spiego un po' meglio cos'è successo.
Durante l'ultima visita ho comunicato al mio psichiatra che avevo intenzione di sospendere la terapia un po' per gli effetti collaterali, un po' perchè mi sentivo decisamente meglio.
Gli ho chiesto se era possibile una sospensione graduale e seguita fino a smettere del tutto.
Purtroppo me l'ha sconsigliato e mi ha detto che avrei dovuto continuare a prendere i farmaci per un bel po' (forse per sempre, non l'ho capito) e che per quanto riguardava gli effetti collaterali si poteva intervenire in altro modo per alleviarli.
Quella visita non mi piacque gran che perchè gli ho espresso la mia volontà di interrompere la terapia più volte ma sono stato pressochè ignorato.
Per questo motivo ho deciso di smettere da solo.
Con la mia psicoterapeuta sto facendo un buon lavoro, ma ci sono momenti di difficoltà in cui penso "e se mi servisse un'aiuto in più?"
Riguardo alla mia situazione è difficile descriverla in poche righe ma ci provo.
Diciamo che quando ho smesso era un periodo facile dove tutto andava bene (lavoro, amicizie, situazione sentimentale) e non c'erano grosse "sfide" da dover affrontare che richiedessero un'aiuto più consistente.
Adesso le cose sono un po' peggiorate specialmente nel campo sentimentale e mi chiedevo se fosse il caso di riprendere la terapia (ovviamente sotto la guida di uno specialista) oppure no.
grazie in anticipo per le risposte!
Le spiego un po' meglio cos'è successo.
Durante l'ultima visita ho comunicato al mio psichiatra che avevo intenzione di sospendere la terapia un po' per gli effetti collaterali, un po' perchè mi sentivo decisamente meglio.
Gli ho chiesto se era possibile una sospensione graduale e seguita fino a smettere del tutto.
Purtroppo me l'ha sconsigliato e mi ha detto che avrei dovuto continuare a prendere i farmaci per un bel po' (forse per sempre, non l'ho capito) e che per quanto riguardava gli effetti collaterali si poteva intervenire in altro modo per alleviarli.
Quella visita non mi piacque gran che perchè gli ho espresso la mia volontà di interrompere la terapia più volte ma sono stato pressochè ignorato.
Per questo motivo ho deciso di smettere da solo.
Con la mia psicoterapeuta sto facendo un buon lavoro, ma ci sono momenti di difficoltà in cui penso "e se mi servisse un'aiuto in più?"
Riguardo alla mia situazione è difficile descriverla in poche righe ma ci provo.
Diciamo che quando ho smesso era un periodo facile dove tutto andava bene (lavoro, amicizie, situazione sentimentale) e non c'erano grosse "sfide" da dover affrontare che richiedessero un'aiuto più consistente.
Adesso le cose sono un po' peggiorate specialmente nel campo sentimentale e mi chiedevo se fosse il caso di riprendere la terapia (ovviamente sotto la guida di uno specialista) oppure no.
grazie in anticipo per le risposte!
[#6]
Gentile utente,
ho letto anche i Suoi consulti nell'area di Psicologia, dai quali sono riuscito a capire la Sua situazione più in dettaglio. Ovviamente, via internet (a differenza di una visita dal vivo) siamo sempre limitati nelle possibilità della valutazione più obbiettiva, ed i pareri che esprimo qui hanno tali imiti.
Penso che le Sue problematiche possano essere principalmente di interesse psicoterapeutico, ed è quell'ambito dove bisogna cercare di ottimizzare. In altre parole, non escludo che i tentativi di intervento farmaco-terapeutico possano essere meno efficaci rispetto alla psicoterapia, che possano richiedere più tempo o di essere perfino illusori.
Noi siamo abituati a percepire la farmaco-terapia come qualcosa che risolve, benché superficialmente, ma con prontezza il problema, mentre la psicoterapia come qualcosa che necessita dei tempi lunghi e non sia un intervento nel caso di crisi. Ebbene, non è sempre così. Talvolta può essere anche il contrario.
Ho impressione, con tutti i limiti del consulto via internet, che l'intervento psicoterapeutico possa essere ottimizzato. Ciò non significa necessariamente che la metodica della Sua psicoterapeuta non sia adatta (benché non lo posso nemmeno escludere). La psicoterapia non è un intervento unilaterale da parte dello psicoterapeuta e della sua metodica, c'è anche il nostro contributo. Anzi, siamo noi che facciamo il percorso di psicoterapia (sotto la guida dello psicoterapeuta).
Non escludo che anche nella psicoterapia possano essere presenti gli aspetti dello stesso "ambito" che caratterizzano il Suo rapporto con la Sua ex-fidanzata (un certo timore di scontro, una preoccuppazione per altrui, forse una certa passività, forse l'epicentro emotivo che si trova in un'altra persona, ed eventuali altri..). Sono solo le "pure ipotesi", on line non è il luogo adatto per confermarle o per approfondirle. Le consiglierei di parlarne direttamente con la Sua psicoterapeuta.
Come accennato (magari con le altre parole) dai colleghi psicologi negli altri consulti, le difficoltà, l'epasse, lo stallo, l''insoddisfazione, insomma lo stato negativo delle cose possono essere i moventi per cambiare la situazione, i moventi per smuoverla, per il progresso (anche se la psicoterapia va avanti da 5 anni).
A proposito, in uno dei recenti consulti in Psicologia Lei accenna al progetto di intraprendere una terapia cognitivo-comportamentale (eventualmente anche in parallelo alla psicoterapia che va avanti da lunga data). Che esito ha avuto tale progetto ?
Rispetto allo specialista Psichiatra, penso che abbia senso di trovarne uno che possa essere di riferimento, per poter consultarlo sull'opportunità di farmacoterapia e sulle decisioni nell'ambito della psicoterapia. Non necessariamente per seguire una cura farmacologica con incontri ogni due mesi, ma semplicemente come una figura professionale di riferimento che possa conoscere la Sua storia, seguire il Suo percorso (con le visite eventualmente anche più distanziate o comunque a cadenza a secondo delle necessità cliniche) e che possa intervenire con un parere, con un consiglio, con una valutazione o con una prescrizione se ce ne sarà bisogno, e spero che tale specialista possa formulare anche una diagnosi precisa (che tuttora manca).
un saluto,
ho letto anche i Suoi consulti nell'area di Psicologia, dai quali sono riuscito a capire la Sua situazione più in dettaglio. Ovviamente, via internet (a differenza di una visita dal vivo) siamo sempre limitati nelle possibilità della valutazione più obbiettiva, ed i pareri che esprimo qui hanno tali imiti.
Penso che le Sue problematiche possano essere principalmente di interesse psicoterapeutico, ed è quell'ambito dove bisogna cercare di ottimizzare. In altre parole, non escludo che i tentativi di intervento farmaco-terapeutico possano essere meno efficaci rispetto alla psicoterapia, che possano richiedere più tempo o di essere perfino illusori.
Noi siamo abituati a percepire la farmaco-terapia come qualcosa che risolve, benché superficialmente, ma con prontezza il problema, mentre la psicoterapia come qualcosa che necessita dei tempi lunghi e non sia un intervento nel caso di crisi. Ebbene, non è sempre così. Talvolta può essere anche il contrario.
Ho impressione, con tutti i limiti del consulto via internet, che l'intervento psicoterapeutico possa essere ottimizzato. Ciò non significa necessariamente che la metodica della Sua psicoterapeuta non sia adatta (benché non lo posso nemmeno escludere). La psicoterapia non è un intervento unilaterale da parte dello psicoterapeuta e della sua metodica, c'è anche il nostro contributo. Anzi, siamo noi che facciamo il percorso di psicoterapia (sotto la guida dello psicoterapeuta).
Non escludo che anche nella psicoterapia possano essere presenti gli aspetti dello stesso "ambito" che caratterizzano il Suo rapporto con la Sua ex-fidanzata (un certo timore di scontro, una preoccuppazione per altrui, forse una certa passività, forse l'epicentro emotivo che si trova in un'altra persona, ed eventuali altri..). Sono solo le "pure ipotesi", on line non è il luogo adatto per confermarle o per approfondirle. Le consiglierei di parlarne direttamente con la Sua psicoterapeuta.
Come accennato (magari con le altre parole) dai colleghi psicologi negli altri consulti, le difficoltà, l'epasse, lo stallo, l''insoddisfazione, insomma lo stato negativo delle cose possono essere i moventi per cambiare la situazione, i moventi per smuoverla, per il progresso (anche se la psicoterapia va avanti da 5 anni).
A proposito, in uno dei recenti consulti in Psicologia Lei accenna al progetto di intraprendere una terapia cognitivo-comportamentale (eventualmente anche in parallelo alla psicoterapia che va avanti da lunga data). Che esito ha avuto tale progetto ?
Rispetto allo specialista Psichiatra, penso che abbia senso di trovarne uno che possa essere di riferimento, per poter consultarlo sull'opportunità di farmacoterapia e sulle decisioni nell'ambito della psicoterapia. Non necessariamente per seguire una cura farmacologica con incontri ogni due mesi, ma semplicemente come una figura professionale di riferimento che possa conoscere la Sua storia, seguire il Suo percorso (con le visite eventualmente anche più distanziate o comunque a cadenza a secondo delle necessità cliniche) e che possa intervenire con un parere, con un consiglio, con una valutazione o con una prescrizione se ce ne sarà bisogno, e spero che tale specialista possa formulare anche una diagnosi precisa (che tuttora manca).
un saluto,
[#7]
Utente
La ringrazio per aver approfondito il mio caso dottore,
Ho letto attentamente per ben 3 volte il suo intervento ma non mi è chiaro un passaggio.
In particolare quando dice:
"Non escludo che anche nella psicoterapia possano essere presenti gli aspetti dello stesso "ambito" che caratterizzano il Suo rapporto con la Sua ex-fidanzata (un certo timore di scontro, una preoccuppazione per altrui, forse una certa passività, forse l'epicentro emotivo che si trova in un'altra persona, ed eventuali altri..).
Come accennato (magari con le altre parole) dai colleghi psicologi negli altri consulti, le difficoltà, l'epasse, lo stallo, l''insoddisfazione, insomma lo stato negativo delle cose possono essere i moventi per cambiare la situazione, i moventi per smuoverla, per il progresso"
Naturalmente sò bene che non conoscendomi personalmente il consulto online ha i suoi limiti, però capire meglio questa parte potrebbe essermi utile per quando rivedrò la mia psicoterapeuta venerdì.
Potrebbe spiegarmi questa parte un po' più semplicemente? Di cosa dovrei parlare alla mia terapeuta ? Crede che ci sia una situazione di "blocco" da parte mia ?
Riguardo alla seconda psicoterapia cognitivo comportamentale, per adesso ho abbandonato l'idea, mi è stato detto che farne due insieme non è consigliabile, se volevo cambiare ero libero di farlo ma per adesso non me la sento perchè mi trovo tutto sommato bene.
Grazie in anticipo!
Ho letto attentamente per ben 3 volte il suo intervento ma non mi è chiaro un passaggio.
In particolare quando dice:
"Non escludo che anche nella psicoterapia possano essere presenti gli aspetti dello stesso "ambito" che caratterizzano il Suo rapporto con la Sua ex-fidanzata (un certo timore di scontro, una preoccuppazione per altrui, forse una certa passività, forse l'epicentro emotivo che si trova in un'altra persona, ed eventuali altri..).
Come accennato (magari con le altre parole) dai colleghi psicologi negli altri consulti, le difficoltà, l'epasse, lo stallo, l''insoddisfazione, insomma lo stato negativo delle cose possono essere i moventi per cambiare la situazione, i moventi per smuoverla, per il progresso"
Naturalmente sò bene che non conoscendomi personalmente il consulto online ha i suoi limiti, però capire meglio questa parte potrebbe essermi utile per quando rivedrò la mia psicoterapeuta venerdì.
Potrebbe spiegarmi questa parte un po' più semplicemente? Di cosa dovrei parlare alla mia terapeuta ? Crede che ci sia una situazione di "blocco" da parte mia ?
Riguardo alla seconda psicoterapia cognitivo comportamentale, per adesso ho abbandonato l'idea, mi è stato detto che farne due insieme non è consigliabile, se volevo cambiare ero libero di farlo ma per adesso non me la sento perchè mi trovo tutto sommato bene.
Grazie in anticipo!
[#8]
Gentile utente,
<<..Di cosa dovrei parlare alla mia terapeuta ?..>>
Intendevo che può riferire alla terapeuta quelle ipotesi che ho espresso. A me sembrano di essere espresse in modo abbastanza chiaro e penso che possano essere utile riferirle così come le ho scritte e discuterle. Sono le mie ipotesi, non devono essere le Sue e non deve essere Lei d'accordo. E' un materiale per la discussione.
Magari preciso che noi, esseri umani, spesso abbiamo le modalità rrelazionali (o le modalità di affrontare gli eventi e la realtà) che caratterizzano i nostri rapporti nei vari ambiti (ad esempio, vita intima, lavoro, psicoterapia, ...). Faccio un esempio: sia nel rapporto con la Sua ex-fidanzata che nel rapporto con la psicoterapeuta (intimo nel primo caso, professionale nel secondo caso) ha avuto luogo la tendenza ad abbandonare il rapporto (apparentemente per motivi completamente diversi, ma più che i motivi conta il modo di affrontarli), ed in entrambi i casi ciò non si è realizzato a pieno. Il contesto della psicoterapia in particolare è utile per accorgersi di tali aspetti e per lavorare su di essi.
(anche questo paragrafo, "di precisazione", può portare alla psicoterapeuta così come è).
<<..Crede che ci sia una situazione di "blocco" da parte mia ?..>>
Apparentemente ed esternamente può essere visto come un "blocco". Può essere anche vissuto dalla persona come un "blocco" (se Lei lo vive così). Si tratta però di un periodo nel quale le Sue abitudini psichiche e comportamentali e le problematiche psichiche sono particolarmente attivi. Il "blocco" stesso può essere attivo, può essere una modalità di soluzione dei problemi (talvolta è una modalità adattiva e talvolta no; e probabilmente riesce a farlo solo in un modo parziale, segno che questo meccanismo, "del blocco" non funziona bene e forse non del tutto adattivo):
- con lo psichiatra ad un certo punto è stato un blocco (però fra un po' di tempo Lei torna a pensarci);
- con la Sua ex-fidanzata è stato un tentativo di blocco (abbastanza parziale);
- con la psicoterapeuta: Lei ha pensato di cambiarla, ma ha deciso di non cambiare, ed anche questo, a modo suo, è un "blocco".
Vorrei precisare che, scrovendone, non voglio intendo che le rispettive decisioni sono state giuste o sbagliate: contano invece le modalità di affrontare le situazioni.
<<..Di cosa dovrei parlare alla mia terapeuta ?..>>
Intendevo che può riferire alla terapeuta quelle ipotesi che ho espresso. A me sembrano di essere espresse in modo abbastanza chiaro e penso che possano essere utile riferirle così come le ho scritte e discuterle. Sono le mie ipotesi, non devono essere le Sue e non deve essere Lei d'accordo. E' un materiale per la discussione.
Magari preciso che noi, esseri umani, spesso abbiamo le modalità rrelazionali (o le modalità di affrontare gli eventi e la realtà) che caratterizzano i nostri rapporti nei vari ambiti (ad esempio, vita intima, lavoro, psicoterapia, ...). Faccio un esempio: sia nel rapporto con la Sua ex-fidanzata che nel rapporto con la psicoterapeuta (intimo nel primo caso, professionale nel secondo caso) ha avuto luogo la tendenza ad abbandonare il rapporto (apparentemente per motivi completamente diversi, ma più che i motivi conta il modo di affrontarli), ed in entrambi i casi ciò non si è realizzato a pieno. Il contesto della psicoterapia in particolare è utile per accorgersi di tali aspetti e per lavorare su di essi.
(anche questo paragrafo, "di precisazione", può portare alla psicoterapeuta così come è).
<<..Crede che ci sia una situazione di "blocco" da parte mia ?..>>
Apparentemente ed esternamente può essere visto come un "blocco". Può essere anche vissuto dalla persona come un "blocco" (se Lei lo vive così). Si tratta però di un periodo nel quale le Sue abitudini psichiche e comportamentali e le problematiche psichiche sono particolarmente attivi. Il "blocco" stesso può essere attivo, può essere una modalità di soluzione dei problemi (talvolta è una modalità adattiva e talvolta no; e probabilmente riesce a farlo solo in un modo parziale, segno che questo meccanismo, "del blocco" non funziona bene e forse non del tutto adattivo):
- con lo psichiatra ad un certo punto è stato un blocco (però fra un po' di tempo Lei torna a pensarci);
- con la Sua ex-fidanzata è stato un tentativo di blocco (abbastanza parziale);
- con la psicoterapeuta: Lei ha pensato di cambiarla, ma ha deciso di non cambiare, ed anche questo, a modo suo, è un "blocco".
Vorrei precisare che, scrovendone, non voglio intendo che le rispettive decisioni sono state giuste o sbagliate: contano invece le modalità di affrontare le situazioni.
Questo consulto ha ricevuto 9 risposte e 3.9k visite dal 24/04/2012.
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.