Disturbo distimico
Buongiorno,
sono una studentessa di medicina di 23 anni. Fin dalle scuole medie, ho sempre avuto un sentimento e atteggiamento di autosvalutazione e scarsa autostima. All'inizio lo attribuivo all'età e a quella che chiamano "crisi adolescenziale", ma negli ultimi anni la cosa si è accentuata. Inoltre da che ho memoria non mi sono mai sentita realmente felice e spensierata. Da qualche anno il mio tono dell'umore è sempre grigio (anche se con momenti di relativo benessere che comunque non riesco a chiamare "felicità"), e sono alquanto pessimista. L'autosvalutazione è una cosa che faccio inconsciamente, perché razionalmente mi rendo conto di essere una persona normale, con capacità normali e aspetto normale (sì, sono sovrappeso e questo mi crea disagio, ma mi rendo comunque conto di non essere poi così male), ma non faccio altro che sminuire me stessa e le mie capacità. Sono molto insicura. Questo mi crea qualche problema nelle relazioni con gli altri, perché non mi propongo mai, non "mi butto" mai per paura di essere rifiutata (o meglio: con la certezza di essere rifiutata). Non sono molto brava a instaurare nuovi rapporti di amicizia e spesso mi serve una persona che faccia da traino per inserirmi in un gruppo (ma questo l'ho sempre attribuito a una sfumatura del mio carattere). Mi sento spesso fiacca, stanca, svogliata, a volte non riesco a concentrarmi e mi distraggo molto facilmente. Tendo facilmente a ingrassare. Ci sono periodi in cui sono sempre assonnata. Mi è capitato qualche volta di fare pensieri di morte, ma cose che reputo di poco conto. Ne ricordo nitidamente uno: guidavo la mia auto e dall'altra corsia sopraggiungeva un tir. Per un minuscolo istante ho avuto l'impulso di sterzare verso il tir, ma ovviamente non l'ho fatto perché mi sono subito data mentalmente della cretina. Durante una piccola lezione di psichiatria, il professore ha detto che fare questo tipo di pensieri non è poi tanto normale, però continuo comunque a non darci troppo peso. Curiosando sui miei libri di testo, ho notato il disturbo distimico e mi ci sono un po' riconosciuta, ma non riesco a capire il limite tra quella che è la mia personalità e quello che potrebbe, eventualmente, essere un problema. Fondamentalmente, chiedo il vostro aiuto per riconoscere questo limite e per sapere se sia o meno il caso di rivolgermi a uno specialista.
Ringrazio in anticipo per l'attenzione.
sono una studentessa di medicina di 23 anni. Fin dalle scuole medie, ho sempre avuto un sentimento e atteggiamento di autosvalutazione e scarsa autostima. All'inizio lo attribuivo all'età e a quella che chiamano "crisi adolescenziale", ma negli ultimi anni la cosa si è accentuata. Inoltre da che ho memoria non mi sono mai sentita realmente felice e spensierata. Da qualche anno il mio tono dell'umore è sempre grigio (anche se con momenti di relativo benessere che comunque non riesco a chiamare "felicità"), e sono alquanto pessimista. L'autosvalutazione è una cosa che faccio inconsciamente, perché razionalmente mi rendo conto di essere una persona normale, con capacità normali e aspetto normale (sì, sono sovrappeso e questo mi crea disagio, ma mi rendo comunque conto di non essere poi così male), ma non faccio altro che sminuire me stessa e le mie capacità. Sono molto insicura. Questo mi crea qualche problema nelle relazioni con gli altri, perché non mi propongo mai, non "mi butto" mai per paura di essere rifiutata (o meglio: con la certezza di essere rifiutata). Non sono molto brava a instaurare nuovi rapporti di amicizia e spesso mi serve una persona che faccia da traino per inserirmi in un gruppo (ma questo l'ho sempre attribuito a una sfumatura del mio carattere). Mi sento spesso fiacca, stanca, svogliata, a volte non riesco a concentrarmi e mi distraggo molto facilmente. Tendo facilmente a ingrassare. Ci sono periodi in cui sono sempre assonnata. Mi è capitato qualche volta di fare pensieri di morte, ma cose che reputo di poco conto. Ne ricordo nitidamente uno: guidavo la mia auto e dall'altra corsia sopraggiungeva un tir. Per un minuscolo istante ho avuto l'impulso di sterzare verso il tir, ma ovviamente non l'ho fatto perché mi sono subito data mentalmente della cretina. Durante una piccola lezione di psichiatria, il professore ha detto che fare questo tipo di pensieri non è poi tanto normale, però continuo comunque a non darci troppo peso. Curiosando sui miei libri di testo, ho notato il disturbo distimico e mi ci sono un po' riconosciuta, ma non riesco a capire il limite tra quella che è la mia personalità e quello che potrebbe, eventualmente, essere un problema. Fondamentalmente, chiedo il vostro aiuto per riconoscere questo limite e per sapere se sia o meno il caso di rivolgermi a uno specialista.
Ringrazio in anticipo per l'attenzione.
[#1]
Gentile futura collega,
quello di riconoscersi nelle patologie che si studiano era un fatto che ai miei tempi portava a epidemie di paure di avere questo e quello, man mano che si andava avanti con gli esami. Con relativi sintomi, spesso...Anche a leggere i testi di psichiatria e psicopatologia uno rischia, se non è troppo narcisista e pauroso, di riconoscersi in una quantità di disturbi...
Per cui fare medicina è anche un allenamento a sopportare dubbi e paure su se stessi.
Nel breve quadro che fa di sè stessa sembra di intravedere come due figure parzialmente sovrapposte: una, come dice "non così male", da tutti i punti di vista, ma un'altra, come un'ombra, che fa come da controfigura negativa e a volte copre parzialmente l'altra immagine. Sembra come che la figura 'non male' venga frenata e non trovi abbastanza spazio, forse.
Le consiglierei, piuttosto che cercare nelle diagnosi psichiatriche, di occuparsi eventualmente di che cosa può essere che la sta frenando e ostacolando, fino a minacciarla quasi con pensieri suicidi. Meno male che una parte 'non cretina' sembra prevalere, al momento giusto. Però questa parte 'cretina' e minacciosa forse andrebbe conosciuta meglio...
quello di riconoscersi nelle patologie che si studiano era un fatto che ai miei tempi portava a epidemie di paure di avere questo e quello, man mano che si andava avanti con gli esami. Con relativi sintomi, spesso...Anche a leggere i testi di psichiatria e psicopatologia uno rischia, se non è troppo narcisista e pauroso, di riconoscersi in una quantità di disturbi...
Per cui fare medicina è anche un allenamento a sopportare dubbi e paure su se stessi.
Nel breve quadro che fa di sè stessa sembra di intravedere come due figure parzialmente sovrapposte: una, come dice "non così male", da tutti i punti di vista, ma un'altra, come un'ombra, che fa come da controfigura negativa e a volte copre parzialmente l'altra immagine. Sembra come che la figura 'non male' venga frenata e non trovi abbastanza spazio, forse.
Le consiglierei, piuttosto che cercare nelle diagnosi psichiatriche, di occuparsi eventualmente di che cosa può essere che la sta frenando e ostacolando, fino a minacciarla quasi con pensieri suicidi. Meno male che una parte 'non cretina' sembra prevalere, al momento giusto. Però questa parte 'cretina' e minacciosa forse andrebbe conosciuta meglio...
Dr. Gianmaria Benedetti
http://neuropsic.altervista.org/drupal/
[#2]
Utente
Gentile dr. Benedetti,
innanzitutto grazie per la tempestiva risposta.
Quello di riconoscermi in ogni patologia studiata è un problema che non ho mai avuto, però effettivamente non è un aspetto da trascurare. Posso solo dirle che comunque ho questi dubbi da molto prima di incappare casualmente nella sezione di psichiatria dell'Harrison.
Devo dirle che non mi è perfettamente chiaro il suo discorso... O meglio, so cosa intende dire, ma continuo a essere "clueless" per quanto riguarda ciò che dovrei fare per venirne fuori.
La ringrazio ancora per la risposta.
innanzitutto grazie per la tempestiva risposta.
Quello di riconoscermi in ogni patologia studiata è un problema che non ho mai avuto, però effettivamente non è un aspetto da trascurare. Posso solo dirle che comunque ho questi dubbi da molto prima di incappare casualmente nella sezione di psichiatria dell'Harrison.
Devo dirle che non mi è perfettamente chiaro il suo discorso... O meglio, so cosa intende dire, ma continuo a essere "clueless" per quanto riguarda ciò che dovrei fare per venirne fuori.
La ringrazio ancora per la risposta.
[#3]
Gentile studentessa,
credo che le opzioni possibili siano molte. Stando alle sue parole, che è la sola cosa che qui abbiamo a disposizione, potrei dirle: avere dubbi è la prima spinta per la conoscenza, quindi forse, nonostante quello che si crede, spesso è meglio che avere certezze. E conoscere sè stessi è forse , fin dai tempi dell'oracolo di Delfi, il compito più difficile e importante degli essere umani.
Inoltre, riguardo a cosa fare per 'venirne fuori', direi che in primo luogo occorre conoscere (lo so, mi ripeto) 'dentro dove' siamo, per poi cercare di capire come ci siamo entrati e come uscirne . A volte capita che entriamo in luoghi, labirinti, senza accorgerci, da cui poi è difficile uscire, magari anche per pigrizia, stanchezza, svogliatezza. Dentro questi luoghi, però, perdiamo la strada, come se rimanessimo nella stazione di servizio senza riprendere il viaggio...
Aveva accennato anche alla 'felicità', che oggi è molto di moda dichiarare o sentirne la mancanza o avere come obbiettivo della vita. In America è addirittura scritta sulla costituzione... Credo che anche questa sia una questione molto complessa, dalla 'lettera sulla felicità' di Epicuro, alle parole di Woody Allen che sì, ricorda che ogni tanto qualche 'minuto di felicità gli è capitato anche di provarlo, alle religioni che da millenni danno risposte rassicuranti...
Quindi, riguardo al suo essere 'clueless' (ho dovuto cercarlo sul vocabolario, e il significato è vario...), io credo che abbia gli strumenti per indagare su se stessa e sui motivi che la tengono 'sospesa' e sul decidere dove orientare la sua ricerca. Deve probabilmente scuotersi un po' dell'apatia che forse le farebbe preferire trovare risposte già confezionate e semplificate...
In bocca al lupo.
credo che le opzioni possibili siano molte. Stando alle sue parole, che è la sola cosa che qui abbiamo a disposizione, potrei dirle: avere dubbi è la prima spinta per la conoscenza, quindi forse, nonostante quello che si crede, spesso è meglio che avere certezze. E conoscere sè stessi è forse , fin dai tempi dell'oracolo di Delfi, il compito più difficile e importante degli essere umani.
Inoltre, riguardo a cosa fare per 'venirne fuori', direi che in primo luogo occorre conoscere (lo so, mi ripeto) 'dentro dove' siamo, per poi cercare di capire come ci siamo entrati e come uscirne . A volte capita che entriamo in luoghi, labirinti, senza accorgerci, da cui poi è difficile uscire, magari anche per pigrizia, stanchezza, svogliatezza. Dentro questi luoghi, però, perdiamo la strada, come se rimanessimo nella stazione di servizio senza riprendere il viaggio...
Aveva accennato anche alla 'felicità', che oggi è molto di moda dichiarare o sentirne la mancanza o avere come obbiettivo della vita. In America è addirittura scritta sulla costituzione... Credo che anche questa sia una questione molto complessa, dalla 'lettera sulla felicità' di Epicuro, alle parole di Woody Allen che sì, ricorda che ogni tanto qualche 'minuto di felicità gli è capitato anche di provarlo, alle religioni che da millenni danno risposte rassicuranti...
Quindi, riguardo al suo essere 'clueless' (ho dovuto cercarlo sul vocabolario, e il significato è vario...), io credo che abbia gli strumenti per indagare su se stessa e sui motivi che la tengono 'sospesa' e sul decidere dove orientare la sua ricerca. Deve probabilmente scuotersi un po' dell'apatia che forse le farebbe preferire trovare risposte già confezionate e semplificate...
In bocca al lupo.
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 2.7k visite dal 26/03/2012.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.