Farmaci si o no ?
[#1]
Gentile utente,
non vi è appropriatezza prescrittiva per andare ad un funerale od in altre occasioni particolare che fanno parte della vita di ogni essere umano.
Se invece dovesse ritenere di voler ricevere un serio supporto psichiatrico sia farmacologico o di altro tipo può rivolgersi ad uno specialista che può valutare globalmente la sua situazione ed escludere o meno la presenza di patologie specifiche che possano richiedere un trattamento.
non vi è appropriatezza prescrittiva per andare ad un funerale od in altre occasioni particolare che fanno parte della vita di ogni essere umano.
Se invece dovesse ritenere di voler ricevere un serio supporto psichiatrico sia farmacologico o di altro tipo può rivolgersi ad uno specialista che può valutare globalmente la sua situazione ed escludere o meno la presenza di patologie specifiche che possano richiedere un trattamento.
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[#2]
Gentile utente,
il "dolore emotivo" legato al lutto fa parte delle risposte normali della nostra psiche, ha i propri motivi e ha anche un importante valore adattivo alla situazione; sarebbe piuttosto anomalo non sperimentare tale dolore, e non sperimentarlo in tali circostanze non è detto che sia protettivo per la persona, forse al contrario. In diverse culture il funerale viene accompagnato con tali vissuti anche in modo rituale e non a caso: ha un valore anche adattivo e liberatorio. Una persona che non sperimenta tali vissuti in tali circostanze può risentirne dopo.
Detto ciò, la reazione al lutto può confinare non in pochi casi anche con lo scatenamento di una malattia psichica, con reazioni patologiche. Più che una soluzione "pratica, del momento", servirebbe una valutazione del medico dello stato emotivo della persona. Il primo medico può essere anche il medico di base, il quale può decidere di consultare anche uno psichiatra.
il "dolore emotivo" legato al lutto fa parte delle risposte normali della nostra psiche, ha i propri motivi e ha anche un importante valore adattivo alla situazione; sarebbe piuttosto anomalo non sperimentare tale dolore, e non sperimentarlo in tali circostanze non è detto che sia protettivo per la persona, forse al contrario. In diverse culture il funerale viene accompagnato con tali vissuti anche in modo rituale e non a caso: ha un valore anche adattivo e liberatorio. Una persona che non sperimenta tali vissuti in tali circostanze può risentirne dopo.
Detto ciò, la reazione al lutto può confinare non in pochi casi anche con lo scatenamento di una malattia psichica, con reazioni patologiche. Più che una soluzione "pratica, del momento", servirebbe una valutazione del medico dello stato emotivo della persona. Il primo medico può essere anche il medico di base, il quale può decidere di consultare anche uno psichiatra.
Dr. Alex Aleksey Gukov
[#3]
Ex utente
Grazie per le risposte, gentili Dottori.
Mi sembra quindi di aver capito che anche in casi del genere non sono consigliabili neppure dei calmanti.
4 giorni fa ho avuto notizia della morte di un parente e sentendo che avrei fatto molta “fatica” ad “accettarla” e a sopportare la tensione di quei due giorni, siccome in casa c’erano degli ansiolitici (che in passato aveva usato un familiare) per due giorni ho assunto 0,5mg di lorazepam orosolubili 3 volte al giorno.
Effettivamente quei due giorni li ho “affrontati” emotivamente “abbastanza bene” e ho dato merito al farmaco, il problema è che la sera stessa del funerale e fino ad oggi (quindi da quasi 3 giorni) mi sento addosso un brutto malessere psicologico che prima non avevo (non che prima stessi benissimo ma neanche così), mi sento avvilito, con morale a terra, più preoccupato per il futuro e cose del genere.
E’ possibile che gran parte di questo malessere possa essere stato causato proprio dall’ansiolitico che ho assunto per soli due giorni a dosi bassissime?
ps: a volte sarei quasi tentato a consumare le compresse rimaste (12) per vedere se riesco a stare meglio e uscire prima da questo stato ma è una cosa che non farò perchè so che sarebbe un errore gravissimo.
Mi sembra quindi di aver capito che anche in casi del genere non sono consigliabili neppure dei calmanti.
4 giorni fa ho avuto notizia della morte di un parente e sentendo che avrei fatto molta “fatica” ad “accettarla” e a sopportare la tensione di quei due giorni, siccome in casa c’erano degli ansiolitici (che in passato aveva usato un familiare) per due giorni ho assunto 0,5mg di lorazepam orosolubili 3 volte al giorno.
Effettivamente quei due giorni li ho “affrontati” emotivamente “abbastanza bene” e ho dato merito al farmaco, il problema è che la sera stessa del funerale e fino ad oggi (quindi da quasi 3 giorni) mi sento addosso un brutto malessere psicologico che prima non avevo (non che prima stessi benissimo ma neanche così), mi sento avvilito, con morale a terra, più preoccupato per il futuro e cose del genere.
E’ possibile che gran parte di questo malessere possa essere stato causato proprio dall’ansiolitico che ho assunto per soli due giorni a dosi bassissime?
ps: a volte sarei quasi tentato a consumare le compresse rimaste (12) per vedere se riesco a stare meglio e uscire prima da questo stato ma è una cosa che non farò perchè so che sarebbe un errore gravissimo.
[#4]
Con l'ansiolitico Lei non ha prevenuto, ma ha posticipato il malessere, come Le ho accennato prima.
Lei scrive:
<<..ps: a volte sarei quasi tentato a consumare le compresse rimaste (12) per vedere se riesco a stare meglio e uscire prima da questo stato ma è una cosa che non farò perchè so che sarebbe un errore gravissimo..>>
Per favore, può spiegarlo meglio ?
Lei scrive:
<<..ps: a volte sarei quasi tentato a consumare le compresse rimaste (12) per vedere se riesco a stare meglio e uscire prima da questo stato ma è una cosa che non farò perchè so che sarebbe un errore gravissimo..>>
Per favore, può spiegarlo meglio ?
[#6]
Ex utente
Per Dr. Alex Aleksey Gukov: con “errore” intendo dire che credo sia sbagliato che io assuma di mia iniziativa le 12 compresse rimaste.
Il consiglio che voi potete darmi, considerando che si deve “metabolizzare” la perdita e tutto ciò che ne consegue è duqnue quello di dare tempo al tempo ?
Io per natura sono una persona malinconica, sensibile e abbastanza suscettibile rispetto a eventi gravi o anche poco gravi e dall’età di 15 anni (anche se ricordo anche un episodio simile vissuto all’età di soli 11anni) circa una volta ogni 15 mesi ho 4 – 5 giorni di sconforto che poi va scemando senza che io assuma ansiolitici o antidepressivi e nel giro di 2 settimane per fortuna mi lascio alle spalle lo sconforto e ritorno ad essere quello di sempre (quindi non proprio sereno ma abbastanza malinconico, sensibile e suscettibile …….).
Adesso sono appunto avvolto da questo sconforto ma questa volta, rispetto alle precedenti, ho più timore che possa non venirne fuori perché questo avvilimento credo sia figlio della perdita di questa persona e di alcune cose che adesso cambieranno in seguito ad essa non solo per me ma anche e soprattutto per i miei cari,
inoltre, non so se è perché in questo momento sono proprio al centro dell’abbattimento morale ma, ho l’impressione che questa volta lo sconforto sia un po’ più intenso dei precedenti e mi è venuto da pensare che se alcune cose non cambieranno (rifarmi due/tre amici con cui uscire un po’ di più in quanto quelli che avevo li ho persi – se soprattutto non migliorerà la mia situazione lavorativa e non troverò una donna con la quale condividere la vita) rischio che questi vissuti si facciano sempre più ricorrenti e più intensi perché penso che più passa il tempo e meno riuscirò a sopportare ed avere le armi per uscirne fuori (ad esempio mi sento sempre più male a pensare che ho voglia di avere una donna accanto per eventualmente costruirmi una famiglia e quando prendo coscienza che il tempo passa e divento sempre più grande ……………….. !
esempio: ma visto che ho tanto desiderio di diventare padre, quando lo sarò se ancora non ho una stabilità lavorativa e non sono fidanzato ? a 50 anni ? )
Il consiglio che voi potete darmi, considerando che si deve “metabolizzare” la perdita e tutto ciò che ne consegue è duqnue quello di dare tempo al tempo ?
Io per natura sono una persona malinconica, sensibile e abbastanza suscettibile rispetto a eventi gravi o anche poco gravi e dall’età di 15 anni (anche se ricordo anche un episodio simile vissuto all’età di soli 11anni) circa una volta ogni 15 mesi ho 4 – 5 giorni di sconforto che poi va scemando senza che io assuma ansiolitici o antidepressivi e nel giro di 2 settimane per fortuna mi lascio alle spalle lo sconforto e ritorno ad essere quello di sempre (quindi non proprio sereno ma abbastanza malinconico, sensibile e suscettibile …….).
Adesso sono appunto avvolto da questo sconforto ma questa volta, rispetto alle precedenti, ho più timore che possa non venirne fuori perché questo avvilimento credo sia figlio della perdita di questa persona e di alcune cose che adesso cambieranno in seguito ad essa non solo per me ma anche e soprattutto per i miei cari,
inoltre, non so se è perché in questo momento sono proprio al centro dell’abbattimento morale ma, ho l’impressione che questa volta lo sconforto sia un po’ più intenso dei precedenti e mi è venuto da pensare che se alcune cose non cambieranno (rifarmi due/tre amici con cui uscire un po’ di più in quanto quelli che avevo li ho persi – se soprattutto non migliorerà la mia situazione lavorativa e non troverò una donna con la quale condividere la vita) rischio che questi vissuti si facciano sempre più ricorrenti e più intensi perché penso che più passa il tempo e meno riuscirò a sopportare ed avere le armi per uscirne fuori (ad esempio mi sento sempre più male a pensare che ho voglia di avere una donna accanto per eventualmente costruirmi una famiglia e quando prendo coscienza che il tempo passa e divento sempre più grande ……………….. !
esempio: ma visto che ho tanto desiderio di diventare padre, quando lo sarò se ancora non ho una stabilità lavorativa e non sono fidanzato ? a 50 anni ? )
[#8]
Ex utente
Mi scusi gentile Dr. Alex Aleksey Gukov,
quando lei scrive “trovare uno psicologo o uno psichiatra che saprà aiutarLe su questa strada (senza aspettare che passi il tempo)”
vuole dire che probabilmente avrei bisogno di una psicoterapia o probabilmente avrei bisogno di farmaci ? o entrambi ?
Perché vorrei far presente che se dovessi avere bisogno di farmaci li accetterei ma una psicoterapia NO
quando lei scrive “trovare uno psicologo o uno psichiatra che saprà aiutarLe su questa strada (senza aspettare che passi il tempo)”
vuole dire che probabilmente avrei bisogno di una psicoterapia o probabilmente avrei bisogno di farmaci ? o entrambi ?
Perché vorrei far presente che se dovessi avere bisogno di farmaci li accetterei ma una psicoterapia NO
[#9]
Buona sera,
scrivendo così non ho inteso nel modo specifico né la psicoterapia, né gli psicofarmaci, né un "percorso" specifico che lo specialista Le "farebbe fare" (Lei sta già facendo il percorso della propria vita), ma ho inteso la figura dello psicologo o dello psichiatra come un punto di riferimento (professionale, ma anche umano), importante, secondo me, nel Suo momento attuale, ma anche nei momenti dopo.
Le funzioni di uno psicologo o uno psichiatra non si riducono solo a quello che noi pensiamo lui possa "fare" dal punto di vista delle nostre aspettative sociali. Spesso tendiamo a percepire gli altri a secondo di quello che possono fare per noi.. E' corretto e adattivo nell'ottica del mercato, ma non come il punto di partenza nelle vicende che coinvolgono i nostri sviluppi personale e dei rapporti umani.. dove non è meno importante che cosa possiamo fare noi stessi per gli altri.. ed è ancora più importante (!) il valore proprio e degli a prescindere delle specifiche finalità..
Come ho scritto, è Lei che realizzerà i propri progetti. Per farlo può essere importante avere un punto di riferimento: se non fosse importante, credo che Lei non avrebbe scritto a noi né questa volta, né le volte precedenti.
un saluto,
scrivendo così non ho inteso nel modo specifico né la psicoterapia, né gli psicofarmaci, né un "percorso" specifico che lo specialista Le "farebbe fare" (Lei sta già facendo il percorso della propria vita), ma ho inteso la figura dello psicologo o dello psichiatra come un punto di riferimento (professionale, ma anche umano), importante, secondo me, nel Suo momento attuale, ma anche nei momenti dopo.
Le funzioni di uno psicologo o uno psichiatra non si riducono solo a quello che noi pensiamo lui possa "fare" dal punto di vista delle nostre aspettative sociali. Spesso tendiamo a percepire gli altri a secondo di quello che possono fare per noi.. E' corretto e adattivo nell'ottica del mercato, ma non come il punto di partenza nelle vicende che coinvolgono i nostri sviluppi personale e dei rapporti umani.. dove non è meno importante che cosa possiamo fare noi stessi per gli altri.. ed è ancora più importante (!) il valore proprio e degli a prescindere delle specifiche finalità..
Come ho scritto, è Lei che realizzerà i propri progetti. Per farlo può essere importante avere un punto di riferimento: se non fosse importante, credo che Lei non avrebbe scritto a noi né questa volta, né le volte precedenti.
un saluto,
Questo consulto ha ricevuto 9 risposte e 2.6k visite dal 24/03/2012.
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