disturbo risolvibile o cronico a 23 anni?
gentili dottori
sono nato prematuro a 7 mesi e sono stato x i primi 3 mesi della mia vita in incubatrice lontano da casa.
Dopo per circa 2 mesi alle 7 di sera, piangevo ogni giorno per 1 ora intera. l'EEG indicava ke era tutto apposto.
durante la pubertà ero molto aggressivo. tiravo capelli e menavo pugni senza motivo.
ai 8-9 anni in serata ad 1 tratto era come se fossi distaccato da ciò ke era attorno e mi chiedevo se esistevo veramente
già all'asilo avevo difficoltà a socializzare guardando sempre a terra
pensavo sempre che il giorno dopo sarei morto
soffrivo di enuresi notturna fino ai 12 anni.
ho avuto 1 educazione abbastanza severa e poco orientata al dialogo anke se i miei genitori mi vogliono 1 bene dell'anima.
in 3a media avevo in testa e nn se ne andavano nemmeno a martellate bestemmie ke dovevo scacciare con frasi senza senso
al liceo avevo vari complessi: dai capelli all'altezza ai vestiti ma comunque tenuti sotto controllo.
a un tratto, però, nn riuscivo + a vivere; tutti questi problemi si erano amplificati. Leggendo sintomi qua e la temevo di aver preso l'AIDS e avevo la paura di morire. ne ero sicuro, nemmeno le analisi riuscivano a farmi cambiare idea e non dormii per quattro giorni.
adesso i miei problemi sono
1.quello più limitante è il fatto di non sapere dove mi trovo quando sto fuori casa; mi perdo spesso e di strade ne ricordo poche
2.penso 24 ore su 24 agli esami anche quando esco o vedo la tv; x me esiste solo lo studio.
i miei almeno in quest'ultimo anno non "sono pensieri intrusivi" (presenti in minima parte 10%)... è vero sono costanti ma non intrusivi.
inoltre nn ho "rituali" per neutralizzare questi pensieri che mi affliggono
le diagnosi fornite dai medici sono state varie
x il 1o e il 4o (psichiatri) ho un disturbo ossessivo e episodi dissociativi possono rientrare in questo spettro ansioso
x il 2o (psicologa) ho un disturbo dissociativo e il doc è solo il tratto di personalità dissociata più sviluppato
x il 3o (psicologa) attuale ho 1 "io" dissociato con 1 tratto di personalità persecutoria ke assomiglia molto a 1 doc (ma non lo è) e 1 tratto "adulto" predominante e ke questa dissociazione derivi dal "trauma" subito appena nato
1) nn pensate ke il mio disturbo e il doc abbiano manifestazioni fenotipiche simili ma possano nn essere la stessa cosa riconducendolo a un PTSD complesso preverbale (come dice la psicologa)
2) voi pensate che nn sia un trauma il distacco dalla madre (fonte di accudimento)? nn posso io essermi sentito in pericolo di vita?
3) poi xkè di noi fratelli gemelli solo io ho problemi psichici? guarda caso solo io ke sono stato in incubatrice x 3 mesi? come spiegare il pianto di 1 ora (nn di 5 minuti) x ben 2 mesi senza che le braccia di mia mamma mi calmassero? dico io, già allora si evidenziavano i primi problemi con 1 "stile di attaccamento" patologico!
4) il problema è risolvibile o è mi devo rassegnare alla sua cronicità?
buona serata
sono nato prematuro a 7 mesi e sono stato x i primi 3 mesi della mia vita in incubatrice lontano da casa.
Dopo per circa 2 mesi alle 7 di sera, piangevo ogni giorno per 1 ora intera. l'EEG indicava ke era tutto apposto.
durante la pubertà ero molto aggressivo. tiravo capelli e menavo pugni senza motivo.
ai 8-9 anni in serata ad 1 tratto era come se fossi distaccato da ciò ke era attorno e mi chiedevo se esistevo veramente
già all'asilo avevo difficoltà a socializzare guardando sempre a terra
pensavo sempre che il giorno dopo sarei morto
soffrivo di enuresi notturna fino ai 12 anni.
ho avuto 1 educazione abbastanza severa e poco orientata al dialogo anke se i miei genitori mi vogliono 1 bene dell'anima.
in 3a media avevo in testa e nn se ne andavano nemmeno a martellate bestemmie ke dovevo scacciare con frasi senza senso
al liceo avevo vari complessi: dai capelli all'altezza ai vestiti ma comunque tenuti sotto controllo.
a un tratto, però, nn riuscivo + a vivere; tutti questi problemi si erano amplificati. Leggendo sintomi qua e la temevo di aver preso l'AIDS e avevo la paura di morire. ne ero sicuro, nemmeno le analisi riuscivano a farmi cambiare idea e non dormii per quattro giorni.
adesso i miei problemi sono
1.quello più limitante è il fatto di non sapere dove mi trovo quando sto fuori casa; mi perdo spesso e di strade ne ricordo poche
2.penso 24 ore su 24 agli esami anche quando esco o vedo la tv; x me esiste solo lo studio.
i miei almeno in quest'ultimo anno non "sono pensieri intrusivi" (presenti in minima parte 10%)... è vero sono costanti ma non intrusivi.
inoltre nn ho "rituali" per neutralizzare questi pensieri che mi affliggono
le diagnosi fornite dai medici sono state varie
x il 1o e il 4o (psichiatri) ho un disturbo ossessivo e episodi dissociativi possono rientrare in questo spettro ansioso
x il 2o (psicologa) ho un disturbo dissociativo e il doc è solo il tratto di personalità dissociata più sviluppato
x il 3o (psicologa) attuale ho 1 "io" dissociato con 1 tratto di personalità persecutoria ke assomiglia molto a 1 doc (ma non lo è) e 1 tratto "adulto" predominante e ke questa dissociazione derivi dal "trauma" subito appena nato
1) nn pensate ke il mio disturbo e il doc abbiano manifestazioni fenotipiche simili ma possano nn essere la stessa cosa riconducendolo a un PTSD complesso preverbale (come dice la psicologa)
2) voi pensate che nn sia un trauma il distacco dalla madre (fonte di accudimento)? nn posso io essermi sentito in pericolo di vita?
3) poi xkè di noi fratelli gemelli solo io ho problemi psichici? guarda caso solo io ke sono stato in incubatrice x 3 mesi? come spiegare il pianto di 1 ora (nn di 5 minuti) x ben 2 mesi senza che le braccia di mia mamma mi calmassero? dico io, già allora si evidenziavano i primi problemi con 1 "stile di attaccamento" patologico!
4) il problema è risolvibile o è mi devo rassegnare alla sua cronicità?
buona serata
[#3]
Gentile utente,
bisogna distinguere fra il "disturbo post-traumatico" come diagnosi di un disturbo psichico e fra le esperienze traumatiche che di per sé non sono un disturbo, ma fanno parte della storia del disturbo (non necessariamente "post-traumatico"). Quest'ultima possibilità, secondo me, coi limiti di un consulto via internet, farebbe di più al caso Suo.
In altre parole, non sono così sicuro che nel Suo caso sia lecito parlare di un "disturbo post-traumatico". Penso che è discutibile ricondurre il Suo caso ad una forma di PTSD. Mi sembra che la situazione è ben più complicata.
Le esperienze traumatiche possono creare una predisposizione allo sviluppo degli altri disturbi psichiatrici che in tali casi spesso sembrano di dominare il quadro, ma le esperienze traumatiche condizionano anche lo sviluppo del carattere della persona, che può formarsi nella maniera patologica ed essere di per sé una patologia: una patologia del carattere. Coi limiti di un consulto via internet, non escludo che questo può riguardare anche il Suo caso. I "disturbi di carattere" (o i "disturbi di personalità") sono a loro volta più una predisposizione a certe manifestazioni psicopatologiche. E' stata mai espressa tale ipotesi diagnostica ?
Possiamo paragonare la personalità ed il "disturbo di personalità" con uno stratto di "terreno" aggiuntivo che si è depositato sulla sua storia. In questi casi lavorare solo con le origini antichi del disturbo (che possiamo paragonare ai "semi"), ed anche lavorare solo con le manifestazioni esteriori (possiamo paragonarle con le "piante") ha efficacia limitata: bisogna lavorare anche il terreno (la "personalità"). Per lavorarci, lo strumento psincipale è la psicoterapia, appositamente orientata, ma anche la motivazione della persona a partecipare a tale lavoro è fondamentale.
EDMR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), con tutto quel potenziale che non la nego, non ha ricevuto ancora i consensi sufficienti nel mondo sceintifico per essere impiegata come la tecnica principale nei Disturbi di Personalità, dove, secondo me, servono le altre metodiche psicoterapeutiche (ad esempio, fra le scuole più "accreditate", sia la scuola Psicoanalitica che la scuola Cognitivo-comportamentale hanno sviluppato i metodi di lavoro coi disturbi di personalità).
Per accedere a tali percorsi, il primo passo, secondo me, è la consapevolezza della malattia, la motivazione a cambiare. Dalla Sua descrizione ho un'impressione che Lei attribuisca le cause principali agli eventi esterni (dell'età neonatale). Benché storicamente non si può negarlo, a livello della consapevolezza di sé, della propria malattia e della propria salute, questo modo di percepirlo non fa un buon servizio, perché svia l'attenzione da noi stessi verso i fattori esterni, e, addirittura si può arrivare a pensare che il disturbo non sia risolvibile... In realtà è molto difficilmente curabile proprio a causa della tendenza della persona a posizionare le cause ed il "centro dell'equilibrio" all'esterno di sé, e molti suoi aspetti dipendono anche dalle influenze delle fasi di sviluppo successive (adolescenza, prima età adulta, contesto sociale ecc.)
E' sicuramente importante parlare (non emotivamente, ma costruttivamente) anche degli aspetti più basilari del funzionamento mentale che potevano essere alterate in seguito alle esperienze traumatiche. In altre parole, potrebbe avere senso un "check-up" delle Sue prestazioni cognitive nei vari ambiti, ma anche delle Sue inclinazioni e aspirazioni (con un "test di intelligenza", eventualmente coi test di abilità negli ambiti più specifici, ma anche con i "test di personalità"). In base a tale valutazione complessiva, si potrebbe approcciare il problema anche nell'ottica "riabilitativa" e di "realizzazione" di sé, che potrebbe essere anche un metodo psicoterapeutico molto efficace. Ovviamente tale valutazione può aiutare e sarebbe importante per capire le problematiche attuali (anche emotive e comportamentali).
Dunque, in base al suo racconto, coi limiti del consulto a distanza, penso che non è detto affatto che si tratta di una situazione irrecuperabile. Mi sono soffermato soprattutto sulla diagnosi (che dovrebbe essere rivalutata), sugli strumenti diagnosttici (come i test psicologici) e sugli approcci psicoterapeutici. E Le consiglio di parlare di tutto questo con il Suo specialista.
Non ho parlato della farmaco-terapia, il che non vuol dire che non la considero importante; quella che assume Lei non mi sembra scorretta (sia nella luce delle ipotesi diagnostiche già fatte, sia nella luce delle ipotesi che ho espresso io). La farmacoterapia può affiancare efficacemente la psicoterapia, ma da sola in questi casi ha dei limiti.
un saluto,
bisogna distinguere fra il "disturbo post-traumatico" come diagnosi di un disturbo psichico e fra le esperienze traumatiche che di per sé non sono un disturbo, ma fanno parte della storia del disturbo (non necessariamente "post-traumatico"). Quest'ultima possibilità, secondo me, coi limiti di un consulto via internet, farebbe di più al caso Suo.
In altre parole, non sono così sicuro che nel Suo caso sia lecito parlare di un "disturbo post-traumatico". Penso che è discutibile ricondurre il Suo caso ad una forma di PTSD. Mi sembra che la situazione è ben più complicata.
Le esperienze traumatiche possono creare una predisposizione allo sviluppo degli altri disturbi psichiatrici che in tali casi spesso sembrano di dominare il quadro, ma le esperienze traumatiche condizionano anche lo sviluppo del carattere della persona, che può formarsi nella maniera patologica ed essere di per sé una patologia: una patologia del carattere. Coi limiti di un consulto via internet, non escludo che questo può riguardare anche il Suo caso. I "disturbi di carattere" (o i "disturbi di personalità") sono a loro volta più una predisposizione a certe manifestazioni psicopatologiche. E' stata mai espressa tale ipotesi diagnostica ?
Possiamo paragonare la personalità ed il "disturbo di personalità" con uno stratto di "terreno" aggiuntivo che si è depositato sulla sua storia. In questi casi lavorare solo con le origini antichi del disturbo (che possiamo paragonare ai "semi"), ed anche lavorare solo con le manifestazioni esteriori (possiamo paragonarle con le "piante") ha efficacia limitata: bisogna lavorare anche il terreno (la "personalità"). Per lavorarci, lo strumento psincipale è la psicoterapia, appositamente orientata, ma anche la motivazione della persona a partecipare a tale lavoro è fondamentale.
EDMR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), con tutto quel potenziale che non la nego, non ha ricevuto ancora i consensi sufficienti nel mondo sceintifico per essere impiegata come la tecnica principale nei Disturbi di Personalità, dove, secondo me, servono le altre metodiche psicoterapeutiche (ad esempio, fra le scuole più "accreditate", sia la scuola Psicoanalitica che la scuola Cognitivo-comportamentale hanno sviluppato i metodi di lavoro coi disturbi di personalità).
Per accedere a tali percorsi, il primo passo, secondo me, è la consapevolezza della malattia, la motivazione a cambiare. Dalla Sua descrizione ho un'impressione che Lei attribuisca le cause principali agli eventi esterni (dell'età neonatale). Benché storicamente non si può negarlo, a livello della consapevolezza di sé, della propria malattia e della propria salute, questo modo di percepirlo non fa un buon servizio, perché svia l'attenzione da noi stessi verso i fattori esterni, e, addirittura si può arrivare a pensare che il disturbo non sia risolvibile... In realtà è molto difficilmente curabile proprio a causa della tendenza della persona a posizionare le cause ed il "centro dell'equilibrio" all'esterno di sé, e molti suoi aspetti dipendono anche dalle influenze delle fasi di sviluppo successive (adolescenza, prima età adulta, contesto sociale ecc.)
E' sicuramente importante parlare (non emotivamente, ma costruttivamente) anche degli aspetti più basilari del funzionamento mentale che potevano essere alterate in seguito alle esperienze traumatiche. In altre parole, potrebbe avere senso un "check-up" delle Sue prestazioni cognitive nei vari ambiti, ma anche delle Sue inclinazioni e aspirazioni (con un "test di intelligenza", eventualmente coi test di abilità negli ambiti più specifici, ma anche con i "test di personalità"). In base a tale valutazione complessiva, si potrebbe approcciare il problema anche nell'ottica "riabilitativa" e di "realizzazione" di sé, che potrebbe essere anche un metodo psicoterapeutico molto efficace. Ovviamente tale valutazione può aiutare e sarebbe importante per capire le problematiche attuali (anche emotive e comportamentali).
Dunque, in base al suo racconto, coi limiti del consulto a distanza, penso che non è detto affatto che si tratta di una situazione irrecuperabile. Mi sono soffermato soprattutto sulla diagnosi (che dovrebbe essere rivalutata), sugli strumenti diagnosttici (come i test psicologici) e sugli approcci psicoterapeutici. E Le consiglio di parlare di tutto questo con il Suo specialista.
Non ho parlato della farmaco-terapia, il che non vuol dire che non la considero importante; quella che assume Lei non mi sembra scorretta (sia nella luce delle ipotesi diagnostiche già fatte, sia nella luce delle ipotesi che ho espresso io). La farmacoterapia può affiancare efficacemente la psicoterapia, ma da sola in questi casi ha dei limiti.
un saluto,
[#4]
Ex utente
gentile dottor Gukov
ho felicemente constatato la chiarezza e completezza del suo consulto come mi è capitato altre volte di poterlo fare
effettivamente già qualcuno in precedenza mi aveva parlato di disturbo di personalità!
mi faccia capire ancora una cosa! il disturbo di personalità (in questo caso ossessiva o persecutoria) si diagnostica quando non ci sono pensieri intrusivi e compulsioni ma sussiste un "carattere patologico (per l'appunto persecutorio)? giusto?
quindi la "patologia" parte da una mia "scelta" che si è strutturata nel tempo sottoforma neurofisiologica?
ancora una cosa x curiosità di perfetto ignorante! qual'è la base neurobiologica di un disturbo di personalità? la patologia è strutturale su base recettoriale del neurone post-sinaptico come x altri disturbi?
focalizzando la nostra attenzione sulle strategie per risolvere il problema, lei cosa mi consiglia?
effettivamente il mio carattere non ha avuto una grossa "metamorfosi" da quando 7 mesi fa ho iniziato la terapia emdr
per lei non è utile lavorare su "microtraumi" per un disturbo di personalità?
dovrei iniziare una TCC e abbandonare l'EMDR? o potrei anche affiancare le due cose?
cordiali saluti e buona serata
ho felicemente constatato la chiarezza e completezza del suo consulto come mi è capitato altre volte di poterlo fare
effettivamente già qualcuno in precedenza mi aveva parlato di disturbo di personalità!
mi faccia capire ancora una cosa! il disturbo di personalità (in questo caso ossessiva o persecutoria) si diagnostica quando non ci sono pensieri intrusivi e compulsioni ma sussiste un "carattere patologico (per l'appunto persecutorio)? giusto?
quindi la "patologia" parte da una mia "scelta" che si è strutturata nel tempo sottoforma neurofisiologica?
ancora una cosa x curiosità di perfetto ignorante! qual'è la base neurobiologica di un disturbo di personalità? la patologia è strutturale su base recettoriale del neurone post-sinaptico come x altri disturbi?
focalizzando la nostra attenzione sulle strategie per risolvere il problema, lei cosa mi consiglia?
effettivamente il mio carattere non ha avuto una grossa "metamorfosi" da quando 7 mesi fa ho iniziato la terapia emdr
per lei non è utile lavorare su "microtraumi" per un disturbo di personalità?
dovrei iniziare una TCC e abbandonare l'EMDR? o potrei anche affiancare le due cose?
cordiali saluti e buona serata
[#5]
Gentile utente,
cercherò di risponderLe.
<<..il disturbo di personalità (in questo caso ossessiva o persecutoria) si diagnostica quando non ci sono pensieri intrusivi e compulsioni ma sussiste un "carattere patologico (per l'appunto persecutorio)? giusto?..>>
Un disturbo di personalità non esclude e può coesistere con un disturbo ossessivo-compulsivo che possono caratterizzarsi da pensieri intrusivi e compulsioni. Un "disturbo di personalità" è una predisposizione, un terreno che può anzi rendere una persona più suscittibile a sviluppare anche un altro disturbo.
<<..quindi la "patologia" parte da una mia "scelta" che si è strutturata nel tempo sottoforma neurofisiologica?..>>
Potrebbe essere corretto parlare della Sua "scelta", magari, appunto, nel senso virgolettando la parola, perché nel contesto di un disturbo psichico più volte si tratta delle scelte determinate non dalla nostra decisione consapevole, ma dai processi psicofisiologici non sempre e non pienamente consapevoli, che inizialmente possono servire all'adattamento, ma hanno anche i lati disfunzionali.
<<..ancora una cosa x curiosità di perfetto ignorante! qual'è la base neurobiologica di un disturbo di personalità? la patologia è strutturale su base recettoriale del neurone post-sinaptico come x altri disturbi?..>>
Una teoria neurobiologica solida dei disturbi di personalità non c'è ancora. In ogni modo, si tratterebbe di molteplici sistemi e non solo del livello post-sinaptico, però tali alterazioni non necessariamente devono essere significative a livello neurochimico, perché l'organismo riesce a mantenere il bilancio. I livelli neurochimico e anatomico comunque non riescono a spiegare tutti i fenomeni e non sono gli unici né i principali che debbano essere guardati nei disturbi di personalità.
Ma anche nel caso di molte altre patologie psichiche, sebbene sono molto meglio caratterizzati a livello neurochimico e microanatomico, in realtà non sono note tutte le cause, e dire che dipendano dall'alterazione su base recettoriale del neurone post-sinaptico è una semplificazione eccessiva.
<<..per lei non è utile lavorare su "microtraumi" per un disturbo di personalità? dovrei iniziare una TCC e abbandonare l'EMDR? o potrei anche affiancare le due cose?..>>
Le due cose possono essere affiancate, ma anche il TCC potrà rivelarsi poco efficace, se viene fatta in modo staccato dal contesto psicoterapeutico complessivo. Direi che un fattore importante è anche la figura dello psicoterapeuta, il rapporto con lui. Un altro fattore è il tempo: 7 mesi di psicoterapia possono essere pochi (anche nel caso delle metodiche per le quali sono previsti tempi brevi). Infatti, i disturbi di personalità sono caratterizzati proprio da una maggiore durata e complessità delle psicoterapia. Inoltre, le scelte riguardanti i percorsi di psicoterapia devono partire dalla valutazione psichopatologica globale. Per qesto ho accennato prima anche ai testi psicologici e di attitudine. Anche nelle diverse diagnosi che Le sono state date bisogna fare più chiarezza. Le consiglio di parlare di tutto questo con il Suo psichiatra.
un saluto,
cercherò di risponderLe.
<<..il disturbo di personalità (in questo caso ossessiva o persecutoria) si diagnostica quando non ci sono pensieri intrusivi e compulsioni ma sussiste un "carattere patologico (per l'appunto persecutorio)? giusto?..>>
Un disturbo di personalità non esclude e può coesistere con un disturbo ossessivo-compulsivo che possono caratterizzarsi da pensieri intrusivi e compulsioni. Un "disturbo di personalità" è una predisposizione, un terreno che può anzi rendere una persona più suscittibile a sviluppare anche un altro disturbo.
<<..quindi la "patologia" parte da una mia "scelta" che si è strutturata nel tempo sottoforma neurofisiologica?..>>
Potrebbe essere corretto parlare della Sua "scelta", magari, appunto, nel senso virgolettando la parola, perché nel contesto di un disturbo psichico più volte si tratta delle scelte determinate non dalla nostra decisione consapevole, ma dai processi psicofisiologici non sempre e non pienamente consapevoli, che inizialmente possono servire all'adattamento, ma hanno anche i lati disfunzionali.
<<..ancora una cosa x curiosità di perfetto ignorante! qual'è la base neurobiologica di un disturbo di personalità? la patologia è strutturale su base recettoriale del neurone post-sinaptico come x altri disturbi?..>>
Una teoria neurobiologica solida dei disturbi di personalità non c'è ancora. In ogni modo, si tratterebbe di molteplici sistemi e non solo del livello post-sinaptico, però tali alterazioni non necessariamente devono essere significative a livello neurochimico, perché l'organismo riesce a mantenere il bilancio. I livelli neurochimico e anatomico comunque non riescono a spiegare tutti i fenomeni e non sono gli unici né i principali che debbano essere guardati nei disturbi di personalità.
Ma anche nel caso di molte altre patologie psichiche, sebbene sono molto meglio caratterizzati a livello neurochimico e microanatomico, in realtà non sono note tutte le cause, e dire che dipendano dall'alterazione su base recettoriale del neurone post-sinaptico è una semplificazione eccessiva.
<<..per lei non è utile lavorare su "microtraumi" per un disturbo di personalità? dovrei iniziare una TCC e abbandonare l'EMDR? o potrei anche affiancare le due cose?..>>
Le due cose possono essere affiancate, ma anche il TCC potrà rivelarsi poco efficace, se viene fatta in modo staccato dal contesto psicoterapeutico complessivo. Direi che un fattore importante è anche la figura dello psicoterapeuta, il rapporto con lui. Un altro fattore è il tempo: 7 mesi di psicoterapia possono essere pochi (anche nel caso delle metodiche per le quali sono previsti tempi brevi). Infatti, i disturbi di personalità sono caratterizzati proprio da una maggiore durata e complessità delle psicoterapia. Inoltre, le scelte riguardanti i percorsi di psicoterapia devono partire dalla valutazione psichopatologica globale. Per qesto ho accennato prima anche ai testi psicologici e di attitudine. Anche nelle diverse diagnosi che Le sono state date bisogna fare più chiarezza. Le consiglio di parlare di tutto questo con il Suo psichiatra.
un saluto,
[#7]
Ex utente
gentile dott.Gukov
da qualche mese non riesco a dormire meno di 10-11 ore al giorno
non ho mai dormito cosi tanto anche perchè devo rispettare certi impegni universitari
però se dormo di meno (8-9 ore) NON è che ho sonno ma sono in uno stato di "debolezza diffusa" soprattutto agli arti che si esaurisce nel giro di mezz'ora di veglia
le ricordo la terapia che sto seguendo zyprexa 10 mg zoloft 150 mg
questo può dipendere dalla terapia?
cordiali saluti
da qualche mese non riesco a dormire meno di 10-11 ore al giorno
non ho mai dormito cosi tanto anche perchè devo rispettare certi impegni universitari
però se dormo di meno (8-9 ore) NON è che ho sonno ma sono in uno stato di "debolezza diffusa" soprattutto agli arti che si esaurisce nel giro di mezz'ora di veglia
le ricordo la terapia che sto seguendo zyprexa 10 mg zoloft 150 mg
questo può dipendere dalla terapia?
cordiali saluti
[#8]
Gentile utente,
lo zyprexa è un farmaco sedativo, e spesso, soprattutto all'inizio della cura, aumenta il tempo del sonno, tuttavia, se lo si assume per più mesi o da più tempo, si instaura la tolleranza a tali effetti. Comunque, non escludo che quello che descrive possa essere legato agli effetti diretti del farmaco, e ne parlerei con il Suo specialista, ma valuterei anche le altre ipotesi, ad esempio, dai Suoi dati mi risulta una condizione sovrappeso, la quale può influire ad esempio sul respiro, sull'ossigenazione dei tessuti e sul sonno. Non so se questa condizione sovrappeso era anticedente alla terapia con lo zyprexa oppure si è insorta in seguito a tele terapia.
lo zyprexa è un farmaco sedativo, e spesso, soprattutto all'inizio della cura, aumenta il tempo del sonno, tuttavia, se lo si assume per più mesi o da più tempo, si instaura la tolleranza a tali effetti. Comunque, non escludo che quello che descrive possa essere legato agli effetti diretti del farmaco, e ne parlerei con il Suo specialista, ma valuterei anche le altre ipotesi, ad esempio, dai Suoi dati mi risulta una condizione sovrappeso, la quale può influire ad esempio sul respiro, sull'ossigenazione dei tessuti e sul sonno. Non so se questa condizione sovrappeso era anticedente alla terapia con lo zyprexa oppure si è insorta in seguito a tele terapia.
[#9]
Ex utente
gentile dott.Gukov
per quando riguarda il tempo di assunzione dello zyprexa lo assumo da 5-6 mesi a 10 mg. precedentemente per un anno non lo ho assunto. ancora precedentemente lo prendevo a una dose di 2,5 mg per tre anni
per quanto riguarda la questione sovrappeso peso 90 kg e sono alto 1,72. in un anno ho preso 18 kg da quando assumo lo zyprexa
questo mio stato "pseudocatatonico" al risveglio (non so se rendo l'idea lo chiamo cosi solo per distinguerlo da una semplice sonnolenza), in effetti, si è accresciuto in un tempo coincidente con l'inizio di terapia con lo zypx (non so se è un caso o meno in quanto non sta a me stabilirlo)
riguardo la questione sonno una terza causa non potrebbe essere un "probabile e supposto" effetto secondario sul sistema noradrenergico dello zoloft?
cordiali saluti
per quando riguarda il tempo di assunzione dello zyprexa lo assumo da 5-6 mesi a 10 mg. precedentemente per un anno non lo ho assunto. ancora precedentemente lo prendevo a una dose di 2,5 mg per tre anni
per quanto riguarda la questione sovrappeso peso 90 kg e sono alto 1,72. in un anno ho preso 18 kg da quando assumo lo zyprexa
questo mio stato "pseudocatatonico" al risveglio (non so se rendo l'idea lo chiamo cosi solo per distinguerlo da una semplice sonnolenza), in effetti, si è accresciuto in un tempo coincidente con l'inizio di terapia con lo zypx (non so se è un caso o meno in quanto non sta a me stabilirlo)
riguardo la questione sonno una terza causa non potrebbe essere un "probabile e supposto" effetto secondario sul sistema noradrenergico dello zoloft?
cordiali saluti
[#10]
Anche lo zoloft (nome chimico: sertralina) può dare la sonnolenza, anche se più raramente. Anche in questo caso si tratterebbe dei sintomi iniziali (più transitori e meno duraturi rispetto a quelli da zyprexa); non mi risulta che sia dovuto all'effetto sul sistema noradrenergico (ma tale questione adesso mi sembra secondaria). In ogni modo, parlerei con il Suo psichiatra di questi sintomi, dell'incremento ponderale (prima dell'inizio della terapia era normopeso), e, siccome ne può risentire la salute a livello generale, della necessità di trovare una dose opportuna del farmaco, cercando di minimizzare gli effetti collaterali, ma preservare anche l'effetto terapeutico.
un saluto,
un saluto,
Questo consulto ha ricevuto 10 risposte e 2.9k visite dal 27/02/2012.
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