Solitudine prolungata e depressione incipiente
Salve, sono un ragazzo di 23 anni, 24 tra qualche mese; vi scrivo perchè ormai da troppo tempo soffro di gravi problemi di relazione che mi stanno letteralmente cambiando la vita, in peggio. E' da quando ho finito il liceo, a 19 anni, che non frequento più nessun coetaneo, sto sempre solo, in famiglia non c'è grande comunicazione, quindi praticamente non parlo con nessuno. Certo, mi sforzo (e sottolineo mi sforzo, molto) di continuare ad andare all'università, di studiare un minimo, anche se lì, complice il mio carattere introverso schivo e diffidente, non ho creato nessun legame. E soprattutto anche se adesso non vedo nessuno sbocco lavorativo possibile; certo vado avanti, sono anche quasi in pari con gli esami, ma non amo studiare, non ho molta memoria (faccio giurisprudenza quindi è fondamentale) e diciamo che mi trascino il più delle volte. E so già che non trovano lavoro i bravi, figuriamoci i non bravi non raccomandati. In effetti, non so neanche come sono riuscito a tirare avanti finora, dal momento che praticamente non riesco quasi a studiare da solo, e le cose che studio non le ricordo, o non le ricordo bene. Mi sento deconcentrato, ansioso, sono molto preoccupato per il mio futuro, spesso penso che resterò solo per tutta la vita, che quelli come me non li vuole nessuno, e questo mi deprime molto . Ho anche cercato di parlarne in famiglia, ma ho ricevuto le solite parole di incoraggiamento ("forza e coraggio", "la vita è difficile per tutti") che sinceramente non mi aiutano granchè. Ah, ho anche frequentato 2 diversi specialisti (una psicologa ed uno psichiatra) dai 18 ai 22 anni circa, quando finalmente, visti gli scarsi risultati ottenuti, mi sono deciso a mollare. Se quella doveva essere la mia vita, preferivo non far spendere ai miei soldi inutilmente. Per qualche mese ho poi fatto sedute psicoterapiche gratuite presso il centro salute mentale locale, poi anche qui ho lasciato perdere, perchè non ne vedevo il senso, non capivo come avrebbero potuto aiutarmi concretamente nei miei problemi. Per superare la mia empasse e soprattutto con la speranza di riniziare una normale vita di relazione sono anche andato a studiare in un'altra città per un anno (cominciando una nuova facoltà, giurisprudenza appunto), da solo, in una casa con altri studenti; purtroppo però il mio senso di solitudine e straniamento non ha fatto che peggiorare e non mi sembra di avere ottenuto grandi benefici. Anzi, mi sono sentito preso di mira e deriso per la mia situazione.
A scuola non ho mai avuto problemi nello studio, anzi ero ritenuto un ottimo studente (anche se io non mi sono mai ritenuto tale e studiavo per paura più che per passione). Mi dispiace molto quindi per come stanno andando le cose; inoltre, ultimamente noto che, a casa, tendo a rispondere in modo aggressivo ai miei, come li sentissi colpevoli della situazione. Non vedo proprio come potrei ricominciare una vita normale da zero, ho paura e vergogna all'idea di espormi, per quello che sono diventato
A scuola non ho mai avuto problemi nello studio, anzi ero ritenuto un ottimo studente (anche se io non mi sono mai ritenuto tale e studiavo per paura più che per passione). Mi dispiace molto quindi per come stanno andando le cose; inoltre, ultimamente noto che, a casa, tendo a rispondere in modo aggressivo ai miei, come li sentissi colpevoli della situazione. Non vedo proprio come potrei ricominciare una vita normale da zero, ho paura e vergogna all'idea di espormi, per quello che sono diventato
[#1]
Buongiorno,
posso chiederle che diagnosi è stata fatta sulle sue condizioni? Ha assunto in un certo periodo dei farmaci?
Da quello che descrive la depressione (come sentimento, non come diagnosi) non mi sembra incipiente, ma presente e paralizzante.
Per quanto riguarda la psicoterapia, singola o di gruppo, funziona se c'è un impegno personale, la volontà e la speranza di migliorare (la "motivazione"); non è sufficiente essere un buon paziente che va alle sedute regolarmente, aspettandosi un aiuto. Non è facile da spiegare a parole, è un'alleanza che si crea tra paziente e terapeuta e che passa anche a volte da domande o da un conflitto aperto, perché all'interno della terapia il paziente sa che può esprimere liberamente anche la sua rabbia e la sua frustrazione.
posso chiederle che diagnosi è stata fatta sulle sue condizioni? Ha assunto in un certo periodo dei farmaci?
Da quello che descrive la depressione (come sentimento, non come diagnosi) non mi sembra incipiente, ma presente e paralizzante.
Per quanto riguarda la psicoterapia, singola o di gruppo, funziona se c'è un impegno personale, la volontà e la speranza di migliorare (la "motivazione"); non è sufficiente essere un buon paziente che va alle sedute regolarmente, aspettandosi un aiuto. Non è facile da spiegare a parole, è un'alleanza che si crea tra paziente e terapeuta e che passa anche a volte da domande o da un conflitto aperto, perché all'interno della terapia il paziente sa che può esprimere liberamente anche la sua rabbia e la sua frustrazione.
Franca Scapellato
[#2]
Utente
Che io sappia, non mi venne fatta alcuna diagnosi, almeno non espressamente. Anche se più volte chiesi se soffrivo di qualche patologia e se questa mi poteva essere indicata nello specifico, le risposte furono sempre molto generiche, sia con la prima psicologa (ricordo anzi che la prima volta che nominai la parola "depressione", allora avevo 17-18 anni, sapevo a malapena cosa fosse, lei subito cambiò discorso), sia con lo psichiatra, che non ricordo mai abbia detto che soffrivo di qualcosa di specifico, anzi fui io a parlare di depressione e a chiedere con insistenza di curarmi con dei farmaci, cosa a cui lui acconsentì, ma perchè fui io ad insistere molto (ricordo che diceva che queste diagnosi servono per etichettare le persone e lui era contrario). Si, fui curato con vari farmaci, tra cui ricordo Cypralex inizialmente, poi Zoloft ed un periodo il Trittico per facilitare il riposo notturno. Ora non ricordo se mi migliorarono l'umore o no, a quanto dicono i miei un po' si, però di fatto la mia situazione di solitudine non cambiò di una virgola, pertanto non appena smisi il trattamento ritornai alla mia abituale (e naturale, data la situazione) tristezza-apatia.
Non nascondo che io per un lungo periodo ho creduto nella psicoterapia, quindi non credo di essere stato un paziente oppositivo, anzi ricordo che ogni volta andavo lì con molto piacere, l'unica cosa che mi preoccupava era l'aspetto economico, visto che le sedute costavano 80 euro ed erano settimanali. Non che i miei mi abbiano manifestato preoccupazione al riguardo, anzi il contrario, nè vivo in una famiglia con problemi economici, tutt'altro; solo che non sopportavo l'idea di spendere soldi per una cosa che io reputavo non necessaria in quanto sono sempre stato convinto di essere in una situazione patologica, e non di essere io patologico. Quindi sarei stato disposto a continuare le sedute solo ove avessi avuto dei risconti anche minimi della loro efficacia, ma, essendo trascorsi gli anni e non essendo cambiata la situazione, decisi di chiudere, prima per un periodo, poi definitivamente.
Sono ancora convinto della scelta perchè so dentro di me che devo trovare in me soltanto le forze per cambiare e qualsiasi intervento esterno è superfluo; tuttavia nella situazione in cui sono, pur sentendo di avere energie da spendere, almeno fisicamente (e non penso questo sia un tratto depressivo, per questo ho parlato di d. "incipiente"; inoltre a periodi ho svolto senza problemi sport in modo anche piuttosto intenso) non so dove investirle, avendo io finora condotto una vita molto limitata ed essendo consapevole delle mie carenze (e sgradevolezze) a livello sociale (riscontrate nella pratica fin troppe volte). Mi chiedo se la mia sia davvero depressione (e lo spero, potrei guarire nel caso) oppure se il mio sia un tratto caratteriale come dice mio padre, ed io sono soltanto uno "sfigato"/"inetto alla vita" (certo è brutto dirlo ma si sa che ci sono anche costoro). Mi scuso per la lunghezza, ma sentivo il bisogno di dire tutte queste cose. Grazie cmq per l'aiuto.
Non nascondo che io per un lungo periodo ho creduto nella psicoterapia, quindi non credo di essere stato un paziente oppositivo, anzi ricordo che ogni volta andavo lì con molto piacere, l'unica cosa che mi preoccupava era l'aspetto economico, visto che le sedute costavano 80 euro ed erano settimanali. Non che i miei mi abbiano manifestato preoccupazione al riguardo, anzi il contrario, nè vivo in una famiglia con problemi economici, tutt'altro; solo che non sopportavo l'idea di spendere soldi per una cosa che io reputavo non necessaria in quanto sono sempre stato convinto di essere in una situazione patologica, e non di essere io patologico. Quindi sarei stato disposto a continuare le sedute solo ove avessi avuto dei risconti anche minimi della loro efficacia, ma, essendo trascorsi gli anni e non essendo cambiata la situazione, decisi di chiudere, prima per un periodo, poi definitivamente.
Sono ancora convinto della scelta perchè so dentro di me che devo trovare in me soltanto le forze per cambiare e qualsiasi intervento esterno è superfluo; tuttavia nella situazione in cui sono, pur sentendo di avere energie da spendere, almeno fisicamente (e non penso questo sia un tratto depressivo, per questo ho parlato di d. "incipiente"; inoltre a periodi ho svolto senza problemi sport in modo anche piuttosto intenso) non so dove investirle, avendo io finora condotto una vita molto limitata ed essendo consapevole delle mie carenze (e sgradevolezze) a livello sociale (riscontrate nella pratica fin troppe volte). Mi chiedo se la mia sia davvero depressione (e lo spero, potrei guarire nel caso) oppure se il mio sia un tratto caratteriale come dice mio padre, ed io sono soltanto uno "sfigato"/"inetto alla vita" (certo è brutto dirlo ma si sa che ci sono anche costoro). Mi scuso per la lunghezza, ma sentivo il bisogno di dire tutte queste cose. Grazie cmq per l'aiuto.
[#3]
Mi sembra che stia girando in tondo, e forse per questo ha sentito il bisogno di scrivere. Un punto fondamentale, come riconosce anche lei, è arrivare a una diagnosi, e poi da lì si può valutare un trattamento. Qualunque sia l'indirizzo terapeutico, farmacologico o psicologico, non provoca cambiamenti drammatici, ma progressivi aggiustamenti e cambi di prospettiva, così che a un cerro punto uno si guarda indietro e vede che ha compiuto un percorso, che c'è stato un cambiamento e che lei stesso è stato artefice di quel cambiamento.
Al momento i suoi ragionamenti le hanno costruito un muro intorno, e oltre il muro ci sono "gli altri", una massa ostile che lei teme e disprezza, ricambiato. Forse è possibile cambiare questo punto di vista, ma occorre un aiuto esterno.
Cordiali saluti
Al momento i suoi ragionamenti le hanno costruito un muro intorno, e oltre il muro ci sono "gli altri", una massa ostile che lei teme e disprezza, ricambiato. Forse è possibile cambiare questo punto di vista, ma occorre un aiuto esterno.
Cordiali saluti
[#4]
Utente
No mi spiace si sbaglia, io non disprezzo nessuno e nenche lo temo, semplicemente so di non avere oggettivamente le carte in regola -simpatia, buon umore, etc...chi si farebbe amico di una persona triste, negativa e distruttiva?- per essere accettato in questa società; non so da che punto del mio post ha dedotto questa cosa; forse è un luogo comune che i postadolescenti depressi sono anche arrabbiati col mondo ma non è il mio caso. Ok, ho capito, insomma la risposta è che mi devo rivolgere ad uno specialista; mi sembrava di avervi dato abbastanza informazioni per avere perlomeno un abbozzo di diagnosi. Se la mia intenzione era riniziare con un terapeuta, l'avrei già fatto, fin lì ci arrivavo da solo. Se devo spendere molti soldi solo per farmi prescrivere qualche "medicina del buonumore", beh, forse troverò altre vie alternative. Cordiali saluti
[#5]
Utente
Ah, ci tenevo a precisare che ho fatto 5 anni di psicoterapia con 2 soggetti diversi (e saltuariamente visite presso altri specialisti); la mia vita non è cambiata di una virgola, non mi pare di aver fatto alcun percorso, di sicuro sarà colpa mia, comunque penso di poter dire a questo punto che la psichiatria-psicoterapia ha fallito con me. Purtroppo non sempre ciò che funziona in generale funziona anche per te. Non vedo proprio perchè dovrei ricominciare, se non per far girare un po' l'economia, che, per adesso, non è tra le mie priorità. Cordiali saluti
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 4.5k visite dal 03/02/2012.
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