Gravidanza e anafranil
Salve, ho 30 e sono al settimo mese di gravidanza,assumo 10 mg di anafranil da anni e anche ora che sono in gravidanza sotto consiglio sia dello psichiatra che della ginecologa, questa cosa mi preoccupa non poco,vorrei sapere quale conseguenze potrebbe avere il bambino e,sopratutto, vorrei un parere sull'allattamento,è il caso che lo allatti al seno? il farmaco passa nel latte in quantità pericolose per la sua salute? vi ringrazio tanto
[#1]
Gentile utente,
quale è la diagnosi per cui assume 10 mg di anafranil?
Come sicuramente le avrà detto lo psichiatra che la segue esistono evidenze scientifiche rispetto ad alcuni antidepressivi che meno di altri hanno collateralità legate a gravidanza ed allattamento.
quale è la diagnosi per cui assume 10 mg di anafranil?
Come sicuramente le avrà detto lo psichiatra che la segue esistono evidenze scientifiche rispetto ad alcuni antidepressivi che meno di altri hanno collateralità legate a gravidanza ed allattamento.
Cordialmente
www.psichiatriasessuologia.com
[#2]
Utente
La ringrazio per la sua tempestiva risposta! Assumo anafranil per curare gli attacchi di panico e l'ansia che mi "tormentano" da quando avevo 15 anni! 10 mg li assumo da quando ho deciso di avere un bambino,prima prendevo mezza pastiglia da 75mg..infatti non stò tanto bene con questo dosaggio così basso.La mia preoccupazione maggiore è che la bambina non abbia problemi dopo la nascita (sintomi da astinenza ecc..) e non vorrei farle "del male" dandole il mio latte se c'è qualche rischio.
Grazie ancora!
Grazie ancora!
[#5]
Sicuramente la psicoterapia in generale comporta meno effetti tossici e collaterali e visto che è 'tormentata' da quando aveva 15 anni potrebbe valer la pena di tentare.
Potrebbe fare alcuni colloqui conoscitivi in questa ultima fase, che potrebbero avere un effetto di sostegno visto che lamenta di sentirsi non tanto bene e potrebbe poi proseguire dopo il parto in modo non intensivo, per poi eventualmente decidere più avanti. Potrebbe intanto costituire un 'sostegno' utile ad affrontare le incertezze e preoccupazioni anche sul suo futuro rapporto con la bambina, riguardo al timore di poterle fare del male (con il suo latte...) e in generale nella nuova e importante esperienza di madre cui è utile che nei primi tempi si dedichi 'a tempo pieno', visto che giocoforza assorbirà gran parte delle sue energie. Quando in seguito lo farà 'a tempo parziale' e tornerà ad occuparsi di più anche di se stessa, cominciando a 'separarsi' dalla bambina, potrà valutare con il/la terapeuta se proseguire più intensivamente, a seconda del suo stato. Come ha già visto, i tempi non sono rapidissimi, in queste questioni.
Se pensa alla psicoterapia, si porranno probabilmente questioni di scelta fra 'orientamenti' diversi. A mio avviso è più importante l'esperienza del terapeuta che non il suo orientamento teorico e il lavoro dipende molto dal clima collaborativo che si dovrebbe creare fra terapeuta e paziente.
Tutto ciò dovrebbe essere anche in accordo con chi l'ha seguita finora per il trattamento farmacologico, anche se forse, se non glie l'ha mai consigliato, potrebbe non essere particolarmente favorevole.
Cordialmente
Potrebbe fare alcuni colloqui conoscitivi in questa ultima fase, che potrebbero avere un effetto di sostegno visto che lamenta di sentirsi non tanto bene e potrebbe poi proseguire dopo il parto in modo non intensivo, per poi eventualmente decidere più avanti. Potrebbe intanto costituire un 'sostegno' utile ad affrontare le incertezze e preoccupazioni anche sul suo futuro rapporto con la bambina, riguardo al timore di poterle fare del male (con il suo latte...) e in generale nella nuova e importante esperienza di madre cui è utile che nei primi tempi si dedichi 'a tempo pieno', visto che giocoforza assorbirà gran parte delle sue energie. Quando in seguito lo farà 'a tempo parziale' e tornerà ad occuparsi di più anche di se stessa, cominciando a 'separarsi' dalla bambina, potrà valutare con il/la terapeuta se proseguire più intensivamente, a seconda del suo stato. Come ha già visto, i tempi non sono rapidissimi, in queste questioni.
Se pensa alla psicoterapia, si porranno probabilmente questioni di scelta fra 'orientamenti' diversi. A mio avviso è più importante l'esperienza del terapeuta che non il suo orientamento teorico e il lavoro dipende molto dal clima collaborativo che si dovrebbe creare fra terapeuta e paziente.
Tutto ciò dovrebbe essere anche in accordo con chi l'ha seguita finora per il trattamento farmacologico, anche se forse, se non glie l'ha mai consigliato, potrebbe non essere particolarmente favorevole.
Cordialmente
[#6]
Utente
Infatti,ha proprio indovinato....sono anni che chiedo al medico se non fosse il caso di fare un pò di psicoterapia,anche perchè in tutto questo tempo non sono mai riuscita a smettere di assumere l'anafranil neanche in periodi che sono stata realmente bene,ma lui mi ha sempre detto che non serve a nulla e che se ho qualcosa da racontare la posso dire a lui......Ma non è la stessa cosa!!!!!Comunque ho intenzione di farla lo stesso,l'unico dubbio è proprio quale terapista scegliere,vedrò d'informarmi un pò!!!! Secondo lei prima o poi riuscirò a smettere di assumere questo farmaco? il mio medico dice che non dà assuefazione e che se stò male quando stò smettendo è perchè ne ho ancora bisogno....ma quando diminuisco la dose o adirittura non ne prendo io stò proprio male fisicamente ,ho nausea,vertigini,tachicardia,disturbi alla vista...una volta ho resistito per una settimana senza prenderla e con questi sintomi,ma alla fine ero quasi da ricovero ed ho rincominciato!La cosa che mi preoccupa di più sono tutti i danni che potrebbe fare al mio organismo questo farmaco assunto per così tanto tempo!
La ringrazio ancora per le sue risposte e la sua disponibilità!
La ringrazio ancora per le sue risposte e la sua disponibilità!
[#7]
Hmm, direi che qualsiasi cosa, non solo sostanze, ma abitudini, ecc, può dare 'dipendenza' (che classicamente si suddivide in 'psichica' e 'fisica', come meccanismo causale) e le reazioni di astinenza possono essere anche fisiche, come gli stessi cosiddetti 'attacchi di panico' mostrano. Le reazioni classiche 'prima degli esami' mostrano come l'organismo reagisca a stimoli di paura, ansia aspettative, ecc.
Uno può 'attaccarsi' al farmaco e non osare più di farne a meno, così come uno in terapia può 'attaccarsi' al terapeuta e non riuscire a staccarsi. La tendenza più o meno marcata ad 'attaccarsi' ("troppo", ovviamente, perchè l'attaccamento' è un istinto fisiologico e probabilmente necessario alla vita, evoluzionisticamente), è una caratteristica personale infantile che forse è stata 'imparata' e può essere sostituita imparando modalità più adulte di legame e attaccamento. La psicoterapia dovrebbe servire a questo. Molti psichiatri, come evidentemente il suo, "non ci credono", ma questo non vuol dire che non ci siano aspetti che sfuggono ancora alla psichiatria e alla scienza: come Shakespeare fa dire ad Amleto, "ci sono più cose fra cielo e terra di quante ci stiano nella tua filosofia ( o scienza, o psichiatria...). "L'importante è che funzioni" dice Woody Allen: in lingua medica si chiama "criterio ex adjuvantibus", cosa che ha fatto e fa usare certe terapie molto prima che se ne capisca il meccanismo di azione. Cosa che vale fra l'altro per gli stessi psicofarmaci, scoperti spesso per caso e usati prima di sapere come funzionavano e che effetti davano.
La scelta tocca al paziente, doverosamente informato.
Cordialmente e con molti auguri
Uno può 'attaccarsi' al farmaco e non osare più di farne a meno, così come uno in terapia può 'attaccarsi' al terapeuta e non riuscire a staccarsi. La tendenza più o meno marcata ad 'attaccarsi' ("troppo", ovviamente, perchè l'attaccamento' è un istinto fisiologico e probabilmente necessario alla vita, evoluzionisticamente), è una caratteristica personale infantile che forse è stata 'imparata' e può essere sostituita imparando modalità più adulte di legame e attaccamento. La psicoterapia dovrebbe servire a questo. Molti psichiatri, come evidentemente il suo, "non ci credono", ma questo non vuol dire che non ci siano aspetti che sfuggono ancora alla psichiatria e alla scienza: come Shakespeare fa dire ad Amleto, "ci sono più cose fra cielo e terra di quante ci stiano nella tua filosofia ( o scienza, o psichiatria...). "L'importante è che funzioni" dice Woody Allen: in lingua medica si chiama "criterio ex adjuvantibus", cosa che ha fatto e fa usare certe terapie molto prima che se ne capisca il meccanismo di azione. Cosa che vale fra l'altro per gli stessi psicofarmaci, scoperti spesso per caso e usati prima di sapere come funzionavano e che effetti davano.
La scelta tocca al paziente, doverosamente informato.
Cordialmente e con molti auguri
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Riguardo al suo primo post: oggi è possibile accorciare le distanze con le email e altri mezzi internet, se crede. Vedi la mia pagina personale, "note, interessi e altro".
Riguardo all'allattamento. Ai consigli è bene rispondere "Grazie, so sbagliare da solo"....(a mio parere)
In genere io preferisco aiutare le persone a consigliarsi da sè, esplorando insieme dubbi e altri pensieri in cui a volte uno si perde.
Cordialmente
Riguardo all'allattamento. Ai consigli è bene rispondere "Grazie, so sbagliare da solo"....(a mio parere)
In genere io preferisco aiutare le persone a consigliarsi da sè, esplorando insieme dubbi e altri pensieri in cui a volte uno si perde.
Cordialmente
[#11]
Utente
Si ma non vorrei "sbagliare" sulla pelle di mia figlia!! io non sono medico,non posso sapere se il farmaco passa nel latte,gliel'ho chiesto perchè qui mi "rimbalzano"tutti....la ginecologa mi ha detto chiedi allo psichiatra,lo psichiatra chiedi alla ginecologa...ed io non sò cosa fare!!!! Non vorrei privarmi di una gioia così grande come l'allattamento quando magari non provoca nessun danno ma allo stesso tempo non voglio rischiare di intossicare la bambina...è questo il mio unico dubbio!
Questo consulto ha ricevuto 13 risposte e 14k visite dal 14/12/2011.
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