Queste immagini mi colpivano creandomi un misto di paura ma anche una sorta di "attrazione" che mi
Salve ho 38, ho svolto per 4anni e mezzo una psicoterapia analitica per curare una ossessione che ha preso origine verso i 14 anni seguendo un andamento fluttuante, tornando a 22 anni per poi consolidarsi definitivamente a 27 anni, momento in cui ho cominciato l'analisi. l'osessione consiste nella immaginazione della mia immagine da morto dentro una bara, con corollario di dolore di tutti i miei familiari intorno. l'analisi, mediante sogni e libere associazioni è stata utile per individuare le ragioni del disturbo(iperprotezione,essendo figlio unico,manie di persecuzione,paura del futuro,frustrazione per una vita sentimentale e sessuale scarsa): si potrebbe dire si tratti paradossalmente di una paura della imprevedibilità della vita, del rischio di non saperla affrontare specialmente nel momento possa ritrovarmi da solo. da anni, adotto come "difesa" la sostituzione della mia immagine con quella di altre persone al fine di tamponarne l'effetto angosciante. il problema risiede nel fatto che tali rituali sostitutivi, che hanno dato e mi danno la sensazione del "contollo" dell'ossessione sono diventati troppo rigidi con a volte una ricerca eccessiva della precisione nella loro costruzione che crea talvolta un disagio quando qualcuno di questi dettagli mostra un cambiamento(se una persona, ad esempio la immagino in una bara foderata di un colore e magari in successivi pensieri tale colore lo modifico, ciò può crearmi ansia). questa mania delle bare aperte è nata da bambino quando la TV mostrava nei tg le camere ardenti delle vittime della mafia e del terrorismo alla fine degli anni 70 primi 80;queste immagini mi colpivano creandomi un misto di paura ma anche una sorta di "attrazione" che mi portava a fissarmi su di esse anche per tempi eccessivi. l'ossessione è nata nel momento in cui al ricordo dei morti "reali" di cui sopra, è "subentrata" la mia immagine da morto. questo momento ha coinciso con la mia pubertà, particolare che per il mio analista non è secondario, in quanto gli sconvolgimenti ormonali che essa provoca potrebbe aver scatenato certi meccanismi.egli sostiene che questi rituali, purchè rimangano non persecutori ed invalidanti, possono anche rimanere, dato che l'analisi, a detta sua,non prevede tout court la loro rimozione. domanda:data la mia non più giovane età, dato il consolidamento dei rituali sostitutivi negli anni, ritenete che una terapia cognitivo comportamentale possa ancora sortire un buon esito? visto che la TCC adotta protocolli la cui efficacia è universalmente riconosciuta,può esserci qualche rimedio al mio caso che sia migliore dei rituali compulsivi sostitutivi? grazie tante.
[#1]
ha mai preso in considerazione la possibile associazione con una terapia farmacologica?
Dott. Vassilis Martiadis
Psichiatra e Psicoterapeuta
www.psichiatranapoli.it
[#2]
Utente
il mio analista l'ha sempre sconsigliata ritenendola indicata nei casi più invalidanti e anche perchè la sua interruzione può provocare ricadute. pure io ne farei a meno, l'idea di dipendre da farmaci mi spaventa, il pensiero di un intontimento mentale e di una conseguente fiacchezza fisica mi porta a metterla da parte.riguardo la mia domanda di prima sulla possibilità di una TCC cosa pensate? è vero che dopo i 35 anni essa perde parte dell'efficacia? grazie ancora.
[#4]
Gentile utente,
Direi che non è stato seguito un percorso logico. Su una diagnosi di DOC esistono alcune terapie di efficacia prevedibile, sia nei tempi (abbastanza brevi) entro cui poterne decretare l'effetto massimo o il non-effetto, sia in termini di dosaggio. Le cure funzionano sulle malattie lievi e gravi.
Il discorso che l'interruzione della terapia può provocare ricadute è vero in una gran parte delle malattie. Quindi le sembrerebbe sensato che chi soffre di cuore non si curasse perché potrebbe avere un infarto sospendendo la terapia ? Chi ha diabete non si cura perché se sospende la terapia rischia il coma ?
Questo è un ragionamento capovolto e assurdo: la ricaduta è determinata dalla malattia. Così, non curandola, anziché la ricaduta dopo sospensinoe di una cura abbiamo la malattia che va avanti e non migliora, se mai peggiora.
Non vedo poi come la scelta di un trattamento per un DOC possa cadere in prima linea di una analisi, che è un trattamento dalle basi non biologicamente definibili, al di là degli studi clinici controllati, ma su un piano concettuale.
Dopo anni è vero che la risposta è tendenzialmente più lenta, ma non c'è ragione di ritenere che debba essere alla fine peggiore. I risultati migliori si ottengono combinando psicoterapia CC e farmacoterapia.
Direi che non è stato seguito un percorso logico. Su una diagnosi di DOC esistono alcune terapie di efficacia prevedibile, sia nei tempi (abbastanza brevi) entro cui poterne decretare l'effetto massimo o il non-effetto, sia in termini di dosaggio. Le cure funzionano sulle malattie lievi e gravi.
Il discorso che l'interruzione della terapia può provocare ricadute è vero in una gran parte delle malattie. Quindi le sembrerebbe sensato che chi soffre di cuore non si curasse perché potrebbe avere un infarto sospendendo la terapia ? Chi ha diabete non si cura perché se sospende la terapia rischia il coma ?
Questo è un ragionamento capovolto e assurdo: la ricaduta è determinata dalla malattia. Così, non curandola, anziché la ricaduta dopo sospensinoe di una cura abbiamo la malattia che va avanti e non migliora, se mai peggiora.
Non vedo poi come la scelta di un trattamento per un DOC possa cadere in prima linea di una analisi, che è un trattamento dalle basi non biologicamente definibili, al di là degli studi clinici controllati, ma su un piano concettuale.
Dopo anni è vero che la risposta è tendenzialmente più lenta, ma non c'è ragione di ritenere che debba essere alla fine peggiore. I risultati migliori si ottengono combinando psicoterapia CC e farmacoterapia.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#5]
Utente
una risposta tendenzialmente più lenta vuol dire anche tempi tendenzialmente più lunghi? il lavoro analitico precedentemente svolto, anche piuttosto lungamente, una svolta sviscerata l'origine del disturbo non può essere un fattore di "accellerazione" dei tempi di un eventuale TCC o potrebbe risultarne un ostacolo?
[#6]
Gentile utente
io non riesco a comprendere la sua richiesta.
Se lei sta facendo una terapia analitica con risultati o meno, questo lo sa lei, e riflette sulla possibilità di una psicoterapia ad orientamento differente dopo 4 anni senza poter discutere sul trattamento che, in teoria, avrebbe portato ad una riduzione dei sintomi in tempi sicuramente inferiori ai 4 anni, perché chiedere se iniziare una psicoterapia differente?
io non riesco a comprendere la sua richiesta.
Se lei sta facendo una terapia analitica con risultati o meno, questo lo sa lei, e riflette sulla possibilità di una psicoterapia ad orientamento differente dopo 4 anni senza poter discutere sul trattamento che, in teoria, avrebbe portato ad una riduzione dei sintomi in tempi sicuramente inferiori ai 4 anni, perché chiedere se iniziare una psicoterapia differente?
https://wa.me/3908251881139
https://www.instagram.com/psychiatrist72/
[#7]
Utente
dott ruggiero, la terapia analitica di 4 anni e mezzo l'ho terminata nel 2005 ed ha prodotto la individuazione delle possibili cause dell'insorgenza della mia ossessione, il vero problema è che il mio analista ha sempre cercato di non farmi entrare troppo nello specifico delle immagini ossessive, invitandomi ad "allargare" il campo e parlare di me a 360° gradi,per individuare le cause di cui sopra. tutto ciò ha portato,nel corso degli anni dell'analisi, alla costruzione di tutta una serie di rituali sostitutivi che ho prodotto quasi parallelamente al percorso analitico. il fatto che, secondo il mio analista, lo scopo del nostro lavoro non era quello di contrastare la ossessione ma "decodificarla",considerando la rimozione dei rituali non necessaria, mi ha portato più o meno volontariamente a costruire rituali sempre più numerosi e particolareggiati,pensando in tal modo di arrivare alla quadratura del cerchio. con gli anni ho capito che tali rituali, dandomi la sensazione del controllo del sintomo, tuttavia finiscono talvolta per appesantire troppo la mia mente per cui la idea della loro rimozione, se da un lato mi impaurisce perchè è come mi privasse di una "difesa", dall'altro mi stimola perchè mi toglierebbe un bel peso dalla mente; ecco le ragione delle mie domande. insomma, la mia paura è che l'analisi abbia risolto solo il 50% dei miei problemi,lasciando scoperti aspetti forse da non trascurare. grazie ancora
[#8]
dal 2005 ad oggi sono passati sei anni.
E' mai possibile che in questi sei anni abbia preferito convivere con i suoi sintomi?
In questo modo ha cronicizzato la sua patologia, rendendo i processi di pensiero automatici.
Non sarei del tutto sicuro che oggi si possa parlare ancora di DOC.
E' mai possibile che in questi sei anni abbia preferito convivere con i suoi sintomi?
In questo modo ha cronicizzato la sua patologia, rendendo i processi di pensiero automatici.
Non sarei del tutto sicuro che oggi si possa parlare ancora di DOC.
[#9]
"ha prodotto la individuazione delle possibili cause dell'insorgenza della mia ossessione"
Stando alle conoscenze che si hanno su questo disturbo, non vi sono cause di sorta nell'ambiente alla sua base.
L'analisi è una teoria che queste cause le presuppone per definizione, quindi non c'è dubbio che le troverà, questo è poco ma sicuro. Né a questo si prevede che corrisponda un miglioramento dei sintomi.
Andando avanti, il fatto che i rituali siano una via d'uscita dal DOC questa, teorie a parte, è una cosa assolutamente assurda. I rituali sono il modo in cui il cervello è costretto a reagire dal meccanismo del DOC, e tendono ad avvitare la persona intorno alle ossessioni, aumentando la soglia di risoluzione automatica di dubbi e paure, cioè rendendola sempre più dipendente da rituali che dovrebbero essere efficaci e non lo sono se non temporaneamente, e a prezzo di sforzi e interferenze.
La cura del DOC mira in primo luogo a far cessare rituali e conseguentemente a migliorare la capacità di controllo delle ossessioni, e quindi fa cessare anche la base ossessiva. Questo lo fanno sia la terapia CC che la farmacoterapia. In particolare nel disturbo ossessivo un approccio, non lo definirei terapeuico, che miri a far ragionare su presunte cause o a elaborare ancor di più i pensieri e i rituali come se da questo dovesse derivarne uno sbroglio dell'ossessione originaria, è paradossale.
Non vedo però come, al persistere di questi sintomi per cinque anni, non si sia posto il problema del fatto che la presunta cura non stava funzionando.
Si rivolga ad uno specialista che sia esperto e pratico nella terapia del disturbo ossessivo.
Stando alle conoscenze che si hanno su questo disturbo, non vi sono cause di sorta nell'ambiente alla sua base.
L'analisi è una teoria che queste cause le presuppone per definizione, quindi non c'è dubbio che le troverà, questo è poco ma sicuro. Né a questo si prevede che corrisponda un miglioramento dei sintomi.
Andando avanti, il fatto che i rituali siano una via d'uscita dal DOC questa, teorie a parte, è una cosa assolutamente assurda. I rituali sono il modo in cui il cervello è costretto a reagire dal meccanismo del DOC, e tendono ad avvitare la persona intorno alle ossessioni, aumentando la soglia di risoluzione automatica di dubbi e paure, cioè rendendola sempre più dipendente da rituali che dovrebbero essere efficaci e non lo sono se non temporaneamente, e a prezzo di sforzi e interferenze.
La cura del DOC mira in primo luogo a far cessare rituali e conseguentemente a migliorare la capacità di controllo delle ossessioni, e quindi fa cessare anche la base ossessiva. Questo lo fanno sia la terapia CC che la farmacoterapia. In particolare nel disturbo ossessivo un approccio, non lo definirei terapeuico, che miri a far ragionare su presunte cause o a elaborare ancor di più i pensieri e i rituali come se da questo dovesse derivarne uno sbroglio dell'ossessione originaria, è paradossale.
Non vedo però come, al persistere di questi sintomi per cinque anni, non si sia posto il problema del fatto che la presunta cura non stava funzionando.
Si rivolga ad uno specialista che sia esperto e pratico nella terapia del disturbo ossessivo.
Questo consulto ha ricevuto 10 risposte e 2.4k visite dal 22/07/2011.
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