Domande ossessive
Salve gentili lettori. Sono un ragazzo di 34 anni e dall'età di 19 anni, a causa di una delusione d'amore, soffro di disturbi d'ansia. Si tratta di un disturbo molto strano, poiché non faccio altro che pormi domande ossessive su potenzialmente qualsiasi cosa, in particolare sui motivi del comportamento delle persone e sui sentimenti. Il tutto è nato a fine 1996, quando mi presi una cotta per una ragazza che neanche conoscevo, ma che mi colpì profondamente. Nel tentare di avvicinarmi a lei cominciai a pormi domande su come avrebbe reagito. Pensavo che se l'avessi fermata poi si sarebbe infastidita. Ma perché avrebbe dovuto infastidirsi? Perché avrebbe dovuto considerarmi una persona cattiva? Ma perché esistono le persone cattive? Come faccio a sapere di chi posso fidarmi? E via così, finché nella mia testa non si è disgregato tutto quanto e non avevo più punti di riferimento. Ho passato dei brutti momenti, ho pensato anche di farla finita e lì mi sono spaventato ed ho reagito, riprendendomi in maniera sufficiente, ma mai del tutto. Ora, ogni 5 anni circa, ho delle crisi grosse (quest'anno è il quinto dopo l'ultima del 2006), sempre meno forti e quest'anno la situazione è sotto controllo e si sta verificando solo una ricaduta. Il medico di base mi ha prescritto 1 pillola di Tofranil mite (2 se sto male) e 5 gocce di Rivotril. Questi medicinali mi aiutano a star meglio, in più pratico tecniche di rilassamento quali la respirazione addominale, il rilassamento muscolare progressivo ed ho intenzione di riprendere la meditazione. Complessivamente, nonostante la ricaduta di questo periodo, i momenti positivi o abbastanza positivi sono sempre più frequenti. Ad esempio, tra fine gennaio ed i primi di marzo sono stato proprio bene, per poi stare nuovamente poco bene. Attualmente, alterno tre o quattro giorni in cui sto bene ad altri tre o quattro giorni in cui sto meno bene. Ad ogni modo, con i farmaci, la forza di volontà ed alcuni modi per rilassarmi riesco a controllare il tutto, arrivo anche a star bene, a sentirmi ad un passo dalla guarigione completa, ma non guarisco mai completamente. Vorrei andare da uno psichiatra-psicoterapeuta con cui ho già dei contatti e che considero bravo per fare farmacoterapia e terapia cognitivo-comportamentale, ma la mia famiglia non può pagarmi le spese. Io infatti non lavoro, poiché devo terminare l'Università: mi resta un esame più la tesi. Gli studi mi sono stati rallentati pesantemente proprio da questo disturbo ed inoltre, nonostante mi sia innamorato seriamente almeno due volte (non considero la prima di cui parlavo sopra, nel '96), non ho mai avuto una relazione sentimentale. Ho lavorato sì, ma per brevi periodi, poiché volevo completare gli studi. Ora, per pagarmi le terapie, sto per iniziare una nuova attività. Le domande che mi pongo ora riguardano il perché esistano persone cattive o persone pazze. Mi chiedo come facciano a relazionarsi con gli altri e ciò spesso mi dà una sensazione d'irrealtà. Cosa ho?
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Gentile utente,
Non è chiaro quale sia la diagnosi fatta, Lei fa riferimento a fenomeni ossessivi. Se la diagnosi fosse questa tornerebbe col tipo di domande e con la loro modalità. Il tofranil non è specifico per il disturbo ossessivo è un antidepressivo utile anche in altri disturbi, ma non specificamente in questo.
Da un disturbo ossessivo si esce con una cura adeguata. La forza di volontà è un modo di dire, non corrisponde ad alcuna funzione, a volte si scambia per l'intenzione o la motivazione, ma questi assetti mentali non forniscono alcuna forza su un comportamento minato da meccanismi come le ossessioni.
Poiché alla fine chiede "cosa ho" se ne deduce che però non abbia ricevuto diagnosi. Che questi fenomeni come Lei li riporta suonino "strani" rispetto a quanto si sente in generale in psichiatria e in particolare per le ossessioni, direi di no.
La risposta alle ossessioni non si ottiene con un ragionamento, il ragionamento è la "ruota" ossessiva, che non porta a niente se non ad altre ossessioni, o a far divenire problematica e strana o contorta anche la normalità intuitiva. In particolare, i rapporti con gli altri divengono spesso oggetto di ossessioni poiché non sono controllabili, per cui nel tentativo di trovarci un senso si comincia a pensare che ce ne debba essere uno al di là di ciò che abbiamo sotto gli occhi. Così si perde il senso pratico delle cose e ci si perde in un senso "nascosto" o in una spiegazione di solito contorta o paradossale.
Pertanto, nell'approccio terapeutico alle ossessioni non si discutono i contenuti per fornire spiegazioni, né si deve scambiare questo per una prova di intelligenza o acume, ma la soluzione sta nel recupero del flusso del pensiero "al di qua" della domanda, su un piano intuitivo e operativo.
Non è chiaro quale sia la diagnosi fatta, Lei fa riferimento a fenomeni ossessivi. Se la diagnosi fosse questa tornerebbe col tipo di domande e con la loro modalità. Il tofranil non è specifico per il disturbo ossessivo è un antidepressivo utile anche in altri disturbi, ma non specificamente in questo.
Da un disturbo ossessivo si esce con una cura adeguata. La forza di volontà è un modo di dire, non corrisponde ad alcuna funzione, a volte si scambia per l'intenzione o la motivazione, ma questi assetti mentali non forniscono alcuna forza su un comportamento minato da meccanismi come le ossessioni.
Poiché alla fine chiede "cosa ho" se ne deduce che però non abbia ricevuto diagnosi. Che questi fenomeni come Lei li riporta suonino "strani" rispetto a quanto si sente in generale in psichiatria e in particolare per le ossessioni, direi di no.
La risposta alle ossessioni non si ottiene con un ragionamento, il ragionamento è la "ruota" ossessiva, che non porta a niente se non ad altre ossessioni, o a far divenire problematica e strana o contorta anche la normalità intuitiva. In particolare, i rapporti con gli altri divengono spesso oggetto di ossessioni poiché non sono controllabili, per cui nel tentativo di trovarci un senso si comincia a pensare che ce ne debba essere uno al di là di ciò che abbiamo sotto gli occhi. Così si perde il senso pratico delle cose e ci si perde in un senso "nascosto" o in una spiegazione di solito contorta o paradossale.
Pertanto, nell'approccio terapeutico alle ossessioni non si discutono i contenuti per fornire spiegazioni, né si deve scambiare questo per una prova di intelligenza o acume, ma la soluzione sta nel recupero del flusso del pensiero "al di qua" della domanda, su un piano intuitivo e operativo.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#2]
Utente
Grazie Dr. Pacini per la risposta!
Provo allora a spiegare meglio alcuni aspetti.
Per quanto riguarda la diagnosi, il mio medico di base mi ha sempre detto che ho l'ansia a causa di stress e nelle prescrizioni dei farmaci, come causa ha di solito indicato "depressione" o anche "nevrosi", come l'ultima volta.
C'è da dire che non sono mai riuscito a spiegare bene al mio medico quali siano i miei disturbi, perché non è facile farlo ed in più lui li ha sempre presi sotto gamba, dicendomi che quando mi sarò laureato, mi sarò trovato una compagna ed avrò trovato un lavoro, allora mi passerà tutto. Forse può aver in parte ragione, visto che quando lavoravo i sintomi erano davvero meno presenti, però è proprio questo disturbo il motivo per cui non sono ancora laureato, non ho una relazione e non lavoro! Inoltre, il mio medico ha dimostrato, a parole almeno, di non avere fiducia nella psichiatria e nella psicologia. Per questi motivi, ho deciso poche settimane fa di cambiarlo e di andare da un altro che i miei familiari considerano più bravo. Da quest'ultimo, ancora, non mi sono mai fatto visitare.
L'anno scorso, inoltre, tra gennaio e febbraio ho sostenuto in tutto sei sedute presso una psicologa del Dipartimento di Salute Mentale, che mi ha inizialmente sottoposto a dei test e poi, nelle altre sedute, mi ha fatto parlare. Dai test risultava, tra le altre cose, un'ottima capacità cognitiva da parte mia, ma anche la mia tendenza a svolgere rituali, a fare le cose secondo una certa sequenza, la difficoltà nel dimostrare completamente i miei sentimenti agli altri e la presenza di un po' di depressione. Altre risultanze non me le ricordo. Quanto è risultato corrisponde effettivamente alla mia personalità, anche se non mi sento quasi mai depresso, se non quelle volte in cui l'ansia e le domande mi tormentano tanto da non farmi combinare niente.
Alla fine delle sei sedute, la psicologa mi ha detto che avevo come una sensazione di dissociazione della coscienza e che comunque non avevo tanto bisogno della psicoterapia, quanto di aggregarmi ad un gruppo di auto-mutuo aiuto che gli psicologi del DSM avevano organizzato. Non ho più proseguito nelle sedute perché avevo finito i soldi per pagare il ticket e non ho partecipato al gruppo di auto-mutuo aiuto perché in quel periodo dovevo studiare per preparare un esame.
Io vorrei andare, come dicevo, a fare terapia da uno psichiatra-psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, ma non potendolo fare per il momento, cosa mi consigliate per riuscire a star meglio in maniera più stabile? Potrebbero bastare i farmaci prescritti dal medico di base? Dovrei farmi visitare quanto prima dal nuovo medico oppure finire prima la cura che mi aveva dato il medico precedente e poi andare dal nuovo? Attualmente sto proseguendo nella cura prescritta dal vecchio medico, anche se ho dovuto aumentare le gocce di Rivotril a 6, poiché con sole 5 non riuscivo più a dormire.
Per quanto riguarda la stranezza del mio disturbo, sono in parte lieto del fatto che in psichiatria questo non sia da considerarsi strano, poiché significa che il fenomeno è conosciuto e quindi si sa anche come farvi fronte. In parte mi dispiace, perché significa che altri hanno questo disturbo e quindi stanno male. Tra l'altro, proprio questo è stato spesso motivo di ossessione da parte mia, cioè il chiedermi se possano esserci altre persone al mondo che si pongono queste stesse mie domande e come facciano, poverette, a vivere serenamente, a risolverle. Poi queste domande me le risolvo sempre, ma può capitare che si ripresentino a distanza di tempo. Questo ripresentarsi di queste domande accade soprattutto con quelle che riguardano i temi della vita per me più importanti. E' singolare il fatto che tutte queste domande io non me le ponga su di me, ma sulle altre persone? Mi sembra di avere come la paura, non tanto inconscia, di poter non riuscire a comunicare e a capirmi con gli altri, poiché gli altri potrebbero essere così diversi da me da risultare come individui di una specie diversa! E così mi chiedo se possa esistere gente che consideri positivo farsi del male, oppure se ci sia gente che non prova per gli altri nessun tipo di sentimenti (né positivi né negativi) oppure ancora se esista gente che possa pensare che fare del male possa portare a far del bene! Il "bello" è che mi rendo perfettamente conto che tutto questo rasenta l'assurdo e che comunque sono preoccupazioni eccessive e che, se anche ammettessimo che certa gente possa esistere, alla fine non dovrebbe essere per me un grosso problema! Dovrei staccarmi emotivamente da queste domande ossessive, osservarle come se stessi al loro esterno, ma non ce la faccio a distaccarmene, perché essendo domande, il cervello deve dar loro una risposta e finché non la trovo, mi sento agitato e, a volte, depresso.
Poi dottore, per tutto il resto che lei scrive, sono pienamente d'accordo, ma, come già scritto, non riesco a fermare le rimuginazioni, proprio perché non riesco a non farmi certe domande. Tuttavia, come dicevo, ultimamente ho notato una diminuzione sensibile di queste rimuginazioni, ma non sono certo sparite e ne possono sempre nascere di nuove, perché dipende da ciò che accade intorno a me, da cosa vedo e sento e da come vengo emotivamente colpito da tutto ciò.
Scusi per la lunghezza della risposta e grazie ancora!
Provo allora a spiegare meglio alcuni aspetti.
Per quanto riguarda la diagnosi, il mio medico di base mi ha sempre detto che ho l'ansia a causa di stress e nelle prescrizioni dei farmaci, come causa ha di solito indicato "depressione" o anche "nevrosi", come l'ultima volta.
C'è da dire che non sono mai riuscito a spiegare bene al mio medico quali siano i miei disturbi, perché non è facile farlo ed in più lui li ha sempre presi sotto gamba, dicendomi che quando mi sarò laureato, mi sarò trovato una compagna ed avrò trovato un lavoro, allora mi passerà tutto. Forse può aver in parte ragione, visto che quando lavoravo i sintomi erano davvero meno presenti, però è proprio questo disturbo il motivo per cui non sono ancora laureato, non ho una relazione e non lavoro! Inoltre, il mio medico ha dimostrato, a parole almeno, di non avere fiducia nella psichiatria e nella psicologia. Per questi motivi, ho deciso poche settimane fa di cambiarlo e di andare da un altro che i miei familiari considerano più bravo. Da quest'ultimo, ancora, non mi sono mai fatto visitare.
L'anno scorso, inoltre, tra gennaio e febbraio ho sostenuto in tutto sei sedute presso una psicologa del Dipartimento di Salute Mentale, che mi ha inizialmente sottoposto a dei test e poi, nelle altre sedute, mi ha fatto parlare. Dai test risultava, tra le altre cose, un'ottima capacità cognitiva da parte mia, ma anche la mia tendenza a svolgere rituali, a fare le cose secondo una certa sequenza, la difficoltà nel dimostrare completamente i miei sentimenti agli altri e la presenza di un po' di depressione. Altre risultanze non me le ricordo. Quanto è risultato corrisponde effettivamente alla mia personalità, anche se non mi sento quasi mai depresso, se non quelle volte in cui l'ansia e le domande mi tormentano tanto da non farmi combinare niente.
Alla fine delle sei sedute, la psicologa mi ha detto che avevo come una sensazione di dissociazione della coscienza e che comunque non avevo tanto bisogno della psicoterapia, quanto di aggregarmi ad un gruppo di auto-mutuo aiuto che gli psicologi del DSM avevano organizzato. Non ho più proseguito nelle sedute perché avevo finito i soldi per pagare il ticket e non ho partecipato al gruppo di auto-mutuo aiuto perché in quel periodo dovevo studiare per preparare un esame.
Io vorrei andare, come dicevo, a fare terapia da uno psichiatra-psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, ma non potendolo fare per il momento, cosa mi consigliate per riuscire a star meglio in maniera più stabile? Potrebbero bastare i farmaci prescritti dal medico di base? Dovrei farmi visitare quanto prima dal nuovo medico oppure finire prima la cura che mi aveva dato il medico precedente e poi andare dal nuovo? Attualmente sto proseguendo nella cura prescritta dal vecchio medico, anche se ho dovuto aumentare le gocce di Rivotril a 6, poiché con sole 5 non riuscivo più a dormire.
Per quanto riguarda la stranezza del mio disturbo, sono in parte lieto del fatto che in psichiatria questo non sia da considerarsi strano, poiché significa che il fenomeno è conosciuto e quindi si sa anche come farvi fronte. In parte mi dispiace, perché significa che altri hanno questo disturbo e quindi stanno male. Tra l'altro, proprio questo è stato spesso motivo di ossessione da parte mia, cioè il chiedermi se possano esserci altre persone al mondo che si pongono queste stesse mie domande e come facciano, poverette, a vivere serenamente, a risolverle. Poi queste domande me le risolvo sempre, ma può capitare che si ripresentino a distanza di tempo. Questo ripresentarsi di queste domande accade soprattutto con quelle che riguardano i temi della vita per me più importanti. E' singolare il fatto che tutte queste domande io non me le ponga su di me, ma sulle altre persone? Mi sembra di avere come la paura, non tanto inconscia, di poter non riuscire a comunicare e a capirmi con gli altri, poiché gli altri potrebbero essere così diversi da me da risultare come individui di una specie diversa! E così mi chiedo se possa esistere gente che consideri positivo farsi del male, oppure se ci sia gente che non prova per gli altri nessun tipo di sentimenti (né positivi né negativi) oppure ancora se esista gente che possa pensare che fare del male possa portare a far del bene! Il "bello" è che mi rendo perfettamente conto che tutto questo rasenta l'assurdo e che comunque sono preoccupazioni eccessive e che, se anche ammettessimo che certa gente possa esistere, alla fine non dovrebbe essere per me un grosso problema! Dovrei staccarmi emotivamente da queste domande ossessive, osservarle come se stessi al loro esterno, ma non ce la faccio a distaccarmene, perché essendo domande, il cervello deve dar loro una risposta e finché non la trovo, mi sento agitato e, a volte, depresso.
Poi dottore, per tutto il resto che lei scrive, sono pienamente d'accordo, ma, come già scritto, non riesco a fermare le rimuginazioni, proprio perché non riesco a non farmi certe domande. Tuttavia, come dicevo, ultimamente ho notato una diminuzione sensibile di queste rimuginazioni, ma non sono certo sparite e ne possono sempre nascere di nuove, perché dipende da ciò che accade intorno a me, da cosa vedo e sento e da come vengo emotivamente colpito da tutto ciò.
Scusi per la lunghezza della risposta e grazie ancora!
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Gentile utente,
Il concetto semplicemente è che si fa diagnosi per poter selezionare le cure utili. Le diagnosi per il momento non si fanno con test ma con una visita, poi tramite i test si possono raccogliere informazioni in maniera più standardizzata. Nevrosi è un termine generico, Depressione anche. Io direi che il punto di partenza debba essere una semplice diagnosi. Dopo la scelta del tipo di trattamento, che non si classifica in farmaco/non farmaco, ma in trattamenti (di qualsiasi tipo) efficaci su quel disturbo. Ammettiamo (per pura ipotesi) che sia un disturbo ossessivo: ha terapie di riferimento, che senza iniziare in maniera complessa e con impegno di tempo o di incontri frequenti possono essere svolge e valutate nell'arco di 1-3 mesi.
Il concetto semplicemente è che si fa diagnosi per poter selezionare le cure utili. Le diagnosi per il momento non si fanno con test ma con una visita, poi tramite i test si possono raccogliere informazioni in maniera più standardizzata. Nevrosi è un termine generico, Depressione anche. Io direi che il punto di partenza debba essere una semplice diagnosi. Dopo la scelta del tipo di trattamento, che non si classifica in farmaco/non farmaco, ma in trattamenti (di qualsiasi tipo) efficaci su quel disturbo. Ammettiamo (per pura ipotesi) che sia un disturbo ossessivo: ha terapie di riferimento, che senza iniziare in maniera complessa e con impegno di tempo o di incontri frequenti possono essere svolge e valutate nell'arco di 1-3 mesi.
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Utente
Grazie ancora per la risposta Dr. Pacini!
Lei ha ragione, ci vuole una diagnosi precisa, ma mi chiedo se il medico di base sia in grado di farla: quello che avevo prima non ne era in grado o ero io che non riuscivo a farmi ben capire. Andrò allora dal nuovo medico quanto prima per spiegargli la mia situazione e poi vedremo il da farsi.
Una domanda: lei o qualcun altro sa niente sulla psicologia emoto-cognitiva? Ho letto che si tratta di un nuovo orientamento in psicologia, particolarmente efficace nella cura di vari disturbi psichici, tra cui quello d'ansia ed il DOC. Spero che la domanda sia pertinente a questa sezione del sito.
Grazie e buona giornata!
Lei ha ragione, ci vuole una diagnosi precisa, ma mi chiedo se il medico di base sia in grado di farla: quello che avevo prima non ne era in grado o ero io che non riuscivo a farmi ben capire. Andrò allora dal nuovo medico quanto prima per spiegargli la mia situazione e poi vedremo il da farsi.
Una domanda: lei o qualcun altro sa niente sulla psicologia emoto-cognitiva? Ho letto che si tratta di un nuovo orientamento in psicologia, particolarmente efficace nella cura di vari disturbi psichici, tra cui quello d'ansia ed il DOC. Spero che la domanda sia pertinente a questa sezione del sito.
Grazie e buona giornata!
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Gentile utente,
Gli "orientamenti" poco importano, quello che conta sono i dati consolidati dall'esperienza. Buttarsi sul "nuovo" o sul "diverso" è un tipo di meccanismo psicologico che non corrisponde ad un ragionamento di utilità.
"particolarmente efficace nella cura di vari disturbi psichici, tra cui quello d'ansia ed il DOC"
"quello d'ansia" non significa niente, non corrisponde a nessuna diagnosi, il DOC è classificato come disturbo d'ansia, così come diversi altri quadri.
Prima si definisce il problema o comunque si seguono cure che si possano giudicare come utili o non utili entro limiti di tempo ragionevoli, dopo di che si ragiona oltre.
Gli "orientamenti" poco importano, quello che conta sono i dati consolidati dall'esperienza. Buttarsi sul "nuovo" o sul "diverso" è un tipo di meccanismo psicologico che non corrisponde ad un ragionamento di utilità.
"particolarmente efficace nella cura di vari disturbi psichici, tra cui quello d'ansia ed il DOC"
"quello d'ansia" non significa niente, non corrisponde a nessuna diagnosi, il DOC è classificato come disturbo d'ansia, così come diversi altri quadri.
Prima si definisce il problema o comunque si seguono cure che si possano giudicare come utili o non utili entro limiti di tempo ragionevoli, dopo di che si ragiona oltre.
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Utente
Sì, giusto, ma io parlavo di disturbo d'ansia in generale, lo so che ce ne sono diversi tipi diversi tra cui il DOC. Non pretendevo di dare una descrizione esaustiva di quel tipo di orientamento di cui ho letto tempo fa in rete. Mi chiedevo solo se lei sapesse qualcosa di quell'orientamento.
Comunque tutto OK, ho compreso cosa vuole dirmi e la ringrazio!
Ora cerco di farmi fare una diagnosi, dopodiché, magari, se servirà, mi farò risentire :-)
Grazie Dr. Pacini per l'attenzione e la disponibilità! :-)
Buon lavoro, buona giornata e cari saluti!
Comunque tutto OK, ho compreso cosa vuole dirmi e la ringrazio!
Ora cerco di farmi fare una diagnosi, dopodiché, magari, se servirà, mi farò risentire :-)
Grazie Dr. Pacini per l'attenzione e la disponibilità! :-)
Buon lavoro, buona giornata e cari saluti!
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 4.5k visite dal 03/06/2011.
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.