Depressione adolescente
Gentili Dottori
Scrivo queste righe per chiedere un vostro parere in merito al percorso terapeutico seguito da mio figlio di 16 anni.
Nei primi giorni di marzo, a seguito di assunzione di cannabis per via inalatoria, il ragazzo ha sperimentato un terribile attacco di panico, con allucinazioni, senso di svenimento e altri sintomi, che si sono protratti per vari giorni successivi. A partire dalla settimana successiva persisteva uno stato di depersonalizzazione, de realizzazione, senso di testa pesante, paure immotivate, ansia costante, insonnia, inappetenza, bassissimo livello del tono generale dell’umore con crisi di pianto.
Specifico che si trattava della prima assunzione di cannabis della sua vita
Dopo due settimane nelle quali ha interrotto la frequenza scolastica e la pratica sportiva i sintomi non accennavano a ridursi. Abbiamo pertanto deciso di rivolgerci ad uno Psichiatra – Psicoterapeuta cognitivo – comportamentale, il quale ha avanzato l’ipotesi che l’assunzione di cannabis abbia slatentizzato uno status depressivo preesistente, pervenendo quindi ad una diagnosi di sindrome depressiva. Ha consigliato pertanto un approccio iniziale di tipo prettamente farmacologico, con la somministrazione di Cipralex (prima 5, poi 10 gocce giorno), unitamente a EN (8 gocce giorno), preannunciando che sarebbe stato opportuno, dopo una stabilizzazione dei sintomi, affiancare ai farmaci un’opportuna psicoterapia.
I contatti con lo Psichiatra sono avvenuti in queste settimane con cadenza settimanale e hanno visto la costante partecipazione, oltre che del ragazzo mia e della madre, per specifica richiesta del medico.
Allo stato attuale si cominciano e vedere i benefici della cura farmacologica: il tono dell’umore è notevolmente migliorato, così come l’appetito e il sonno. Persiste uno stato generale definito “di stanchezza” e occasionalmente qualche momento di sconforto con crisi di pianto per una situazione che è comunque ancora non del tutto risolta. In ogni caso, stiamo procedendo a scalare giornalmente le dosi di EN (ora siamo a 5 gocce al dì), mentre il Cipralex, secondo il medico, dovrà essere assunto nelle stesse dosi ancora per un periodo al momento indefinito.
Lo Psichiatra, nel corso dell’ultimo incontro, per la prima volta ha chiesto di parlare con noi genitori in assenza del ragazzo, allo scopo di concordare una strategia utile per l’approccio psico terapeutico. Da tale incontro è emersa la sua volontà di attendere che sia lo stesso ragazzo a contattarlo, in qualsiasi momento dovesse sentirne la necessità, allo scopo di affrontare gli specifici problemi sui quali avesse necessità d’aiuto. Ciò in quanto l’efficacia dell’approccio psico terapeutico, a dire del medico, sarebbe maggiore laddove il soggetto fosse davvero motivato a intraprendere tale strada.
Il nostro timore di genitori è che al momento il ragazzo non manifesta alcuna reale volontà di affrontare i problemi nascenti dal suo status di adolescente. Ogni attività che richiede un’assunzione di responsabilità, (studio, pratica sport di squadra), è al momento da lui totalmente rigettata. Sembra quasi che egli voglia vivere una situazione di eterna infanzia, immerso in una “sindrome di Peter Pan” dalla quale non vuole uscire e il solo parlare con lui di questo aspetto lo riporta a un’immediata diminuzione del tono dell’umore, quasi che la depressione fosse diventata una sorta di alibi per non affrontare un processo di crescita naturale e indifferibile. In questa situazione temiamo che lasciare a lui la decisione sul se e quando rivolgersi allo psicoterapeuta per affrontare la situazione possa risultare oltremodo pericoloso e in definitiva non utile, se non dannoso, al fine di un superamento dell’attuale stato di impasse.
Sarei estremamente grato se, su quest’ultimo punto, voleste fornirmi la vostra opinione in merito.
Scrivo queste righe per chiedere un vostro parere in merito al percorso terapeutico seguito da mio figlio di 16 anni.
Nei primi giorni di marzo, a seguito di assunzione di cannabis per via inalatoria, il ragazzo ha sperimentato un terribile attacco di panico, con allucinazioni, senso di svenimento e altri sintomi, che si sono protratti per vari giorni successivi. A partire dalla settimana successiva persisteva uno stato di depersonalizzazione, de realizzazione, senso di testa pesante, paure immotivate, ansia costante, insonnia, inappetenza, bassissimo livello del tono generale dell’umore con crisi di pianto.
Specifico che si trattava della prima assunzione di cannabis della sua vita
Dopo due settimane nelle quali ha interrotto la frequenza scolastica e la pratica sportiva i sintomi non accennavano a ridursi. Abbiamo pertanto deciso di rivolgerci ad uno Psichiatra – Psicoterapeuta cognitivo – comportamentale, il quale ha avanzato l’ipotesi che l’assunzione di cannabis abbia slatentizzato uno status depressivo preesistente, pervenendo quindi ad una diagnosi di sindrome depressiva. Ha consigliato pertanto un approccio iniziale di tipo prettamente farmacologico, con la somministrazione di Cipralex (prima 5, poi 10 gocce giorno), unitamente a EN (8 gocce giorno), preannunciando che sarebbe stato opportuno, dopo una stabilizzazione dei sintomi, affiancare ai farmaci un’opportuna psicoterapia.
I contatti con lo Psichiatra sono avvenuti in queste settimane con cadenza settimanale e hanno visto la costante partecipazione, oltre che del ragazzo mia e della madre, per specifica richiesta del medico.
Allo stato attuale si cominciano e vedere i benefici della cura farmacologica: il tono dell’umore è notevolmente migliorato, così come l’appetito e il sonno. Persiste uno stato generale definito “di stanchezza” e occasionalmente qualche momento di sconforto con crisi di pianto per una situazione che è comunque ancora non del tutto risolta. In ogni caso, stiamo procedendo a scalare giornalmente le dosi di EN (ora siamo a 5 gocce al dì), mentre il Cipralex, secondo il medico, dovrà essere assunto nelle stesse dosi ancora per un periodo al momento indefinito.
Lo Psichiatra, nel corso dell’ultimo incontro, per la prima volta ha chiesto di parlare con noi genitori in assenza del ragazzo, allo scopo di concordare una strategia utile per l’approccio psico terapeutico. Da tale incontro è emersa la sua volontà di attendere che sia lo stesso ragazzo a contattarlo, in qualsiasi momento dovesse sentirne la necessità, allo scopo di affrontare gli specifici problemi sui quali avesse necessità d’aiuto. Ciò in quanto l’efficacia dell’approccio psico terapeutico, a dire del medico, sarebbe maggiore laddove il soggetto fosse davvero motivato a intraprendere tale strada.
Il nostro timore di genitori è che al momento il ragazzo non manifesta alcuna reale volontà di affrontare i problemi nascenti dal suo status di adolescente. Ogni attività che richiede un’assunzione di responsabilità, (studio, pratica sport di squadra), è al momento da lui totalmente rigettata. Sembra quasi che egli voglia vivere una situazione di eterna infanzia, immerso in una “sindrome di Peter Pan” dalla quale non vuole uscire e il solo parlare con lui di questo aspetto lo riporta a un’immediata diminuzione del tono dell’umore, quasi che la depressione fosse diventata una sorta di alibi per non affrontare un processo di crescita naturale e indifferibile. In questa situazione temiamo che lasciare a lui la decisione sul se e quando rivolgersi allo psicoterapeuta per affrontare la situazione possa risultare oltremodo pericoloso e in definitiva non utile, se non dannoso, al fine di un superamento dell’attuale stato di impasse.
Sarei estremamente grato se, su quest’ultimo punto, voleste fornirmi la vostra opinione in merito.
[#1]
Gentile utente
l'utilizzo di sostanze richiede un approccio integrato con il Sert competente che dovrebbe considerare un trattamento sostitutivo.
La presenza di allucinazioni e derealizzazione pone delle questioni diagnostiche che renderebbero non utile l'utilizzo del solo antidepressivo.
La psicoterapia trova indicazione se il paziente ha una motivazione e poco c'entra la volontà o meno di crescere per diventare adulto.
Piuttosto andrebbe compresa la motivazione all'uso di sostanze ed eventualmente la valutazione su sintomi presenti precedentemente al loro utilizzo.
l'utilizzo di sostanze richiede un approccio integrato con il Sert competente che dovrebbe considerare un trattamento sostitutivo.
La presenza di allucinazioni e derealizzazione pone delle questioni diagnostiche che renderebbero non utile l'utilizzo del solo antidepressivo.
La psicoterapia trova indicazione se il paziente ha una motivazione e poco c'entra la volontà o meno di crescere per diventare adulto.
Piuttosto andrebbe compresa la motivazione all'uso di sostanze ed eventualmente la valutazione su sintomi presenti precedentemente al loro utilizzo.
https://wa.me/3908251881139
https://www.instagram.com/psychiatrist72/
[#2]
Gentile utente,
La cura impostata mi sembra sensata rispetto al tipo di sintomi riferiti, di solito dopo circa un mese si cominciano a vedere risultati consistenti.
La situazione generale di vita di una persona non può essere definita "patologica" (che è un termine medico) soltanto per la presenza di comportamenti che non sono in linea con i modelli di altri, a meno che la persona non se ne lamenti e poi non riesca però a andare in altra direzione pur con la libertà di farlo.
Se il ragazzo è consumatore di cannabis questa sindrome però ha verosimilmente a che fare con l'intossicazione da cannabis (che significa semplicemente l'effetto della cannabis abitualmente assunta, ricordando che la cannabis agisce in maniera prolungata anche se assunta non in maniera abituale). Un "incidente di percorso" di tipo ansioso è frequente in chi usa cannabis. La depressione vera e propria è un disturbo che solitamente deriva da una predisposizione a svilupparla, su cui la cannabis fa da catalizzatore.
Per il resto, la tendenza a rifuggire responsabilità è propria di alcuni caratteri, tende ad accentuarsi con l'uso di sostanze. La depressione non è un alibi nel senso che uno se la faccia venire come alibi, è importante non attribuire a queste diagnosi un ruolo in situazioni che non sono determinate dalla persona "da sola", ma sono interattive o precedono la storia psichiatrica.
La cura impostata mi sembra sensata rispetto al tipo di sintomi riferiti, di solito dopo circa un mese si cominciano a vedere risultati consistenti.
La situazione generale di vita di una persona non può essere definita "patologica" (che è un termine medico) soltanto per la presenza di comportamenti che non sono in linea con i modelli di altri, a meno che la persona non se ne lamenti e poi non riesca però a andare in altra direzione pur con la libertà di farlo.
Se il ragazzo è consumatore di cannabis questa sindrome però ha verosimilmente a che fare con l'intossicazione da cannabis (che significa semplicemente l'effetto della cannabis abitualmente assunta, ricordando che la cannabis agisce in maniera prolungata anche se assunta non in maniera abituale). Un "incidente di percorso" di tipo ansioso è frequente in chi usa cannabis. La depressione vera e propria è un disturbo che solitamente deriva da una predisposizione a svilupparla, su cui la cannabis fa da catalizzatore.
Per il resto, la tendenza a rifuggire responsabilità è propria di alcuni caratteri, tende ad accentuarsi con l'uso di sostanze. La depressione non è un alibi nel senso che uno se la faccia venire come alibi, è importante non attribuire a queste diagnosi un ruolo in situazioni che non sono determinate dalla persona "da sola", ma sono interattive o precedono la storia psichiatrica.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#3]
Utente
Per il Dott. Ruggiero: il ragazzo non è e non è mai stato abituale consumatore di cannabis. L'episodio scatenante l'attuale situazione si è verificato in occasione della prima assunzione della sua vita.Inoltre, il fenomeno allucinatorio è rimasto confinato esclusivamente nelle prime due ore di assunzione dllo stupefacente, poi è scomparso. Aggiungo che mio figlio ha affermato di essere pronto ad affrontare un percorso psicoterapeutico, ma lo psichiatra ha preferito che tale disponibilità fosse confermata da una sua spinta "motu proprio" su specifici obiettivi che mio figlio dovrebbe, secondo lui, individuare autonomamente.
Per il Dott. Pacini: premesso quanto già specificato in merito al fatto che mio figlio non può essere qualificato quale "consumatore abituale" di cannabis, è oltremodo evidente che la storia depressiva preesistente sia stata solo resa evidente dall'esperienza negativa con la cannabis. Infatti, già in precedenza, il rendimento scolastico era pessimo, il rapporto con l'attività sportiva piuttosto "difficile" e, in generale il suo stato faceva presumere (con il senno di poi) una situazione di insoddisfazione, di senso di inadeguatezza che, probabilmente, sarebbe sfociata comunque in un episodio depressivo conclamato.
Mentre ringrazio per la cortese e immediata risposta, ribadisco la mia domanda: è opportuno che sia mio figlio a muoversi per primo nei confronti dello psicoterapeuta o, viceversa, la terapia deve senz'altro prendere il via?
Grazie ancora
Per il Dott. Pacini: premesso quanto già specificato in merito al fatto che mio figlio non può essere qualificato quale "consumatore abituale" di cannabis, è oltremodo evidente che la storia depressiva preesistente sia stata solo resa evidente dall'esperienza negativa con la cannabis. Infatti, già in precedenza, il rendimento scolastico era pessimo, il rapporto con l'attività sportiva piuttosto "difficile" e, in generale il suo stato faceva presumere (con il senno di poi) una situazione di insoddisfazione, di senso di inadeguatezza che, probabilmente, sarebbe sfociata comunque in un episodio depressivo conclamato.
Mentre ringrazio per la cortese e immediata risposta, ribadisco la mia domanda: è opportuno che sia mio figlio a muoversi per primo nei confronti dello psicoterapeuta o, viceversa, la terapia deve senz'altro prendere il via?
Grazie ancora
[#4]
Gentile utente,
Dunque, se quindi la diagnosi è stata di depressione evidente già prima di questo ulteriore evento scatenato dalla cannabis, il trattamento è impostato.
Non necessariamente deve essere impostata una cura composita, nel senso che a volte è sufficiente una cura antidepressiva farmacologica. Importante è, specie nelle situazioni che durano da tempo, che al ragazzo e ai familiari sia spiegato in cosa consiste questo disturbo, e che spesso è utile evitare una serie di ragionamenti di colpevolizzazione su di sé o sugli altri. Nelle depressioni non c'è sostanzialmente da incolpare nessuno, ma allo stesso tempo neanche da giustificare nessuno.
Dunque, se quindi la diagnosi è stata di depressione evidente già prima di questo ulteriore evento scatenato dalla cannabis, il trattamento è impostato.
Non necessariamente deve essere impostata una cura composita, nel senso che a volte è sufficiente una cura antidepressiva farmacologica. Importante è, specie nelle situazioni che durano da tempo, che al ragazzo e ai familiari sia spiegato in cosa consiste questo disturbo, e che spesso è utile evitare una serie di ragionamenti di colpevolizzazione su di sé o sugli altri. Nelle depressioni non c'è sostanzialmente da incolpare nessuno, ma allo stesso tempo neanche da giustificare nessuno.
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 5.1k visite dal 17/05/2011.
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