Ansia e vertigini
salve,ho 20 anni ed è ormai dall'inizio dell'anno che quasi quotidianamente vengo assalito da senso di vertigini quando esco,credo siano crisi di ansia,dovute a non so che,che mi mettono in continuo disagio e voglia di evadere immediatamente dal luogo in cui mi trovo.Questa condizione mi si presenta sopratutto in luoghi affollati o che non conosco.Premetto che non ricorrerei mai a medicinali per curare questo mio problema e che voglio lavorare prettamente su me stesso con l'ausilio della ragione.La ringrazio anticipatamente buon lavoro!!
[#1]
Salve,
si vede che Lei è una persona coraggiosa se scrive così!
(mi riferisco alle Sue ultimw frasi).
Il disturbo che l'ha afflitto potrebbe essere l'agorafobia, ed è curabile con la psicoterapia, in particolare ad orientamento cognitivo-comportamentale.
Le posso consigliare di postare la Sua domanda nella sezione della Psicoterapia del nostro sito, per ottenere magari maggiori informazioni a proposito.
Tuttavia, visti alcuni dettagli (l'esordio all'inizio dell'anno) e soprattutto visto che qui, via internet, non può essere fatta la diagnosi (per farla è necessaria una visita dal vivo), l'agorafobia è solo la prima ipotesi, ma potrebbe trattarsi anche di un'altra condizione morbosa, ad esempio la depressione (in questo caso ci vorrebbe un altro tipo di psicoterapia, e comunque la psicoterapia da sola potrebbe essere poco efficace), o anche un problema della salute fisica.
Per cui Le consiglio in ogni modo di fare una visita dal vivo prima dal medico di base e poi da uno specialista in psichiatria.
si vede che Lei è una persona coraggiosa se scrive così!
(mi riferisco alle Sue ultimw frasi).
Il disturbo che l'ha afflitto potrebbe essere l'agorafobia, ed è curabile con la psicoterapia, in particolare ad orientamento cognitivo-comportamentale.
Le posso consigliare di postare la Sua domanda nella sezione della Psicoterapia del nostro sito, per ottenere magari maggiori informazioni a proposito.
Tuttavia, visti alcuni dettagli (l'esordio all'inizio dell'anno) e soprattutto visto che qui, via internet, non può essere fatta la diagnosi (per farla è necessaria una visita dal vivo), l'agorafobia è solo la prima ipotesi, ma potrebbe trattarsi anche di un'altra condizione morbosa, ad esempio la depressione (in questo caso ci vorrebbe un altro tipo di psicoterapia, e comunque la psicoterapia da sola potrebbe essere poco efficace), o anche un problema della salute fisica.
Per cui Le consiglio in ogni modo di fare una visita dal vivo prima dal medico di base e poi da uno specialista in psichiatria.
Dr. Alex Aleksey Gukov
[#2]
Ex utente
La ringrazio per la risposta.In ogni caso forse dovrei essere più preciso.Il mio caso ha avuto inizio già con sintomi di mancanza di respiro in prossimità di esami universitari,in seguito non si sono più presentati episodi del genere e anche gli esami sono stati affrontati in modo eccellente e sereno.Tuttavia sono subentrati i sintomi di cui le dicevo,come vertigini e disagi tipici dell'agorofobia e claustrofobia.Già tempo fa nell'adolescenza vivevo gli stessi disagi in modo nettamente inferiore e sporadico che con la crescita si esaurirono,ora però sono tornati.Sono una persona estremamente sensibile e credo che inconsciamente ogni mia sconfitta,anche piccola,la elaboro in maniera pesante,ripeto inconsciamente perchè a livello mentale non ho problemi di depressione.Vivo felicemente,nonostante i miei disagi,ma le ripeto voglio lavorare su me stesso sconfiggendo queste paure senza l'ausilio di nient'altro.Non contatterò mai un medico,nè farò uso di farmaci per queste cose,mi sono affidato ad un vostro consiglio proprio perchè fra noi non vi è alcun tipo di vincolo verbale, formale,professionale.Spero mi possa capire e la ringrazio ancora una volta per la sua disponibilità.
[#3]
Gentile utente,
Se vuole lavorare con la ragione, è completamente fuori strada. Ammesso che si tratti del tipo di problema che ipotizzava, è inutile inventarsi tecniche inesistenti per poi affermare che si vuole ricorrere a quelle e non ad altre, nella fattispecie medicinali.
Se Lei ha una malattia ha la possibilità di utilizzare le cure disponibili.
Se non contatterà mai un medico, non avrà neanche una diagnosi.
Mi sembra una posizione assurda, che non le è di alcuna utilità.
Se vuole lavorare con la ragione, è completamente fuori strada. Ammesso che si tratti del tipo di problema che ipotizzava, è inutile inventarsi tecniche inesistenti per poi affermare che si vuole ricorrere a quelle e non ad altre, nella fattispecie medicinali.
Se Lei ha una malattia ha la possibilità di utilizzare le cure disponibili.
Se non contatterà mai un medico, non avrà neanche una diagnosi.
Mi sembra una posizione assurda, che non le è di alcuna utilità.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#4]
Ex utente
Gentile Dr. Pacini
mi faccia capire una cosa,nel caso in cui io accetti di fare una terapia,al termine di questa quante probabilità ci sono che i sintomi non si presentino più per sempre?Non ho nulla contro i medici non mi fraintenda,solo speravo ci fosse un modo di sconfiggere il disagio in maniera completamente autonoma.La ringrazio
mi faccia capire una cosa,nel caso in cui io accetti di fare una terapia,al termine di questa quante probabilità ci sono che i sintomi non si presentino più per sempre?Non ho nulla contro i medici non mi fraintenda,solo speravo ci fosse un modo di sconfiggere il disagio in maniera completamente autonoma.La ringrazio
[#5]
Gentile utente,
Ha dei sintomi, si fa fare una diagnosi e avrà delle opzioni di cura da seguire.
Le malattie o passano da sole oppure no. Che le persone le sconfiggano "da sole" non dipende da funzioni da innescare volontariamente, abbiamo sistemi già predisposti per contrastare anomalie interne e esterne.
Ci si cura proprio quando le cose non si risolvono da sole, o quando vogliamo che si risolvano prima, o quando comunque vogliamo stare meglio anche in malattie che poi passeranno.
Parta da questo piano e poi ragionerà su che malattia ha, e su cosa le cure disponibili fanno sulla malattia.
Ha dei sintomi, si fa fare una diagnosi e avrà delle opzioni di cura da seguire.
Le malattie o passano da sole oppure no. Che le persone le sconfiggano "da sole" non dipende da funzioni da innescare volontariamente, abbiamo sistemi già predisposti per contrastare anomalie interne e esterne.
Ci si cura proprio quando le cose non si risolvono da sole, o quando vogliamo che si risolvano prima, o quando comunque vogliamo stare meglio anche in malattie che poi passeranno.
Parta da questo piano e poi ragionerà su che malattia ha, e su cosa le cure disponibili fanno sulla malattia.
[#6]
Ex utente
gentile dr.pacini,
accetto il suo consiglio e la ringrazio,in ogni caso vorrei dirle che non credo di avere una malattia,tenga conto che se non penso ai sintomi non mi si presentano,e sono quindi forse frutto di un condizionamento!per questo le dicevo che trovo eccessivo l'ausilio di una terapia farmaceutica.La ringrazio e buon lavoro.
accetto il suo consiglio e la ringrazio,in ogni caso vorrei dirle che non credo di avere una malattia,tenga conto che se non penso ai sintomi non mi si presentano,e sono quindi forse frutto di un condizionamento!per questo le dicevo che trovo eccessivo l'ausilio di una terapia farmaceutica.La ringrazio e buon lavoro.
[#7]
Gentile utente,
In tal caso il condizionamento sarebbe il fenomeno principale, ma più che di condizionamento ipotizzerei un automatismo che la fa preoccupare di alcuni "sintomi", che poi ci sono nella misura in cui se ne preoccupa.
Altrimenti si dovrebbe supporre che tende a "produrseli" sapendo che questo è il meccanismo, il che non avrebbe senso.
"malattia" in senso lato significa una condizione crea sofferenza e che ovviamente non si limita da sola, anche perché altrimenti la persona non la riferirebbe come un problema.
La distinzione tra terapie è fittizia, non è che quelle farmacologiche non si applichino alle malattie, o che esista una sequenza di gravità che prevede come ultimo tipo di intervento le medicine.
In tal caso il condizionamento sarebbe il fenomeno principale, ma più che di condizionamento ipotizzerei un automatismo che la fa preoccupare di alcuni "sintomi", che poi ci sono nella misura in cui se ne preoccupa.
Altrimenti si dovrebbe supporre che tende a "produrseli" sapendo che questo è il meccanismo, il che non avrebbe senso.
"malattia" in senso lato significa una condizione crea sofferenza e che ovviamente non si limita da sola, anche perché altrimenti la persona non la riferirebbe come un problema.
La distinzione tra terapie è fittizia, non è che quelle farmacologiche non si applichino alle malattie, o che esista una sequenza di gravità che prevede come ultimo tipo di intervento le medicine.
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 2.3k visite dal 21/02/2011.
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Approfondimento su Ansia
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