Evitamento, ansia e basso tono dell'umore
Gentilissimi medici,
tutto è cominciato nel mese di aprile di quest'anno, periodo in cui ho cominciato inizialmente ad accusare astenia e sintomi di svenimento. Sono un giovane 27enne in buona salute e così ho cominciato a preoccuparmi. Poi ho avuto un attacco di panico al quale poi è seguito un periodo di ansia e così ho deciso, alla fine del mese di maggio e comunque dopo gli esami di rito, di recarmi da uno specialista.
Al medico, con il quale sono tutt'ora in cura, durante la visita spiego quello che mi è accaduto e gli spiego il mio stato d'animo in cui l'ansia e l'evitamento di luoghi e/o situazioni la fanno da padrone nei miei confronti. Inizialmente mi prescrive 5 mg. di prazepam (Prazene) al mattino, 0.5 mg. di alprazolam (Xanax) al pomeriggio e altri 5 mg. di prazepam la sera.
Dopo i primi giorni di cura, ho cominciato a sentire un miglioramento nei contronti dell'ansia (che era sotto controllo) però ho notato che non ottenevo alcuna risposta nell'evitamento, nel senso che non riuscivo a non far predominare questa situazione nella vita quotidiana (esempio: non riuscivo ad usare l'auto da solo, cercavo di non trovarmi in situazioni che reputavo a "rischio" di malessere). Tutto questo mi aveva anche portato ad un abbassamento del tono del mio umore.
Alla fine del mese di luglio lo specialista mi prescrive la paroxetina che dovrebbe darmi quella spinta in più per poter affrontare questo genere di situazioni. Inizialmente, sempre comunque lasciando invariata la cura che stavo seguendo, il medico mi dice di assumerne 10 mg. al giorno per i primi 7-8 giorni e poi aumentare a 20 mg. (una compressa) al giorno. Dopo circa un mese nel quale non noto la differenza che speravo mi desse la paroxetina, il medico mi dice di aumentare a 30 mg. la dose giornaliera (mezza compressa in più al giorno, dopo cena).
Circa dieci giorni (metà settembre) fa ho fatto l'ultima visita dallo specialista. Dalla fine di luglio a metà settembre posso dire che l'ansia è rimasta sotto controllo. L'evitamento delle situazioni e/o dei luoghi c'è sempre (vorrei andare almeno dal parrucchiere, ma ahimè non ci riesco e a fare le visite dal medico vado sempre accompagnato, da solo non riesco proprio) e ad esso si è aggiunto il fatto che il mio tono dell'umore è rimasto basso. Il medico, allora, mi dice di togliere la mezza compressa di paroxetina dopo cena e, al suo posto, di assumere dell'amisulpride (Deniban), una compressa da 50 mg.
Vorrei sapere un Vostro parere sulla mia problematica e sulla cura che sto facendo (fermo restando che non voglio assolutamente sostituire la cura che sto facendo senza aver prima consultato il mio curante).
Il Deniban funziona come i farmaci SSRI? Ha cioè bisogno di un periodo di tempo per rendersi "efficace"? Volendo sostituire la paroxetina dalla quale non noto un reale giovamento, quale altra molecola magari più attivante sul tono dell'umore consigliereste? La sertralina, piuttosto che la fluoxetina o il citalopram? E sempre volendo sostituire la paroxetina con un altro SSRI, la stessa andrebbe scalata prima di essere sostituita oppure basterebbe solo sostituirla? E' indifferente prendere la paroxetina la mattina ed il Deniban la sera? O viceversa (Deniban al mattino e paroxetina la sera) ne trarrei più giovamento?
Mi piacerebbe comunque molto avere un Vostro parere sulla mia problematica e sul modo in cui la sto affrontando farmacologicamente, magari avendo anche un Vostro consiglio su come migliorarla.
Grazie infinite.
Pietro
tutto è cominciato nel mese di aprile di quest'anno, periodo in cui ho cominciato inizialmente ad accusare astenia e sintomi di svenimento. Sono un giovane 27enne in buona salute e così ho cominciato a preoccuparmi. Poi ho avuto un attacco di panico al quale poi è seguito un periodo di ansia e così ho deciso, alla fine del mese di maggio e comunque dopo gli esami di rito, di recarmi da uno specialista.
Al medico, con il quale sono tutt'ora in cura, durante la visita spiego quello che mi è accaduto e gli spiego il mio stato d'animo in cui l'ansia e l'evitamento di luoghi e/o situazioni la fanno da padrone nei miei confronti. Inizialmente mi prescrive 5 mg. di prazepam (Prazene) al mattino, 0.5 mg. di alprazolam (Xanax) al pomeriggio e altri 5 mg. di prazepam la sera.
Dopo i primi giorni di cura, ho cominciato a sentire un miglioramento nei contronti dell'ansia (che era sotto controllo) però ho notato che non ottenevo alcuna risposta nell'evitamento, nel senso che non riuscivo a non far predominare questa situazione nella vita quotidiana (esempio: non riuscivo ad usare l'auto da solo, cercavo di non trovarmi in situazioni che reputavo a "rischio" di malessere). Tutto questo mi aveva anche portato ad un abbassamento del tono del mio umore.
Alla fine del mese di luglio lo specialista mi prescrive la paroxetina che dovrebbe darmi quella spinta in più per poter affrontare questo genere di situazioni. Inizialmente, sempre comunque lasciando invariata la cura che stavo seguendo, il medico mi dice di assumerne 10 mg. al giorno per i primi 7-8 giorni e poi aumentare a 20 mg. (una compressa) al giorno. Dopo circa un mese nel quale non noto la differenza che speravo mi desse la paroxetina, il medico mi dice di aumentare a 30 mg. la dose giornaliera (mezza compressa in più al giorno, dopo cena).
Circa dieci giorni (metà settembre) fa ho fatto l'ultima visita dallo specialista. Dalla fine di luglio a metà settembre posso dire che l'ansia è rimasta sotto controllo. L'evitamento delle situazioni e/o dei luoghi c'è sempre (vorrei andare almeno dal parrucchiere, ma ahimè non ci riesco e a fare le visite dal medico vado sempre accompagnato, da solo non riesco proprio) e ad esso si è aggiunto il fatto che il mio tono dell'umore è rimasto basso. Il medico, allora, mi dice di togliere la mezza compressa di paroxetina dopo cena e, al suo posto, di assumere dell'amisulpride (Deniban), una compressa da 50 mg.
Vorrei sapere un Vostro parere sulla mia problematica e sulla cura che sto facendo (fermo restando che non voglio assolutamente sostituire la cura che sto facendo senza aver prima consultato il mio curante).
Il Deniban funziona come i farmaci SSRI? Ha cioè bisogno di un periodo di tempo per rendersi "efficace"? Volendo sostituire la paroxetina dalla quale non noto un reale giovamento, quale altra molecola magari più attivante sul tono dell'umore consigliereste? La sertralina, piuttosto che la fluoxetina o il citalopram? E sempre volendo sostituire la paroxetina con un altro SSRI, la stessa andrebbe scalata prima di essere sostituita oppure basterebbe solo sostituirla? E' indifferente prendere la paroxetina la mattina ed il Deniban la sera? O viceversa (Deniban al mattino e paroxetina la sera) ne trarrei più giovamento?
Mi piacerebbe comunque molto avere un Vostro parere sulla mia problematica e sul modo in cui la sto affrontando farmacologicamente, magari avendo anche un Vostro consiglio su come migliorarla.
Grazie infinite.
Pietro
[#1]
Ex utente
Sono l'autore del post e ringrazio la redazione per averlo pubblicato.
A questo vorrei aggiungere un altro quesito:
per avere un pò più di sicurezza nell'affrontare le cose, cosa mi consigliereste sempre a livello di terapia a regime farmacologico?
Domando questo perchè effettivamente il continuo evitamento e il tono basso dell'umore mi rendono insicuro.
Ringrazio nuovamente.
Pietro
A questo vorrei aggiungere un altro quesito:
per avere un pò più di sicurezza nell'affrontare le cose, cosa mi consigliereste sempre a livello di terapia a regime farmacologico?
Domando questo perchè effettivamente il continuo evitamento e il tono basso dell'umore mi rendono insicuro.
Ringrazio nuovamente.
Pietro
[#2]
Gentile utente,
penso che sarebbe molto utile nel suo caso l'assunzione di mirtazapina che è si un SSRI ma è anche un NARI ma tale scelta va comunque concertata e discussa con il suo curante per ottimizzare al meglio la terapia ed inoltre per quel che rigurda l'evitamento forse una psicoterapia potrebbe avere una buona efficacia. Ma il consiglio è sempre e comunque "ne parli con il suo curante".
Distinti Saluti
Dr. Barbarino Emanuele
penso che sarebbe molto utile nel suo caso l'assunzione di mirtazapina che è si un SSRI ma è anche un NARI ma tale scelta va comunque concertata e discussa con il suo curante per ottimizzare al meglio la terapia ed inoltre per quel che rigurda l'evitamento forse una psicoterapia potrebbe avere una buona efficacia. Ma il consiglio è sempre e comunque "ne parli con il suo curante".
Distinti Saluti
Dr. Barbarino Emanuele
[#3]
Salve Emanuele, sono in accordo con il Collega Barbarino. Darei più risalto alla componente psicosomatica, od integrata che dir si voglia: una psicoterapia di conforto e sostegno potrebbe darle risultati migliori che non quelli raggiungibili con la sola farmacologia. Uno stato di disagio, a mio parere, è bene difficilmente "curabile" con la sola chimica.
A ben rileggerci.
Marco marilungo
A ben rileggerci.
Marco marilungo
Dr. Marco Marilungo
marcomarilungo@hotmail.it
[#4]
Concordo con i colleghi che le suggeriscono una psicoterapia di supporto. Può scegliere col suo curante e con lo psichiatra di fiducia, quella più adatta a lei. Come sempre in questi casi consiglio di prendere in considerazione anche la psicoterapia ipnotica: una forma di psicoterapia breve con la quale personalmente riesco ad avere sempre buoni risultati.
auguri
auguri
[#5]
Ex utente
Gentilissimi medici,
vi ringrazio per le risposte... Da quello che ho potuto notare tutti convergete verso un unico punto. la psicoterapia. Probabilmente mi sarebbe d'aiuto, ma innanzitutto non trovo lo stimolo primario di affidarmi ad uno psicoterapeuta. Secondariamente, pur magari in futuro avendo intenzione di affrontare questo genere di terapia, tuttora non potrei avere effetti benefici perchè il lavoro (che mi impegna tutto il giorno) non me lo consente e non riuscirei a seguirla proficuamente. Per terzo aggiungerei le mie non rosee situazioni economiche, che al momento non mi consentono di affrontare una terapia che temo dispendiosa.
Per questo, parlandone con il mio psichiatra, abbiamo raggiunto l'intesa di agire solo farmacologicamente.
Per ora vi ringrazio, ma sarei lieto se riuscireste a rispondere anche alle mie domande sui farmaci che ho posto nel mio primo intervento. Mi sarebbe certamente d'aiuto.
Ringrazio per il vostro tempo e mi complimento per l'importante servizio che offrite.
Pietro
vi ringrazio per le risposte... Da quello che ho potuto notare tutti convergete verso un unico punto. la psicoterapia. Probabilmente mi sarebbe d'aiuto, ma innanzitutto non trovo lo stimolo primario di affidarmi ad uno psicoterapeuta. Secondariamente, pur magari in futuro avendo intenzione di affrontare questo genere di terapia, tuttora non potrei avere effetti benefici perchè il lavoro (che mi impegna tutto il giorno) non me lo consente e non riuscirei a seguirla proficuamente. Per terzo aggiungerei le mie non rosee situazioni economiche, che al momento non mi consentono di affrontare una terapia che temo dispendiosa.
Per questo, parlandone con il mio psichiatra, abbiamo raggiunto l'intesa di agire solo farmacologicamente.
Per ora vi ringrazio, ma sarei lieto se riuscireste a rispondere anche alle mie domande sui farmaci che ho posto nel mio primo intervento. Mi sarebbe certamente d'aiuto.
Ringrazio per il vostro tempo e mi complimento per l'importante servizio che offrite.
Pietro
[#6]
Gentile amico, la psicoterapia che le consigliavo (quella ipnotica), proprio perchè è una forma di terapia breve (al massimo 12-15 sedute), è accessibile per tempo e per costi. Fare terapie più lunghe raramente ha risultati migliori.
[#7]
Psichiatra, Psicoterapeuta
Caro amico, probabilmente la chiave del suo problema sta tutta là, in quella frase che ha scritto: "... perchè il lavoro (che mi impegn tutto il giorno) non me lo consente...".
Un tempo la sua patologia si chiamava "esaurimento nervoso", oggi noi "clinici" abbiamo inventato nomi più roboanti, ma il risultato è lo stesso. Stanchezza, stress, impegno eccessivo... Se arriva a mettere il suo lavoro davanti alla sua salute corre gravi rischi, e la sua mente, saggiamente, la difende impedendole di affrontare situazioni stressanti o impegnative, e procurandole questo senso di grande insicurezza e di ansia in modo che lei debba sempre accompagnarsi a qualcuno.
Mi dia retta: prenda pure le sue medicine, ma si prenda anche un lungo periodo di riposo, costi quel che costi, e prenda il proponimento con se stesso di preoccuparsi, per il futuro, prima della sua salute e del suo benessere e poi del lavoro.
Riguardo le medicine che sta prendendo non ci sono significative differenze fra di loro, come pure indifferente è il momento dell'assunzione, purchè venga fatta ad intervalli regolari: si tratta in tutti i casi di SSRI le cui caratteristiche differiscono poco tra di loro. Certamente possono aiutarla ma serviranno a poco se lei delega tutto solo a loro.
La saluto cordialmente
Un tempo la sua patologia si chiamava "esaurimento nervoso", oggi noi "clinici" abbiamo inventato nomi più roboanti, ma il risultato è lo stesso. Stanchezza, stress, impegno eccessivo... Se arriva a mettere il suo lavoro davanti alla sua salute corre gravi rischi, e la sua mente, saggiamente, la difende impedendole di affrontare situazioni stressanti o impegnative, e procurandole questo senso di grande insicurezza e di ansia in modo che lei debba sempre accompagnarsi a qualcuno.
Mi dia retta: prenda pure le sue medicine, ma si prenda anche un lungo periodo di riposo, costi quel che costi, e prenda il proponimento con se stesso di preoccuparsi, per il futuro, prima della sua salute e del suo benessere e poi del lavoro.
Riguardo le medicine che sta prendendo non ci sono significative differenze fra di loro, come pure indifferente è il momento dell'assunzione, purchè venga fatta ad intervalli regolari: si tratta in tutti i casi di SSRI le cui caratteristiche differiscono poco tra di loro. Certamente possono aiutarla ma serviranno a poco se lei delega tutto solo a loro.
La saluto cordialmente
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 30.2k visite dal 24/09/2004.
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.