Paroxetina
Buongiorno,
in accordo col mio medico sto scalando il dropaxin: da 30 gocce sono passata a 15 in due settimane. Premettendo che sono felice di smettere la medicina in quanto sento di essere pronta a farlo (con l'ok della psicologa che mi segue da quasi due anni)ed avendo in programma una gravidanza, mi sembra di avere gli stessi "fastidi" avuti all'inizio della terapia quali nausea, difficolta' col sonno , irritabilita' e lieve ansia. E' tutto cio' dovuto alla sospensione? Pur gestendo il tutto molto meglio di prima non vedo l'ora di poter finalmente essere libera da farmaci e relativi effetti collaterali.
Grazie mille
in accordo col mio medico sto scalando il dropaxin: da 30 gocce sono passata a 15 in due settimane. Premettendo che sono felice di smettere la medicina in quanto sento di essere pronta a farlo (con l'ok della psicologa che mi segue da quasi due anni)ed avendo in programma una gravidanza, mi sembra di avere gli stessi "fastidi" avuti all'inizio della terapia quali nausea, difficolta' col sonno , irritabilita' e lieve ansia. E' tutto cio' dovuto alla sospensione? Pur gestendo il tutto molto meglio di prima non vedo l'ora di poter finalmente essere libera da farmaci e relativi effetti collaterali.
Grazie mille
[#1]
Gentile utente,
è normale che in corso di sospensione della paroxetina si possano sperimentare le sensazioni che lei descrive. In genere sono disturbi tollerabili che tendono a scomparire nell'arco di un paio di settimane. Se dovessero persistere ne parli con il suo specialista di fiducia.
Cordiali saluti
è normale che in corso di sospensione della paroxetina si possano sperimentare le sensazioni che lei descrive. In genere sono disturbi tollerabili che tendono a scomparire nell'arco di un paio di settimane. Se dovessero persistere ne parli con il suo specialista di fiducia.
Cordiali saluti
Dott. Vassilis Martiadis
Psichiatra e Psicoterapeuta
www.psichiatranapoli.it
[#3]
Gentile utente,
Essere "pronti" a smettere una medicina è espressione che non indica niente di chiaro. Se sta bene, questo non è un criterio di per sé per smettere. Idem se ha preso questa iniziativa perché non ha più timore di ricadere.
La prognosi va valutata in maniera standard, dopo di che, pronti o non pronti, esiste una percentuale di ricaduta.
Essere "pronti" a smettere una medicina è espressione che non indica niente di chiaro. Se sta bene, questo non è un criterio di per sé per smettere. Idem se ha preso questa iniziativa perché non ha più timore di ricadere.
La prognosi va valutata in maniera standard, dopo di che, pronti o non pronti, esiste una percentuale di ricaduta.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#4]
Ex utente
Gentile dottore,
non ho preso certo questa decisione da sola e mi sono prima consultata con la mia psicologa e la psichiatra che la appoggia. Credo che "stare bene" sia invece un criterio utilizzabile, ovviamente sono la prima ad essere cosciente della possibilita' di una ricaduta. Sinceramente pero' voglio essere ottimista e non vedo il motivo di vedere solo la percentuale di ricaduta e non quella di successo.
Grazie e buona serata
non ho preso certo questa decisione da sola e mi sono prima consultata con la mia psicologa e la psichiatra che la appoggia. Credo che "stare bene" sia invece un criterio utilizzabile, ovviamente sono la prima ad essere cosciente della possibilita' di una ricaduta. Sinceramente pero' voglio essere ottimista e non vedo il motivo di vedere solo la percentuale di ricaduta e non quella di successo.
Grazie e buona serata
[#5]
Gentile utente,
mi sembrerebbe se mai che una decisione su una terapia farmacologica debba prenderla in prima istanza il medico, non lo psicologo.
Creda cosa vuole, non è invece un criterio utile a prevedere il rischio di ricadute. Essere ottimisti non serve a questo, la percentuale di ricaduta non cambia, per cui lo star bene (da lungo tempo) è una cosa, il "sentirsi pronti" invece non ha significato clinico rispetto al rischio di ricaduta. Il discorso è l'inverso, se si vede la percentuale di successo si tende a regolarsi sulla base di quanto ci si sente pronti, o facendo equivalere il miglioramento ottenuto (anche completo) ad un indice di non ricaduta. Usando questi criteri non si minimizza il rischio di ricaduta, anzi a volte si decide prematuramente di sospendere le cure.
Purtroppo in psichiatria, a differenza che nelle altre branche della medicina, si equivoca il benessere come fosse un fenomeno spontaneo, e non indotto e sostenuto dalla cura in primo luogo.
mi sembrerebbe se mai che una decisione su una terapia farmacologica debba prenderla in prima istanza il medico, non lo psicologo.
Creda cosa vuole, non è invece un criterio utile a prevedere il rischio di ricadute. Essere ottimisti non serve a questo, la percentuale di ricaduta non cambia, per cui lo star bene (da lungo tempo) è una cosa, il "sentirsi pronti" invece non ha significato clinico rispetto al rischio di ricaduta. Il discorso è l'inverso, se si vede la percentuale di successo si tende a regolarsi sulla base di quanto ci si sente pronti, o facendo equivalere il miglioramento ottenuto (anche completo) ad un indice di non ricaduta. Usando questi criteri non si minimizza il rischio di ricaduta, anzi a volte si decide prematuramente di sospendere le cure.
Purtroppo in psichiatria, a differenza che nelle altre branche della medicina, si equivoca il benessere come fosse un fenomeno spontaneo, e non indotto e sostenuto dalla cura in primo luogo.
[#6]
Gentile utente,
mi sembrerebbe se mai che una decisione su una terapia farmacologica debba prenderla in prima istanza il medico, non lo psicologo.
Creda cosa vuole, non è invece un criterio utile a prevedere il rischio di ricadute. Essere ottimisti non serve a questo, la percentuale di ricaduta non cambia, per cui lo star bene (da lungo tempo) è una cosa, il "sentirsi pronti" invece non ha significato clinico rispetto al rischio di ricaduta. Il discorso è l'inverso, se si vede la percentuale di successo si tende a regolarsi sulla base di quanto ci si sente pronti, o facendo equivalere il miglioramento ottenuto (anche completo) ad un indice di non ricaduta. Usando questi criteri non si minimizza il rischio di ricaduta, anzi a volte si decide prematuramente di sospendere le cure.
Purtroppo in psichiatria, a differenza che nelle altre branche della medicina, si equivoca il benessere come fosse un fenomeno spontaneo, e non indotto e sostenuto dalla cura in primo luogo.
mi sembrerebbe se mai che una decisione su una terapia farmacologica debba prenderla in prima istanza il medico, non lo psicologo.
Creda cosa vuole, non è invece un criterio utile a prevedere il rischio di ricadute. Essere ottimisti non serve a questo, la percentuale di ricaduta non cambia, per cui lo star bene (da lungo tempo) è una cosa, il "sentirsi pronti" invece non ha significato clinico rispetto al rischio di ricaduta. Il discorso è l'inverso, se si vede la percentuale di successo si tende a regolarsi sulla base di quanto ci si sente pronti, o facendo equivalere il miglioramento ottenuto (anche completo) ad un indice di non ricaduta. Usando questi criteri non si minimizza il rischio di ricaduta, anzi a volte si decide prematuramente di sospendere le cure.
Purtroppo in psichiatria, a differenza che nelle altre branche della medicina, si equivoca il benessere come fosse un fenomeno spontaneo, e non indotto e sostenuto dalla cura in primo luogo.
[#8]
Gentile utente,
La psichiatra indica una sua prescrizione. La psicologa se mai appoggia. Lei ha detto il contrario (psicologa appoggiata dalla psichiatra).
Vedo che non coglie il senso del problema. Chi decide ca camminare con le sue gambe deve fare i conti con le sue gambe, in questo caso il cervello. Forse il disturbo è guarito, forse no. Forse per un po' sta "buono" e poi si fa risentire. Forse invece mai più, ma non è la probabilità maggiore.
In tutto questo, giocano quanto è durata la cura, e se i sintomi sono spariti completamente.
Detto questo, non è che "essere convinti" aggiunga niente, anzi, sarebbe meglio avere una visione oggettiva del problema, come la avrebbe di altre malattie. Non credo che chi ha avuto un infarto o una polmonite ci tenga a essere più o menoo ottimista e a "camminare con le proprie gambe" senza curarsi di sapere quali sono le cose da attendersi.
Inoltre lei ha camminato con le sue gambe sempre, quando ha deciso di curarsi, quando ha preso la cura, e dopo quando ha continuato a prenderla. Purtroppo però vive questa condizione come "disdicevole", per cui preferirebbe non prendere più la cura non per un comprensibile desiderio di non doversene più preoccupare, quanto per l'idea di dover provare di farcela da sola, come se fosse vergognoso non avercela fatta e aver avuto il disturbo.
Queste due ultime idee sono errate e condizionano una serie di scelte e di ritardi. Ad esempio, se dovesse avere un nuovo episodio dopo aver sospeso, magari mesi dopo, sarebbe spinta da queste idee a ritardare la cura per evitare di tornare a prendere terapie, e questo sarebbe un errore.
Non deve rivolgersi a nessuno in particolare, ha già uno psichiatra, chiarisca però il da farsi in caso di ricaduta. L'ottimismo non ha bisogno di essere discusso, cosa fare in caso di ricaduta sì.
La psichiatra indica una sua prescrizione. La psicologa se mai appoggia. Lei ha detto il contrario (psicologa appoggiata dalla psichiatra).
Vedo che non coglie il senso del problema. Chi decide ca camminare con le sue gambe deve fare i conti con le sue gambe, in questo caso il cervello. Forse il disturbo è guarito, forse no. Forse per un po' sta "buono" e poi si fa risentire. Forse invece mai più, ma non è la probabilità maggiore.
In tutto questo, giocano quanto è durata la cura, e se i sintomi sono spariti completamente.
Detto questo, non è che "essere convinti" aggiunga niente, anzi, sarebbe meglio avere una visione oggettiva del problema, come la avrebbe di altre malattie. Non credo che chi ha avuto un infarto o una polmonite ci tenga a essere più o menoo ottimista e a "camminare con le proprie gambe" senza curarsi di sapere quali sono le cose da attendersi.
Inoltre lei ha camminato con le sue gambe sempre, quando ha deciso di curarsi, quando ha preso la cura, e dopo quando ha continuato a prenderla. Purtroppo però vive questa condizione come "disdicevole", per cui preferirebbe non prendere più la cura non per un comprensibile desiderio di non doversene più preoccupare, quanto per l'idea di dover provare di farcela da sola, come se fosse vergognoso non avercela fatta e aver avuto il disturbo.
Queste due ultime idee sono errate e condizionano una serie di scelte e di ritardi. Ad esempio, se dovesse avere un nuovo episodio dopo aver sospeso, magari mesi dopo, sarebbe spinta da queste idee a ritardare la cura per evitare di tornare a prendere terapie, e questo sarebbe un errore.
Non deve rivolgersi a nessuno in particolare, ha già uno psichiatra, chiarisca però il da farsi in caso di ricaduta. L'ottimismo non ha bisogno di essere discusso, cosa fare in caso di ricaduta sì.
[#9]
Ex utente
Gentile dottore,
ho gia' parlato sia con psichiatra che con psicloga di cosa fare in caso di ricaduta (che ho messo in bilancio le assicuro). Mi dispiace aver fatto intendere che considero la cura fatta "disdicevole": considerando che mi ha aiutato a stare bene non la considero assolutamente tale e anzi so che nel caso di un eventuale ricaduta potra' essermi di aiuto. Come avevo detto nel mio primo messaggio, in cui semplicemente chiedevo se fosse normale riscontrare alcuni "effetti" da sospensione, ho in programma una gravidanza, e le medicine di cui parliamo non possono essere compatibili con essa.
Ringraziando per l'aiuto le faccio i miei migliori auguri.
ho gia' parlato sia con psichiatra che con psicloga di cosa fare in caso di ricaduta (che ho messo in bilancio le assicuro). Mi dispiace aver fatto intendere che considero la cura fatta "disdicevole": considerando che mi ha aiutato a stare bene non la considero assolutamente tale e anzi so che nel caso di un eventuale ricaduta potra' essermi di aiuto. Come avevo detto nel mio primo messaggio, in cui semplicemente chiedevo se fosse normale riscontrare alcuni "effetti" da sospensione, ho in programma una gravidanza, e le medicine di cui parliamo non possono essere compatibili con essa.
Ringraziando per l'aiuto le faccio i miei migliori auguri.
[#10]
Ex utente
Buongiorno,
aggiorno dicendo che la nausea e' quasi del tutto svanita, con essa l'insonnia e a poco a poco anche la tensione si sta allentando. Permane un po' di stitichezza, sento come se il mio intestino, di solito fin troppo attivo, si sia rilassato! Puo' dipendere anche questo dalla sopensione?
Grazie mille dell'aiuto e Buon Anno!
aggiorno dicendo che la nausea e' quasi del tutto svanita, con essa l'insonnia e a poco a poco anche la tensione si sta allentando. Permane un po' di stitichezza, sento come se il mio intestino, di solito fin troppo attivo, si sia rilassato! Puo' dipendere anche questo dalla sopensione?
Grazie mille dell'aiuto e Buon Anno!
[#12]
Ex utente
Grazie dottore della risposta.
Preoccupazione in che senso? La sua espressa gia' piu' volte sull'idea di sospendere la medicina?
La domanda specifica forse potrebbe essere: puo' la paroxetina incidere sulle funzionalita' intestinali? La rivolgero' sicuramente al piu' presto al mio medico curante.
Buona Giornata
Preoccupazione in che senso? La sua espressa gia' piu' volte sull'idea di sospendere la medicina?
La domanda specifica forse potrebbe essere: puo' la paroxetina incidere sulle funzionalita' intestinali? La rivolgero' sicuramente al piu' presto al mio medico curante.
Buona Giornata
[#13]
No, la sua sui sintomi da sospensione.
Domande del tipo "può", nel caso in cui la risposta sia "sì, può", cosa cambiano ?
Ha deciso di sospendere una cura, i sintomi che ha avuto si stanno riducendo, la sua preoccupazione invece sembra che non non vada di pari passo.
Domande del tipo "può", nel caso in cui la risposta sia "sì, può", cosa cambiano ?
Ha deciso di sospendere una cura, i sintomi che ha avuto si stanno riducendo, la sua preoccupazione invece sembra che non non vada di pari passo.
[#14]
Ex utente
MI dispiace che l'impressione sia questa e forse e' proprio dovuta ai limiti del dialogo via web, ma non ne sono preoccupata.
La mia era esclusivamente curiosita': sicuramente ammetto di essere una persona molto attenta ai segnali del proprio corpo, ma le assicuro che so come mi sento quando sono preoccupata e questo non e' proprio il caso.
Grazie comunque e rinnovo gli auguri
La mia era esclusivamente curiosita': sicuramente ammetto di essere una persona molto attenta ai segnali del proprio corpo, ma le assicuro che so come mi sento quando sono preoccupata e questo non e' proprio il caso.
Grazie comunque e rinnovo gli auguri
[#15]
Gentile utente,
era un modo per dire che nonostante Lei stessa dica che le cose vanno meglio, e nonostante la sospensione sia una ragione a cui già in partenza era preparata, ha ancora un'attenzione ai segnali che non sembra andare in parallelo con la riduzione di questi segnali.
era un modo per dire che nonostante Lei stessa dica che le cose vanno meglio, e nonostante la sospensione sia una ragione a cui già in partenza era preparata, ha ancora un'attenzione ai segnali che non sembra andare in parallelo con la riduzione di questi segnali.
Questo consulto ha ricevuto 15 risposte e 3.1k visite dal 23/12/2010.
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