Derealizzazione e ipoemozionabilità visiva
Gentile Dott.,
sono una ragazza di 23 anni e da circa 2 anni soffro di derealizzazione. Tutto è iniziato quando durante una vacanza estiva ho fatto massimo 5 tiri di una canna. Subito dopo aver fumato è comparso un intenso episodio di derealizzazione. Dopo quell'evento non ne ho più avuti, tranne da un anno circa in cui la derealizzazione è presente praticamente sempre.
Sono in psicoterapia da 2 anni e non ho mai preso alcun farmaco perchè fino a quando la mia vita sociale, familiare, e lavorativa sarà "salva" non voglio diventare dipendente di alcun farmaco, e perchè secondo la mia terapeuta non sono assolutamente necessari.
Qualche mese fa ho sofferto di attacchi di panico, che sono cessati nell'esatto momento in cui ho accettato i continui convincimenti della mia psicoterapeuta che non era nulla di organico, ma solo ansia.
Ho una vita familiare un pò difficile, con un padre ipocondriaco e di cui mi prendo interamente cura solo io (la derealizzazione è iniziata quando in quella vacanza ricevevo telefonate di mio padre in cui mi assillava con le sue malattie e mi diceva, in modo "velato" di tornare).
Ho scoperto in terapia di soffrire anche di dipendenza affettiva.
Le ho esposto questo breve quadro nel caso in cui fosse importante.
Avrei due domande da farle:
- Quella canna due anni fa ha provocato il disturbo, o sarebbe lo stesso spuntato anche senza aver fumato(non faccio assolutamente uso di droghe e quei 5 tiri sono stati il massimo che ho fatto)?
-Ho letto che la derealizzazione può dipendere dall'Ipoemozionabilità visiva, cosa è? Il suo trattamento può curare la derealizzazione? Quali esami devo fare per constatare se ho l'ipoemozionabilità visiva?
sono una ragazza di 23 anni e da circa 2 anni soffro di derealizzazione. Tutto è iniziato quando durante una vacanza estiva ho fatto massimo 5 tiri di una canna. Subito dopo aver fumato è comparso un intenso episodio di derealizzazione. Dopo quell'evento non ne ho più avuti, tranne da un anno circa in cui la derealizzazione è presente praticamente sempre.
Sono in psicoterapia da 2 anni e non ho mai preso alcun farmaco perchè fino a quando la mia vita sociale, familiare, e lavorativa sarà "salva" non voglio diventare dipendente di alcun farmaco, e perchè secondo la mia terapeuta non sono assolutamente necessari.
Qualche mese fa ho sofferto di attacchi di panico, che sono cessati nell'esatto momento in cui ho accettato i continui convincimenti della mia psicoterapeuta che non era nulla di organico, ma solo ansia.
Ho una vita familiare un pò difficile, con un padre ipocondriaco e di cui mi prendo interamente cura solo io (la derealizzazione è iniziata quando in quella vacanza ricevevo telefonate di mio padre in cui mi assillava con le sue malattie e mi diceva, in modo "velato" di tornare).
Ho scoperto in terapia di soffrire anche di dipendenza affettiva.
Le ho esposto questo breve quadro nel caso in cui fosse importante.
Avrei due domande da farle:
- Quella canna due anni fa ha provocato il disturbo, o sarebbe lo stesso spuntato anche senza aver fumato(non faccio assolutamente uso di droghe e quei 5 tiri sono stati il massimo che ho fatto)?
-Ho letto che la derealizzazione può dipendere dall'Ipoemozionabilità visiva, cosa è? Il suo trattamento può curare la derealizzazione? Quali esami devo fare per constatare se ho l'ipoemozionabilità visiva?
[#1]
Gentile utente
se ha fiducia nella sua terapeuta perché postare qui queste domande le cui risposte dovrebbero contrapporsi ad ella?
se ha fiducia nella sua terapeuta perché postare qui queste domande le cui risposte dovrebbero contrapporsi ad ella?
https://wa.me/3908251881139
https://www.instagram.com/psychiatrist72/
[#2]
Gentile utente,
Mi sembra abbia le idee confuse. L'ansia è un sintomo, non è "niente", deriva dal cervello che è un organo, quindi espressione di un'attività organica. Non per niente la cannabis può provocarli.
Perché ha questa strana idea che se prende medicine sviluppa questa fantomatica "dipendenza" (concetto che non esiste, è solo il negativo del mancato riconoscimento della malattia psichica).
La dipendenza affettiva è per il momento un modo di dire, e non una diagnosi psichiatrica propriamente detta, è un aspetto comune di tutti i disturbi dell'umore con una componente depressiva.
I sintomi non provocano altri sintomi: emozioni che provocano derealizzazione etc. I sintomi sono espressione del cervello, il cervello che produce alcuni sintomi ne può produrre anche altri, insieme, in sequenza, prima o dopo, in fasi diverse.
Ha una derealizzazione, ma chiede cosa significa ipoemozionabilità visiva: le è stato spiegato in cosa consiste la derealizzazione ? Non si capisce altrimenti il motivo di questa domanda, perché chiedere il senso di sintomi inerenti al proprio disturbo ?
Gli attacchi di panico non si controllano, se si sono estinti per fortuna hanno avuto questo decorso, nessuno impara a non farli venire, solo a gestirli quando sono lievi.
Conclusione: la posizione di escludere terapie potenzialmente efficaci ha poco senso per Lei, sulla base di concetti che esprimono più timori o convinzioni erronee sulle cure psichiatriche mediante medicinali. Niente vieta di associare psicoterapia e medicinali.
Mi sembra abbia le idee confuse. L'ansia è un sintomo, non è "niente", deriva dal cervello che è un organo, quindi espressione di un'attività organica. Non per niente la cannabis può provocarli.
Perché ha questa strana idea che se prende medicine sviluppa questa fantomatica "dipendenza" (concetto che non esiste, è solo il negativo del mancato riconoscimento della malattia psichica).
La dipendenza affettiva è per il momento un modo di dire, e non una diagnosi psichiatrica propriamente detta, è un aspetto comune di tutti i disturbi dell'umore con una componente depressiva.
I sintomi non provocano altri sintomi: emozioni che provocano derealizzazione etc. I sintomi sono espressione del cervello, il cervello che produce alcuni sintomi ne può produrre anche altri, insieme, in sequenza, prima o dopo, in fasi diverse.
Ha una derealizzazione, ma chiede cosa significa ipoemozionabilità visiva: le è stato spiegato in cosa consiste la derealizzazione ? Non si capisce altrimenti il motivo di questa domanda, perché chiedere il senso di sintomi inerenti al proprio disturbo ?
Gli attacchi di panico non si controllano, se si sono estinti per fortuna hanno avuto questo decorso, nessuno impara a non farli venire, solo a gestirli quando sono lievi.
Conclusione: la posizione di escludere terapie potenzialmente efficaci ha poco senso per Lei, sulla base di concetti che esprimono più timori o convinzioni erronee sulle cure psichiatriche mediante medicinali. Niente vieta di associare psicoterapia e medicinali.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#3]
Utente
Prima di tutto ringrazio per la risposta di entrambi gli esperti.
Per il Dott.Francesco Saverio Ruggiero: ho postato qui la mia domanda perchè nei forum spesso questo tipo di disturbo viene inserito in psichiatria, e quindi mi sembrava giusto farlo anche qui.
Per il Dott. Pacini: 1) sul fatto della cannabis, non ho capito bene....può quindi aver provocato la derealizzazione? Io non ne ho mai fatto uso, tranne quei 5 tiri per provare. Un solo uso può effettivamente aver dato vita a tutto quello che oggi vivo?
2) Il farmaco è per me un grande problema poterlo assumerlo, sia perchè a livello culturale si sa che prenderlo è come riconoscere di essere "malato" quasi come se non si avesse più via di scampo. Conosco molte persone (anche se all'estremo livello psicotico) che prendono i farmaci e si riducono come persone senza più spirito di vita e senza voglia di fare nulla, e io così non ci voglio diventare. Magari tutto dipende dalle giuste dosi e dal fatto di mettersi in "buone mani" ma sono un pò contraria a questo tipo di trattamento, tranne in casi gravi quando viene compremessa la vita sociale.
3) Rispetto agli attacchi di panico, so che non si controllano perchè li ho provati sulla mia pelle, però penso anche che se si conosce il motivo e l'evento che li scatena si possono comprendere e gestirli meglio. Insomma ci si da un senso e un motivo a quello che stiamo vivendo, e non sono quindi del tutto estranei alla nostra vita, li prendiamo come parte importanti di noi stessi.
4) So benissimo cosa è la derealizzazione, ma non so bene cosa è questa ipoemozionabilità visiva perchè avevo letto che può dipendere da questo la derealizzazione. Siccome io quando derealizzo vedo anche tutto un pò strano volevo un consiglio sugli esami che eventualmente si possono fare per accertarne la presenza.
Mi scuso se la mia domanda è apparsa come un attacco alla alle vostre idee, ma era ben lontano da me questo intento.
Cordiali saluti
Per il Dott.Francesco Saverio Ruggiero: ho postato qui la mia domanda perchè nei forum spesso questo tipo di disturbo viene inserito in psichiatria, e quindi mi sembrava giusto farlo anche qui.
Per il Dott. Pacini: 1) sul fatto della cannabis, non ho capito bene....può quindi aver provocato la derealizzazione? Io non ne ho mai fatto uso, tranne quei 5 tiri per provare. Un solo uso può effettivamente aver dato vita a tutto quello che oggi vivo?
2) Il farmaco è per me un grande problema poterlo assumerlo, sia perchè a livello culturale si sa che prenderlo è come riconoscere di essere "malato" quasi come se non si avesse più via di scampo. Conosco molte persone (anche se all'estremo livello psicotico) che prendono i farmaci e si riducono come persone senza più spirito di vita e senza voglia di fare nulla, e io così non ci voglio diventare. Magari tutto dipende dalle giuste dosi e dal fatto di mettersi in "buone mani" ma sono un pò contraria a questo tipo di trattamento, tranne in casi gravi quando viene compremessa la vita sociale.
3) Rispetto agli attacchi di panico, so che non si controllano perchè li ho provati sulla mia pelle, però penso anche che se si conosce il motivo e l'evento che li scatena si possono comprendere e gestirli meglio. Insomma ci si da un senso e un motivo a quello che stiamo vivendo, e non sono quindi del tutto estranei alla nostra vita, li prendiamo come parte importanti di noi stessi.
4) So benissimo cosa è la derealizzazione, ma non so bene cosa è questa ipoemozionabilità visiva perchè avevo letto che può dipendere da questo la derealizzazione. Siccome io quando derealizzo vedo anche tutto un pò strano volevo un consiglio sugli esami che eventualmente si possono fare per accertarne la presenza.
Mi scuso se la mia domanda è apparsa come un attacco alla alle vostre idee, ma era ben lontano da me questo intento.
Cordiali saluti
[#4]
Gentile utente,
le ho fatto la domanda non per sapere perche' aveva deciso di postare in psichiatria ma perche' ha postato una argomentazione che chiaramente e' stata oggetto di discussione con la sua terapeuta e per la quale avrebbe ottenuto delle risposte.
Se il dubbio in merito al trattamento, alla diagnosi o quanto altro attiene ai suoi disturbi, è ancora presente è molto probabile che c'e' qualche problema di funzionamento del suo trattamento attuale che, forse, non compensa totalmente cio' che la disturba allo stato attuale.
Alcune sue affermazioni sembrano essere legate a dei fondamenti fantastici che, in qualche modo, cerca di utilizzare come autoconvincimento su quelli che sono i suoi disturbi.
le ho fatto la domanda non per sapere perche' aveva deciso di postare in psichiatria ma perche' ha postato una argomentazione che chiaramente e' stata oggetto di discussione con la sua terapeuta e per la quale avrebbe ottenuto delle risposte.
Se il dubbio in merito al trattamento, alla diagnosi o quanto altro attiene ai suoi disturbi, è ancora presente è molto probabile che c'e' qualche problema di funzionamento del suo trattamento attuale che, forse, non compensa totalmente cio' che la disturba allo stato attuale.
Alcune sue affermazioni sembrano essere legate a dei fondamenti fantastici che, in qualche modo, cerca di utilizzare come autoconvincimento su quelli che sono i suoi disturbi.
[#5]
Utente
Scusi Dott. allora non avevo ben capito il suo commento.
Si, a volte credo che in terapia non sto facendo passi avanti rispetto alla derealizzazione. Magari altri problemi li affronto completamente e con piacere, li supero pure, però della derealizzazione sono io stessa che non ne parlo, forse per un senso di vergogna e forse perchè solo chi la vive la può capire.
Sono anche convinta che non guarirò mai, perchè si sa che il decorso è cronico, quindi questo blocca la mia disponibilità a parlarne.
Si, a volte credo che in terapia non sto facendo passi avanti rispetto alla derealizzazione. Magari altri problemi li affronto completamente e con piacere, li supero pure, però della derealizzazione sono io stessa che non ne parlo, forse per un senso di vergogna e forse perchè solo chi la vive la può capire.
Sono anche convinta che non guarirò mai, perchè si sa che il decorso è cronico, quindi questo blocca la mia disponibilità a parlarne.
[#6]
Gentile utente,
La cannabis può essere stato un fattore scatenante, non si ritiene che al momento su questo tipo di sintomi cambierebbe comunque qualcosa rispetto al trattamento.
Per quanto concerne la cura, i ragionamenti sul farmaco o non-farmaco non sono costruttivi. In nessuna branca della medicina lei deciderebbe cosa evitare o meno, partirebbe dalla considerazione di ciò che funziona o meno, affidandosi ovviamente al giudizio di uno specialista.
E' privo di fondamento che si debba operare una scelta tra un metodo e l'altro, essendo i due compatibili e associabili.
Gli attacchi di panico non hanno fattori e motivi noti, sono fenomeni spontanei.
Ancora ha idee assurde sul rapporto tra medicina e malattia: gli psicotici che prendono farmaci a vita "diventano" curati dai sintomi psicotici. Non si capisce perché accomuni in maniera allarmistica una cosa con un'altra. Se ha una bronchite prende l'antibiotico o non lo fa perché conosce chi ha preso le medicine per tutta la vita perché soffriva di enfisema ?
Lei ha fobia delle malattie mentali e su questo si regola per fare le sue scelte, secondo l'equazione assurda: curarsi = esser malati. Non ha senso. Altrimenti lo avrebbe anche per la psicoterapia, non è che siano due metodi diversi, entrambi biologici e organici.
La cannabis può essere stato un fattore scatenante, non si ritiene che al momento su questo tipo di sintomi cambierebbe comunque qualcosa rispetto al trattamento.
Per quanto concerne la cura, i ragionamenti sul farmaco o non-farmaco non sono costruttivi. In nessuna branca della medicina lei deciderebbe cosa evitare o meno, partirebbe dalla considerazione di ciò che funziona o meno, affidandosi ovviamente al giudizio di uno specialista.
E' privo di fondamento che si debba operare una scelta tra un metodo e l'altro, essendo i due compatibili e associabili.
Gli attacchi di panico non hanno fattori e motivi noti, sono fenomeni spontanei.
Ancora ha idee assurde sul rapporto tra medicina e malattia: gli psicotici che prendono farmaci a vita "diventano" curati dai sintomi psicotici. Non si capisce perché accomuni in maniera allarmistica una cosa con un'altra. Se ha una bronchite prende l'antibiotico o non lo fa perché conosce chi ha preso le medicine per tutta la vita perché soffriva di enfisema ?
Lei ha fobia delle malattie mentali e su questo si regola per fare le sue scelte, secondo l'equazione assurda: curarsi = esser malati. Non ha senso. Altrimenti lo avrebbe anche per la psicoterapia, non è che siano due metodi diversi, entrambi biologici e organici.
[#7]
Utente
Quindi mi sono praticamente rovinata con le mie stesse mani solo per qualche tiro di canna? Oppure c'è già una predispozione della persona e la derealizzazione sarebbe comunque comparsa nel tempo?
Comunque credo proprio che lei abbia centrato il vero problema e cioè che la mia paura più grande è diventare "pazza" come la società chiama chi ha un disturbo grave!
Non so se lei Dott, ha mai derealizzato ma il pensiro unico che assilla è la paura di perdere ogni controllo su se stessi.
Comunque credo proprio che lei abbia centrato il vero problema e cioè che la mia paura più grande è diventare "pazza" come la società chiama chi ha un disturbo grave!
Non so se lei Dott, ha mai derealizzato ma il pensiro unico che assilla è la paura di perdere ogni controllo su se stessi.
[#8]
Gentile utente,
La cannabis può essere stato un fattore scatenante, non si ritiene che al momento su questo tipo di sintomi cambierebbe comunque qualcosa rispetto al trattamento.
Per quanto concerne la cura, i ragionamenti sul farmaco o non-farmaco non sono costruttivi. In nessuna branca della medicina lei deciderebbe cosa evitare o meno, partirebbe dalla considerazione di ciò che funziona o meno, affidandosi ovviamente al giudizio di uno specialista.
E' privo di fondamento che si debba operare una scelta tra un metodo e l'altro, essendo i due compatibili e associabili.
Gli attacchi di panico non hanno fattori e motivi noti, sono fenomeni spontanei.
Ancora ha idee assurde sul rapporto tra medicina e malattia: gli psicotici che prendono farmaci a vita "diventano" curati dai sintomi psicotici. Non si capisce perché accomuni in maniera allarmistica una cosa con un'altra. Se ha una bronchite prende l'antibiotico o non lo fa perché conosce chi ha preso le medicine per tutta la vita perché soffriva di enfisema ?
Lei ha fobia delle malattie mentali e su questo si regola per fare le sue scelte, secondo l'equazione assurda: curarsi = esser malati. Non ha senso. Altrimenti lo avrebbe anche per la psicoterapia, non è che siano due metodi diversi, entrambi biologici e organici.
La cannabis può essere stato un fattore scatenante, non si ritiene che al momento su questo tipo di sintomi cambierebbe comunque qualcosa rispetto al trattamento.
Per quanto concerne la cura, i ragionamenti sul farmaco o non-farmaco non sono costruttivi. In nessuna branca della medicina lei deciderebbe cosa evitare o meno, partirebbe dalla considerazione di ciò che funziona o meno, affidandosi ovviamente al giudizio di uno specialista.
E' privo di fondamento che si debba operare una scelta tra un metodo e l'altro, essendo i due compatibili e associabili.
Gli attacchi di panico non hanno fattori e motivi noti, sono fenomeni spontanei.
Ancora ha idee assurde sul rapporto tra medicina e malattia: gli psicotici che prendono farmaci a vita "diventano" curati dai sintomi psicotici. Non si capisce perché accomuni in maniera allarmistica una cosa con un'altra. Se ha una bronchite prende l'antibiotico o non lo fa perché conosce chi ha preso le medicine per tutta la vita perché soffriva di enfisema ?
Lei ha fobia delle malattie mentali e su questo si regola per fare le sue scelte, secondo l'equazione assurda: curarsi = esser malati. Non ha senso. Altrimenti lo avrebbe anche per la psicoterapia, non è che siano due metodi diversi, entrambi biologici e organici.
[#11]
Gentile utente,
"Quindi mi sono praticamente rovinata con le mie stesse mani solo per qualche tiro di canna?"
Mi pare di aver detto il contrario.
La risposta doppione è un errore del sistema, ma dato che ci siamo la rilegga.
Saluti
"Quindi mi sono praticamente rovinata con le mie stesse mani solo per qualche tiro di canna?"
Mi pare di aver detto il contrario.
La risposta doppione è un errore del sistema, ma dato che ci siamo la rilegga.
Saluti
[#12]
Utente
Dott. Pacini la ringrazio della sua risposta, mi tranquillizza molto!
Forse devo riflettere un pò di più su cosa mi sta succedendo, su quali sono stati gli eventi scatenanti.
Già che ci sono potrei riflettere su cyhe significato hanno per me i farmaci e perchè ne ho così tanta paura. Ma intanto nessuno mi ha mai detto di doverli prendere quindi le mie forse sono preoccupazioni infondate.
Un'ultima domanda...ma cosa si intende per "disturbo cronico"?
Forse devo riflettere un pò di più su cosa mi sta succedendo, su quali sono stati gli eventi scatenanti.
Già che ci sono potrei riflettere su cyhe significato hanno per me i farmaci e perchè ne ho così tanta paura. Ma intanto nessuno mi ha mai detto di doverli prendere quindi le mie forse sono preoccupazioni infondate.
Un'ultima domanda...ma cosa si intende per "disturbo cronico"?
[#13]
Gentile utente,
più che riflettere mi farei fare una diagnosi e seguirei le indicazioni terapeutiche, la riflessione è cosa buona ma purtroppo in parte è guidata dalla paura.
Cronico ha due significati: a) che sta andando avanti da un po' di tempo (in parole povere); b) che si prevede abbia un decorso persistente, dato che sta andando avanti da un po' di tempo.
più che riflettere mi farei fare una diagnosi e seguirei le indicazioni terapeutiche, la riflessione è cosa buona ma purtroppo in parte è guidata dalla paura.
Cronico ha due significati: a) che sta andando avanti da un po' di tempo (in parole povere); b) che si prevede abbia un decorso persistente, dato che sta andando avanti da un po' di tempo.
[#14]
Utente
Ma la derealizzazione può arrivare a un livello psicotico?
Per la mia terapeuta,momentaneamente, è a livello nevrotico, perchè diciamo che "il resto è apposto".
Ho una vita sociale, universitaria,affettiva normale, non ho mai trascurato nulla da quando ho questo problema, conduco la vita di sempre con una compagna in più, la derealizzazione.
Se io avessi la certezza che rimane per sempre così stabile sarei la più felice del mondo, ma purtroppo solo il tempo mi darà una risposta. Ed è proprio questa incertezza che mi mette il terrore, infatti per la mia terapeuta la mia paura prende le forme di una preoccupazione ipocondriaca, come anche il fatto che mi faccio le autoanalisi e la prognosi senza che nessuno mi abbia detto nulla.
Poi ho la fortuna, rispetto ad altri, che derealizzo quando ci penso, nel senso che questa sensazione di vivere in un sogno non mi prende alla sprovvista, è come se io penso "oh, guarda non sto derealizzando" però nell'esatto momento in cui ci penso eccola là che spunta!
La riconosco e cerco di distrarmi perchè per me questa è la miglior cura, anche se sono convinta che mai arriverò ad una guarigione!
Per la mia terapeuta,momentaneamente, è a livello nevrotico, perchè diciamo che "il resto è apposto".
Ho una vita sociale, universitaria,affettiva normale, non ho mai trascurato nulla da quando ho questo problema, conduco la vita di sempre con una compagna in più, la derealizzazione.
Se io avessi la certezza che rimane per sempre così stabile sarei la più felice del mondo, ma purtroppo solo il tempo mi darà una risposta. Ed è proprio questa incertezza che mi mette il terrore, infatti per la mia terapeuta la mia paura prende le forme di una preoccupazione ipocondriaca, come anche il fatto che mi faccio le autoanalisi e la prognosi senza che nessuno mi abbia detto nulla.
Poi ho la fortuna, rispetto ad altri, che derealizzo quando ci penso, nel senso che questa sensazione di vivere in un sogno non mi prende alla sprovvista, è come se io penso "oh, guarda non sto derealizzando" però nell'esatto momento in cui ci penso eccola là che spunta!
La riconosco e cerco di distrarmi perchè per me questa è la miglior cura, anche se sono convinta che mai arriverò ad una guarigione!
[#15]
Gentile utente,
Quel che emerge dal consulto è una attenzione ai propri sintomi, tipica piuttosto dell'ipocondria sui sintomi (in questo caso psichici) che non del disturbi da derealizzazione propriamente detto. Nella sequenza che lei ha descritto prima c'è la preoccupazione, poi compare una cosa che più che il sintomo è il sintomo misurato con il metro della preoccupazione: quando si misura con la paura si trova sempre "qualcosina" che spesso è descritto in termini sproporzionati rispetto alla oggettiva interferenza, ovvero dire di avere il tal sintomo "forte" o "sempre" ma essere poi in grado di agire più o meno normalmente visti da fuori.
Tipica preoccupazione ipocondriaca è quella di "diventare" matti, in cui l'idea è descritta con il termine medico psicotico, ma presumo che significhi genericamente "perdere il controllo di sé".
Conclusione: mi sembra proprio che la sua terapeuta abbia colto la natura della preoccupazione.
Frasi del tipo "sono convinta che non guarirò" mai corrono il rischio di sollecitare negli altri inutili risposte rassicuranti o consolanti. Se questo è un disturbo ed è stato riconosciuto come tale, sarebbe logico utilizzare gli strumenti utili a curarlo. La preoccupazione altrimenti serve solo per farle evitare le cure, come in parte sta facendo quando esclude questo o quello strumento per idee non fondate.
Quel che emerge dal consulto è una attenzione ai propri sintomi, tipica piuttosto dell'ipocondria sui sintomi (in questo caso psichici) che non del disturbi da derealizzazione propriamente detto. Nella sequenza che lei ha descritto prima c'è la preoccupazione, poi compare una cosa che più che il sintomo è il sintomo misurato con il metro della preoccupazione: quando si misura con la paura si trova sempre "qualcosina" che spesso è descritto in termini sproporzionati rispetto alla oggettiva interferenza, ovvero dire di avere il tal sintomo "forte" o "sempre" ma essere poi in grado di agire più o meno normalmente visti da fuori.
Tipica preoccupazione ipocondriaca è quella di "diventare" matti, in cui l'idea è descritta con il termine medico psicotico, ma presumo che significhi genericamente "perdere il controllo di sé".
Conclusione: mi sembra proprio che la sua terapeuta abbia colto la natura della preoccupazione.
Frasi del tipo "sono convinta che non guarirò" mai corrono il rischio di sollecitare negli altri inutili risposte rassicuranti o consolanti. Se questo è un disturbo ed è stato riconosciuto come tale, sarebbe logico utilizzare gli strumenti utili a curarlo. La preoccupazione altrimenti serve solo per farle evitare le cure, come in parte sta facendo quando esclude questo o quello strumento per idee non fondate.
[#17]
Gentile utente,
non è che la paura lo porti a dimensioni smisurate, a volte la paura lo crea proprio, nel senso che il cervello "in preda" alla paura non sa più essere sicuro di avere o non avere un "x" che significa soltanto normalità, ovvero è in costante paura di avere qualcosa di anomalo, fissandosi magari su un tipo di dubbio. E' ovvio che se ci si studia continuamente su un parametro, si finisce per alterarlo di per sé, o per non capire più qual'è la normalità.
Si lasci guidare dalla sua terapeuta, ma impieghi i mezzi conosciuti e utili, anche in associazione tra di loro, senza fare inopportune esclusioni a priori.
Rimanere bloccati sulla questione "c'è o non c'è" è un blocco nel blocco. Non serve.
non è che la paura lo porti a dimensioni smisurate, a volte la paura lo crea proprio, nel senso che il cervello "in preda" alla paura non sa più essere sicuro di avere o non avere un "x" che significa soltanto normalità, ovvero è in costante paura di avere qualcosa di anomalo, fissandosi magari su un tipo di dubbio. E' ovvio che se ci si studia continuamente su un parametro, si finisce per alterarlo di per sé, o per non capire più qual'è la normalità.
Si lasci guidare dalla sua terapeuta, ma impieghi i mezzi conosciuti e utili, anche in associazione tra di loro, senza fare inopportune esclusioni a priori.
Rimanere bloccati sulla questione "c'è o non c'è" è un blocco nel blocco. Non serve.
[#18]
Utente
Va bene, ho capito cosa mi vuole consigliare!
Che è anche vero che la paura crea a volte il sintomo. Per esempio quando ho avuto la derealizzazione all'inizio non sapevo neppure che esistesse, e anche se l'avevo non ci davo per nulla conto. Quando poi ho scoperto il suo nome e quindi un'entità, mi sono "fissata" e non me la sono più totalta da addosso!
Che è anche vero che la paura crea a volte il sintomo. Per esempio quando ho avuto la derealizzazione all'inizio non sapevo neppure che esistesse, e anche se l'avevo non ci davo per nulla conto. Quando poi ho scoperto il suo nome e quindi un'entità, mi sono "fissata" e non me la sono più totalta da addosso!
Questo consulto ha ricevuto 19 risposte e 9.2k visite dal 29/11/2010.
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