Depressione da dolore o viceversa?
Gentili Medici
vorrei sottoporre alla vostra attenzione un caso di dolore cronico, da 19 anni, per avere indicazioni e informazioni, scusandomi innanzitutto per il linguaggio non scientifico e limitandomi al racconto dei fatti.
Anna nata nel '55, psicologa presso una asl, coniugata senza figli, nel 1988 accusa su tutto il corpo dolori persistenti che le indagini non riconducono a nessuna origine fisica. Nel momento in cui il dolore si manifesta Anna è in analisi, per motivi di lavoro, presso un analista freudiano che identifica il dolore come manifestazione di una depressione dovuta a carenze affettive durante l'infanzia. La famiglia di Anna, padre madre fratello di poco più giovane, ha origini contadine, situazione economica consolidata negli anni con il lavoro. Non ci sono al momento e non ci sono stati episodi nè consuetudini di violenza fisica o psicologica. Da quel 1988 in poi la situazione di Anna degenera. Un aborto volontario (il dolore non le permetteva una gravidanza), lunghi periodi di assenza dal lavoro,il divorzio, il trasloco in un'altra casa dove vive tuttora,il prepensionamento per inabilità, il pellegrinaggio da un medico psichiatra all'altro, l'uso di farmaci antidepressivi, ansiolitici ecc. ecc. di cui Anna conosce nome, posologia, e... inefficacia. In cura dal prof. C. si sottopone ai primi cicli di elettroshock, a cui seguiranno altri cicli negli anni, fino al 3 anni fa, con risultati che durano il tempo del ricovero e del ritorno a casa (quasi mai più di una settimana). Seguono ricoveri, almeno due volte all'anno, presso varie cliniche psichiatriche dove le vengono somministrati in vena psicofarmaci che risultano efficaci, nel senso che Anna non ha dolori, soltanto durante il ricovero.
Anna non condivide l'origine mentale del suo dolore, non è d'accordo, anche se poi le segue, sulle terapie dei medici e manifesta rabbia e astio verso i famigliari, in particolare la madre. Continua a voler vivere da sola e tutta la sua esistenza ruota intorno al dolore che le impedisce una vita normale. I contatti con i famigliari sono quasi sempre telefonici, urlati e incentrati unicamente sul dolore e su reiterate minacce di suicidio. Le poche persone che ha vicino, assistenti di una cooperativa sociale, sono solo in funzione del suo stato di malata. Non ha interessi. Al momento, su indicazione del suo ultimo medico, ha effettuato a casa un ciclo di Anafranil (farmaco già utilizzato negli anni passati con risultati alterni).
Tempo fa le era stato suggerito un esame, potenziali evocati, che poi il medico non ha ritenuto opportuno far fare.
Scusandomi per la lunghezza del post, vorrei sapere se è scientificamente possibile verificare se il dolore di Anna ha un'origine non psicogena (?), attraverso quali esami e possibilmente dove ci si deve rivolgere. O, ancora meglio, come affrontare questa situazione tenendo conto di 19 anni di fallimenti sia sul piano del dolore che su quello della depressione e tenendo ancor più conto del fatto che Anna ha solo 52 anni e il diritto di essere curata senza pregiudiziali.
Vi ringrazio per l'attenzione e anticipatamente per le vostre risposte.
Cordiali saluti
vorrei sottoporre alla vostra attenzione un caso di dolore cronico, da 19 anni, per avere indicazioni e informazioni, scusandomi innanzitutto per il linguaggio non scientifico e limitandomi al racconto dei fatti.
Anna nata nel '55, psicologa presso una asl, coniugata senza figli, nel 1988 accusa su tutto il corpo dolori persistenti che le indagini non riconducono a nessuna origine fisica. Nel momento in cui il dolore si manifesta Anna è in analisi, per motivi di lavoro, presso un analista freudiano che identifica il dolore come manifestazione di una depressione dovuta a carenze affettive durante l'infanzia. La famiglia di Anna, padre madre fratello di poco più giovane, ha origini contadine, situazione economica consolidata negli anni con il lavoro. Non ci sono al momento e non ci sono stati episodi nè consuetudini di violenza fisica o psicologica. Da quel 1988 in poi la situazione di Anna degenera. Un aborto volontario (il dolore non le permetteva una gravidanza), lunghi periodi di assenza dal lavoro,il divorzio, il trasloco in un'altra casa dove vive tuttora,il prepensionamento per inabilità, il pellegrinaggio da un medico psichiatra all'altro, l'uso di farmaci antidepressivi, ansiolitici ecc. ecc. di cui Anna conosce nome, posologia, e... inefficacia. In cura dal prof. C. si sottopone ai primi cicli di elettroshock, a cui seguiranno altri cicli negli anni, fino al 3 anni fa, con risultati che durano il tempo del ricovero e del ritorno a casa (quasi mai più di una settimana). Seguono ricoveri, almeno due volte all'anno, presso varie cliniche psichiatriche dove le vengono somministrati in vena psicofarmaci che risultano efficaci, nel senso che Anna non ha dolori, soltanto durante il ricovero.
Anna non condivide l'origine mentale del suo dolore, non è d'accordo, anche se poi le segue, sulle terapie dei medici e manifesta rabbia e astio verso i famigliari, in particolare la madre. Continua a voler vivere da sola e tutta la sua esistenza ruota intorno al dolore che le impedisce una vita normale. I contatti con i famigliari sono quasi sempre telefonici, urlati e incentrati unicamente sul dolore e su reiterate minacce di suicidio. Le poche persone che ha vicino, assistenti di una cooperativa sociale, sono solo in funzione del suo stato di malata. Non ha interessi. Al momento, su indicazione del suo ultimo medico, ha effettuato a casa un ciclo di Anafranil (farmaco già utilizzato negli anni passati con risultati alterni).
Tempo fa le era stato suggerito un esame, potenziali evocati, che poi il medico non ha ritenuto opportuno far fare.
Scusandomi per la lunghezza del post, vorrei sapere se è scientificamente possibile verificare se il dolore di Anna ha un'origine non psicogena (?), attraverso quali esami e possibilmente dove ci si deve rivolgere. O, ancora meglio, come affrontare questa situazione tenendo conto di 19 anni di fallimenti sia sul piano del dolore che su quello della depressione e tenendo ancor più conto del fatto che Anna ha solo 52 anni e il diritto di essere curata senza pregiudiziali.
Vi ringrazio per l'attenzione e anticipatamente per le vostre risposte.
Cordiali saluti
[#1]
Gentile Sig.ra
non è ben chiaro quali siano le caratteristiche del "sintomo" dolore (cioè dove è localizzato, la sua durata nell' arco della giornata,la sua intensità,la tipologia, etc) premesso che la coesistenza del dolore e disturbo depressivo attualmente trova un razionale neurobiologico,vorrei sapere se per caso è mai stata visitata da un reumatologo per una sospetta Fibromialgia.
cordialmente
non è ben chiaro quali siano le caratteristiche del "sintomo" dolore (cioè dove è localizzato, la sua durata nell' arco della giornata,la sua intensità,la tipologia, etc) premesso che la coesistenza del dolore e disturbo depressivo attualmente trova un razionale neurobiologico,vorrei sapere se per caso è mai stata visitata da un reumatologo per una sospetta Fibromialgia.
cordialmente
Tommaso Vannucchi
[#2]
Ex utente
Grazie dell'attenzione dr. Vannucchi.
Anna riferisce di dolori su tutto il corpo che la "paralizzano" (anche se si muove). I dolori iniziano al mattino (spesso con maggiore intensità su schiena e viso/testa) e durano tutto il giorno. Questo quando è nella sua casa. Durante i ricoveri in clinica, a volte anche dopo un solo giorno di terapia (che posso indicare solo in base a ciò che Anna riferisce: negli ultimi ricoveri Anafranil, litio, En), i dolori si attenuano o passano del tutto per poi ripresentarsi dopo pochi giorni dal ritorno a casa. Ha effettuato una EMG con esito negativo agli inizi della sua malattia, non più ripetuto. Mi rendo conto che è difficile o impossibile valutare il caso di Anna, soprattutto se riportato da terzi.
Molti medici (neurologi, psicologi,psichiatri, analisti) si sono arresi e l'hanno "abbandonata" con l'etichetta di depressa cronica, ma vorrei lo stesso tentare di trovare un medico, un centro per la valutazione del dolore, o altro che possano studiare e, non dico risolvere, rendere migliore la qualità della vita di Anna.
Grazie anticipatamente a Lei e ai suoi Colleghi.
Anna riferisce di dolori su tutto il corpo che la "paralizzano" (anche se si muove). I dolori iniziano al mattino (spesso con maggiore intensità su schiena e viso/testa) e durano tutto il giorno. Questo quando è nella sua casa. Durante i ricoveri in clinica, a volte anche dopo un solo giorno di terapia (che posso indicare solo in base a ciò che Anna riferisce: negli ultimi ricoveri Anafranil, litio, En), i dolori si attenuano o passano del tutto per poi ripresentarsi dopo pochi giorni dal ritorno a casa. Ha effettuato una EMG con esito negativo agli inizi della sua malattia, non più ripetuto. Mi rendo conto che è difficile o impossibile valutare il caso di Anna, soprattutto se riportato da terzi.
Molti medici (neurologi, psicologi,psichiatri, analisti) si sono arresi e l'hanno "abbandonata" con l'etichetta di depressa cronica, ma vorrei lo stesso tentare di trovare un medico, un centro per la valutazione del dolore, o altro che possano studiare e, non dico risolvere, rendere migliore la qualità della vita di Anna.
Grazie anticipatamente a Lei e ai suoi Colleghi.
[#3]
Gentile utente,
in effetti senza una valutazione clinica obiettiva e una adeguata documentazione non è possibile dare un parere anche solo indicativo.
Esistono strutture (per esempio Case di Cura per Malattie Nervose) che attraverso ricoveri e successivi monitoraggi potrebbero darle un contributo in tal senso.
Cordialmente
in effetti senza una valutazione clinica obiettiva e una adeguata documentazione non è possibile dare un parere anche solo indicativo.
Esistono strutture (per esempio Case di Cura per Malattie Nervose) che attraverso ricoveri e successivi monitoraggi potrebbero darle un contributo in tal senso.
Cordialmente
Cordialmente
www.psichiatriasessuologia.com
[#4]
Ex utente
Grazie dr. Garbolino.
Purtroppo i medici delle Case di Cura per Malattie Nervose dove fino ad oggi, e da 19 anni a questa parte, Anna si è ricoverata non hanno nè monitorato nè dato contributi. Forse è stata indirizzata verso strutture sbagliate o forse deve andare proprio così: riferisci di dolori che esami fatti tanto tampo fa, con le metodologie di tanti anni fa, non attribuiscono a cause organiche, si decide che sei depressa e vieni curata (????) senza risultati, passando da un medico all'altro, da un farmaco all'altro a un elettroshock. Senza risultati. Se il dolore è una manifestazione della depressione (cronica, maggiore, bipolare...)e i farmaci sono per la cura della depressione qualcosa dovrebbe succedere, anche un piccolo miglioramento, invece niente, sempre peggio. Noi, la famiglia, non abbiamo strumenti per comvincere Anna ad approcciare in maniera diversa il suo dolore. Non ci ascolta. Capisco che per un medico il caso di Anna possa essere per un verso una grande sfida, per l'altro una grande scocciatura: prendere in mano un fallimento medico ventennale.... e perchè mai? Tenendo anche conto che la preparazione professionale di Anna (psicologa) la porta ad una sorta di competizione con il medico di turno. Vince chi fa arrendere l'altro e l'altro è sempre stato il medico. Vorrei chiedere un'ultima cosa: qualcuno può per favore indicarmi il migliore centro (a Roma, in Italia,all'estero) adatto al caso di Anna? Grazie per l'attenzione prestata e buon lavoro.
Purtroppo i medici delle Case di Cura per Malattie Nervose dove fino ad oggi, e da 19 anni a questa parte, Anna si è ricoverata non hanno nè monitorato nè dato contributi. Forse è stata indirizzata verso strutture sbagliate o forse deve andare proprio così: riferisci di dolori che esami fatti tanto tampo fa, con le metodologie di tanti anni fa, non attribuiscono a cause organiche, si decide che sei depressa e vieni curata (????) senza risultati, passando da un medico all'altro, da un farmaco all'altro a un elettroshock. Senza risultati. Se il dolore è una manifestazione della depressione (cronica, maggiore, bipolare...)e i farmaci sono per la cura della depressione qualcosa dovrebbe succedere, anche un piccolo miglioramento, invece niente, sempre peggio. Noi, la famiglia, non abbiamo strumenti per comvincere Anna ad approcciare in maniera diversa il suo dolore. Non ci ascolta. Capisco che per un medico il caso di Anna possa essere per un verso una grande sfida, per l'altro una grande scocciatura: prendere in mano un fallimento medico ventennale.... e perchè mai? Tenendo anche conto che la preparazione professionale di Anna (psicologa) la porta ad una sorta di competizione con il medico di turno. Vince chi fa arrendere l'altro e l'altro è sempre stato il medico. Vorrei chiedere un'ultima cosa: qualcuno può per favore indicarmi il migliore centro (a Roma, in Italia,all'estero) adatto al caso di Anna? Grazie per l'attenzione prestata e buon lavoro.
[#5]
Gentile utente,
in Piemonte esistono Strutture che personalmente ho utilizzato in casi simili. Per esempio:
Casa di Cura San Giuseppe di Asti - Reparto di Neuropsichiatria - tel 0141-34385
Casa di Cura Villa Patrizia di Piossasco (TO) tel 011-9042129
Cordialmente
in Piemonte esistono Strutture che personalmente ho utilizzato in casi simili. Per esempio:
Casa di Cura San Giuseppe di Asti - Reparto di Neuropsichiatria - tel 0141-34385
Casa di Cura Villa Patrizia di Piossasco (TO) tel 011-9042129
Cordialmente
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 5.8k visite dal 05/09/2007.
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