Elettroschock e ricadute

Dott. Pacini, ho letto il suo bellissimo sito che sintetizza un sapere dal grande valore. Volevo chiederLe, ma anche ai suoi colleghi, un consulto.
Fra qualche giorno devo ricoverarmi al San Valentino (Roma) per una serie cospicua di elettroshock (o quello che decideranno i medici). Quello che volevo sapere è se la TEC ha solo lo scopo di far migliorare il paziente depresso grave e non responder, oppure può curare definitivamente la patologia depressiva. Oppure, ancora, è un mezzo "ad personam" che potrebbe portare alcuni pazienti a doversi ripresentare per consolidare la terapia? Finisco: il depresso grave o distimico rimane a vita mezzo "rincretinito" (non avevo altri termini ma è esattamente come mi sento io) anche dopo aver correttamente usufruito della tec nel dosaggio ottimale?
Grazie dottor Pacini e complimenti per la sua profesione. Grazie in anticipo.
v
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.4k 1k
Gentile utente,

L'efficacia della TEC è sia sull'episodio che preventiva (in generale), cosicché l'effetto prodotto può essere "richiamato" preventivamente, già sapendo che il disturbo ha una ricorrenza e sapendo più o meno in che periodo dell'anno, nelle forme stagionali.
Attualmente la tendenza è quella dell'impiego nel paziente grave e non responder, anche se in realtà l'efficacia della TEC è nota da anni prima che si definissero i responder ai farmaci.

Quanto agli effetti, da dove ha tratto l'idea che si debba rimanere "mezzi rincretiniti" ?
A parte che avrebbe poco senso, ma essendo un metodo antidepressivo a logica fa l'effetto contrario, per cui perché questo timore ?

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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Utente
Utente
Egregio dottor Pacini,
grazie per la risposta ma volevo rimarcare due punti. Il primo è che da circa da 20 soffro di disturbi dell' umore e nei periodi in cui la depressione si accentua, mi sento "rincretinito" poichè la mia attività cognitiva o di pensiero è ridotta al minimo ed in facoltà debbo mettermi in malattia per lunghi periodi di tempo.
Poi volevo domandarla. Poniamo il caso che la Tec mi rimetta sù, c'è sempre il pericolo di recidive? Ed allora che debbo fare nuovamente la Tec (visto che i farmaci su di me non funzionano)? Insomma non c'è proprio speranza, e parlo per me, di uscire da questo circolo vizioso?
A questo punto coloro che si tolgono la vita non devono essere disprezzati o posti in un girone dantesco infausto.
E' come avere il diabete: dovrò tenerlo sempre sotto controllo, eviterò di sposarmi ...
E' così gentile dottore oppure per il futuro (se riesco a rimanere su questa terra -ho 41 anni, due lauree) mi debbo attrezzare con altri farmaci tipo Valdoxan che già assumo ed il cui effetto placebo iniziale sta dando buoni risultati? Insomma per me sarà una malattia vita natural' durante!

Grazie dottor Pacini e complimenti ancora per la ricca e chiara documentazione del suo sito che tutti i sofferenti come me dovrebbero leggere, sempre che la malattia glielo permetta.

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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.4k 1k
Gentile utente,

Le malattie ricorrenti possono mantenere in assenza di cure continuative o preventive, un decorso ricorrente,ragion per cui le terapie tendono ad essere almeno inizialmente continuative, a scopo preventivo o di sostegno a funzioni che altrimenti per lungo tempo sarebbero deficitarie.
Detto questo, per la TEC le allego un sunto

http://www.gipsicopatol.it/italiano/rivista/2007/vol13-4/Koukopoulos.pdf

Esistono ad oggi anche approcci diversi, come quello della stimolazione vagale. Inoltre, la ragione della "resistenza" ai farmaci (non saprei di preciso quali perché non li menziona) può essere in alcuni casi semplicemente "metabolica" e in altri legata ad una diagnosi non completamente definita (ad esempio disturbo bipolare anziché depressione) cosicché la malattia torna a presentarsi nonostante gli antidepressivi.
L'effetto iniziale non è per forza placebo, il problema è che non è l'effetto iniziale a garantire su quello successivo.


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Utente
Utente
Grazie dott. Pacini, Lei è un Grande. Con quel suo articolo mi ha fatto capire che la depressione grave è come un morbo difficile da estirpare, il cancro dell' anima. In questo momento primario il pensiero principale è il suicidio. Dopo aver provato per 19 anni tutti i triciclici, i Prozac e similari, il citalopram e l' escitalopram (da ridere), dopo essere passato al litio al tegretol ai tavor agli entumin, dopo aver fatto tre terapie di potenziamento che per poco mi ammazzavano per gli effetti collaterali, e via dicendo, la miia mente vuole solo riposo e basta. Il suicidio è nei miei pensieri perchè non sarò mai uguale agli altri nel mio mondo lavorativo, dove l' alta concentrazione è sempre richiesta così come il buon rumore.
Adesso mi mantendo con quattro Welbutrin da 150 (dice che il america fanno cosi), 8/9 tavor al bisogno, Efexor 150
tre compresse al giorno e basta. Ma se vuole le posso citare altri protocolli con pindololo ecc., agenti pseudo potenziatori.
Dott. Pacini, conosco molto bene la depressione molto grave, un inferno. La tec non è detto che su di me funzioni ma comunque rimango un malato a vita e al primo evento stressante ritorno al San valentino.
Non è facile se vivere con una malattia che come tante altre ti toglie la dignità umana. A 40 anni avevo progetti per il futuro: ho speso tutti i soldi che avevo in cure e non mi rimane nient' altro.
Grazie dott. pacini, finalmente sull' elettroscock ho tutte le risposte alle mie domande e dubbi.

Se va male al San valentino e sono vivo vengo a Pisa dal mio amiico giovannino cassano, purtroppo in congedo lavorativo.

Grazie e vedremo (non sono forte di animo).

ba
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.4k 1k
Gentile utente,

curarsi è un atteggiamento responsabile, coraggioso e coerente con i propri scopi di realizzazione. Se la cura è preventiva o precoce è cosa corretta. In questo mi pare che la dignità sia pienamente conservata.
In base ad alcune delle notazioni che faceva non sembrano soltanto sintomi depressivi in senso puro, il punto di vista che propone ricorda fasi depressive di disturbi dell'umore più articolati, ma probabilmente anche in passato ha ricevuto questa opinione, visto il tipo di terapie già provate.
Il fatto di essere un malato "a vita" non preclude affatto la possibilità di trovare una soluzione soddisfacente, stante una cura continuativa.
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