La sospensione della paroxetina ho interrotto un equilibrio che non recupererò più
Gentili dottori,
a causa di una sindroe da fobia sociale e ansia, ho iniziato a curarmi (dietro prescrizione del medico generico) con paroxetina 10 mg al giorno.
Il risultato della cura è stato miracoloso, in pochi giorni ho ricominciato a fare quello che non riuscivo più a fare da mesi (andare all'università, uscire a pranzo o cena fuori, cinema teatro etc.)
La cura si è portratta per un lungo periodo di 12 anni! non ho avuto più i problemi che mi avevano portat ad iniziare la cura.
All'inizio dell'anno sotto il controllo del medico ho cominciato a sospendere gradualmente la paroxetina, tramite una formulazione in gocce. Sono partita da 20 gocce e ogni due giorni ne scalavo una. In circa due mesi ho eliminato completamente la medicina.
Ma negli ultimi tempi ero un po' più ansiosa e mi svegliavo alle 5 di mattina senza più riuscire a riaddormentarmi.
Dopo un paio di settimane dalla sospensione totale ho avuto un episodio simile ad attacco di panico in ufficio: agitazione, senso di svenimento, nausea.
Da lì non sono più riuscita a tornare a lavoro, ho cominciato giorni di crisi di pianto accompagnate da agitazione, insonnia e inappetenza.
Il mio medico dopo circa una settimana ha deciso di farmi ripendere 15 gocce di dropaxin, ma l'agitazione, in particolare un nodo alla gola, l'insonnia, la diarrea non cessavano.
Dopo un'altra settimana, dietro consiglio del medico, sono tornata alla dose di paroxetina cui ero stata sempre abituata, mezza pasticca di sereupin.
Nel frattempo ho capito che forse avevo sottovalutato la situazione e sarebbe stato necessario l'aiuto di uno specialista e ho preso appuntamento con uno psichiatra.
Lo psichiatra mi ha ricevuto dopo un'ulteriore settimana, in questo periodo premetto di non essere riuscita a tornare a lavoro perchè ancora terrorizzata che si ripresentasse la crisi avuta tre settimane prima, e continuavo ad avere agitazione seppure con piccoli miglioramenti.
Lo psichiatra dopo una visita accurata ha deciso di sostituire la paroxetina con citalopram 20 mg al giorno e rizen 5mg la mattina e 5 la sera.
I lenti miglioramenti sono continuati e dopo una settimana sono tornata a lavoro, seppure ancora non al meglio della forma.
Il primo giorno di lavoro, è andato abbastanza bene, il secondo ho avuto una crisi d'ansia, il terzo ancora crisi peggiore della precedente.
Risultato: sono passati 4 giorni da tale crisi e nuovamente non riesco ad andare a lavoro,sono passati anche 13 giorni dall'assunzione del primo citalopram.
Quello che mi chiedo, quello che mi succede è dovuto ai tempi di latenza del citalopram, o ormai con la sospensione della paroxetina ho interrotto un equilibrio che non recupererò più?
Ringrazio fin d'ora chi vorrà rispondermi.
a causa di una sindroe da fobia sociale e ansia, ho iniziato a curarmi (dietro prescrizione del medico generico) con paroxetina 10 mg al giorno.
Il risultato della cura è stato miracoloso, in pochi giorni ho ricominciato a fare quello che non riuscivo più a fare da mesi (andare all'università, uscire a pranzo o cena fuori, cinema teatro etc.)
La cura si è portratta per un lungo periodo di 12 anni! non ho avuto più i problemi che mi avevano portat ad iniziare la cura.
All'inizio dell'anno sotto il controllo del medico ho cominciato a sospendere gradualmente la paroxetina, tramite una formulazione in gocce. Sono partita da 20 gocce e ogni due giorni ne scalavo una. In circa due mesi ho eliminato completamente la medicina.
Ma negli ultimi tempi ero un po' più ansiosa e mi svegliavo alle 5 di mattina senza più riuscire a riaddormentarmi.
Dopo un paio di settimane dalla sospensione totale ho avuto un episodio simile ad attacco di panico in ufficio: agitazione, senso di svenimento, nausea.
Da lì non sono più riuscita a tornare a lavoro, ho cominciato giorni di crisi di pianto accompagnate da agitazione, insonnia e inappetenza.
Il mio medico dopo circa una settimana ha deciso di farmi ripendere 15 gocce di dropaxin, ma l'agitazione, in particolare un nodo alla gola, l'insonnia, la diarrea non cessavano.
Dopo un'altra settimana, dietro consiglio del medico, sono tornata alla dose di paroxetina cui ero stata sempre abituata, mezza pasticca di sereupin.
Nel frattempo ho capito che forse avevo sottovalutato la situazione e sarebbe stato necessario l'aiuto di uno specialista e ho preso appuntamento con uno psichiatra.
Lo psichiatra mi ha ricevuto dopo un'ulteriore settimana, in questo periodo premetto di non essere riuscita a tornare a lavoro perchè ancora terrorizzata che si ripresentasse la crisi avuta tre settimane prima, e continuavo ad avere agitazione seppure con piccoli miglioramenti.
Lo psichiatra dopo una visita accurata ha deciso di sostituire la paroxetina con citalopram 20 mg al giorno e rizen 5mg la mattina e 5 la sera.
I lenti miglioramenti sono continuati e dopo una settimana sono tornata a lavoro, seppure ancora non al meglio della forma.
Il primo giorno di lavoro, è andato abbastanza bene, il secondo ho avuto una crisi d'ansia, il terzo ancora crisi peggiore della precedente.
Risultato: sono passati 4 giorni da tale crisi e nuovamente non riesco ad andare a lavoro,sono passati anche 13 giorni dall'assunzione del primo citalopram.
Quello che mi chiedo, quello che mi succede è dovuto ai tempi di latenza del citalopram, o ormai con la sospensione della paroxetina ho interrotto un equilibrio che non recupererò più?
Ringrazio fin d'ora chi vorrà rispondermi.
[#2]
Gentile utente
13 giorni per la assunzione di citalopram possono non essere sufficienti ma va considerato anche il periodo di assunzione della paroxetina che porta ad un tempo sufficiente per la valutazione.
In ogni caso il tempo di risposta al farmaco va considerato dalla sesta alla ottava settimana per capire in modo chiaro se il farmaco e' adatto alla sintomatologia e riduce sostanzialmente il problema.
Dodici anni di trattamento, seppure a bassa dose, avrebbero dovuto fornirle gli strumenti cognitivi per affrontare le situazioni in modo adeguato, cosa che non e' accaduta.
Su questo sarebbe il caso di discutere con il suo psichiatra.
13 giorni per la assunzione di citalopram possono non essere sufficienti ma va considerato anche il periodo di assunzione della paroxetina che porta ad un tempo sufficiente per la valutazione.
In ogni caso il tempo di risposta al farmaco va considerato dalla sesta alla ottava settimana per capire in modo chiaro se il farmaco e' adatto alla sintomatologia e riduce sostanzialmente il problema.
Dodici anni di trattamento, seppure a bassa dose, avrebbero dovuto fornirle gli strumenti cognitivi per affrontare le situazioni in modo adeguato, cosa che non e' accaduta.
Su questo sarebbe il caso di discutere con il suo psichiatra.
https://wa.me/3908251881139
https://www.instagram.com/psychiatrist72/
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Ex utente
Ma la sospensione in meno di due mesi dopo dodici anni, non è stata troppo rapida e non potrebbe essere stata quella a creare gli episodi di ansia?
Ai tempi di assunzione di citalopram devo sommare quindi i tempi della mezza pasticca di paroxetina? Non si ricomincia il conteggio a partire dall'assunzione del citalopram?
Ai tempi di assunzione di citalopram devo sommare quindi i tempi della mezza pasticca di paroxetina? Non si ricomincia il conteggio a partire dall'assunzione del citalopram?
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Il conteggio non e' proprio cosi' automatico perche' sono comunque molecole differenti anche se appartenenti alla stessa classe.
Comunque, dipende da come e' stata fatta la sospensione, due mesi potrebbero essere un tempo sufficiente.
Comunque, dipende da come e' stata fatta la sospensione, due mesi potrebbero essere un tempo sufficiente.
[#7]
Ex utente
1) Riguardo la sospensione della paroxetina.
Dopo 12 anni di 10 mg al giorno, ho sospeso in questo modo: Sono partita da 20 gocce di dropaxin e ogni 2 giorni scalavo di 1 goccia. In meno di due mesi ho sospeso completamente. A vostro parere è una sospensione fatta correttamente?
2) Riguardo il citalopram, secondo la vostra esperienza, solitamente il passaggio da paroxetina a citalopram avviene con successo? Ha un senso passare ad un medicinale di nuova generazione?
Dopo 12 anni di 10 mg al giorno, ho sospeso in questo modo: Sono partita da 20 gocce di dropaxin e ogni 2 giorni scalavo di 1 goccia. In meno di due mesi ho sospeso completamente. A vostro parere è una sospensione fatta correttamente?
2) Riguardo il citalopram, secondo la vostra esperienza, solitamente il passaggio da paroxetina a citalopram avviene con successo? Ha un senso passare ad un medicinale di nuova generazione?
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Ex utente
Oggi è il 15 giorno di assunzione di citalopram.
A parte ancora la paura di tornare a lavoro, Quello che non mi spiego in particolare, sono il senso di angoscia e di oppressione, accompaganto da fiato corto, con cui mi sveglio la mattina e che si ripresenta più volte al giorno.
Questa è una sensazione che è iniziata dalla crisi di sospensione da paroxetina e che non avevo provato in passato, 12 anni fa prima di iniziare a curarmi.
In quei casi l'ansia si presentava solo quando avevo in previsione di uscire, ma non se stavo tranquillamente a casa.
Può essere anche questo dovuto alla latenza del citalopram?
A parte ancora la paura di tornare a lavoro, Quello che non mi spiego in particolare, sono il senso di angoscia e di oppressione, accompaganto da fiato corto, con cui mi sveglio la mattina e che si ripresenta più volte al giorno.
Questa è una sensazione che è iniziata dalla crisi di sospensione da paroxetina e che non avevo provato in passato, 12 anni fa prima di iniziare a curarmi.
In quei casi l'ansia si presentava solo quando avevo in previsione di uscire, ma non se stavo tranquillamente a casa.
Può essere anche questo dovuto alla latenza del citalopram?
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Gentile utente,
Non è necessario né sensato sostituire un farmaco come la paroxetina per poterlo sospendere. Ancor di meno usare i tranquillanti per sospendere la paroxetina, questo rischia solo di legarla ai tranquillanti invece che alla paroxetina.
Tot gocce ogni due giorni significa il "peso" della sospensione lo sente tutto insieme dopo due settimane.
Lei sa quale diagnosi ha, perché la diagnosi è "fobia sociale" e "ansia" (quest'ultimo termine non si capisce cosa voglia dire, già la fobia sociale è un disturbo d'ansia". Parla di attacchi di panico, perché ne ha già avuti ?
Se non c'è una diagnosi di partenza, non si sa con cosa si ha a che fare. Per 12 anni non sono mai state fatte prove di sospensione, strano, perché comuque era una dose bassa.
Non è necessario né sensato sostituire un farmaco come la paroxetina per poterlo sospendere. Ancor di meno usare i tranquillanti per sospendere la paroxetina, questo rischia solo di legarla ai tranquillanti invece che alla paroxetina.
Tot gocce ogni due giorni significa il "peso" della sospensione lo sente tutto insieme dopo due settimane.
Lei sa quale diagnosi ha, perché la diagnosi è "fobia sociale" e "ansia" (quest'ultimo termine non si capisce cosa voglia dire, già la fobia sociale è un disturbo d'ansia". Parla di attacchi di panico, perché ne ha già avuti ?
Se non c'è una diagnosi di partenza, non si sa con cosa si ha a che fare. Per 12 anni non sono mai state fatte prove di sospensione, strano, perché comuque era una dose bassa.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#12]
Ex utente
La ringrazio dottore per la risposta.
In realtà il neuropsichiatra presso cui sono in cura attualmente ha parlato di disturbo di ansia generalizzato.
Durante questi 12 anni il mio medico generico non mi ha consigliato di rivolgermi ad uno specialista e ha deciso di prendersi carico lui della situazione. Io poichè stavo bene ho forse sottovalutato la situazione.
Ogni tanto provavo a smettere (il mio medico di base mi dava qualche indicazione generale, ma non ero seguita costantemente), mezza pasticca un giorno sì e un giorno no, cose di questo genere. Ma ai primi disagi la ricominciavo a prendere tutti i giorni.
Sinceramente non sono in grado di dire se ho avuto dei veri e propri attacchi di panico. Forte senso di disagio e ansia (con nausea e problemi gastrointestinali) in situazioni particolari: mangiare con altre persone, cinema, teatro (posti in cui alzarsi, per andare in bagno o per un malessere poteva destare l'attenzione degli altri).
In questi 12 anni sembravo aver superato queste paure.
Le posso dire che la necessità di sospendere gli antidepressivi, deriva dal fatto che vorrei avere un bambino.
Lei crede che cambiare la paroxetina non sia stata una buona idea?
Il mio neuropsichiatra dice che potrei essermi assuefatta alla paroxetina e che in ogni caso il citalopram è un farmaco migliore, nonchè più facile da sospendere.
In realtà il neuropsichiatra presso cui sono in cura attualmente ha parlato di disturbo di ansia generalizzato.
Durante questi 12 anni il mio medico generico non mi ha consigliato di rivolgermi ad uno specialista e ha deciso di prendersi carico lui della situazione. Io poichè stavo bene ho forse sottovalutato la situazione.
Ogni tanto provavo a smettere (il mio medico di base mi dava qualche indicazione generale, ma non ero seguita costantemente), mezza pasticca un giorno sì e un giorno no, cose di questo genere. Ma ai primi disagi la ricominciavo a prendere tutti i giorni.
Sinceramente non sono in grado di dire se ho avuto dei veri e propri attacchi di panico. Forte senso di disagio e ansia (con nausea e problemi gastrointestinali) in situazioni particolari: mangiare con altre persone, cinema, teatro (posti in cui alzarsi, per andare in bagno o per un malessere poteva destare l'attenzione degli altri).
In questi 12 anni sembravo aver superato queste paure.
Le posso dire che la necessità di sospendere gli antidepressivi, deriva dal fatto che vorrei avere un bambino.
Lei crede che cambiare la paroxetina non sia stata una buona idea?
Il mio neuropsichiatra dice che potrei essermi assuefatta alla paroxetina e che in ogni caso il citalopram è un farmaco migliore, nonchè più facile da sospendere.
[#13]
Più facile o meno facile la sospensione non è un vero problema. Il disturbo che c'è sempre sotto può essere un problema quando si sospende.
Rispetto alla gravidanza, si fa un calcolo rischio-beneficio, non sono assolutamente incompatibili.
Esiste comunque il numero 800883300 che le dà informazioni aggiornate su eventuali vere controindicazioni per la gravidanza.
Rispetto alla gravidanza, si fa un calcolo rischio-beneficio, non sono assolutamente incompatibili.
Esiste comunque il numero 800883300 che le dà informazioni aggiornate su eventuali vere controindicazioni per la gravidanza.
[#14]
Ex utente
Lei crede che il citalopram possa essere efficace?
Sono 18 giorni ormai che lo prendo, e mi sembra di avere ancora le mie paure, associata a un'agitazione di prima mattina e in alcuni momenti della giornata che quando stavo bene con la paroxetina non avevo. E' dovuto al fatto che è ancora presto per verificare l'efficia del farmaco?
Un'altra domanda 10 mg di paroxetina sono equivalemti a 20 mg di citalopram?
Sono 18 giorni ormai che lo prendo, e mi sembra di avere ancora le mie paure, associata a un'agitazione di prima mattina e in alcuni momenti della giornata che quando stavo bene con la paroxetina non avevo. E' dovuto al fatto che è ancora presto per verificare l'efficia del farmaco?
Un'altra domanda 10 mg di paroxetina sono equivalemti a 20 mg di citalopram?
[#15]
Gentile utente,
Citalopram efficace per che cosa ? Per sospendere la paroxetina abbiamo detto che non ha senso, per sostituirla, ma allora che succede, cambia l'intenzione del medico, cioè prima si sospendenva la cura, ora ivnece la cura dovrebbe procedere con un farmaco diverso ? E perché ?
Non esiste equivalenza, sono due farmaci diversi, non è detto che uno risponda a entrambi cosicché non si possono definire dosi efficaci. Si può dire che 10 mg di paroxetina è una dose mediamente inefficace per la paroxetina, 20 mg di citalopram è una dose già efficace per il citalopram. Ma tutto questo manca di una diagnosi completa.
Citalopram efficace per che cosa ? Per sospendere la paroxetina abbiamo detto che non ha senso, per sostituirla, ma allora che succede, cambia l'intenzione del medico, cioè prima si sospendenva la cura, ora ivnece la cura dovrebbe procedere con un farmaco diverso ? E perché ?
Non esiste equivalenza, sono due farmaci diversi, non è detto che uno risponda a entrambi cosicché non si possono definire dosi efficaci. Si può dire che 10 mg di paroxetina è una dose mediamente inefficace per la paroxetina, 20 mg di citalopram è una dose già efficace per il citalopram. Ma tutto questo manca di una diagnosi completa.
[#16]
Ex utente
A detta del mio neuropsichiatra, la sostituzione deriva:
1) dalla possibilità di essere assuefatta alla paroxetina dopo 12 anni;
2)al fatto che il citalopram è un farmaco migliore, di nuova generazione;
3)al fatto che il citalopram dà origine a meno effetti da sospensione, e quindi sia più facile da togliere.
Lei condivide questi punti dr. Pacini?
1) dalla possibilità di essere assuefatta alla paroxetina dopo 12 anni;
2)al fatto che il citalopram è un farmaco migliore, di nuova generazione;
3)al fatto che il citalopram dà origine a meno effetti da sospensione, e quindi sia più facile da togliere.
Lei condivide questi punti dr. Pacini?
[#17]
1) no
2) non è di nuova generazione, stessa identica classe, non è migliore (questo termine non significa granché comunque, migliore su cosa e in che senso ?)
3) questo può esser vero, se uno deve sospendere il citalopram, ma perché introdurlo ?
2) non è di nuova generazione, stessa identica classe, non è migliore (questo termine non significa granché comunque, migliore su cosa e in che senso ?)
3) questo può esser vero, se uno deve sospendere il citalopram, ma perché introdurlo ?
[#18]
Ex utente
2)migliore perchè più selettivo (così mi è stattoo detto)
3)la sospensione della paroxetina non era andata bene seppure fatta graduamnente. Lei non crede sia stata fatta bene la sospensione?
Inoltre dopo più di 10 giorni che stavo riprendendo la paroxetina alla dose abituale, continuavo a stare male e non avevo grossi miglioramenti.
3)la sospensione della paroxetina non era andata bene seppure fatta graduamnente. Lei non crede sia stata fatta bene la sospensione?
Inoltre dopo più di 10 giorni che stavo riprendendo la paroxetina alla dose abituale, continuavo a stare male e non avevo grossi miglioramenti.
[#19]
2) più selettivo non significa migliore. Ci sono ottimi farmaci antipanico non selettivi. "selettivo" non è un connotato positivo, è solo un dettaglio tecnico del funzionamento.
3)la sospensione così come l'ha indicata in genere confonde le idee perché dà l'idea che la gradualità garantisca la riuscita. Non c'entra niente, bisogna vedere se la malattia è inattiva oppure no. Per vedere questo è meglio che la sospensione non sia una fase che inizai come tale, ma la fase finale di una cura durata a lungo in cui si riducono le dosi, poi si vede come va per un po', e così via fino all'eventuale sospensione totale. Una goccia ogni due giorni è una sospensione estremamente graduale negli scalini, non nella cadenza, ma nella strategia non è che abbia probabilità di ricaduta minori di una sospensione rapida. E' solo nua questione di sintomi da sospensione, il discorso della malattia è diverso.
3)la sospensione così come l'ha indicata in genere confonde le idee perché dà l'idea che la gradualità garantisca la riuscita. Non c'entra niente, bisogna vedere se la malattia è inattiva oppure no. Per vedere questo è meglio che la sospensione non sia una fase che inizai come tale, ma la fase finale di una cura durata a lungo in cui si riducono le dosi, poi si vede come va per un po', e così via fino all'eventuale sospensione totale. Una goccia ogni due giorni è una sospensione estremamente graduale negli scalini, non nella cadenza, ma nella strategia non è che abbia probabilità di ricaduta minori di una sospensione rapida. E' solo nua questione di sintomi da sospensione, il discorso della malattia è diverso.
[#21]
Il decorso dopo la sospensione permette di capire se la malattia c'è ancora. E' uno dei limiti maggiori, a cui si cerca di ovviare con alcuni punti di vista durante la cura o le fasi di riduzione della stessa, ma non abbiamo una misurazione da fare per stabilire se la malattia è "spenta". I sintomi si spengono, ma potrebbero essere spenti finché la cura fa da tutore.
[#22]
Ex utente
1) Ma possibile che dopo dodici anni di cura la malattia sia ancora presente?
2)Non nascondo che le sue affermazioni mi abbiano un po' preoccupato. Mi sembra di aver capito che il citalopram potrebbe non avere effetto su di me. E tutti questi giorni di attesa potrebbero essere stati inutili, nonchè devastanti sia fisicament che psicologicamente. Vero?
2)Non nascondo che le sue affermazioni mi abbiano un po' preoccupato. Mi sembra di aver capito che il citalopram potrebbe non avere effetto su di me. E tutti questi giorni di attesa potrebbero essere stati inutili, nonchè devastanti sia fisicament che psicologicamente. Vero?
[#23]
Gentile utente,
io continuo a non capire che tipo di ragionamento fa sul citalopram: insomma, è una cura che deve funzionare o è un modo per sospendere la paroxetina ?
E per quale motivo cambiare se poi alla fine deve prendere citalopram al posto di paroxetina ?
E'sicura di aver capito bene il tipo di progetto che ha in mente il medico ?
Riguardo alla 1. Possibile, ma è una domanda che non le risolve granché.
io continuo a non capire che tipo di ragionamento fa sul citalopram: insomma, è una cura che deve funzionare o è un modo per sospendere la paroxetina ?
E per quale motivo cambiare se poi alla fine deve prendere citalopram al posto di paroxetina ?
E'sicura di aver capito bene il tipo di progetto che ha in mente il medico ?
Riguardo alla 1. Possibile, ma è una domanda che non le risolve granché.
[#24]
Ex utente
Deve funzionare perchè deve aiutarmi a ritrovare l'equilibrio perso con la sospensione della paroxetina.
Da allora non riesco a stare più bene come prima, nel primo post c'è tutta la storia. Non so a cosa sia dovuto: efetti da sospensione, effetti da reintroduzione della paroxetina e poi del citalopram...
Da allora non riesco a stare più bene come prima, nel primo post c'è tutta la storia. Non so a cosa sia dovuto: efetti da sospensione, effetti da reintroduzione della paroxetina e poi del citalopram...
[#25]
Sì, ma perché semplicemente non proseguire con paroxetina tutt'ora non mi è chiaro.
Stava bene con paroxetina, sospende, ha dei problemi e introduce allora citalopram, quindi per proseguire la cura non per facilitare la sospensione di paroxetina.
Ma per quale motivo sostituisce un farmaco nuovo ad uno che già assumeva e funzionava ?
Stava bene con paroxetina, sospende, ha dei problemi e introduce allora citalopram, quindi per proseguire la cura non per facilitare la sospensione di paroxetina.
Ma per quale motivo sostituisce un farmaco nuovo ad uno che già assumeva e funzionava ?
[#30]
Ex utente
Salve,
mi scuso se ho fatto domande inopportune.
L'effetto che dovrebbe fare il citalopram dovrebbe essere quello di riportarmi ad una situazione di normalità, permettermi di andare nuovamente a lavoro soprattutto.
Al momento sento ancora uno stato di agitazione al mattino e in alcuni momenti della giornata. Non so se questo è dovuto ad una latenza del citalopram, o al fatto che su di me sia inefficace.
mi scuso se ho fatto domande inopportune.
L'effetto che dovrebbe fare il citalopram dovrebbe essere quello di riportarmi ad una situazione di normalità, permettermi di andare nuovamente a lavoro soprattutto.
Al momento sento ancora uno stato di agitazione al mattino e in alcuni momenti della giornata. Non so se questo è dovuto ad una latenza del citalopram, o al fatto che su di me sia inefficace.
[#31]
Psichiatra, Psicoterapeuta
Gentile signora
Mi scusi se mi introduco solo oggi in questa discussione, ma forse potrebbe esserle utile un altro punto di vista.
In una cosa sono d'accordo con il dottor Pacini: non sembra esserci molto senso nel cambiare un farmaco che in passato si è mostrato efficace con un altro che, pur appartenendo alla stessa classe farmacologica non può dirsi equivalente e, sopratutto, non può garantire la stessa efficacia del primo, al solo scopo di sospenderlo in seguito più facilmente. E questo anche in considerazione del fatto che comunque, prima che un farmaco faccia effetto, deve trascorrere un certo periodo di tempo (variabile da persona a persona) durante il quale i sintomi ansiosi e depressivi saranno comunque presenti.
Ma, mi perdoni, lei è proprio convinta della necessità di sospendere la cura?
Le faccio questa domanda perchè spesso il farmaco, oltre ad esercitare la sua azione farmacologica, ha anche un "effetto stampella": in altri termini fornisce alla persona una sicurezza in più, un supporto alle sue ansie ed insicurezze, una sorta di certezza che, finchè prende il farmaco, i sintomi della depressione e dell'ansia non si ripresenteranno.
E di conseguenza, quando ci si pone nella prospettiva di sospendere il farmaco, la persona si sente privata di questa stampella ed entra in ansia rischiando una ricadta depressiva.
Se le cose stanno così, vi sono due possibilità di azione:
1) Decidere di continuare a prendere il farmaco per tutta la vita.
Si tratta di una decisione che comporta il dover mantenere una sudditanza psicologica ad una sostanza, ma la cosa non è necessariamente negativa: gli antidepressivi serotoninergici, infatti, non danno problemi di dipendenza o di accumulo, non hanno effetti collaterali negativi (anzi esercitano una azione protettiva sul circolo), non danneggiano gli altri organi interni e, come diceva il dottor Pacini, non sembrano esserci rischi particolari in caso di gravidanza, anche se sarebbe comunque il caso di farsi seguire da persona esperta.
2) Decidere di sospendere il farmaco affrontando le sue ansie e le sue paure.
In questo caso dovrebbe riprendere ad assumere la terapia a dosaggio pieno ed affidarsi alle cure di uno psicoterapeuta (magari di scuola comportamentalista) che dovrebbe avere il compito di supportarla e di fornirle gli strumenti comportamentali necessari ad affrontare la vita senza il supporto farmacologico.
La terapia farmacologica, dovrebbe comunque essere assunta fino a che non si senta in condizione di affrontare la vita senza la stampella del farmaco.
Ovviamente, se decidesse per questa soluzione, il suo psicoterapeuta e il suo psichiatra dovrebbero collaborare e scambiarsi tra di loro informazioni e progetti terapeutici.
Sperando di esserle stato utile, la saluto cordialmente.
Mi scusi se mi introduco solo oggi in questa discussione, ma forse potrebbe esserle utile un altro punto di vista.
In una cosa sono d'accordo con il dottor Pacini: non sembra esserci molto senso nel cambiare un farmaco che in passato si è mostrato efficace con un altro che, pur appartenendo alla stessa classe farmacologica non può dirsi equivalente e, sopratutto, non può garantire la stessa efficacia del primo, al solo scopo di sospenderlo in seguito più facilmente. E questo anche in considerazione del fatto che comunque, prima che un farmaco faccia effetto, deve trascorrere un certo periodo di tempo (variabile da persona a persona) durante il quale i sintomi ansiosi e depressivi saranno comunque presenti.
Ma, mi perdoni, lei è proprio convinta della necessità di sospendere la cura?
Le faccio questa domanda perchè spesso il farmaco, oltre ad esercitare la sua azione farmacologica, ha anche un "effetto stampella": in altri termini fornisce alla persona una sicurezza in più, un supporto alle sue ansie ed insicurezze, una sorta di certezza che, finchè prende il farmaco, i sintomi della depressione e dell'ansia non si ripresenteranno.
E di conseguenza, quando ci si pone nella prospettiva di sospendere il farmaco, la persona si sente privata di questa stampella ed entra in ansia rischiando una ricadta depressiva.
Se le cose stanno così, vi sono due possibilità di azione:
1) Decidere di continuare a prendere il farmaco per tutta la vita.
Si tratta di una decisione che comporta il dover mantenere una sudditanza psicologica ad una sostanza, ma la cosa non è necessariamente negativa: gli antidepressivi serotoninergici, infatti, non danno problemi di dipendenza o di accumulo, non hanno effetti collaterali negativi (anzi esercitano una azione protettiva sul circolo), non danneggiano gli altri organi interni e, come diceva il dottor Pacini, non sembrano esserci rischi particolari in caso di gravidanza, anche se sarebbe comunque il caso di farsi seguire da persona esperta.
2) Decidere di sospendere il farmaco affrontando le sue ansie e le sue paure.
In questo caso dovrebbe riprendere ad assumere la terapia a dosaggio pieno ed affidarsi alle cure di uno psicoterapeuta (magari di scuola comportamentalista) che dovrebbe avere il compito di supportarla e di fornirle gli strumenti comportamentali necessari ad affrontare la vita senza il supporto farmacologico.
La terapia farmacologica, dovrebbe comunque essere assunta fino a che non si senta in condizione di affrontare la vita senza la stampella del farmaco.
Ovviamente, se decidesse per questa soluzione, il suo psicoterapeuta e il suo psichiatra dovrebbero collaborare e scambiarsi tra di loro informazioni e progetti terapeutici.
Sperando di esserle stato utile, la saluto cordialmente.
[#32]
Gentile utente,
infatti il discorso mi sembra incerto in termini di prospettiva:
- cambia il farmaco, in questo caso non è chiaro perché cambiarlo, lei dice perché si sospende meglio, ma questo a settembre. Non vedo un gran senso nel disconfermare la sospensione adesso per riprovarla a settemrbe con un farmaco diverso.
- mantiene una terapia, allora perché non semplciemente quella che già funzionava ?
infatti il discorso mi sembra incerto in termini di prospettiva:
- cambia il farmaco, in questo caso non è chiaro perché cambiarlo, lei dice perché si sospende meglio, ma questo a settembre. Non vedo un gran senso nel disconfermare la sospensione adesso per riprovarla a settemrbe con un farmaco diverso.
- mantiene una terapia, allora perché non semplciemente quella che già funzionava ?
[#33]
Ex utente
Gentili dottori,
vi ringrazio molto per i vostri interventi/consigli e per chi vorrà continuare a darmene.
Ringrazio il Dott.Cerfeda che ha voluto darmi il suo parere.
E' certo che sentire più pareri di psichiatri che non riescono a spiegarsi il cambiamento di farmaco mina la fiducia che si stava instaurando col mio neuropsichiatra attuale.
Forse posso pensare che il mio psichiatra abbia creduto che stavo perdendo fiducia nella paroxetina perchè dopo 10 giorni dalla reintroduzione stavo ancora male. o semplicemente appartiene ad una "scuola di pensiero" diversa.
Al momento sono un po' confusa e demoralizzata e vorrei solo stare meglio al più presto.
vi ringrazio molto per i vostri interventi/consigli e per chi vorrà continuare a darmene.
Ringrazio il Dott.Cerfeda che ha voluto darmi il suo parere.
E' certo che sentire più pareri di psichiatri che non riescono a spiegarsi il cambiamento di farmaco mina la fiducia che si stava instaurando col mio neuropsichiatra attuale.
Forse posso pensare che il mio psichiatra abbia creduto che stavo perdendo fiducia nella paroxetina perchè dopo 10 giorni dalla reintroduzione stavo ancora male. o semplicemente appartiene ad una "scuola di pensiero" diversa.
Al momento sono un po' confusa e demoralizzata e vorrei solo stare meglio al più presto.
[#36]
Sì, ma in questo senso abbiamo già detto che in base a quel che riferisce non si comprende quale sia la strategia. O meglio, la strategia sembra questa: cambiare un farmaco con un altro che poi sarà più facile sospendere tra pochi mesi, anziché sospendere adesso il farmaco "storico".
Però poi lei si pone il problema della risposta, cioè se il nuovo farmaco la farà star bene come l'altro, e allora non si capisce più niente, se comunque è in programma una sospensione tra pochi mesi perché ragionare sull'effiacia del nuvo farmaco che tanto sarà sospeso ?
Però poi lei si pone il problema della risposta, cioè se il nuovo farmaco la farà star bene come l'altro, e allora non si capisce più niente, se comunque è in programma una sospensione tra pochi mesi perché ragionare sull'effiacia del nuvo farmaco che tanto sarà sospeso ?
[#38]
Non possiamo continuare questo discorso all'infinito.
Non sembra che lei abbia ben chiaro il perché di questi ultimi sviluppi della cura, mi sembra che si perda in un bicchier d'acqua, come si suol dire.
Non si riesce perché da qui all'Autunno sia così centrale un cambiamento di una cura di cui si è decisa la sospensione, giusto il tempo che (forse) funzioni per poi sospenderla. Quella di prima invece funzionava sicuramente.
Io in questo non vedo uno scopo chiaro.
Non sembra che lei abbia ben chiaro il perché di questi ultimi sviluppi della cura, mi sembra che si perda in un bicchier d'acqua, come si suol dire.
Non si riesce perché da qui all'Autunno sia così centrale un cambiamento di una cura di cui si è decisa la sospensione, giusto il tempo che (forse) funzioni per poi sospenderla. Quella di prima invece funzionava sicuramente.
Io in questo non vedo uno scopo chiaro.
Questo consulto ha ricevuto 38 risposte e 101.8k visite dal 12/04/2010.
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