Antidepressivi e loro efficacia reale

Buongiorno, vorrei solo un parere in merito a questo articolo che ho per caso trovato su internet, scritto dal dott. Paolo Migone (come il comico). Ne sono un pò preoccupato, visto che sto iniziando a prendere proprio in questi giorni il Cipralex per gli attacchi di panico. Quanto è attendibile o interpretabile quello che espone ? Questi studi fatti dal dott. Kirsch sono realmente validi ?
Grazie per la gentile risposta.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
Gentile utente,

I medici o biologi che, come il sottoscritto, si occupano anche di ricerca e pubblicazione, sono soliti distinguere due livelli. Uno è quello dell'interpretazione dei dati, l'altro è quello della commercializzazione dei prodotti. Essendo due ambiti diversi, il primo scientifico e il secondo di mercato, ovviamente possono non coincidere.

Tutti noi siamo continuamente a revisionare studi che prima sembravano indicare qualcosa che dopo non è più così evidente o così consistente. Questo perché siamo inevitabilmente portati a cercare l'elemento di efficacia nei risultati di uno studio.

Ancor prima degli studi citati, c'è se una marea di studi che neanche rientrano nella categoria degli "studi controllati", cioè studi in cui l'effetto placebo neanche è misurato. D'altra parte, gli studi controllati e rigorosi, per come sono condotti, spesso finiscono per dire che un farmaco è sì efficace, ma in un malato "ideale", senza altri problemi, collaborativo. Altra questione è la durata dell'effetto: non è scnotato che ciò che dopo tre mesi fa migliorare faccia lo stesso anche a distanza di un anno.

Questo i medici lo scoprono servendosi dei prodotti.

L'effetto placebo, ma anche tutto ciò che non è dovuto all'azione del farmaco, e nemmeno all'effetto placebo, come l'effetto "novità" (molti stanno meglio perché negli studi sanno di provare qualcosa di nuovo) è importante e va meglio studiato. Se l'effetto placebo è alto per esempio lo studio è in genere considerato inaffidabile, perché magari la metà delle persone miglora già con il placebo, il che è strano rispetto alla definizione di "malattia" di base.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

[#2]
Attivo dal 2009 al 2010
Ex utente
La ringrazio per la celere risposta, ma se devo essere sincero non ho ben capito qualè il Suo pensiero in merito alla questione.
In base alla Sua esperienza, e a quella dei suoi coleghi psichiatri, dopo aver letto questi studi che "sembrerebbero" dimostrare l'inaffidabilità dei ricaptatori della serotonina e la voglia delle case farmaceutiche di venderli comunque, si sente ancora in dovere di farli utilizzare ai suoi pazienti ? C'è cioè la convinzione che siano meglio che non prendere niente? Perchè, detto in parole povere, se so che è l'effetto placebo a farla da padrone,indirettamente non lo sperimento più e il farmaco non dovrebbe farmi effetto.
Mi scuso se mi sono dilungato.
[#3]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
Penso che una serie di aspetti è banale. Certo che una ditta vuole vendere i suoi prodotti, ma questo è un elemento di partenza. Non vedo perché in particolare il "fuoco" sugli ssri, può valere anche per gli altri, e poi ci sono diverse molecole che nel tempo sono cadute nel dimenticatoio perché l'efficacia dichiarata non risultava evidentemente ai medici che li utilizzavano, o non in maniera così importante.
Se c'è un effetto placebo vuol dire che la sua malattia risponde a quell'effetto, però magari nel periodo di studo (1 mese, 3 mesi, dopo non è che si sappia sempre).
L'effetto potrebbe decadere nel tempo, come di solito accade, oppure al contrario può decadere l'effetto del farmaco, reale ma non duraturo, e quindi a 6 mesi essere uguale al placebo la cura.
Una delle cose principali nella valutazione degli studi è la scelta del campione di persone su cui sperimentale, è come scegliere una giuria in un tribunale.
[#4]
Dr. Vassilis Martiadis Psichiatra, Psicoterapeuta 7.3k 161
Gentile utente,
personalmente, ma è prassi comune in Italia, riservo l'uso di antidepressivi, come di qualsiasi altro farmaco (anche l'aspirina) a quei casi in cui ritengo che il paziente se ne possa realmente giovare; ed effettivamente si trova poi, nella maggior parte dei casi, un reale giovamento. Ora quanto questo sia dovuto al farmaco o all'effetto placebo non è misurabile semplicemente. Fatto sta che gli ssri, anche e forse soprattutto nei disturbi d'ansia, se usati correttamente una volta iniziate el terapie, si accompagnano ad un netto miglioramento dei sintomi. Se interrotti precocemente si accompagnano quasi sempre ad una recidiva dei sintomi. Anche questo è effetto placebo? Credo che si debba ben distinguere tra la situazione italiana dove la maggior parte dei medici è coscienziosa e si affida ai farmaci con raziocinio e responsabilità, e la condizione di altre nazioni (come gli stati uniti) in cui è molto più facile essere etichettati come "depressi" e ricevere una prescrizione farmacologica.
Cordiali saluti

Dott. Vassilis Martiadis
Psichiatra e Psicoterapeuta
www.psichiatranapoli.it

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Attivo dal 2009 al 2010
Ex utente
Grazie per le risposte immediate.
A propositodi quella del dott. Martiadis, concordo nel dire che tali farmaci vanno somministrati quando servono. Nel mio caso, in seguito ad una situazione di stress ed ansia non ben dettata da particolari cause, ho avuto degli attacchi di tachicardia, sensazioni di soffocamento, ed in 3 casi (tutto questo in 1 mese) quelli che il mio psicologo, dal quale vado da appunto 2 settimane, ha definito attacchi di panico (premetto che tutti gli accertamenti medici del caso sono stati fattti, sono sano come un pesce, dal punto di vista fisiologico). Il mio medico di base, sentita la situazione, ha preferito farmi iniziare a prendere il ciprolax, 5 goccie al giorno. Io sono stato un pò titubante, penso che forse dovrei farmi consigliare da uno psichiatra, anche perchè lo psicologo (terapia cognitivo comportamentale) mi dice che non sto affatto messo male. Cosa ne pensa ?
Grazie
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
Il criterio per i farmaci non è "essere messi male", non è che prima viene la psicoterapia e poi i farmaci, sarebbe come dire che la psicoterapia è "acqua" o quasi. I farmaci servono anche per le situazioni di gravità limitata, l'importante è che rientrino nella diagnosi, e non siano usati semplicemente per un insieme di sintomi che non configurano però il disturbo specifico.
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Dr. Vassilis Martiadis Psichiatra, Psicoterapeuta 7.3k 161
Dal mio punto di vista sarebbe consigliabile lasciare la gestione delle terapie psicofarmacologiche agli specialisti in psichiatria (con tutto il rispetto per il suo medico di base).
Cordiali saluti
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