Paura di crescere2
Sono un ragazzo di 22 anni che sta per laurearsi e ho già scritto un testo intitolato “paura di crescere?” nella sezione psicologia. Mi ritrovo a scrivere qui perchè gli psicologi che mi hanno risposto dopo avermi detto di aver fatto un buon cammino di autoconsapevolezza mi hanno consigliato di rivolgermi ad uno psichiatra. Questo mi mette profondamente in crisi e mi chiedo se sono così grave, cioè pazzo. Comprendo la difficoltà di rispondere ai quesiti da me posti tramite un'email, dato che il mio testo si presenta come una carrellata di pensieri e inquietudini. Vorrei però precisare che tutti i sintomi da me descritti nel testo precedente sono appartenenti al mio passato ed io da due mesi sto cercando di farli tornare a galla per darmi delle risposte. In breve dico soltanto che due mesi fa ho cominciato ad avvertire attacchi di panico e ho cominciato ad interrogarmi su me stesso finendola finalmente di immaginare di essere qualcun'altro che io non sono, cioè una ragazza. Quello su cui io volevo focalizzare l'attenzione è proprio questo e da qui ho notato principalmente tre cose: 1) senso di sbandatezza ma anche 2) scomparsa di alcuni “tic” psicologici 3)miglioramento nelle relazioni con gli altri 4) capacità di controllo degli attacchi di panico (non me ne faccio venire più). Volevo dunque chiedere se questi non siano segnali positivi. Per quanto riguarda l'aver paura di andare da uno specialista credo vi siano due cose che mi bloccano: 1) la paura di non riuscire a risolvere neanche così i miei problemi e non aver poi altre speranze a cui aggrapparmi 2) credo che il problema di fondo nel mio caso sia l'insicurezza e l'esser troppo riflessivo. Credo di essere stato troppo severo con me stesso,ho sempre avuto la presunzione di poter spiegare scientificamente qulasiasi cosa, anche ciò che una spiegazione non ce l'ha; non ho mai preso niente con superficialità. Io credo (forse sbaglio) che devo imparare ad essere più superficiale e a non pormi interrogativi su tutto, fidarmi di più della realtà. Dieci anni fa una psicologa mi disse che non potevo risolvere i miei problemi da solo e questa frase mi condiziona ancora oggi: forse se non le avessi dato peso o non ci fossi mai andato, probabilmente non mi ritroverei a scrivere questa email. Ho paura che qualcuno mi usi come cavia di laboratorio .Ho il terrore degli psicofarmaci, nel senso che sono contrario ad ogni reazione chimica del mio cervello innescata artificialmente e penso che se pure un giorno dovessi andare da qualcuno al solo tentativo di prescrivermi qualcosa non mi farei più vedere. Tutti questi problemi me li sono fatti venire io ed io me li devo far passare ( non faccio uso di droghe , ne abuso di alcool). Poi mi chiedo: se non li ho presi fino ad ora perchè dovrei farlo quando finalmente sto “migliorando” e prendendo coscienza di me stesso?Non si può uscire da queste situazioni anche da soli, o se non si chiede aiuto ad uno specialista si è costretti per forza ad andare verso la rovina? Ogni giorno che passa mi accorgo di qualcosa, ieri avevo riflettuto sui rapporti avuti con mio padre e come questi possano avermi influenzato e stavo decisamente meglio (anche se a dire il vero ho paura di addossare ad altri responsabilità dovute alla mia fragilità) , fino a quando non mi accorgo che mi viene consigliato di andare da uno psichiatra.Forse dovrei confidarmi con mio padre, poichè mi manca un rapporto confidenziale con lui, e magari fidandomi di lui potrei fidarmi degli altri, del mondo, della realtà.Ho paura di avere strascichi di queste problematiche per tutta una vita e addossare cio al fatto per esempio di essere stato in cura da qualcuno, nel senso che potrei dire di essere stato convinto da qualcun altro e non da me stesso a stare bene. Sono davvero messo così male se mi dicono indirettamente che uno psicologo non basta e devo rivolgermi ad uno psichiatra? Naturalmente la presente email rende superficile sottolineare che le mie paure ad andare da uno specialista non significhino una mancanza di fiducia o un'offesa alla categoria.
Grazie
Grazie
[#1]
Gentile utente,
in seguito a tutto ciò che ha scritto sia qui che nell'altro post, la prima cosa che penso sia importante sottolineare (per lei, ma per molti altri che hanno difficoltà in questo senso) è che non si va dallo psichiatra quando si è "grave" o "pazzo".
Ci si rivolge a un medico per una consultazione e poter valutare se e come somministrare farmaci! E un buon lavoro si può fare solo incontrando realmente una persona.
Non si spaventi, perchè on line le diagnosi non is possono fare! Si possonoindividuare delle ipotesi o proporre dei quesiti, ma un bravo medico in carne e ossa potrà sicuramente aiutarla.
Cordialmente,
Roberta Cacioppo
r.cacioppo@psicologia-milano.it
in seguito a tutto ciò che ha scritto sia qui che nell'altro post, la prima cosa che penso sia importante sottolineare (per lei, ma per molti altri che hanno difficoltà in questo senso) è che non si va dallo psichiatra quando si è "grave" o "pazzo".
Ci si rivolge a un medico per una consultazione e poter valutare se e come somministrare farmaci! E un buon lavoro si può fare solo incontrando realmente una persona.
Non si spaventi, perchè on line le diagnosi non is possono fare! Si possonoindividuare delle ipotesi o proporre dei quesiti, ma un bravo medico in carne e ossa potrà sicuramente aiutarla.
Cordialmente,
Roberta Cacioppo
r.cacioppo@psicologia-milano.it
Roberta Cacioppo - Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa clinica -
www.psicoterapia-milano.it
www.sessuologia-milano.it
[#2]
Salve,
ho letto entrambi i suoi scritti e credo che la sua spinta verso l'autoconsapevolezza sia davvero notevole; questa, però, andrebbe sfruttata ed il pensiero di potercela fare da solo costituisce un grosso ostacolo: gli autoinganni e la scarsa obiettività che entrano in gioco quando riflettiamo su noi stessi rendono di fatto, se non impossibile, quantomeno miope una "autoanalisi", senza considerare il peso che avrebbe, in un eventuale percorso con uno specialista, il rapporto con quest'ultimo nel far venire a galla le sue dinamiche relazionali.
Credo che, se lei superasse l'idea di volercela fare da solo e considerasse uno spazio in cui proseguire questo suo percorso accompagnato da un professionista, si concederebbe la possibilità di venire a capo di molte cose.
Non dovrebbe vedere gli specialisti come persone che le dicono cosa fare e cosa non fare, ma, tra le altre cose, come delle persone esperte che sappiano aiutarla a vedere ciò che da solo non può.
Le consiglio vivamente di riconsiderare la sua posizione nel senso che ho esposto.
Cordiali Saluti
ho letto entrambi i suoi scritti e credo che la sua spinta verso l'autoconsapevolezza sia davvero notevole; questa, però, andrebbe sfruttata ed il pensiero di potercela fare da solo costituisce un grosso ostacolo: gli autoinganni e la scarsa obiettività che entrano in gioco quando riflettiamo su noi stessi rendono di fatto, se non impossibile, quantomeno miope una "autoanalisi", senza considerare il peso che avrebbe, in un eventuale percorso con uno specialista, il rapporto con quest'ultimo nel far venire a galla le sue dinamiche relazionali.
Credo che, se lei superasse l'idea di volercela fare da solo e considerasse uno spazio in cui proseguire questo suo percorso accompagnato da un professionista, si concederebbe la possibilità di venire a capo di molte cose.
Non dovrebbe vedere gli specialisti come persone che le dicono cosa fare e cosa non fare, ma, tra le altre cose, come delle persone esperte che sappiano aiutarla a vedere ciò che da solo non può.
Le consiglio vivamente di riconsiderare la sua posizione nel senso che ho esposto.
Cordiali Saluti
Dr. G.Cassisi
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 2.8k visite dal 26/03/2007.
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