In cura con lo zoloft
Buongiorno, sono una ragazza di 21 anni e da circa 3 mesi sto prendendo lo zoloft e solo nelle ultime 2 settimane sono arrivata ad assumerne la dose di 100mg.
Questo farmaco mi è stato prescritto da uno specialista il quale mi ha diagnosticato una depressione portata da disturbo alimentare BED (da alimentazione incontrollata).
Da circa 3 settimane tuttavia mi capita una cosa insolita:quando sono seduta,o coricata ho delle contrazioni muscolari involontarie nelle gambe, nelle braccia, nelle schiena... la cosa mi preoccupa un po' in quanto non mi era mai capitato prima.
- Queste contrazioni potrebbero essere un effetto collaterale del farmaco?
- E se lo fossero si tratterebbe di sintomi transitori che cessano con la cessazione dell'assunzione del farmaco o devo preoccuparmi di una loro permanenza anche una volta terminata la terapia?
Lo specialista (anche se convinto dell'estraneità del farmaco a questi disturbi) mi ha detto di provare a diminuire gradualmente la dose di zoloft fino a tornare a prenderne 50mg.
Sinceramente io sarei un po' titubante a diminuire la dose in quanto,in questi ultimi giorni, (dopo circa 2 settimane di buon umore) il mio umore è tornato ad essere nero (pur prendendo sempre 100mg di zoloft).
Cosa mi consigliate di fare?
Vi ringrazio infinitamente per la vostra attenzione.
vi sono alcuni punti da tener presenti:
a) la dose di un farmaco è un parametro importante, per esempio la sertralina funziona bene come antidepressivo o nei disturbi alimentari ad una certa dose (150-200 mg/die), mentre sotto il rapporto benefici/effetti collaterali è sfavorevole (cioè si può anche non avere effetti collaterali, ma il beneficio terapeutico magari svanisce).
b) l'effetto da lei descritto ricorda quello comune dovuto a movimenti involontari "miocloni" spesso notturni o in fase di addormentamento, che sono legati ad una eccitabilità neuromuscolare indotta dal farmaco. Non succede niente, ovviamente presumo che lei non abbia storia di sindromi epilettiche o problemi similari, che sarebbe una ragione per non prendere il farmaco. Il mioclono è benigno, dopo un pò tende ad attenuarsi e compare un pò con tutti gli antidepressivi. In generale non è una ragione per ridurre o sospendere il farmaco, specie se ha dimostrato di funzionare. Sapendo cosa è magari lei si tranquillizza e questi sintomi non sono poi così fastidiosi. Se nel tempo rimangono, magari si potrà poi discutere se o meno cambiare il farmaco.
Resta in sospeso che in realtà per darle un'indicazione definitiva bisognerebbe essere direttamente sicuri della diagnosi e delle sue altre eventuali condizioni di interesse medico.
Ridiscuta questi aspetti col suo psichiatra o con altro medico di fiducia.
Saluti
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
se le hanno diagnosticato un Disturbo depressivo ASSOCIATO ad(non "portato da") un Disturbo da alimentazione incontrollata, lo Zoloft può aiutarla a risolvere il suo problema, sia da solo che, se necessario, in associazione con altri farmaci.
Mi sembra strano che il suo specialista sia "convinto dell'estraneità del farmaco a questi disturbi". Infatti, come ben puntualizzato dal Dr. Pacini, è molto probabile che le contrazioni muscolari involontarie che lei riferisce siano "mioclonie iatrogene", cioè indotte da farmaci, che sono frequenti durante l'uso di antidepressivi come lo Zoloft, specie nei primi tempi del trattamento. Questi disturbi sono benigni, spesso migliorano nel tempo e scompaiono completamente alla sospensione del farmaco. In caso di persistenza, esistono comunque farmaci che, aggiunti agli antidepressivi, possono migliorare o eliminare completamente il problema. Ne parli più approfonditamente con il suo psichiatra per chiarire meglio il suo problema e trovare una soluzione.
Distinti saluti
a.rotondo@med.unipi.it
Alessandro Rotondo
Specialista in Psichiatria
Professore a contratto Università di Pisa
i miei migliori auguri.
concordo in pieno con i pareri espressi dai colleghi Dr. Pacini e Dr. Rotondo.
Cordiali saluti
Giuseppe Ruffolo
www.psichiatria-online.it
concordo pienamente con quanto espresso dal Dr. Pacini e dal Dr. Rotondo. Sono invece assolutamente in disaccordo con quanto espresso dal Dr. Giubbolini: vorrei prima di tutto pubblicamente invitare il collega ad evitare di dare giudizi su terapie prescritte da altri colleghi (che hanno visitato la paziente a differenza di noi che rispondiamo su questo sito): in particolare consigliare di non usare un trattamento genera confusione nel paziente e soprattutto sfiducia nella classe medica. Credo che in questo sito affermazioni di questo tipo siano giustamente vietate. Quanto al fatto poi che gli antidepressivi non si debbano prendere a 21 anni è una credenza del collega e non una evidenza scientifica: non vi è alcuno studio controllato che documenta la pericolosità di questi farmaci all'età di 21 anni nè esistono controindicazioni specifiche per l'uso in pazienti di questa età. Infine non è assolutamente verò che i farmaci antidepressivi siano esclusivamente dei sintomatici: molti studi controllati hanno dimostrato modificazioni neuronali permanenti ed efficacia nel lungo termine dopo assunzione di questi farmaci anche a distanza dalla sospensione del trattamento. Sconsigliare una terapia antidepressiva ad un paziente con una sindrome depressiva, soprattutto se di una certa entità, è come sconsigliare l'uso degli antibiotici in una polmonite: certo, il sistema immunitario può in alcuni casi risolvere la situazione senza l'ausilio di farmaci, tuttavia la mortalità senza gli antibiotici sarebbe molto più elevata come lo era in epoca preantibiotica.
Cordiali saluti.
Claudio Lorenzetti
Dr. Claudio Lorenzetti
"non vi è alcuno studio controllato che documenta la pericolosità di questi farmaci all'età di 21 anni nè esistono controindicazioni specifiche per l'uso in pazienti di questa età": infatti, non ho affermato nulla di simile.
per il resto, è evidente a chiunque abbia una laurea in medicina ed una specializzazione in psichiatria il fatto che gli antidepressivi non hanno assolutamente nulla in comune con gli antibiotici, e che il paragone tra polmonite e depressione è improponibile.
quanto poi al pericolo di ingenerare confusione nel paziente, cosa quanto mai doverosa, credo allora che ciascuno di noi dovrebbe - per cercare di attenersi a questa regola - limitarsi ogni volta ad invitare gli utenti che richiedono consulenze esclusivamente a fare riferimento al proprio medico curante. il che renderebbe questo servizio totalmente inutile.
vorrei anche io invitare il gentile collega ad evitare di dare giudizi sulle consulenze offerte da altri colleghi, limitandosi ad esprimere il proprio parere.
Oltretutto il giudizio di un collega che li ha prescritti viene messo in dubbio senza avere, come lui, valutato direttamente la paziente e aver raccolto un'anamnesi dettagliata.
Esistono studi e dati che descrivono a cosa servono gli antidepressivi. L'affermazione che siano dei "sintomatici" rispecchia una concezione veramente approssimativa della farmacologia psichiatrica, poiché essendo le malattie prima di tutto composte di sintomi (nella medicina tutta e in tutta la storia della medicina) la terapia sintomatica è un approccio degnissimo. Ma gli antidepressivi fanno qualcosa di più, tanto è vero che agiscono con un tempo di latenza, quindi l'equazione li prendo = sto meglio non è così lineare come può accadere per un vero sintomatico (es. un ansiolitico). Mi preoccupa pensare che le malattie psichiche siano affrontate con criteri diversi da quelli che si utilizzano per le malattie di altri apparati, mentre ritengo che le psicoterapie dovrebbero essere applicate alle condizioni associate anche a malattie acute e croniche non psichiche.
Peraltro, le psicoterapie efficaci lo sono in regimi a medio-lungo termine, spesso in mantenimento così come le farmacoterapie, quindi il principio non cambia, solo la tecnica e la natura dello strumento.
Dr. Claudio Lorenzetti
dott. Francesco Favaretti Camposampiero
purtroppo ho già partecipato a accese discussioni sul tema, e non voglio replicare l'inutile disfida ideologico-culturale.
Uan cosa però vorrei dirla: personalmente, in 14 anni di quotidiana applicazione alla psichiatria, non ho mai incontrato un paziente che abbia alfine trovato, anche dopo più due lustri di plurisettimanali sedute, queste benedette 'radici del problema'. Così chiedo ai Colleghi psicanalisti: ci potete spiegare una volta per tutte di che si tratta?
Cari saluti e perdonate la battuta finale
Silvio Presta
www.silvio-presta-psichiatra.tk
Silvio Presta
mi sembra evidente che il povero paziente, bisognoso di consulto medico, è ormai sparito all'orizzonte, lasciando il campo aperto a disquisizioni (veramente poco utili) tra psichiatri di diverso orientamento.
sinceramente, non immaginavo che la discussione potesse prendere una piega di tal genere, anche se - dall'ultimo intervento che ho letto - capisco che non è la prima volta che accade. è la prima per me (direi certamente anche l'ultima).
trovo che tutto ciò sia di totale inutilità per chiunque, medici e pazienti.
mi permetto soltanto di sottolineare che la richiesta di un consulto ad un medico consente - ed anzi impone - al medico stesso di esprimere, sulla base della sua scienza e coscienza, il proprio parere. che tale parere sia condiviso da altri medici o meno non dovrebbe destare scandalo.
in molti anni di professione ritengo di aver imparato che ciò che è fondamentale in medicina è il rapporto medico - paziente. in ogni specialità e non solo in psichiatria. credo che questa affermazione sia difficilmente criticabile da parte di chiunque.
da questo punto di vista, il fatto che un paziente si rivolga ad altri che non sia il proprio medico curante è già, di per sè, indicativo dell'esistenza di un problema. quindi, l'unica alternativa 'deontologicamente corretta' sarebbe quella di re-inviarlo al curante, al limite astenendosi da qualunque commento, suggerimento, indicazione. ma, visto il contesto nel quale ci troviamo, l'affermazione è paradossale.
per il resto, ciascun medico propone al proprio paziente il rimedio che ritiene più efficace; il paziente, come è noto, dispone come meglio crede, sulla base delle indicazioni, non vincolanti, che ha ricevuto.
infine, una notazione, non polemica.
ho apprezzato l'intervento del dott. Favaretti.
avrei invece molte perplessità da esprimere ai colleghi evidentemente di formazione diversa dalla mia, ma ho già detto che la discussione mi sembra davvero inutile e mi pare opportuno, almeno da parte mia, concluderla qui.
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