Può questo metodo curare il doc?
Salve dottori,
per chi non lo sapesse, io soffro almeno di disturbo ossessivo compulsivo grave.
Sono anni che faccio terapia di tutti i tipi a tutte le dosi, ma oltre a periodi di "serena sofferenza", non mi hanno portato a niente di definitivo, anzi a molti effetti collaterali.
L'ultimo medico da cui sono stato usa un approccio completamente diverso dagli altri.
Per lui le medicine sono una base, il vero cambiamento devo essere io; le mediche modificano gli equilibri chimici ma poi ciò che rimarrà sarà il modo in cui NOI siamo cambiati "adattandoci" al nuovo scenario che i farmaci ci hanno delineato.
Siete d'accordo?
Questa è una domanda cruciale per me.
Fino a dove arrivano i farmaci e dove noi?
I farmaci presi per tot tempo modificano non dico permanentemente ma in maniera solida la chimica del cervello?
Insomma, poi io gli ho detto che le linee guida per il doc erano antidepressivo a dosi alte e associazione di antipsicotico e stabilizzatore.
Lui come antidepressivo mi ha dato solo la mirtazapina, che so non agire sul doc, e mi ha dato l'Olanzapina a 10 mg e Lyrica 50 mg.
Secondo voi, anche se probabilmente non usate il suo metodo, ha un suo fondamento questo suo modo di fare o è solo una perdita di tempo?
Io intanto continuo a soffrire di doc pesante, ma è diventato più controllabile. Può farsi che sia venuta meno solo la vetta dell'iceberg, che invece resta ben radicato.
Grazie a chi risponderà
per chi non lo sapesse, io soffro almeno di disturbo ossessivo compulsivo grave.
Sono anni che faccio terapia di tutti i tipi a tutte le dosi, ma oltre a periodi di "serena sofferenza", non mi hanno portato a niente di definitivo, anzi a molti effetti collaterali.
L'ultimo medico da cui sono stato usa un approccio completamente diverso dagli altri.
Per lui le medicine sono una base, il vero cambiamento devo essere io; le mediche modificano gli equilibri chimici ma poi ciò che rimarrà sarà il modo in cui NOI siamo cambiati "adattandoci" al nuovo scenario che i farmaci ci hanno delineato.
Siete d'accordo?
Questa è una domanda cruciale per me.
Fino a dove arrivano i farmaci e dove noi?
I farmaci presi per tot tempo modificano non dico permanentemente ma in maniera solida la chimica del cervello?
Insomma, poi io gli ho detto che le linee guida per il doc erano antidepressivo a dosi alte e associazione di antipsicotico e stabilizzatore.
Lui come antidepressivo mi ha dato solo la mirtazapina, che so non agire sul doc, e mi ha dato l'Olanzapina a 10 mg e Lyrica 50 mg.
Secondo voi, anche se probabilmente non usate il suo metodo, ha un suo fondamento questo suo modo di fare o è solo una perdita di tempo?
Io intanto continuo a soffrire di doc pesante, ma è diventato più controllabile. Può farsi che sia venuta meno solo la vetta dell'iceberg, che invece resta ben radicato.
Grazie a chi risponderà
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"L'ultimo medico da cui sono stato usa un approccio completamente diverso dagli altri.
Per lui le medicine sono una base, il vero cambiamento devo essere io;"
E questo sarebbe un discorso mai sentito ?
Non significa niente di preciso. Il paziente arriva fino alla malattia, dopo ci sono le terapie.
"le mediche modificano gli equilibri chimici ma poi ciò che rimarrà sarà il modo in cui NOI siamo cambiati"
e perché, mi scusi, quel NOI non sono equilibri chimici ? Da dove esce fuori noi, da un altro cervello prestato per l'occasione ?
Non è un metodo, è un discorso vago che sento fare in continuazione. E' un mettere le mani avanti. Giusto, ma non occorre tirar fuori questi due livelli che poi non si definiscono. Le cure funzionano fino a un punto da determinare, tutto qui.
In più, questo non entra nel merito dell'effetto evolutivo per cui il cervello cambia stabilmente o no: questo è un altro discorso, ma concettualmente se NOI cambiamo significa che il cervello è cambiato, non certo che NOI (chi ?) facciamo cambiare la parte del cervello che decide sul cambiamento.
Per lui le medicine sono una base, il vero cambiamento devo essere io;"
E questo sarebbe un discorso mai sentito ?
Non significa niente di preciso. Il paziente arriva fino alla malattia, dopo ci sono le terapie.
"le mediche modificano gli equilibri chimici ma poi ciò che rimarrà sarà il modo in cui NOI siamo cambiati"
e perché, mi scusi, quel NOI non sono equilibri chimici ? Da dove esce fuori noi, da un altro cervello prestato per l'occasione ?
Non è un metodo, è un discorso vago che sento fare in continuazione. E' un mettere le mani avanti. Giusto, ma non occorre tirar fuori questi due livelli che poi non si definiscono. Le cure funzionano fino a un punto da determinare, tutto qui.
In più, questo non entra nel merito dell'effetto evolutivo per cui il cervello cambia stabilmente o no: questo è un altro discorso, ma concettualmente se NOI cambiamo significa che il cervello è cambiato, non certo che NOI (chi ?) facciamo cambiare la parte del cervello che decide sul cambiamento.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#2]
Utente
Gentile dott. Pacini,
allora probabilmente ho sempre sbagliato io. Molti miei psichiatri del passato mi prescrivevano maree si farmaci e si preoccupavano pochissimo del mio percorso interiore, quindi io pensavo che questi farmaci mi modificassero autonomamente la chimica del cervello e che quindi i miglioramenti sarebbero stati permanenti. Invece forse era sottinteso che dovessi impegnarmi io di più per conservare e valorizzare i risultati ottenuti, che sarebbero scomparsi altrimenti.
Non ho capito la frase " Il paziente arriva fino alla malattia, dopo ci sono le terapie"
Riguardo al "NOI", io intendevo che avevo capito che le medicine ti "costringono" a stare meglio, ma poi se non capisci come fare in prima persona a mantenere i risultati ottenuti, i miglioramenti li perdi o comunque sono solo provvisori (per esempio gli Antidepressivi mi hanno risolto alcune manifestazioni del doc, ma ne sono nate altre e poi tot ste tutte).
Probabilmente ho capito male io e sarei molto grato se lei chiarisse la mia idea.
La mia idea è: dato che una volta interrotti i farmaci esistono le ricadute, gli effetti dei farmaci non sono permanenti. Essi abituano il cervello a stare in un data condizione di benessere fino a quando si possono interrompere, per più tempo li prendi e più sarà difficile regredire, seppur non impossibile.
Poi se uno è depresso per squilibri chimici del cervello con cui è nato, dovrà prendere sempre antidepressivi; per il doc bisogna imparare ad affrontare il meccanismo ossessivo per evitare ricadute, i farmaci ti supportano nel momento più acuto e ti mettono in una situazione di vantaggio nell'affrontarla.
Giusto o ho detto solo castronerie? Se vuole, mi dica sinteticamente appunto a cosa servono i farmaci, fino a che punto sono efficaci, per quanto tempo bisogna prenderli e se curano o semplicemente supportano?
allora probabilmente ho sempre sbagliato io. Molti miei psichiatri del passato mi prescrivevano maree si farmaci e si preoccupavano pochissimo del mio percorso interiore, quindi io pensavo che questi farmaci mi modificassero autonomamente la chimica del cervello e che quindi i miglioramenti sarebbero stati permanenti. Invece forse era sottinteso che dovessi impegnarmi io di più per conservare e valorizzare i risultati ottenuti, che sarebbero scomparsi altrimenti.
Non ho capito la frase " Il paziente arriva fino alla malattia, dopo ci sono le terapie"
Riguardo al "NOI", io intendevo che avevo capito che le medicine ti "costringono" a stare meglio, ma poi se non capisci come fare in prima persona a mantenere i risultati ottenuti, i miglioramenti li perdi o comunque sono solo provvisori (per esempio gli Antidepressivi mi hanno risolto alcune manifestazioni del doc, ma ne sono nate altre e poi tot ste tutte).
Probabilmente ho capito male io e sarei molto grato se lei chiarisse la mia idea.
La mia idea è: dato che una volta interrotti i farmaci esistono le ricadute, gli effetti dei farmaci non sono permanenti. Essi abituano il cervello a stare in un data condizione di benessere fino a quando si possono interrompere, per più tempo li prendi e più sarà difficile regredire, seppur non impossibile.
Poi se uno è depresso per squilibri chimici del cervello con cui è nato, dovrà prendere sempre antidepressivi; per il doc bisogna imparare ad affrontare il meccanismo ossessivo per evitare ricadute, i farmaci ti supportano nel momento più acuto e ti mettono in una situazione di vantaggio nell'affrontarla.
Giusto o ho detto solo castronerie? Se vuole, mi dica sinteticamente appunto a cosa servono i farmaci, fino a che punto sono efficaci, per quanto tempo bisogna prenderli e se curano o semplicemente supportano?
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 82 visite dal 04/12/2024.
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