Desiderare di non vivere più
Buongiorno.
Ho 40 anni e da qualche giorno mi è stata riconosciuta una invalidità del 75% e legge 104 art.
3 comma 3 per disturbo di personalità instabile tipo borderline, PTSD, fibromialgia, disturbo alimentare ed altre problematiche fisiche.
Sono seguitissima da un’equipe favolosa per la quale sono molto grata ma nonostante il supporto, non vedo via di uscita.
Ed il motivo è semplice: sono rimasta praticamente sola al mondo.
La mia condizione mi porta ad uno stato di emarginazione sociale, socialità che comunque non cerco e voglio.
Ogni persona che mi ha amato o che ho amato, è mancata e tutto ciò è avvenuto nell’arco di pochissimi anni.
Ex compagno che amavo molto, mia madre schizofrenica, un’altra persona a me cara che è stata come una mamma ed infine mio Papà, unico mio caregiver e mio scudo contro ogni dolore e pericolo.
La sua morte ha segnato un punto di svolta in negativo nella mia esistenza.
Immediatamente dopo la sua perdita sono caduta in una profondissima depressione.
Non ho lasciato la stanza per mesi, se non per portare fuori il mio cagnolino.
Non mi sono lavata per settimane ed ho preso moltissimi chili.
Sono stata in un centro psicoterapeutico dove ho incontrato uno psichiatra e psicoterapeuta che ha trovato gli strumenti giusti per supportarmi e che ancora oggi mi segue.
Eppure io ora, mi laverò ed uscirò più di prima, ma non ho nessuno nella mia vita.
L’unica sorella con la quale ho un rapporto ha un carcinoma del colon retto al IV stadio ed ha interrotto le terapie.
Non ho nessun altro e vivo con pochissime risorse economiche, in una condizione di povertà.
Il minimo vitale non basta più con l’inflazione di questi tempi.
Non starò a letto come ho fatto per un anno, non sarò clinicamente depressa come prima ma provo un costante desiderio di smettere di vivere perché non trovo uno scopo.
Non riesco a lavorare per più di qualche ora ed ora non sto lavorando.
Non ho alcuna ambizione nella vita.
Ho pochi amici giustamente presissimi dalle loro vite e dai loro bimbi piccoli.
Io non sarò mai madre e lo avrei voluto ma sarebbe irresponsabile da parte mie compiere un gesto simile.
Non esiste farmaco che può aiutare quando le costanti dell’esistenza sono malattia, morte, solitudine, i grandi temi che tormentano l’essere umano e che si sgomitano tutti insieme per prevalere nella mia vita.
La maggior parte delle molecole che ho provato mi provocano effetto paradosso o reazioni allergiche.
La psicoterapia mi aiuta e tra poco inizierò con la Schema Therapy.
Sono ormai molto fredda e cinica rispetto alla morte.
Non è accompagnato tutto da un sentimento di disperazione.
È un ragionamento calcolato, posato, che non torce lo stomaco.
Il riconoscimento della disabilità e dello stato di handicap pensavo mi avrebbero aiutata ed invece ciò ha sortito l’effetto contrario facendomi sentire ancora più inutile a me stessa ed alla società, per quanto stia lavorando anche sulla recovery.
Che altro posso fare?
Ho 40 anni e da qualche giorno mi è stata riconosciuta una invalidità del 75% e legge 104 art.
3 comma 3 per disturbo di personalità instabile tipo borderline, PTSD, fibromialgia, disturbo alimentare ed altre problematiche fisiche.
Sono seguitissima da un’equipe favolosa per la quale sono molto grata ma nonostante il supporto, non vedo via di uscita.
Ed il motivo è semplice: sono rimasta praticamente sola al mondo.
La mia condizione mi porta ad uno stato di emarginazione sociale, socialità che comunque non cerco e voglio.
Ogni persona che mi ha amato o che ho amato, è mancata e tutto ciò è avvenuto nell’arco di pochissimi anni.
Ex compagno che amavo molto, mia madre schizofrenica, un’altra persona a me cara che è stata come una mamma ed infine mio Papà, unico mio caregiver e mio scudo contro ogni dolore e pericolo.
La sua morte ha segnato un punto di svolta in negativo nella mia esistenza.
Immediatamente dopo la sua perdita sono caduta in una profondissima depressione.
Non ho lasciato la stanza per mesi, se non per portare fuori il mio cagnolino.
Non mi sono lavata per settimane ed ho preso moltissimi chili.
Sono stata in un centro psicoterapeutico dove ho incontrato uno psichiatra e psicoterapeuta che ha trovato gli strumenti giusti per supportarmi e che ancora oggi mi segue.
Eppure io ora, mi laverò ed uscirò più di prima, ma non ho nessuno nella mia vita.
L’unica sorella con la quale ho un rapporto ha un carcinoma del colon retto al IV stadio ed ha interrotto le terapie.
Non ho nessun altro e vivo con pochissime risorse economiche, in una condizione di povertà.
Il minimo vitale non basta più con l’inflazione di questi tempi.
Non starò a letto come ho fatto per un anno, non sarò clinicamente depressa come prima ma provo un costante desiderio di smettere di vivere perché non trovo uno scopo.
Non riesco a lavorare per più di qualche ora ed ora non sto lavorando.
Non ho alcuna ambizione nella vita.
Ho pochi amici giustamente presissimi dalle loro vite e dai loro bimbi piccoli.
Io non sarò mai madre e lo avrei voluto ma sarebbe irresponsabile da parte mie compiere un gesto simile.
Non esiste farmaco che può aiutare quando le costanti dell’esistenza sono malattia, morte, solitudine, i grandi temi che tormentano l’essere umano e che si sgomitano tutti insieme per prevalere nella mia vita.
La maggior parte delle molecole che ho provato mi provocano effetto paradosso o reazioni allergiche.
La psicoterapia mi aiuta e tra poco inizierò con la Schema Therapy.
Sono ormai molto fredda e cinica rispetto alla morte.
Non è accompagnato tutto da un sentimento di disperazione.
È un ragionamento calcolato, posato, che non torce lo stomaco.
Il riconoscimento della disabilità e dello stato di handicap pensavo mi avrebbero aiutata ed invece ciò ha sortito l’effetto contrario facendomi sentire ancora più inutile a me stessa ed alla società, per quanto stia lavorando anche sulla recovery.
Che altro posso fare?
[#1]
Sta seguendo i giusti passaggi con la equipe che la ha in carico
https://wa.me/3908251881139
https://www.instagram.com/psychiatrist72/
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 458 visite dal 04/09/2024.
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