Causa condizione depressiva

Salve, ho già aperto un consulto del genere, ma vorrei dei chiarimenti perché il precedente consulto si era risolto un po' malamente in tensioni che mi dispiace aver procurato e chiedo scusa.

Io ho ricevuto una diagnosi di disturbo bipolare NAS.
Quando è andato in pensione lo psichiatra sono stato da un altro psichiatra e sono nati alcuni dubbi sulla causa della mia condizione depressiva.

Come riportato da questo opuscoletto (https://www.psichiatriaoggi.it/wp-content/uploads/2019/07/08-PsichiatriaOggi-AnnoXXXII-n1-Grecchi-urgenza-psichiatrica-Disforia-Genere.pdf), che inquadra il punto della questione, "Riveste un ruolo determinante riuscire a discriminare se la condizione depressiva sia la conseguenza di un disturbo depressivo maggiore, di un disturbo dell'adattamento, di un disturbo bipolare o se sia conseguenza di una disforia di genere (Janssen et al, 2018).
Il concomitante trattamento della disforia di genere sottostante consente una remissione sintomatologica (Janssen et al, 2018).
"
Credete sia opportuno chiedere al CIM di discriminare la causa della mia condizione depressiva per ridefinire un percorso psicofarmacologico e psicoterapeutico più adeguato anche alla luce del fatto che Il concomitante trattamento della disforia di genere sottostante consente una remissione sintomatologica?

Purtroppo mi rendo conto di non aver facilitato il primo psichiatra non dicendogli esplicitamente che io soffrissi perché mi sentissi appartenere al genere opposto così lui ha dedotto si trattasse di un disturbo bipolare.

Credete sia opportuno chiedere anche un certificato?
Considerate che un certificato è un atto pubblico e se fosse falso potrei essere denunciato per induzione falso ideologico in atto pubblico/falsità ideologica commessa da privati in atto pubblico.
Sollevo la questione perché la cosa potrebbe essere un po' ambigua visto che sarei io, di mia sponte, nel caso di domande durante il colloquio, a definire la mia condizione depressiva come causa di una disforia di genere piuttosto che di disturbo bipolare esistendo però già una diagnosi.
Cioè, è chiaro che nel caso in cui lo psichiatra fosse disposto a capire questa cosa mi farebbe delle domande a cui io risponderei definendo la mia condizione depressiva come dovuta a disforia di genere e che altrimenti non sarebbe possibile definire ciò.

Ho chiesto al primo psichiatra se fosse opportuno ma mi ha detto che insospettirei il CIM, che sembrerei un tipo strano.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
Il suo ragionamento è sbagliato dall'inizio. Lei prima decide cosa deve essere la diagnosi, e poi cosa deve chieder per ottenere quella diagnosi.

E ancora poi questa fissazione su aspetti legali che non si sa come le vengano in mente, se non perché parte di un'ossessione riguardante la diagnosi che forse fa testo a sé.

Qui il paradosso è che dichiara di preoccuparsi se può indurre, e poi quando la diagnosi non le va bene sostanzialmente si propone di denunciare Lei chi gliela ha fatta.

Non riesce a farsi fare una diagnosi e discuterla serenamente col suo medico, senza partire con le sbagliatissime implicazioni che mette, derivate da letture sbagliate di cose che ovviamente nell'enunciazione sono corrette, ma Lei riporta vendendoci delle cose che non ci sono.

Le ho detto qual è il problema. A Lei non vanno giù le diagnosi, le va bene solo quella di disforia, che ha una soluzione etc etc. Un percorso già scritto e fatto da Lei, in maniera che non ha senso. Soprattutto clinico. In genere uno cerca di star bene curandosi quello che ha, non quello che gli piacerebbe avere.

Dr.Matteo Pacini
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Utente
Utente
Io non voglio denunciare nessuno. Io voglio capire seriamente. Non si tratta di farsi andare bene una diagnosi piuttosto che un'altra ma c'è anche in ballo una cosa seria, ovvero una transizione di genere. Chiaro che in presenza di disturbo bipolare, discriminando che la condizione depressiva sia dovuta ad esso, io sarei il primo forse ad evitare una transizione. Non so nulla di metodo in psichiatria e sto chiedendo qui se è opportuno, proprio per le caratteristiche metodologiche della psichiatria, che si possa discriminare la causa di una condizione depressiva partendo dal presupposto che ci sia una diagnosi preesistente che relativizza la causa della condizione depressiva già a un determinato disturbo mentale. Sto chiedendo anche per capire un po' se può sembrare una cosa sensata.
Quello degli aspetti legali sono dubbi che vengono proprio dalla natura della psichiatria in sé in cui è centrale il paziente nella definizione di una diagnosi per cui io potrei indurre a certificare, riportando alcuni elementi, che questa condizione depressiva è dovuta a disforia di genere e non a disturbo bipolare.

Io ho capito il suo punto di vista: c'è la diagnosi di disturbo bipolare quindi la causa della condizione depressiva è stata già discriminata.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
Se c'è in ballo una cosa seria si comporti di conseguenza. Non come sta facendo.
Sta ragionando Lei al posto dei medici, fa dei ragionamenti non corretti, pieni di salti logici e di implicazioni inesistenti.
Il punto è diverso. Lei ha già deciso cosa vuole. Non le piace disturbo bipolare, tutto qui. Si impunta per questo, non per sapere cosa è la diagnosi.

"c'è la diagnosi di disturbo bipolare quindi la causa della condizione depressiva è stata già discriminata."

Questa frase non ha il minimo senso, e Lei con tutti i suoi ragionamenti lavora su questo, pensi un po'. Non è che non sia giusta, non ha senso.

Dr.Matteo Pacini
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Utente
Utente
E come mi dovrei comportare? Se diamo per assodato che ci sia un disturbo bipolare non protenderei per una transizione, come qualche medico mi ha consigliato. Se la condizione depressiva è dovuta a disforia di genere protenderei per la transizione. E' chiaro che una cosa è una disforia di genere con sintomi depressivi dovuti al senso di appartenenza al genere opposto, un'altra è una disforia di genere e un disturbo bipolare in concomitanza,

Lei dice che la mia ultima frase non ha senso però con quel "si comporti di conseguenza" mi sta dicendo che devo comportarmi di conseguenza al fatto che sono bipolare, giusto?
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Utente
Utente
Dal primo psichiatra ho dichiarato pensieri suicidi e messo che avevo umore basso in un test, allora ha dedotto che avessi un disturbo bipolare NAS, senza accennargli che i pensieri suicidi erano dovuti al fatto che mi sentissi appartenere al genere opposto. Io capisco che se uno è un po' "gioioso", inoltre ha pensieri suicidi, umore basso, scatta la diagnosi di disturbo bipolare soprattutto se non si dice nulla allo psichiatra circa la causa dei pensieri suicidi aiutandolo a ricostruire un quadro di disforia di genere come condizione clinica. In realtà io volevo dirglielo che avevo quei pensieri per questo motivo e glielo stavo introducendo pian piano parlandogli del mio orientamento sessuale, gliel'ho anche accennato, ma la storia ha continuato su quella linea, quella della consapevolezza da parte di entrambi, me e lo psichiatra, di un problema afferente all'umore, o meglio non c'è stata propria discussione. Questo però senza una particolare analisi, cioè la diagnosi è avvenuta in pochi minuti, in maniera molto procedurale (test e breve colloquio) e perché c'era già stata la diagnosi. E' chiaro che se uno parte dal presupposto che non si possa negare una diagnosi anche alla luce di alcune considerazioni circa la causa della propria condizione depressiva il discorso è chiuso. Come dice lei uno dovrebbe accettare una diagnosi e io l'ho fatto. Quando ho cambiato psichiatra perché il primo era andato in pensione ho fatto una nuova visita ed è lì che mi è stato detto che non c'erano gli elementi perché io potessi essere bipolare. Non ha voluto menzionare ciò in una relazione e ha voluto solo fare una relazione su ciò che ha desunto lui dalla visita, cioè disforia di genere.
Io non sono un medico ma sono abbastanza intelligente da capire che sostanzialmente il primo psichiatra ha dedotto il mio essere bipolare dalla mia "gioiosità", non avendo assolutamente elementi sufficienti per capire se fosse una fase depressiva che si alternasse ad una fase maniacale, ipomaniacale o una fase mista, a meno che questa deduzione non sia legittimata dal fatto che mi abbia visto gioioso, oltre che pensare al suicidio, e da qui aver dedotto probabilmente una fase mista. E' probabile? Il secondo psichiatra ha descritto come armonica e che ben si coniuga alla mia disforia di genere invece questa gioiosità.
Non è che io non accetto la diagnosi di disturbo bipolare, è che ho visto due psichiatri interpretare un tratto della mia personalità diversamente.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
"Se diamo per assodato che ci sia un disturbo bipolare non protenderei per una transizione, come qualche medico mi ha consigliato"

Lo vede che continua a fare dei ragionamenti preimpostati da Lei....

Non si capisce perché non possa farsi dire: secondo me hai A, B, C, oppure solo A, solo A, B, oppure niente.
Le soluzioni possono essere queste: etc

Lei (a parte che pretende che tutti le diano la stessa diagnosi come se parlassimo di misurare l'altezza, e non è così), ma soprattutto quando va lì sembra che tutti questi discorsi non li faccia, oppure che ci vada già con questi pensieri preimpostati, per cui quel che le dicono poi non conta già più.

Ha un problema di cambio di sesso da valutare e forse anche un altro problema da valutare e trattare. E così difficile concepire che uno possa avere due problemi, o che ne possa avere uno che è la causa principale delle sue alterazioni umorali, mentre l'altro si configura in una maniera legata ad una questione oggettiva e quindi vede tutt'altro rimedio potenziale ?

Dr.Matteo Pacini
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Utente
Utente
Le ho detto qual è il problema. A Lei non vanno giù le diagnosi, le va bene solo quella di disforia, che ha una soluzione etc etc. Un percorso già scritto e fatto da Lei, in maniera che non ha senso. Soprattutto clinico. In genere uno cerca di star bene curandosi quello che ha, non quello che gli piacerebbe avere.

Che non abbia senso clinico non è vero, perché io ho fatto riferimento ad esempio anche a una cura psicofarmacologica. In effetti sto dicendo che ci sia una condizione depressiva e la causa della condizione depressiva è dovuta a disforia di genere e non può essere vista come parte di un disturbo bipolare, eventualmente. E' chiaro che lei crede che disforia di genere è la diagnosi che mi piacerebbe avere perché crede che io la veda dissociata da una condizione depressiva. Ma secondo lei starei qui a discutere di cause di una condizione depressiva se vedessi la mia disforia di genere come dissociata da una condizione depressiva?
Che poi in ambito psichiatrico, data l'evoluzione della cosa e i recenti sviluppi, a livello diagnostico disforia di genere non sia necessariamente associata a depressione e bisogna che ci sia una diagnosi distinta di depressione è chiaro che sia un problema metodologico ma io cosa centro in questo? Spetterebbe al medico, e questo è anche abbastanza ambiguo perché disforia di genere è già un quadro di sofferenza, che può essere o diventare anche clinico, eventualmente capire se il quadro è di disforia di genere o se è necessaria una diagnosi distinta di depressione. Ad esempio il mio medico di base vede la disforia di genere come condizione clinica, cioè diagnosi in cui sono già insiti probabilmente sintomi depressivi. E' questo un errore? Non capisco perché il problema debba essere descrittivo, di carattere meramente diagnostico, piuttosto che sostanziale e teso ad inquadrare la verità in una visione d'insieme. Cioè, vede che al CIM possono annotare disforia di genere associata a depressione piuttosto che disturbo bipolare. Non è un problema. E' un problema la verità circa la mia storia. E' chiaro che ci siano stati dei sintomi depressivi, che si sono manifestati in pensieri suicidi ma non è chiaro se questi sintomi siano dovuti all'appartenenza al genere opposto, se vadano inquadrati con una diagnosi distinta di depressione o possano rientrare in una diagnosi di disforia di genere, e per questo credo ci siano dei criteri scientifici, che uno psichiatra abbia, o se siano parte di un disturbo bipolare. Questa sarebbe la questione.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
"In effetti sto dicendo che ci sia una condizione depressiva e la causa della condizione depressiva è dovuta a disforia di genere e non può essere vista come parte di un disturbo bipolare, eventualmente. "

Appunto, lo sta dicendo tenacemente da sempre. Non qualsiasi cosa, solo questo, guarda caso.

Questa è la questione, e non si capisce perché.

"Cioè, vede che al CIM possono annotare disforia di genere associata a depressione piuttosto che disturbo bipolare. Non è un problema. "

No, è che per Lei invece è un problema se annotassero che si associa a Disturbo Bipolare. Ma perché deve essere un problema, è una cosa priva di senso che veda come un problema una cosa e non l'altra. E' legata ad un suo pregiudizio incredibile e per me anche in parte inspiegabile essendo così coriaceo e carico di ostilità.

Dr.Matteo Pacini
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[#9]
Utente
Utente
Lei (a parte che pretende che tutti le diano la stessa diagnosi come se parlassimo di misurare l'altezza, e non è così), ma soprattutto quando va lì sembra che tutti questi discorsi non li faccia, oppure che ci vada già con questi pensieri preimpostati, per cui quel che le dicono poi non conta già più.

No, ma io accetterei quello che mi dicono. Il problema è che non ho capito a questo punto quanto valga quello che mi dicono visto che come sta dicendo lei ognuno può dire una cosa diversa e ciò avrebbe comunque valore. A questo punto ad esempio anche un atto del CIM che inquadri la mia condizione in generale come disforia di genere, magari associata a depressione, che valore avrebbe con una diagnosi di disturbo bipolare già presente? Soprattutto da un punto di vista metodologico che senso ha ritenere una cosa vera se io vado al CIM e dico "non soffro per alternanza di umore basso e alto ma perché mi sento appartenere al genere opposto?" Cioè, è una cosa che potrebbe essere confutata, atto pubblico o meno. Tra l'altro non mi è ancora chiaro se ci potrebbe essere l'ipotesi che io induca in errore se vada a dire una cosa del genere, alla luce del fatto che ci sia già una diagnosi e che dovrei accettarla, lei ha capito sicuramente che mi riferisco ad aspetti di condotta del paziente che è cosciente del disturbo che gli è stato diagnosticato e ci "lavora", accettandolo, piuttosto che preferire un'altra diagnosi. L'idea che s'è fatta lei è questa ad esempio. Capisce che in un contesto giudiziario è più facile ritenere che il responsabile di quest'atto possa essere io che il medico che l'ha fatto. O se non questo, almeno discutibilità di condotta come paziente psichiatrico, con elementi di pericolosità sociale. Questo me lo dica subito perché lungi da me sarebbe fare qualcosa che venga definito pericoloso.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
"No, ma io accetterei quello che mi dicono. "

No, per niente. Non al condizionale. Lei non lo accetta.

"Soprattutto da un punto di vista metodologico che senso ha ritenere una cosa vera se io vado al CIM e dico "non soffro per alternanza di umore basso e alto ma perché mi sento appartenere al genere opposto?""

Nessuna. Non si opera così, non è che uno va, dice cosa ritiene e quello è il criterio diagnostico, ma stiamo scherzando ? Uno va con le diagnosi in tasca e cosa ritiene diventa un criterio di probabilità. Anzi spesso è proprio il contrario, visto che di solito le auto-diagnosi rivelano le diagnosi effettive, perché valgono come segni, non rispetto all'opinione a cui corrispondono. Se io dico X, può essere un sintomo di Y. Certamente la diagnosi di X non si fa perché "io ritengo di avere X", ma perché se mai manifesto i segni di X.

Poi Lei deve avere per qualche motivo oscuro quest'idea che si va a fare una diagnosi e qualcosa si muove contro di Lei. Capisco tutto in teoria, ma in pratica poi fa delle distinzioni, quindi evidentemente certe diagnosi secondo Lei suono "sicure" e altre no, vai a sapere...

Questo è quanto.

Dr.Matteo Pacini
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Utente
Utente
Nessuna. Non si opera così, non è che uno va, dice cosa ritiene e quello è il criterio diagnostico, ma stiamo scherzando ? Uno va con le diagnosi in tasca e cosa ritiene diventa un criterio di probabilità. Anzi spesso è proprio il contrario, visto che di solito le auto-diagnosi rivelano le diagnosi effettive, perché valgono come segni, non rispetto all'opinione a cui corrispondono. Se io dico X, può essere un sintomo di Y. Certamente la diagnosi di X non si fa perché "io ritengo di avere X", ma perché se mai manifesto i segni di X.

Va bene. Io a breve ho una visita. Vediamo se mi visiterà che succederà durante la visita praticamente. Se sarà lui ad approfondire le cause di questa condizione depressiva se rientra nel suo modo di operare.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
" Se sarà lui ad approfondire le cause di questa condizione depressiva se rientra nel suo modo di operare."

Il medico deve fare diagnosi, non "approfondire le cause di una condizione depressiva". Questa già una diagnosi. Lei ha ricevuto una diagnosi che non c'entra con la depressione, e la disforia di genere neanche è depressione. Quindi continua a tirare in ballo delle diagnosi che seleziona e che vuole siano quelle.
Non ammette che il medico la visiti e si esprima, ammette che lavori sulla diagnosi che le piace. A Lei piace pensare di avere una "condizione depressiva", ammettendo che possa essere spontanea in parte, o che sia identificabile con un umore disforico per la disforia di genere. Di avere un disturbo diverso (e anche magari la disforia di genere) non le piace. Lo rifiuta, e per come è disposta d'animo in questo momento, lo rifiuterà ancora se le verrà indicato.

Dr.Matteo Pacini
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