Guarigione da disturbo bipolare nas; certificato di guarigione clinica
Vorrei sapere come siete orientati voi psichiatri circa la questione relativa alla guarigione del disturbo bipolare NAS.
Parlando con lo psichiatra che si è insediato di recente al CIM dove ho fatto il certificato, prodotto da un altro medico, per la richiesta della pensione di invalidità, alla cui visita non mi sono recato, mi ha detto che dal disturbo bipolare NAS non si guarisce.
Parlando invece con un medico del lavoro mi è stato detto che i medici con cui collabora in commissione invalidità civile gli dicono costantemente che dal disturbo bipolare non si guarisce.
Si guarisce o meno dal disturbo bipolare NAS? Avete dei testi che costituiscono il riferimento ufficiale circa la possibilità o meno di guarigione da questo disturbo a cui si rifà la comunità internazionale rispetto al suo rapporto con le leggi dello Stato?
Quale fonte è quella autorevole circa la questione?
L'invalidità non concerne la guarigione e basta, ma il grado di menomazione funzionale rispetto alla capacità lavorativa.
Dr.Matteo Pacini
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Ho idea che tutto questo discorso derivi da risposte che Lei prende con chissà quale valore e che magari sono date per indicare una cosa che significa che si può star bene e non avere più manifestazioni. Lei invece insiste con questo termine di guarigione da spendere poi non si sa in quale ambito.
Dr.Matteo Pacini
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Col CIM c'avevo avuto contatti solo per avere il certificato della richiesta della pensione di invalidità, alla cui visita non mi sono recato non avendo intenzione di ricevere questo tipo di misura socio-assistenziale.
Portavo alla luce il fatto che un membro della commissione patente ad esempio possa storcere il naso nei confronti di questo certificato di guarigione clinica considerando che ho sentito da alcuni medici che i loro collaboratori della commissione invalidità civile, questo in particolare era un medico del lavoro, gli hanno detto che dal disturbo bipolare non si guarisce.
Dr.Matteo Pacini
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Dr.Matteo Pacini
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Lei ha citato la questione della spendibilità di questo certificato che ha notato possa premermi tanto, e questo perché è legato al mondo del lavoro. Volevo chiederle come si "tratta" in genere una persona che presenta certificato di guarigione clinica e che ha una diagnosi di disturbo bipolare NAS. Qual è il mio status?
Io non ho, dal momento in cui non mi sono recato a visita e in cui è stato valutato il mio stato di salute mentale come in compenso, una percentuale di invalidità che mi permetta di essere iscritto alle categorie protette. I datori di lavoro possono appellarsi alla legge 68/99, qualora gli vengano rivelate informazioni del medico del lavoro, cosa vietata, ma può accadere, perché i malati psichici, visto che lei e altri suoi colleghi considerano relativo questo certificato, e io non rientrerei comunque nello status di lavoratori alla pari di tutti gli altri, mi corregga se sbaglio, sarebbero destinati a corsie di accesso specifiche al lavoro.
Io come mi tutelo da questa eventualità? Sarebbe nella norma che venga valutata l'idoneità alla mansione specifica rispetto ai rischi della stessa considerato il mio stato di salute mentale prendendo in considerazione anche l'evoluzione che ha avuto il mio quadro clinico, considerando lo stato di compenso certificato?
Vorrei però una risposta che è rappresentativa del quadro reale di un caso del genere.
Appunto. Dovessi recepirlo io, mi desterebbe subito sospetti. Perché se nessuno glielo richiede, mi darebbe l'idea del tipico certificato in cui si vuole dare un'impressione fin troppo spinta.
Se Lei è valutato in compenso, non vedo cos'altro va aggiunto. Se uno che era in compenso mi si presentasse dicendo che è "guarito", avrei dei dubbi sulla sua consapevolezza di malattia. Se uno che era in compenso mi si presenta dicendo che ha smesso le cure, non mi suonerebbe molto bene.
Quindi personalmente non so se sia utile produrre documenti che nessuno le ha chiesto in cui va a dettagliare col rischio di ottenere effetti non desiderati.
Dr.Matteo Pacini
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Non è che proceduralmente si fanno diagnosi se una persona si reca in un ambulatorio per un motivo ben preciso. Nel test psicodiagnostico era sicuramente rintracciabile il mio umore basso ma questo era dovuto al fatto che non fossi accettato in famiglia e che avessi ricevuto atti di bullismo a lavoro, così gli istinti suicidi.
La diagnosi è stata fatta seguendo la pratica classica del test psico-diagnostico senza approfondire le ragioni delle opzioni segnate nel test. Le assicuro che per il resto io e lo psichiatra non ci siamo detti null'altro, se non quello che ho scritto prima. Non mento.
Permetta che se mi sono recato al CIM per un motivo specifico e non venga ascoltato e salta fuori una diagnosi di un disturbo mentale in 5 minuti io possa storcere il naso? Le sembra normale essere invitati a fare un test che può essere molto equivoco, per le ragioni suddette, senza ascoltare approfonditamente una persona che si è recata in un luogo così delicato per ragioni diverse a quelle più strettamente relative al disagio psichico, al solo fine di diagnosticare un disturbo, proceduralmente?
Il minimo è che io rifiuti le cure. Cure per cosa? E' come se una persona a caso sia stato invitato a fare un test, abbia detto pochissime cose e gli sia stato diagnosticato un disturbo, senza contestualizzare quello che è risultato dal test perché non è stato ascoltato totalmente.
Onestamente questa è una visione che mi fa molto paura, quella che legittima la diagnosi di un disturbo a una persona che si è recata da uno psichiatra per esprimere il suo vero disagio, non lasciandolo esprimere, proceduralmente,
Falso, e anche scorretto. Se mai il problema può essere come la diagnosi è stata ricavata, non certo si ricava da un test. Ma magari appunto non è stata ricavata solo da quello.
Continuo però a non capire il senso del consulto. Lei vuole un certificato che la dice guarito da un disturbo che non è convinto di avere perché la diagnosi potrebbe essere stata fatta male. E allora guarigione da cosa, se sostiene che non ce l'ha ?
Dr.Matteo Pacini
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