Frustrazioni personali
Sono seguito a intervalli regolari da un professionista della salute mentale, che ad ogni seduta aggiorno circa i progressi o i passi falsi che faccio nella settimana.
Credo di capirne di calcio e neanche poco, sicuramente ben più dei tanti soloni televisivi che si atteggiano a esperti in materia nei salotti domenicali, ma che a sentirli parlare danno prova di non avere le competenze minime per meritare di occupare certe poltrone.
Anche sul posto di lavoro amo vantare e direi anche sfoggiare, non senza un certo orgoglio, competenze che potrebbero permettermi tranquillamente di allenare: mi delizio a elaborare schemi di gioco innovativi su carta e penna, che sottopongo al parere di conoscenti, per confermarmi di capirne più di loro: sento che ciò è di sostegno alla mia autostima e mi fa sentire considerato quando si intavolano discussioni calcistiche.
Ma è nei programmi specializzati in onda sulle tivu locali che vorrei sciorinare le mie tesi: è lì che cerco il mio pubblico e la mia gratificazione.
Solo che i conduttori, forse perché gelosi che qualcuno da casa se ne intenda più di loro e preoccupati di perdere credibilità al confronto con uno come il sottoscritto durante la in diretta, mi stoppano e mi parlano addosso quando tocco certi temi: conosco il loro giuoco: cercano di deconcentrarmi e disturbarmi, per farmi perdere il filo e denigrarmi.
Sono dei buonisti e mi rinfacciano eccessiva durezza nei miei giudizi verso i calciatori.
Ho anche pensato di recarmi nella sede dell'emittente a rivolgere una contestazione, ovviamente nei giusti toni e nel pieno rispetto delle loro professionalità.
Credo di averne il diritto.
Purtroppo spesso non prendo la linea telefonica, e ciò scatena in me delle crisi di pianto che non riesco a controllare.
Proprio ieri volevo sollevare la questione del portiere, ruolo in cui la squadra per cui parteggio è a mio avviso carente per motivi squisitamente tecnici.
Lo noto solo io?
Allora o i giornalisti sono incompetenti o fanno finta di non capire, perché in malafede.
Non tollero che in studio prevalga un atteggiamento di difesa delle performance del giocatore, anche a fronte di un rendimento che è causa almeno parziale dei recenti risultati negativi della squadra.
Non ce la faccio a rassegnarmi di non poter liberamente dissentire da chi non la pensa come me, mi crea una profonda frustrazione con contraccolpi psicologici che mi hanno spinto a rivolgermi a un terapeuta, da affiancare alla cura farmacologica, proprio per dibattere con lui dell'angoscia con cui vivo il momento in cui la trasmissione sta per andare in onda, durante la quale aspetto di ascoltare le opinioni degli esperti ma finisco per rodermi dentro mentre loro parlano, perche la mia visione del calcio è differente e ne vado fiero, solo che loro vengono stimati e considerati competenti, mentre io che pure ne so più di loro non ho le attenzioni che meriterei.
Credo di capirne di calcio e neanche poco, sicuramente ben più dei tanti soloni televisivi che si atteggiano a esperti in materia nei salotti domenicali, ma che a sentirli parlare danno prova di non avere le competenze minime per meritare di occupare certe poltrone.
Anche sul posto di lavoro amo vantare e direi anche sfoggiare, non senza un certo orgoglio, competenze che potrebbero permettermi tranquillamente di allenare: mi delizio a elaborare schemi di gioco innovativi su carta e penna, che sottopongo al parere di conoscenti, per confermarmi di capirne più di loro: sento che ciò è di sostegno alla mia autostima e mi fa sentire considerato quando si intavolano discussioni calcistiche.
Ma è nei programmi specializzati in onda sulle tivu locali che vorrei sciorinare le mie tesi: è lì che cerco il mio pubblico e la mia gratificazione.
Solo che i conduttori, forse perché gelosi che qualcuno da casa se ne intenda più di loro e preoccupati di perdere credibilità al confronto con uno come il sottoscritto durante la in diretta, mi stoppano e mi parlano addosso quando tocco certi temi: conosco il loro giuoco: cercano di deconcentrarmi e disturbarmi, per farmi perdere il filo e denigrarmi.
Sono dei buonisti e mi rinfacciano eccessiva durezza nei miei giudizi verso i calciatori.
Ho anche pensato di recarmi nella sede dell'emittente a rivolgere una contestazione, ovviamente nei giusti toni e nel pieno rispetto delle loro professionalità.
Credo di averne il diritto.
Purtroppo spesso non prendo la linea telefonica, e ciò scatena in me delle crisi di pianto che non riesco a controllare.
Proprio ieri volevo sollevare la questione del portiere, ruolo in cui la squadra per cui parteggio è a mio avviso carente per motivi squisitamente tecnici.
Lo noto solo io?
Allora o i giornalisti sono incompetenti o fanno finta di non capire, perché in malafede.
Non tollero che in studio prevalga un atteggiamento di difesa delle performance del giocatore, anche a fronte di un rendimento che è causa almeno parziale dei recenti risultati negativi della squadra.
Non ce la faccio a rassegnarmi di non poter liberamente dissentire da chi non la pensa come me, mi crea una profonda frustrazione con contraccolpi psicologici che mi hanno spinto a rivolgermi a un terapeuta, da affiancare alla cura farmacologica, proprio per dibattere con lui dell'angoscia con cui vivo il momento in cui la trasmissione sta per andare in onda, durante la quale aspetto di ascoltare le opinioni degli esperti ma finisco per rodermi dentro mentre loro parlano, perche la mia visione del calcio è differente e ne vado fiero, solo che loro vengono stimati e considerati competenti, mentre io che pure ne so più di loro non ho le attenzioni che meriterei.
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"mentre io che pure ne so più di loro non ho le attenzioni che meriterei."
Un pensiero suo, che quindi anche gli altri avranno su di sé. Ma la domanda quale sarebbe ?
Un pensiero suo, che quindi anche gli altri avranno su di sé. Ma la domanda quale sarebbe ?
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 519 visite dal 18/12/2023.
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