Pseudoartrosi 3 medio distale femore
26/01/2021 intervento per pseudoartrosi per frattura non consolidata 3 medio distale femore sx
* rimozione chiodo retrogrado precedentemente installato,
* innesto osso omologo e sintetico
* gel piastrinico e placca 9 fori
a distanza di quasi 4 mesi, ho dolore al ginocchio che risulta anche gonfio e caldo, non riesco a deambulare.
Ho eseguita scintigrafia con leocociti marcati che evidenzia una probabile infezione nel sito di intervento
pcr 7, 10 ves 50 alfa 1 -206 leocociti 7.40
Ho sentito diversi esperti ortopedici e infettivologhi tutti con pareri contrastanti.
Non so cosa devo fare, mi può consigliare Lei il percorso giusto?
grazie
* rimozione chiodo retrogrado precedentemente installato,
* innesto osso omologo e sintetico
* gel piastrinico e placca 9 fori
a distanza di quasi 4 mesi, ho dolore al ginocchio che risulta anche gonfio e caldo, non riesco a deambulare.
Ho eseguita scintigrafia con leocociti marcati che evidenzia una probabile infezione nel sito di intervento
pcr 7, 10 ves 50 alfa 1 -206 leocociti 7.40
Ho sentito diversi esperti ortopedici e infettivologhi tutti con pareri contrastanti.
Non so cosa devo fare, mi può consigliare Lei il percorso giusto?
grazie
[#1]
Salve,
purtroppo è difficile dare indicazioni terapeutiche senza conoscere il caso clinico, visionare le radiografie ed eseguire un accurato esame obiettivo. Le revisioni ed il trattamento delle pseudoartrosi sono purtroppo correlate spesso da complicanze anche di natura infettiva. Il mio consiglio è, una volta scelto lo specialista in cui riporre la sua fiducia, di seguire pedissequamente le sue indicazioni.
Qualora volesse, può comunque inviarmi la documentazione per via telematica. Sarei felice di visionarla.
Saluti
purtroppo è difficile dare indicazioni terapeutiche senza conoscere il caso clinico, visionare le radiografie ed eseguire un accurato esame obiettivo. Le revisioni ed il trattamento delle pseudoartrosi sono purtroppo correlate spesso da complicanze anche di natura infettiva. Il mio consiglio è, una volta scelto lo specialista in cui riporre la sua fiducia, di seguire pedissequamente le sue indicazioni.
Qualora volesse, può comunque inviarmi la documentazione per via telematica. Sarei felice di visionarla.
Saluti
Dr. Massimiliano Carrozzo
Dirigente Medico AOU Policlinico di Bari
Responsabile Ambulatorio Trauma Maggiore, Infezioni,Fissazione Esterna
[#2]
L'approccio chirurgico alla traumatologia dello scheletro comportò grandi vantaggi, sia per la qualità che per i tempi della guarigione ma ...
Quei puntini stanno a ricordare le complicanze che sono sì rare, ma di non facile soluzione.
Tutto nasce dalla scarsa capacità del tessuto osseo a difendersi dalle infezioni.
Queste sono favorite dall'esposizione diretta dell'osso all'ambiente esterno.
Può accadere anche al momento dell'incidente, se l'osso, oltre che spezzarsi, perfora la cute e si contamina con tutti i miliardi di germi che sempre ci circondano, anche se non li possiamo vedere, ma anche al momento trattamento chirurgico, che necessita, quasi sempre, dell'esposizione dell'osso all'ambiente esterno.
Certo, gli ortopedici pongono una grande attenzione alla sterilità in sala operatoria. Permangono più minuti dei chirurghi addominali, al lavaggio e sterilizzazione delle mani, abitualmente usano una doppia fornitura di guanti, che spesso cambiano, durante l'intervento, se questo si prolunga.
Anche le sale operatorie dedicate alla ortopedia hanno standard igienici più alti, però... la sterilità assoluta non è possibile sulla terra e a volte, fortunatamente di rado assai, qualche germe, non visto, riesce a superare tutte le barriere e insinuarsi nel focolaio della frattura, ove trova un osso mal vascolarizzato, perché la frattura non danneggia solo l'osso, ma anche la struttura vascolare che lo nutre e l'ossigena (quasi mm 1 di osso ai bordi della frattura necrotizza, cioè, di fatto muore, non per la frattura ma per il danno vascolare subito).
Purtroppo anche le manovre per riposizionare i frammenti ossei rotti e i mezzi di sintesi impiantati aggiungono ulteriore danno vascolare all'osso.
Tutto quanto detto, in rari casi sfortunati per il malato, diventano la fortuna di qualche germe patogeno, che riesce, come inquilino abusivo, a installarsi nella frattura.
La maggior parte di questi germi hanno un'aggressività modesta, provocando infezioni a lenta evoluzione, ma nel contempo presentano una grande resistenza agli antibiotici, per 2 motivi:
1) i germi che vivono negli ospedali sono solo quelli capaci di sopravvivere alla maggior parte degli antibiotici, che vengono, per ovvi motivi, molto usati in tali luoghi,
2) come detto la frattura e le manovre chirurgiche creano piccole aree di tessuto osseo non vascolarizzato. In questi luoghi i germi rimangono protetti dalle cure, perché non essendo raggiunte dal sangue, non possono essere da esso ripulite (nel sangue circolano le cellule del nostro sistema immunitario oltre agli antibiotici che attraverso il sangue vorrebbero aggredire i germi).
Per ovviare a quanto detto fu fatto quello che la maggior parte della letteratura scientifica occidentale consiglia: ampia pulizia chirurgica del focolaio di pseudoartrosi infetta, con aggiunta di sostanze rivitalizzanti dell'osso ma... qualche germe riuscì a sfuggire e, superato il momento dell'intervento, lentamente seppe ricrearsi la propria nicchia, riproducendo la medesima sintomatologia.
Tale situazione potrebbe ripresentarsi, anche ripetendo la pulizia chirurgica del focolaio di pseudoartrosi infetta: indipendentemente dalle mani del chirurgo, che, che non può vedere i germi.
Questo discorso lungo ma necessario, penso, per renderla consapevole delle difficoltà obiettive e per dirle che esistono metodiche alternative, che possono risolvere il focolaio infettivo, non aggredendolo direttamente, ma stimolando il suo sistema vascolare a riprendere possesso del territorio in cui oggi si nascondono i germi.
Sono metodiche più lente ma più sicure, quelle che da anni il compianto prof. Ilizarov inventò.
Queste tecniche sono conosciute anche in Italia, ove fra l'altro, un suo discepolo venne a lavorare e che potrà provare a contattare (alexander@kirienko.com)
Quei puntini stanno a ricordare le complicanze che sono sì rare, ma di non facile soluzione.
Tutto nasce dalla scarsa capacità del tessuto osseo a difendersi dalle infezioni.
Queste sono favorite dall'esposizione diretta dell'osso all'ambiente esterno.
Può accadere anche al momento dell'incidente, se l'osso, oltre che spezzarsi, perfora la cute e si contamina con tutti i miliardi di germi che sempre ci circondano, anche se non li possiamo vedere, ma anche al momento trattamento chirurgico, che necessita, quasi sempre, dell'esposizione dell'osso all'ambiente esterno.
Certo, gli ortopedici pongono una grande attenzione alla sterilità in sala operatoria. Permangono più minuti dei chirurghi addominali, al lavaggio e sterilizzazione delle mani, abitualmente usano una doppia fornitura di guanti, che spesso cambiano, durante l'intervento, se questo si prolunga.
Anche le sale operatorie dedicate alla ortopedia hanno standard igienici più alti, però... la sterilità assoluta non è possibile sulla terra e a volte, fortunatamente di rado assai, qualche germe, non visto, riesce a superare tutte le barriere e insinuarsi nel focolaio della frattura, ove trova un osso mal vascolarizzato, perché la frattura non danneggia solo l'osso, ma anche la struttura vascolare che lo nutre e l'ossigena (quasi mm 1 di osso ai bordi della frattura necrotizza, cioè, di fatto muore, non per la frattura ma per il danno vascolare subito).
Purtroppo anche le manovre per riposizionare i frammenti ossei rotti e i mezzi di sintesi impiantati aggiungono ulteriore danno vascolare all'osso.
Tutto quanto detto, in rari casi sfortunati per il malato, diventano la fortuna di qualche germe patogeno, che riesce, come inquilino abusivo, a installarsi nella frattura.
La maggior parte di questi germi hanno un'aggressività modesta, provocando infezioni a lenta evoluzione, ma nel contempo presentano una grande resistenza agli antibiotici, per 2 motivi:
1) i germi che vivono negli ospedali sono solo quelli capaci di sopravvivere alla maggior parte degli antibiotici, che vengono, per ovvi motivi, molto usati in tali luoghi,
2) come detto la frattura e le manovre chirurgiche creano piccole aree di tessuto osseo non vascolarizzato. In questi luoghi i germi rimangono protetti dalle cure, perché non essendo raggiunte dal sangue, non possono essere da esso ripulite (nel sangue circolano le cellule del nostro sistema immunitario oltre agli antibiotici che attraverso il sangue vorrebbero aggredire i germi).
Per ovviare a quanto detto fu fatto quello che la maggior parte della letteratura scientifica occidentale consiglia: ampia pulizia chirurgica del focolaio di pseudoartrosi infetta, con aggiunta di sostanze rivitalizzanti dell'osso ma... qualche germe riuscì a sfuggire e, superato il momento dell'intervento, lentamente seppe ricrearsi la propria nicchia, riproducendo la medesima sintomatologia.
Tale situazione potrebbe ripresentarsi, anche ripetendo la pulizia chirurgica del focolaio di pseudoartrosi infetta: indipendentemente dalle mani del chirurgo, che, che non può vedere i germi.
Questo discorso lungo ma necessario, penso, per renderla consapevole delle difficoltà obiettive e per dirle che esistono metodiche alternative, che possono risolvere il focolaio infettivo, non aggredendolo direttamente, ma stimolando il suo sistema vascolare a riprendere possesso del territorio in cui oggi si nascondono i germi.
Sono metodiche più lente ma più sicure, quelle che da anni il compianto prof. Ilizarov inventò.
Queste tecniche sono conosciute anche in Italia, ove fra l'altro, un suo discepolo venne a lavorare e che potrà provare a contattare (alexander@kirienko.com)
Dr. Enrico Pelilli
Specialista in Ortopedia e Traumatologia Infantile
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 1.6k visite dal 15/05/2021.
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