La non operabilità ortopedica in elezione di un pz cardiopatico è sempre assoluta?
A mia mamma, 82 anni, è stata diagnosticata, ca.
1 anno fa, una coxonecrosi con indicazione di terapia chirurgica (artroprotesi anca).
Le sue patologie più importanti (presenti fin dall'ingresso): insufficienza cardiaca stadio C ACC/AHA, insufficienza mitralica severa, IRC IIIb, IPA.
Al termine del prericovero ortopedico è stata ritenuta non idonea all'intervento per un alto rischio legato alla situazione cardiologica.
L'anestetista all'epoca disse che la non idoneità era considerata temporanea e che una valutazione e terapia cardiologica poteva ridurre il rischio e consentire una rivalutazione per l'intervento.
Nella valutazione cardiologica successiva era stata riscontrata una coronaropatia, trattata con l'applicazione di PTCA.
La visita di controllo cardiologica, effettuata 3 mesi dopo, evidenziava un miglioramento dell'insufficienza cardiaca e, sul piano esclusivamente cardiologico, lo specialista sosteneva che il quadro non era controindicazione assoluta per un intervento ortopedico in elezione, sopratutto per il dolore importante e la marcata autonomia funzionale del pz.
Anzi, quasi testualmente, il cardiologo disse di fare prima l'ortopedico e poco dopo l'intervento per la correzione dell'insufficienza mitralica.
Ricontattato l'ortopedico dopo un paio di mesi, quest'ultimo dapprima ci diceva che a loro risultava (erroneamente) non terminata l'applicazione dei PTCA e che quindi l'intervento ortopedico era da procrastinare.
Chiarita l'errata informazione, l'ortopedico chi ha comunque preannunciato che, a detta d'internisti e anestesisti, non aveva senso fissare un nuovo prericovero per una franca non operabilità della paziente.
In colloquio l'anestetista ha comunicato che per lui, il rischio inter e post operatorio è troppo alto.
La specialista sostiene che il quadro sopracitato è ad alto rischio di esiti come ACC, EPA ad es.
Per queste ragioni ci ha indirizzato verso una terapia del dolore; ha lasciato anche aperta l'ipotesi, seppur con molto scetticismo, di un intervento cardiochirurgico per ridurre l'insufficienza mitralica nell'ottica di rivalutazione per l'intervento ortopedico ma la mia percezione è che la volontà sia quella di non operare in nessun caso.
Le posizioni assunte dagli specialisti in questi mesi le trovo un po' constrastanti (es.
i PTCA non tutti applicati prima procrastinano l'intervento e poi diventano controindicazione assoluta con il restante quadro clinico immutato?
Lo stesso dicasi per l'IM di grado severo tale fin dall'inizio?) e mi hanno lasciato dubbi sul carattere assoluto della loro decisione.
Mi chiedo se la non operatibilità sia legata alle linee guida/scelte dell'equipe in questione (che rispetto) oppure se in un'altra struttura ospedaliera potrei trovare un ortopedico che ritiene di poter operare un pz con un quadro clinico come quello sopracitato e in grado di gestire e contenere adeguatamente i rischi inter e post operatori.
Ritenete inutile un altro consulto oppure potenzialmente può avere senso?
1 anno fa, una coxonecrosi con indicazione di terapia chirurgica (artroprotesi anca).
Le sue patologie più importanti (presenti fin dall'ingresso): insufficienza cardiaca stadio C ACC/AHA, insufficienza mitralica severa, IRC IIIb, IPA.
Al termine del prericovero ortopedico è stata ritenuta non idonea all'intervento per un alto rischio legato alla situazione cardiologica.
L'anestetista all'epoca disse che la non idoneità era considerata temporanea e che una valutazione e terapia cardiologica poteva ridurre il rischio e consentire una rivalutazione per l'intervento.
Nella valutazione cardiologica successiva era stata riscontrata una coronaropatia, trattata con l'applicazione di PTCA.
La visita di controllo cardiologica, effettuata 3 mesi dopo, evidenziava un miglioramento dell'insufficienza cardiaca e, sul piano esclusivamente cardiologico, lo specialista sosteneva che il quadro non era controindicazione assoluta per un intervento ortopedico in elezione, sopratutto per il dolore importante e la marcata autonomia funzionale del pz.
Anzi, quasi testualmente, il cardiologo disse di fare prima l'ortopedico e poco dopo l'intervento per la correzione dell'insufficienza mitralica.
Ricontattato l'ortopedico dopo un paio di mesi, quest'ultimo dapprima ci diceva che a loro risultava (erroneamente) non terminata l'applicazione dei PTCA e che quindi l'intervento ortopedico era da procrastinare.
Chiarita l'errata informazione, l'ortopedico chi ha comunque preannunciato che, a detta d'internisti e anestesisti, non aveva senso fissare un nuovo prericovero per una franca non operabilità della paziente.
In colloquio l'anestetista ha comunicato che per lui, il rischio inter e post operatorio è troppo alto.
La specialista sostiene che il quadro sopracitato è ad alto rischio di esiti come ACC, EPA ad es.
Per queste ragioni ci ha indirizzato verso una terapia del dolore; ha lasciato anche aperta l'ipotesi, seppur con molto scetticismo, di un intervento cardiochirurgico per ridurre l'insufficienza mitralica nell'ottica di rivalutazione per l'intervento ortopedico ma la mia percezione è che la volontà sia quella di non operare in nessun caso.
Le posizioni assunte dagli specialisti in questi mesi le trovo un po' constrastanti (es.
i PTCA non tutti applicati prima procrastinano l'intervento e poi diventano controindicazione assoluta con il restante quadro clinico immutato?
Lo stesso dicasi per l'IM di grado severo tale fin dall'inizio?) e mi hanno lasciato dubbi sul carattere assoluto della loro decisione.
Mi chiedo se la non operatibilità sia legata alle linee guida/scelte dell'equipe in questione (che rispetto) oppure se in un'altra struttura ospedaliera potrei trovare un ortopedico che ritiene di poter operare un pz con un quadro clinico come quello sopracitato e in grado di gestire e contenere adeguatamente i rischi inter e post operatori.
Ritenete inutile un altro consulto oppure potenzialmente può avere senso?
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Gentile utente, la decisione di sottoporre ad intervento una paziente con alto rischio cardiologico dipende da tanti fattori e non è semplice. E' necessario fare un bilancio completo di tutte le condizioni psicologiche, fisiche e funzionali. Sicuramente già l'età avanzata, a prescindere da tutti gli altri fattori di rischio, deve far riflettere sulla reale necessità di fare un intervento che, oltre alla sua invasività chirurgica, comporta comunque un notevole successivo impegno riabilitativo. Ritengo che consultare altri specialisti possa solo generare ulteriori dubbi e incertezze.
Cordialità
Cordialità
Dr. Giuseppe Colì
Specialista Ortopedico
Malattie metaboliche dell'osso
Ex responsabile centro Osteoporosi
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 839 visite dal 25/01/2020.
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