Una protesi d'anca
salve sono un ragazzo di 28 anni che si e infortunato sul lavoro,sono caduto da 11 mt di altezza,dopo 25 giorni di coma farmacologica un operazione al femore ,un chiodo gamma,un fissatore di bacino esterno.Dopo circa 90 giorni di letto di ospedale iniziano a mettermi in piedi per la prima volta.Il mio problema e la rigidità dell'anca sx dovuta a delle calcificazioni.L'anca è stata operata il 2 ottobre 2007.Pero sono restate delle grossolane calcificazioni paraostali al 3°prossimale della cosia ed in sede ileotrocanterica femorale superiore.Per curiosita sono andato a passare una visita da un vostro collega.Mi ha detto che non si possono operare per adesso perche per toglierle via bisogna fare una protesi d'anca.Vorrei saper una vostra opinione
[#1]
Gentile signore,
non si tratta di calcificazioni (= depositi di calcio = precipitati di sali su base chimica = per via passiva NON mediato da cellule), ma di ossificazioni (= alterazioni tessuti molli = trasformazione ossea via di azione cellulare di muscoli, capsule ecc. = processo attivo mediato da cellule).
Già dalla definizione Lei comprenderà che questo fenomeno che si osserva con una certa frequenza in pazienti politraumatizzati che hanno riportato anche un trauma cranico, è di estrema complessità.
Si ritiene che sia dovuto alla liberazione di fattori stimolanti l'ossificazione da parte del cervello danneggiato dal trauma, ma di questo fenomeno conosciamo ancora poco.
Non esiste una vera profilassi e non esiste una vera cura.
Si tratta solo di seguire l'evoluzione della malattia ossificante post traumatica accompagnandola con una fisioterapia estremamente attenta a non stressare queste articolazioni e con la somministrazione di farmaci ritenuti in grado di rallentare (dato molto discusso..) questo processo di costruzione ossea al di fuori del sistema scheletrico.
Non posso darLe indicazioni sul trattamento perchè queste possono essere fornite solo dopo una accurata visita e visione diretta di tutti gli esami.
Cordialmente
Dr. A. Valassina
non si tratta di calcificazioni (= depositi di calcio = precipitati di sali su base chimica = per via passiva NON mediato da cellule), ma di ossificazioni (= alterazioni tessuti molli = trasformazione ossea via di azione cellulare di muscoli, capsule ecc. = processo attivo mediato da cellule).
Già dalla definizione Lei comprenderà che questo fenomeno che si osserva con una certa frequenza in pazienti politraumatizzati che hanno riportato anche un trauma cranico, è di estrema complessità.
Si ritiene che sia dovuto alla liberazione di fattori stimolanti l'ossificazione da parte del cervello danneggiato dal trauma, ma di questo fenomeno conosciamo ancora poco.
Non esiste una vera profilassi e non esiste una vera cura.
Si tratta solo di seguire l'evoluzione della malattia ossificante post traumatica accompagnandola con una fisioterapia estremamente attenta a non stressare queste articolazioni e con la somministrazione di farmaci ritenuti in grado di rallentare (dato molto discusso..) questo processo di costruzione ossea al di fuori del sistema scheletrico.
Non posso darLe indicazioni sul trattamento perchè queste possono essere fornite solo dopo una accurata visita e visione diretta di tutti gli esami.
Cordialmente
Dr. A. Valassina
Nota:informazione web richiesta dall'Utente senza visita clinica; non ha valore di diagnosi, trattamento o prognosi che si affidano al medico curante
[#3]
Il problema non è chirurgico. Oggi nei grandi Centri ortopedici italiani si eseguono tutti gli interventi, anche i più complessi, che sono richiesti da tutte le patologie ortopediche o traumatologiche.
Il vero problema è l'indicazione. In poche parole bisogna di volta in volta stabilire SE queste ossificazioni devono essere trattate chirurgicamente e soprattutto QUANDO.
Il SE è legato ad una serie di valutazioni complesse:
- legate alla valutazione clinica del range articolare residuo, l'autonomia del paziente (in relazione alla rigidità maggiore o minore di quella particolare artcolazione colpita), la capcità di assumere determinate poszioni indispensabili per gli atti della vita quotidiana, l'autonomia di deambulazione,
- legate alla entità della massa ossificata da resecare ed il danno secondario che richiederebbe nei casi più gravi interventi di ricostruzione complessi
- legate alle condizioni generali del paziente, all'età, alla professione ecc.
Il QUANDO è legato alla cosddetta "maturazione"delle ossificazioni che è molto variabile da caso a caso.
E' importante non toccare chirurgicamente (ma anche i trattamenti FKT agrressivi vannno evitati..) in quanto se la spinta metaplasica delle cellule è ancora in atto, qualsiasi atto aggressivo rischia di far aumentare il potenziale ossificante di quell'area.
Tradotto: se si eseguono interventi chirurgici quando le ossificazioni sono ancora in fase di accrescimento o immature si rischia una recidiva di dimensioni maggiori per l'ipervascolarizzaizone che segue all'atto chirurgico.
Per valutare lo stato di maturità delle ossificazioni si devono eseguire controlli Rx a distanza in associazione ad Angioscintigrafie ossee trifasiche dinamiche segmentarie dell'area interessata.
Di tutto questo Lei deve discutere con il Suo ortopedico a cui spetta l'indicazione al trattamento.
Cordialmente
Dr. A. Valassina
Il vero problema è l'indicazione. In poche parole bisogna di volta in volta stabilire SE queste ossificazioni devono essere trattate chirurgicamente e soprattutto QUANDO.
Il SE è legato ad una serie di valutazioni complesse:
- legate alla valutazione clinica del range articolare residuo, l'autonomia del paziente (in relazione alla rigidità maggiore o minore di quella particolare artcolazione colpita), la capcità di assumere determinate poszioni indispensabili per gli atti della vita quotidiana, l'autonomia di deambulazione,
- legate alla entità della massa ossificata da resecare ed il danno secondario che richiederebbe nei casi più gravi interventi di ricostruzione complessi
- legate alle condizioni generali del paziente, all'età, alla professione ecc.
Il QUANDO è legato alla cosddetta "maturazione"delle ossificazioni che è molto variabile da caso a caso.
E' importante non toccare chirurgicamente (ma anche i trattamenti FKT agrressivi vannno evitati..) in quanto se la spinta metaplasica delle cellule è ancora in atto, qualsiasi atto aggressivo rischia di far aumentare il potenziale ossificante di quell'area.
Tradotto: se si eseguono interventi chirurgici quando le ossificazioni sono ancora in fase di accrescimento o immature si rischia una recidiva di dimensioni maggiori per l'ipervascolarizzaizone che segue all'atto chirurgico.
Per valutare lo stato di maturità delle ossificazioni si devono eseguire controlli Rx a distanza in associazione ad Angioscintigrafie ossee trifasiche dinamiche segmentarie dell'area interessata.
Di tutto questo Lei deve discutere con il Suo ortopedico a cui spetta l'indicazione al trattamento.
Cordialmente
Dr. A. Valassina
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 7.2k visite dal 21/01/2009.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.