Protesi dell'anca: infezione e lussazione
Gentile Staff,
sono una donna di 72 anni e vi scrivo per varie vicissitudini relative alla protesi dell'anca.
Nel 1996 ho subito il primo intervento di protesi all'anca sinistra con esito buono. Attualmente suddetta protesi non mi da alcun problema. Nel 2000 ho subito un secondo intervento di protesizzazione per l'anca sinistra e contestualmente nel corso degli accertamenti clinici è comparsa la Sindrome di Sjogren come probabile causa.
Da subito la protesi non ha avuto l'esito ed il decorso post operatorio della prima, avevo molti dolori e molte difficoltà di movimento. Nel 2002 tra i sintomi della Sindrome di Sjogren appare anche il fenomeno di Reynaud. Nel 2004 in seguito a forti dolori, e febbri alte, il mio reumatologo mi fa fare dei controlli approfonditi e scopriamo che la protesi destra (l'ultima fatta) ha fatto infezione.
Immediatamente vengo rioperata e viene effettuata una pulizia e reinserimento di una nuova protesi. Anche dopo questo intervento muovo la gamba con forti dolori e con molte difficoltà. Nell'anno 2005 alle mie patologie reumatologiche si aggiungono Sclerodermia e Connettivite Overlap. Nel 2006 l'anca destra (sempre la stessa) si lussa mentre sono seduta alla scrivania senza fare particolari movimenti. In questa occasione l'anca viene riposizionata manualmente. Nell'ottobre del 2007 (8 mesi fa) di nuovo l'anca destra si lussa mentre sono seduta alla mia scrivania. Subisco un nuovo intervento con revisione della protesi che viene cementata per renderla più stabile.
Il 5 maggio del 2008 la mia protesi destra si lussa nuovamente e vengo di nuovo ricoverata. L'ortopedico mi prospetta due possibilità: 1) Riposizionare l'anca manualmente, ma rimanendo a rischio di ulteriori facili lussazioni in futuro. 2) Rioperare l'anca per una revisione della protesi ed un probabile inserimento di una protesi più grande meno soggetta a lussazioni.
Decido per la seconda possibilità, visto che ormai i miei movimenti sono molto limitati. Affronto quindi questo ulteriore intervento un mese fa circa, dopo 20 giorni la ferita non si chiude bene ed ho dei versamenti. Mi comunicano che ho un'infezione. Questa infezione, attualmente in corso, è molto seria e mi dicono che è un batterio tipico delle sale operatorie e dei reparti di terapia intensiva, che ho perso visto la mia situazione di deficit immunitario causata dalle patologie reumatiche. In base a questa infezione mi propongono di nuovo due alternative di intervento: 1) Rimuovere la protesi, stare 2 mesi senza per far guarire l'infezione, e successivamente rimettere la protesi (rischio infezione sempre presenta). 2) Rimuovere la protesi definitivamene, tirare su l'osso di circa 4 cm e creare un articolazione di tessuti. In questo modo avrei una mobilità ridottissima, potre fare solo pochi passi da sola, ma non avrei più il rischio di infezioni e lussazioni.
Io sono abbastanza disperata e di getto accetterei la seconda ipotesi, visto che la mia mobilità anche con la protesi è molto ridotta, ma vorrei sapere se secondo voi l'approccio di questo ortopedico è corretto o se ci possono essere nuove tecnologie di cui non sono a conoscenza. Infine se esiste in Italia un medico che operi in soggetti che presentano patologie reumatiche come lo Sjogren e la Sclerodermia etc.
Scusate per la lunghezza e per il linguaggio non troppo chiaro.
Rimango a disposizione per chiarire ogni dubbio.
Cordialità,
Gabriella Costa
sono una donna di 72 anni e vi scrivo per varie vicissitudini relative alla protesi dell'anca.
Nel 1996 ho subito il primo intervento di protesi all'anca sinistra con esito buono. Attualmente suddetta protesi non mi da alcun problema. Nel 2000 ho subito un secondo intervento di protesizzazione per l'anca sinistra e contestualmente nel corso degli accertamenti clinici è comparsa la Sindrome di Sjogren come probabile causa.
Da subito la protesi non ha avuto l'esito ed il decorso post operatorio della prima, avevo molti dolori e molte difficoltà di movimento. Nel 2002 tra i sintomi della Sindrome di Sjogren appare anche il fenomeno di Reynaud. Nel 2004 in seguito a forti dolori, e febbri alte, il mio reumatologo mi fa fare dei controlli approfonditi e scopriamo che la protesi destra (l'ultima fatta) ha fatto infezione.
Immediatamente vengo rioperata e viene effettuata una pulizia e reinserimento di una nuova protesi. Anche dopo questo intervento muovo la gamba con forti dolori e con molte difficoltà. Nell'anno 2005 alle mie patologie reumatologiche si aggiungono Sclerodermia e Connettivite Overlap. Nel 2006 l'anca destra (sempre la stessa) si lussa mentre sono seduta alla scrivania senza fare particolari movimenti. In questa occasione l'anca viene riposizionata manualmente. Nell'ottobre del 2007 (8 mesi fa) di nuovo l'anca destra si lussa mentre sono seduta alla mia scrivania. Subisco un nuovo intervento con revisione della protesi che viene cementata per renderla più stabile.
Il 5 maggio del 2008 la mia protesi destra si lussa nuovamente e vengo di nuovo ricoverata. L'ortopedico mi prospetta due possibilità: 1) Riposizionare l'anca manualmente, ma rimanendo a rischio di ulteriori facili lussazioni in futuro. 2) Rioperare l'anca per una revisione della protesi ed un probabile inserimento di una protesi più grande meno soggetta a lussazioni.
Decido per la seconda possibilità, visto che ormai i miei movimenti sono molto limitati. Affronto quindi questo ulteriore intervento un mese fa circa, dopo 20 giorni la ferita non si chiude bene ed ho dei versamenti. Mi comunicano che ho un'infezione. Questa infezione, attualmente in corso, è molto seria e mi dicono che è un batterio tipico delle sale operatorie e dei reparti di terapia intensiva, che ho perso visto la mia situazione di deficit immunitario causata dalle patologie reumatiche. In base a questa infezione mi propongono di nuovo due alternative di intervento: 1) Rimuovere la protesi, stare 2 mesi senza per far guarire l'infezione, e successivamente rimettere la protesi (rischio infezione sempre presenta). 2) Rimuovere la protesi definitivamene, tirare su l'osso di circa 4 cm e creare un articolazione di tessuti. In questo modo avrei una mobilità ridottissima, potre fare solo pochi passi da sola, ma non avrei più il rischio di infezioni e lussazioni.
Io sono abbastanza disperata e di getto accetterei la seconda ipotesi, visto che la mia mobilità anche con la protesi è molto ridotta, ma vorrei sapere se secondo voi l'approccio di questo ortopedico è corretto o se ci possono essere nuove tecnologie di cui non sono a conoscenza. Infine se esiste in Italia un medico che operi in soggetti che presentano patologie reumatiche come lo Sjogren e la Sclerodermia etc.
Scusate per la lunghezza e per il linguaggio non troppo chiaro.
Rimango a disposizione per chiarire ogni dubbio.
Cordialità,
Gabriella Costa
[#1]
Gentile signora,
la sua situazione è certamente particolare per il sovrapporsi delle patologie reumatiche su una problematica quale l'infezione protesica.
Le opzioni che le sono state proposte sono certamente entrambe valide e non esistono alternative migliori attualmente.
La presenza del Sjogren o della Sclerodermia non modifica la parte chirurgica dell'intervento mentre potrebbe essere utile una sinergia tra chirurgo e reumatologo per la terapia medica da fare contestulamente all'intervento.
Cordiali saluti.
la sua situazione è certamente particolare per il sovrapporsi delle patologie reumatiche su una problematica quale l'infezione protesica.
Le opzioni che le sono state proposte sono certamente entrambe valide e non esistono alternative migliori attualmente.
La presenza del Sjogren o della Sclerodermia non modifica la parte chirurgica dell'intervento mentre potrebbe essere utile una sinergia tra chirurgo e reumatologo per la terapia medica da fare contestulamente all'intervento.
Cordiali saluti.
Dr.Nunzio Catena - nunziocatena@gmail.com
Il consulto online non può e non deve sostituire la visita medica
[#2]
Ex utente
Gentile Dott. Catena,
la ringrazio molto del suo parere.
Io, essendo molto stanca, anche psicologicamente, opterei per la second ipotesi e cioè la rimozione totale.
Ho solo una curiosità, mi hanno detto che togliendo completamente la protesi io riuscirei comunque a stare un pochino in piedi e a muovore qualche passo, ad es. ad andare in bagno da sola senza particolari attrezzature per i disabili (dispongo già di rialzo e di maniglie), da andare dal bagno al mio letto nella stanza adiacente. In Internet non ho trovato esempi ed esperienze su questo tipo di intervento, che lei sappia ci sono buone probabilità di avere una mobilità in casa propria se pur ridotta? So già che per esterni dovrò utilizzare una sedia a rotelle che già comunque utilizzo da circa 6 mesi su tragitti più lunghi di 100 metri circa e nei giorni di forti dolori reumatici.
Un cordiale saluto e ancora grazie,
Gabriella Costa
la ringrazio molto del suo parere.
Io, essendo molto stanca, anche psicologicamente, opterei per la second ipotesi e cioè la rimozione totale.
Ho solo una curiosità, mi hanno detto che togliendo completamente la protesi io riuscirei comunque a stare un pochino in piedi e a muovore qualche passo, ad es. ad andare in bagno da sola senza particolari attrezzature per i disabili (dispongo già di rialzo e di maniglie), da andare dal bagno al mio letto nella stanza adiacente. In Internet non ho trovato esempi ed esperienze su questo tipo di intervento, che lei sappia ci sono buone probabilità di avere una mobilità in casa propria se pur ridotta? So già che per esterni dovrò utilizzare una sedia a rotelle che già comunque utilizzo da circa 6 mesi su tragitti più lunghi di 100 metri circa e nei giorni di forti dolori reumatici.
Un cordiale saluto e ancora grazie,
Gabriella Costa
[#3]
Gentile signora,
l'autonomia che l'intervento propostole può darle è davvero minima e spesso è coadiuvata dall'applicazione di un tutore per mantenere l'arto in posizione.
Ogni paziente poi reagisce sempre in maniera diversa alle varie pratiche chirurgiche per cui credo nè io nè nessun altro sia in grado di dirle il grado di autonomia che le potrà avere.
Cordiali saluti
l'autonomia che l'intervento propostole può darle è davvero minima e spesso è coadiuvata dall'applicazione di un tutore per mantenere l'arto in posizione.
Ogni paziente poi reagisce sempre in maniera diversa alle varie pratiche chirurgiche per cui credo nè io nè nessun altro sia in grado di dirle il grado di autonomia che le potrà avere.
Cordiali saluti
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 17k visite dal 24/06/2008.
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