Trattamento frattura bifocale della diafisi tibiale
Buoongiorno,
in data 10/3 mia mamma, 53 anni, cadendo su 2 gradini ha riportato un trauma alla gamba sx con frattura bifocale della diafisi tibiale al III medio e III distale e coesistenza di frattura lievemente scomposta del perone al III prossimale.
Trovandosi a Santo Domingo è stata operata in una clinica locale dove la frattura è stata stabilizzata con chiodo endomidollare.
Al rientro in Italia è stata ricoverata e l'ortopedico vista la situazione della gamba (Esame obiettivo: gamba sx: cicatrici chirurgiche in ordine. Arto inf.tumefatto. Fovea + presenza di flittene), nonostante l'"artigianalità" dell'intervento subìto ha preferito non intervenire nuovamnete.
Ripresa la gamba da un principio di necrosi e consultati 2 diversi specialisti neurochirurgici per l'analisi della nervazione, dall'ultima elettromiografia (10/6) risultano risposte positive dai nervi SPE e SPI in grado di riprendere nel lungo periodo.
Dopo 3 mesi dall'intervento la ricalcificazione è estremamente lenta, il piede non viene messo a terra, nè caricato, la gamba appare "storta" e "più corta". L'ortopedico che ha in cura la pz consiglia di attendere ancora perchè possa iniziare a caricare, uno specialista di fama raccomanda invece l'immediato intervento per correggere con placche la tibia, non meglio specificando le conseguenze delle 2 diverse alternative.
Ringrazio in anticipo per l'aiuto che vorrà offrirmi.
in data 10/3 mia mamma, 53 anni, cadendo su 2 gradini ha riportato un trauma alla gamba sx con frattura bifocale della diafisi tibiale al III medio e III distale e coesistenza di frattura lievemente scomposta del perone al III prossimale.
Trovandosi a Santo Domingo è stata operata in una clinica locale dove la frattura è stata stabilizzata con chiodo endomidollare.
Al rientro in Italia è stata ricoverata e l'ortopedico vista la situazione della gamba (Esame obiettivo: gamba sx: cicatrici chirurgiche in ordine. Arto inf.tumefatto. Fovea + presenza di flittene), nonostante l'"artigianalità" dell'intervento subìto ha preferito non intervenire nuovamnete.
Ripresa la gamba da un principio di necrosi e consultati 2 diversi specialisti neurochirurgici per l'analisi della nervazione, dall'ultima elettromiografia (10/6) risultano risposte positive dai nervi SPE e SPI in grado di riprendere nel lungo periodo.
Dopo 3 mesi dall'intervento la ricalcificazione è estremamente lenta, il piede non viene messo a terra, nè caricato, la gamba appare "storta" e "più corta". L'ortopedico che ha in cura la pz consiglia di attendere ancora perchè possa iniziare a caricare, uno specialista di fama raccomanda invece l'immediato intervento per correggere con placche la tibia, non meglio specificando le conseguenze delle 2 diverse alternative.
Ringrazio in anticipo per l'aiuto che vorrà offrirmi.
[#1]
Egr. signore, è molto difficile poter dare un giudizio attendibile in un caso clinico di traumatologia scheletrica così complessa, senza la valutazione non solo dell'esame clinico ma sopratutto della documentazione radiografica.
Valutare l'asse della tibia, l'assetto scheletrico e della sintesi metallica, la diastasi o meno dei monconi di frattura, il grado di consolidazione, e tanti altri dettagli tecnici importantissimi e necessari per un chirurgo ortopedico per giudicare che tipo di percorso terapeutico proseguire.
Saluti
Valutare l'asse della tibia, l'assetto scheletrico e della sintesi metallica, la diastasi o meno dei monconi di frattura, il grado di consolidazione, e tanti altri dettagli tecnici importantissimi e necessari per un chirurgo ortopedico per giudicare che tipo di percorso terapeutico proseguire.
Saluti
Alessandro Caruso
Specialista Ortopedia - Traumat.//Medicina dello Sport
Specialista Medicina Fisica e Riabilitazione -Messina -
[#2]
D'accordissimo col professor Caruso, dopo tre mesi solo una Rx puo' dare degli elementi in grado di comprendere i reali problemi di sua madre e decidere eventuali possibilita' di ulteriore trattamento.
Sicuramente il trattamento con chiodo endomidollare, non "artigianale" ma indicato in fratture "chiuse" di tibia, dovrebbe prevedere un carico molto piu' precoce, anzi, proprio il carico dovrebbe stimolare la formazione del callo.
Posso pensare che il chiodo non sia stato bloccato con viti prossimali e distali e quindi ci possa essere stato un accorciamento e deviazione assiale dell'arto.
Io, penso anche il prof., saremmo lieti di poter vedere le Rx.
La saluto.
Sicuramente il trattamento con chiodo endomidollare, non "artigianale" ma indicato in fratture "chiuse" di tibia, dovrebbe prevedere un carico molto piu' precoce, anzi, proprio il carico dovrebbe stimolare la formazione del callo.
Posso pensare che il chiodo non sia stato bloccato con viti prossimali e distali e quindi ci possa essere stato un accorciamento e deviazione assiale dell'arto.
Io, penso anche il prof., saremmo lieti di poter vedere le Rx.
La saluto.
Dr. Paolo Sailis
paolo.sailis@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 6k visite dal 13/06/2008.
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