Carcinoma mammario operato

Salve! Ho 41 anni è il 6 ottobre scorso ho subito una quandrantectomia centrale alla mammella dx con dissezione ascellare omolaterale per un carcinoma di tipo misto, a medio grado di differenziazione, con prevalenti aspetti di tipo lobulare di tipo trabecolare ed alveolare, e ridotta componente di neoplasia lobulare in situ (lin2 e 3) con estensione pagetoide ai dotti. Stadio finale: pT1c (1.5 cm) pN1a (2/34) G2 IV assente. Positiva la determinazione immunocitochimica dei recettori per estrogeni (95% delle cellule neoplastiche) e per progesterone (95% delle cellule neoplastiche). Intensa immunoreattività completa di membrana per Her-2/neu (antisiero policolonale Dako) nel 50% delle cellule neoplastiche. La frazione proliferante (Ki-67) è pari al 18%.
Mi è stato proposto, e a breve comincerò, un trattamento precauzionale con chemioterapia secondo schema AC x 4 cicli e terapia endocrina con LHRH analogo per 1 fl. i.m. ogni 28 gg per 5 aa e tamoxifen 20 mg/die per 5 anni da avviare al termine della chemioterapia. Inoltre terapia con trastuzumab per almeno 12 mesi oltre alla radioterapia complementare da eseguire al termine della chemioterapia.

Da quanto ho capito la scelta della terapia è stata caratterizzata dal fatto che il tumore è di tipo "aggressivo" e che "dà recidive" e si è deciso di combatterlo da diverse angolazioni farmacologiche. Tuttavia non ho avuto nessun chiarimento in merito alla possibilità (anche in percentuale/statistica) che questo fatto avvenga nè se si tratti di terapia "standard". Mi è stato ripetutamente detto che sono "guarita" e che devo pensare positivo, tuttavia per il mio carattere, ritengo di rispondere meglio psicologicamente solo se sono a conoscenza, anche in modo approssimativo, di quanto è alto il rischio di recidive nelle quali posso incorrere. Mi rendo conto che nessuno ha la sfera di cristallo ma preferisco una ipotesi che nessuna ipotesi....
Vi ringrazio per la cordialità e la pazienza che dedicate a tutti noi in questa rubrica davvero interessante e utile.
[#1]
Dr. Carlo Pastore Oncologo 3.9k 133
Cara Amica,

certamente la chirurgia nel tuo caso ha fatto la sua parte ma ora spetta a chemioterapia, radioterapia ed ormonoterapia fare il resto. Quando si procede ad un intervento chirrugico per un tumore si asporta tutto il macroscopicamente evidente e potenzialmente si è guariti. Però le terapie adiuvanti (cioè quelle post-chirurgia) servono ad effettuare una ulteriore pulizia dell'organismo nel caso dovesse essere presente della malattia minima residua (cioè dei piccoli focolai di cellule in qualche regione dell'organismo o che sono sfuggite al bisturi del chirurgo). E' importante eseguire le terapie che sono state proposte perchè la malattia non era piccolissima (1.5 cm), 2 linfonodi ascellari erano coinvolti ed ha delle caratteristiche biologiche che tendono all'aggressività. Molto importante è anche la coda di terapia con l'herceptin (trastuzumab) poichè va a mirare in modo specifico sulle cellule che posseggono le caratteristiche biologiche evidenziate all'esame istologico di positività intensa dell'her2. In sostanza nel tuo caso le terapie proposte servono tutte. In medicina è difficile e talvolta impossibile dare garanzie ma una patologia come la tua quando viene ben curata ha delle percentuali di guarigione nel tempo egregie.

Un grande in bocca al lupo

Carlo Pastore
www.ipertermiaroma.it

Dr. Carlo Pastore
https://www.ipertermiaitalia.it/

[#2]
Utente
Utente
La ringrazio per la risposta rapidissima. Intuisco che il grado di aggressività sia alto (e così forse di conseguenza anche il rischio di recidiva) visto che è necessario che il mio caso venga "ben curato" e se ho capito bene il trattamento che mi è stato proposto soddisfa questa caratteristica. L'incognita a questo punto è il fattore "tempo", diciamo così: nel caso, entro quanto tempo è possibile che si ripresenti una ricaduta? è possibile anche durante il corso dei cinque anni di trattamento? in pratica, la terapia proposta offre un qualche tipo di "copertura" oppure non esiste comunque questa possibilità?
Scusi l'insistenza,ma era un particolare che non avevo chiesto..
Grazie dell'augurio e del suo interessamento.
I migliori saluti.

[#3]
Dr. Salvo Catania Oncologo, Chirurgo generale, Senologo 33.6k 1.2k
Gentile utente,
i controlli sono proprio mirati tenendo conto del "fattore tempo", come opportunamente scrive Lei e del fattore "sede":

https://www.medicitalia.it/minforma/senologia/67-follow-up-dopo-l-intervento-quali-sono-i-controlli-da-fare.html

Cordiali saluti

Salvo Catania, MD
Chirurgo oncologo-senologia chirurgica
www.senosalvo.com

[#4]
Utente
Utente
E' passato un po' di tempo ed è emerso un nuovo problema!

In data 19/11/08 ho effettuato il primo ciclo di chemioterapia secondo uno schema FEC di 6 cicli
(leggermente diverso da quello iniziale previsto ma definito "standard" e similare).

Il problema è che a distanza di dieci giorni ho effettuato, di prassi, gli esami del sangue e i valori delle transaminasi risultano altamente alterati (AST/GOT = 240, ALT/GPT = 321, Gamma GT = 78, Lattatodeidrogenasi = 573)
Devo specificare che dopo il primo trattamento di chemioterapia sono stata dimessa con una terapia di supporto a domicilio composta da:
- Soldesam 4 mg i.M. 1 fl. per 3 giorni
- Lansopranzolo 1 cp fino a prox trattamento
- Plasil 1 cp x 3 prima dei pasti per 3 giorni

Non Vi nascondo che per una persona abituata come me a prendere medicine solo in casi di estrema necessità
(praticamente mai!piuttosto sopporto i disturbi) mi è subito sembrata una terapia notevole anche se ho capito che era di supporto agli effetti collaterali del trattamento di chemioterapia (nausea, ecc.). L'ho comunque accettata e seguita fedelmente.

I primi giorni ho effettivamente avuto nausea e stanchezza e li ho considerati normali disturbi da trattamento.
Riprendendo poi energia e appetito i giorni successivi, fino a questo momento in cui mi sento bene (non ho sintomi di nessun tipo, neppure dolori o gonfiori al fegato), pensavo di essere tranquilla e invece scopro questa grossa intossicazione che mi viene monitorata con prelievi del sangue a giorni alterni e che stà lentamente regredendo forse per merito anche dei "lavaggi" a cui vengo sottoposta tramite flebo. E' in programma anche ecografia al fegato che
peraltro avevo effettuato anche prima di iniziare la terapia ed era nella norma.

Mi hanno proposto per il prossimo ciclo di chemioterapia previsto per il 10/12 di abbassare un po' la dose
e di ridurre anche la terapia a domicilio e ritengo che non si possa fare altrimenti per non rischiare di
aumentare nuovamente la tossicità del fegato.

Ora la mia domanda è la seguente: suppongo che saranno capitati altri casi simili al mio, capisco che ogni caso è a sè ed è difficile confrontarlo con altri e tanto meno azzardarsi a fare un protocollo operativo generale, tuttavia mi chiedevo se esiste una soglia di dosaggio minimo, un limite al di sotto del quale non ha neppure senso effettuare chemioterapia o se comunque abbassare una (o più) dosi possa comunque vanificare l'efficacia e quindi anche la finalità di trattamento precauzionale che la chemioterapia ha in quanto tale.
Infine mi chiedo che ripercussioni possa avere su un fegato questa situazione di tossicità che andrà
a sparire (forse) solo dopo che sono trascorsi tanti mesi di terapia.

Le sarei molto grata se poteste darmi qualche delucidazione in merito, mi sento molto smarrita.
Vi ringrazio anticipatamente e vi saluto cordialmente.
Paola.
Tumore al seno

Il tumore al seno è il cancro più diffuso in Italia: quali sono i fattori di rischio e come fare prevenzione? Sintomi, diagnosi e cura del carcinoma mammario.

Leggi tutto