Terapia neoadiuvante
Gentili dottori,
Mio fratello ha 71 anni portati bene ed è in buone condizioni generali. I medici gli hanno diagnosticato una neoplasia esocrina alla testa del pancreas. In base ai vari esami preventivamente effettuati hanno detto che il tumore era piccolo ed operabile e che avrebbero fatto un internvento di duodenocefalopancreasectomia. Durante l'intervento chirurgico (il 19/01/08) si sono resi conto che il tumore è avanzato e si è attaccato alla parete della vena porta e quindi non hanno proceduto nell'intervento (lo hanno richiuso senza togliere niente). Hanno detto che dobbiamo fare la chemioterapia.
Un oncologo con cui abbiamo parlato (dato che non ci sono metastasi a distanza e che i linfonodi biopsiati durante l'intervento sono anch'essi esenti da metastasi, che il tumore sembra piccolo e che il paziente è in buona salute) ci ha detto che secondo lui vale la pena fare un trattamento "neoadiuvante" che consiste nel fare qualche ciclo di chemioterapia con gemcitabina (forse aggiungendo anche oxaliplatino, ma questo è da verificare se tollerato) e poi alternare questi cicli con la radioterapia (non farebbe gemcitabina e radioterapia contemporaneamente) con la speranza attorno al 10% di avere una riduzione del tumore tale da poter tornare nei canoni di operabilità. Altrimenti si può comunque sperare in un allungamento della sopravvivenza rispetto ai trattamenti con la sola gemcitabina, che a suo parere rischia di essere un po' poco nel caso specifico.
Un altro oncologo invece sostiene che l'unica possibilità è quella di usare la gemcitabina con la speranza, nel caso di risposta, di rallentare la malattia. Quindi utilizzando la gemcitabina non è possibilie sperare di ottenere una riduzione del tumore tale da tornare dal chirurgo ma è comunque l'unica strada percorribile perchè le altre aggiungono tossicità senza dare reali benefici in termini di sopravvivenza. In particolare associare la gemcitabina alla radioterapia è estremamente rischioso: secondo le sue conoscenze la maggioranza dei pazienti trattati con gemcitabina e radioterapia hanno dovuto interrompere anzitempo la cura e nella restante parte dei casi la tossicità pesantissima arrecata alla persona li ha fatti stare peggio di quelli trattati con la sola gemcitabina. Propone quindi di fare 13 settimane di gemcitabina una volta la settimana (inframmezzate da una settimana di pausa dopo la settima e dopo l'undicesima settimana) per un totale di 15 settimane di terapia, poi si tirano le somme ma senza possibilità chirurgia o guarigione.
Quale delle due scelte dobbiamo adottare?
C'è davvero la possibilità, nei casi come il nostro, di ritornare dal chirurgo come dice il primo oncologo? Con quale percentuale di successo? A quale prezzo in termini di rischi sulla salute e qualità della vita? La terapia classica con sola gemcitabina da la possibilità di rioperarsi nello 0% dei casi?
Vi prego aiutateci perchè dobbiamo cominciare la terapia immediatamente e invece non sappiamo cosa fare!
Grazie.
Mio fratello ha 71 anni portati bene ed è in buone condizioni generali. I medici gli hanno diagnosticato una neoplasia esocrina alla testa del pancreas. In base ai vari esami preventivamente effettuati hanno detto che il tumore era piccolo ed operabile e che avrebbero fatto un internvento di duodenocefalopancreasectomia. Durante l'intervento chirurgico (il 19/01/08) si sono resi conto che il tumore è avanzato e si è attaccato alla parete della vena porta e quindi non hanno proceduto nell'intervento (lo hanno richiuso senza togliere niente). Hanno detto che dobbiamo fare la chemioterapia.
Un oncologo con cui abbiamo parlato (dato che non ci sono metastasi a distanza e che i linfonodi biopsiati durante l'intervento sono anch'essi esenti da metastasi, che il tumore sembra piccolo e che il paziente è in buona salute) ci ha detto che secondo lui vale la pena fare un trattamento "neoadiuvante" che consiste nel fare qualche ciclo di chemioterapia con gemcitabina (forse aggiungendo anche oxaliplatino, ma questo è da verificare se tollerato) e poi alternare questi cicli con la radioterapia (non farebbe gemcitabina e radioterapia contemporaneamente) con la speranza attorno al 10% di avere una riduzione del tumore tale da poter tornare nei canoni di operabilità. Altrimenti si può comunque sperare in un allungamento della sopravvivenza rispetto ai trattamenti con la sola gemcitabina, che a suo parere rischia di essere un po' poco nel caso specifico.
Un altro oncologo invece sostiene che l'unica possibilità è quella di usare la gemcitabina con la speranza, nel caso di risposta, di rallentare la malattia. Quindi utilizzando la gemcitabina non è possibilie sperare di ottenere una riduzione del tumore tale da tornare dal chirurgo ma è comunque l'unica strada percorribile perchè le altre aggiungono tossicità senza dare reali benefici in termini di sopravvivenza. In particolare associare la gemcitabina alla radioterapia è estremamente rischioso: secondo le sue conoscenze la maggioranza dei pazienti trattati con gemcitabina e radioterapia hanno dovuto interrompere anzitempo la cura e nella restante parte dei casi la tossicità pesantissima arrecata alla persona li ha fatti stare peggio di quelli trattati con la sola gemcitabina. Propone quindi di fare 13 settimane di gemcitabina una volta la settimana (inframmezzate da una settimana di pausa dopo la settima e dopo l'undicesima settimana) per un totale di 15 settimane di terapia, poi si tirano le somme ma senza possibilità chirurgia o guarigione.
Quale delle due scelte dobbiamo adottare?
C'è davvero la possibilità, nei casi come il nostro, di ritornare dal chirurgo come dice il primo oncologo? Con quale percentuale di successo? A quale prezzo in termini di rischi sulla salute e qualità della vita? La terapia classica con sola gemcitabina da la possibilità di rioperarsi nello 0% dei casi?
Vi prego aiutateci perchè dobbiamo cominciare la terapia immediatamente e invece non sappiamo cosa fare!
Grazie.
[#1]
Carissimo utente,
è difficile dirle qual'è la strada migliore per affrontare la malattia. Numerosi studi nei tumori del pancreas localmente avanzato dimostrano un aumento, seppur modesto, della sopravvivenza con radio-chemioterapia combinati. Però tali risultati sono a scapito della tollerabilità dell'approccio concomitante, di solito non ottimale e pertanto causa di frequenti interruzioni precoci. Gioca un importante fattore la ampiezza dei campi di trattamento di RT. Una riduzione dei campi della radioterapia (indirizzata solo sulla malattia locale e a dosi non superiori a 50-54 Gy) con un ruolo attivo regionale limitato alla chemioterapia(capecitabina o 5FU) potrebbe portare, come in alcuni studi selezionati, a risultati accettabili anche nella tollerabilità della radiochemioterapia concomitante.
Comunque non sono purtroppo i casi di routine a rientrare in queste casistiche ma solo studi in protocolli sperimentali.
Fra i farmaci antiproliferativi la Gemcitabina da sola appare tra i più promettenti raggiungendo talora fino al 20% di risposte obiettive.Ma bisogna anche ammettere che la chemioterapia da sola(cosi come in combinazione con la RT) ancora ha un ruolo insoddisfacente rispetto alle aspettative.
è difficile dirle qual'è la strada migliore per affrontare la malattia. Numerosi studi nei tumori del pancreas localmente avanzato dimostrano un aumento, seppur modesto, della sopravvivenza con radio-chemioterapia combinati. Però tali risultati sono a scapito della tollerabilità dell'approccio concomitante, di solito non ottimale e pertanto causa di frequenti interruzioni precoci. Gioca un importante fattore la ampiezza dei campi di trattamento di RT. Una riduzione dei campi della radioterapia (indirizzata solo sulla malattia locale e a dosi non superiori a 50-54 Gy) con un ruolo attivo regionale limitato alla chemioterapia(capecitabina o 5FU) potrebbe portare, come in alcuni studi selezionati, a risultati accettabili anche nella tollerabilità della radiochemioterapia concomitante.
Comunque non sono purtroppo i casi di routine a rientrare in queste casistiche ma solo studi in protocolli sperimentali.
Fra i farmaci antiproliferativi la Gemcitabina da sola appare tra i più promettenti raggiungendo talora fino al 20% di risposte obiettive.Ma bisogna anche ammettere che la chemioterapia da sola(cosi come in combinazione con la RT) ancora ha un ruolo insoddisfacente rispetto alle aspettative.
Prof. Filippo Alongi
Professore ordinario di Radioterapia
Direttore Dipartimento di Radioterapia Oncologica Avanzata, IRCCS Negrar(Verona)
[#2]
Gentile Utente,
concordo con il Collega Dr. Alongi riguardo l'inquadramento generale della malattia. Io, personalmente, opterei per una chemioterapia combinata oxaliplatino + gemcitabina. Ho avuto modo di osservare delle buone risposte. Si potrebbe procedere con 3 cicli di tale terapia (sperando che sia ben tollerata dal punto di vista ematochimico) e rivalutare successivamente la risposta. Nulla vieterebbe poi di affiancare (a giudizio dei colleghi radioterapisti) un trattamento radiante e/o chirurgico (malattia permettendo). Un dosaggio della CgA plasmatica poi potrebbe essere utile per verificare la possibilità di impiegare in aggiunta l'octreotide.
Sempre a disposizione, un caro saluto
Carlo Pastore
concordo con il Collega Dr. Alongi riguardo l'inquadramento generale della malattia. Io, personalmente, opterei per una chemioterapia combinata oxaliplatino + gemcitabina. Ho avuto modo di osservare delle buone risposte. Si potrebbe procedere con 3 cicli di tale terapia (sperando che sia ben tollerata dal punto di vista ematochimico) e rivalutare successivamente la risposta. Nulla vieterebbe poi di affiancare (a giudizio dei colleghi radioterapisti) un trattamento radiante e/o chirurgico (malattia permettendo). Un dosaggio della CgA plasmatica poi potrebbe essere utile per verificare la possibilità di impiegare in aggiunta l'octreotide.
Sempre a disposizione, un caro saluto
Carlo Pastore
Dr. Carlo Pastore
https://www.ipertermiaitalia.it/
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