Nuovi farmaci per il tumore al fegato ?
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Gentile Utente,
la medicina fortunatamente evolve abbastanza rapidamente e soprattutto in ambito oncologico esiste un grande fermento di idee. Storicamente la chemioterapia nella cura dei tumori epatici primitivi ha sempre avuto un ruolo marginale per la resistenza di tali cellule tumorali ai farmaci impiegati. Negli ultimi anni la ricerca ha portato alla luce nuove molecole: i cosiddetti farmaci a bersaglio molecolare. Uno dei più promettenti per le neoplasie epatiche è il sorafenib (nome commerciale Nexavar). E' una terapia orale, ancora non validata per i tumori epatici, ma promettente. Ulteriori studi daranno responsi più certi. Parlare di possibilità di guarigione con i soli farmaci è al giorno d'oggi però utopico. Meglio vedrei una strategia integrata tra metodiche di radiologia interventistica, di chirurgia classica e chemioterapia. Nell'ambito delle sperimentazioni vorrei segnalare anche le ricerche in corso sull'attività antitumorale (testata proprio negli epatocarcimoni) dello zebra fish (o meglio di un estratto embrionario di tale pesce tropicale). Attualmente è contenuto in un preparato polivitaminico dal nome commerciale Synchrolevels. Sono gocce sublinguali. Tale trattamento è abbinabile ad una classica chemioterapia ad esempio a base di 5-fu o di antracicline. Altra metodica ancillare può essere l'ipertermia esterna capacitiva. Si basa su due antenne poste all'esterno del corpo nella zona da trattare che consentono di innalzare in profondità la temperatura nell'organo malato. Le cellule tumorali infatti sono sensibili al calore più delle cellule normali e tendono a morire. Le applicazioni sono di circa un'ora l'una. L'insieme di tutte le metodiche può consentire se non una guarigione quantomeno un prolungamento della sopravvivenza e soprattutto una qualità di vita accettabile.
Sempre a disposizione, molto cordialmente
Dr. Carlo Pastore
la medicina fortunatamente evolve abbastanza rapidamente e soprattutto in ambito oncologico esiste un grande fermento di idee. Storicamente la chemioterapia nella cura dei tumori epatici primitivi ha sempre avuto un ruolo marginale per la resistenza di tali cellule tumorali ai farmaci impiegati. Negli ultimi anni la ricerca ha portato alla luce nuove molecole: i cosiddetti farmaci a bersaglio molecolare. Uno dei più promettenti per le neoplasie epatiche è il sorafenib (nome commerciale Nexavar). E' una terapia orale, ancora non validata per i tumori epatici, ma promettente. Ulteriori studi daranno responsi più certi. Parlare di possibilità di guarigione con i soli farmaci è al giorno d'oggi però utopico. Meglio vedrei una strategia integrata tra metodiche di radiologia interventistica, di chirurgia classica e chemioterapia. Nell'ambito delle sperimentazioni vorrei segnalare anche le ricerche in corso sull'attività antitumorale (testata proprio negli epatocarcimoni) dello zebra fish (o meglio di un estratto embrionario di tale pesce tropicale). Attualmente è contenuto in un preparato polivitaminico dal nome commerciale Synchrolevels. Sono gocce sublinguali. Tale trattamento è abbinabile ad una classica chemioterapia ad esempio a base di 5-fu o di antracicline. Altra metodica ancillare può essere l'ipertermia esterna capacitiva. Si basa su due antenne poste all'esterno del corpo nella zona da trattare che consentono di innalzare in profondità la temperatura nell'organo malato. Le cellule tumorali infatti sono sensibili al calore più delle cellule normali e tendono a morire. Le applicazioni sono di circa un'ora l'una. L'insieme di tutte le metodiche può consentire se non una guarigione quantomeno un prolungamento della sopravvivenza e soprattutto una qualità di vita accettabile.
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Dr. Carlo Pastore
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https://www.ipertermiaitalia.it/
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 8.3k visite dal 24/08/2007.
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