Scelta dell'oncologo
Gentili Dottori,
avrei bisogno di una informazione di carattere pratico.
Tantissimi anni fa, nell'ormai lontano (per mia fortuna)1997, sono stata operata e curata per un carcinoma al seno.
Ora purtroppo la stessa sorte è toccata a mia sorella più grande ed è per lei che vi scrivo.
Mia sorella è stata operata a Novembre del 2007, dopodichè ha iniziato le cure del caso e le varie visite di controllo.
Il problema che si è presentato è questo:
mentre io sono sempre stata in cura presso lo stesso centro (Regina Elena) di Roma e sempre con lo stesso oncologo, (l'ho cambiato una sola volta ma per mio volere) a mia sorella, sempre nello stesso ospedale, in questi quasi tre anni ne hanno già cambiati 4!!!
Ora immagino che converrete con me che questa è una situazione a dir poco fastidiosa.
Il rapporto con il medico è basato su tante cose...prime fra tutte sono la fiducia e la stima che si ha nei confronti di chi ha la nostra vita nelle proprie mani!
La continuità è alla base della tranquillità e della serenità del paziente che peraltro è già molto provato dall'esperienza della malattia che sta cercando di combattere.
Forse l'informazione che vi chiedo, per qualcuno può essere superficiale, ma per mia sorella e per me non lo è!
Vorrei sapere se un cittadino ha diritto di scegliere il proprio oncologo o se deve sottostare giocoforza a tutto ciò e ricorrere all'intramoenia.
Vi sarei grata se ci fosse la possibilità di farmi sapere se esiste un regolamento, una legge o qualsiasi altra cosa a cui appellarsi.
Certa di una vostra risposta vi auguro buon lavoro e vi ringrazio come sempre per il tempo che mettete al servizio di noi cittadini.
Saluti.
P.S.
Se ritenete opportuno, cancellate pure il nome della struttura ospedaliera. Grazie
avrei bisogno di una informazione di carattere pratico.
Tantissimi anni fa, nell'ormai lontano (per mia fortuna)1997, sono stata operata e curata per un carcinoma al seno.
Ora purtroppo la stessa sorte è toccata a mia sorella più grande ed è per lei che vi scrivo.
Mia sorella è stata operata a Novembre del 2007, dopodichè ha iniziato le cure del caso e le varie visite di controllo.
Il problema che si è presentato è questo:
mentre io sono sempre stata in cura presso lo stesso centro (Regina Elena) di Roma e sempre con lo stesso oncologo, (l'ho cambiato una sola volta ma per mio volere) a mia sorella, sempre nello stesso ospedale, in questi quasi tre anni ne hanno già cambiati 4!!!
Ora immagino che converrete con me che questa è una situazione a dir poco fastidiosa.
Il rapporto con il medico è basato su tante cose...prime fra tutte sono la fiducia e la stima che si ha nei confronti di chi ha la nostra vita nelle proprie mani!
La continuità è alla base della tranquillità e della serenità del paziente che peraltro è già molto provato dall'esperienza della malattia che sta cercando di combattere.
Forse l'informazione che vi chiedo, per qualcuno può essere superficiale, ma per mia sorella e per me non lo è!
Vorrei sapere se un cittadino ha diritto di scegliere il proprio oncologo o se deve sottostare giocoforza a tutto ciò e ricorrere all'intramoenia.
Vi sarei grata se ci fosse la possibilità di farmi sapere se esiste un regolamento, una legge o qualsiasi altra cosa a cui appellarsi.
Certa di una vostra risposta vi auguro buon lavoro e vi ringrazio come sempre per il tempo che mettete al servizio di noi cittadini.
Saluti.
P.S.
Se ritenete opportuno, cancellate pure il nome della struttura ospedaliera. Grazie
[#1]
L'ITRAMOENIA UNA SCELTA DEL PAZIENTE CHE GRADISCE ESSERE SEGUITA DA UN MEDICO SPECIFICO, POICHè GLI AMBULATORI NELLE STRUTTURE PUBBLICHE, VENGONO GESTITI IN FUNZIONE DEI TURNI.
NELLA NOSTRA DIVISIONE PER ESEMPIO, ABBIAMO TURNI IN REPARTO, DAY SERVICE, DAY HOSPITAL, AMBULATORI PUBBLICI (CA 11 A SETTIMANA)...SENZA CONTARE LE REPERIBILITA' NOTTURNE E FESTIVE. COME SI Fà A SEGUIRE GLI STESSI PAZIENTI? DOVREMMO MODIFICARE I TEMPI DELLE TERAPIE IN FUNZIONE DEI TURNI! IL MEDICO CHE Fà INTRAMOENIA PRESSO STRUTTURE PUBBLICHE (NEL PRIVATO SI PAGA E BASTA), RIMANE FUORI ORARIO DI LAVORO PER UN GUADAGNO AD PERSONAM CHE è INFERIORE AL 45% DI QUANTO PAGATO 8NE VALE POCO LA PENA IN SENSO ECONOMICO)! E' SOLO UN MEZZO PER POTER FAR RISPETTARE LE LISTE DI ATTESA (SENZA SCAVALCARE NESSUNO) DANDO LA POSSIBILITA' AL PAZIENTE DI FARE UNA SCELTA E DI ESSERE SEGUITO NEI MOMENTI IN CUI SI DEVE DECIDERE PER ESEMPIO UN CAMBIO TERAPEUTICO.
NELLA NOSTRA DIVISIONE PER ESEMPIO, ABBIAMO TURNI IN REPARTO, DAY SERVICE, DAY HOSPITAL, AMBULATORI PUBBLICI (CA 11 A SETTIMANA)...SENZA CONTARE LE REPERIBILITA' NOTTURNE E FESTIVE. COME SI Fà A SEGUIRE GLI STESSI PAZIENTI? DOVREMMO MODIFICARE I TEMPI DELLE TERAPIE IN FUNZIONE DEI TURNI! IL MEDICO CHE Fà INTRAMOENIA PRESSO STRUTTURE PUBBLICHE (NEL PRIVATO SI PAGA E BASTA), RIMANE FUORI ORARIO DI LAVORO PER UN GUADAGNO AD PERSONAM CHE è INFERIORE AL 45% DI QUANTO PAGATO 8NE VALE POCO LA PENA IN SENSO ECONOMICO)! E' SOLO UN MEZZO PER POTER FAR RISPETTARE LE LISTE DI ATTESA (SENZA SCAVALCARE NESSUNO) DANDO LA POSSIBILITA' AL PAZIENTE DI FARE UNA SCELTA E DI ESSERE SEGUITO NEI MOMENTI IN CUI SI DEVE DECIDERE PER ESEMPIO UN CAMBIO TERAPEUTICO.
Cordiali Saluti
Dr. Alessandro D'Angelo
(email: alessandro.dangelo@grupposamed,com)
[#2]
Ha scritto il grande nuropsichiatra e filosofo Karl Jaspers
“Ma la tecnica delle grandi imprese, le pratiche di massa, incrementano ovunque quel livellamento a causa del quale gli uomini si riducono a parti di un meccanismo.Anche il rapporto fra medico e malato viene coinvolto nella grande impresa minacciando l'originario rapporto che legava il singolo medico al singolo paziente". (Jaspers)
Come lei sa oggi gli ospedali si chiamano Aziende ospedalieri, e si cerca di far assomigliare sempre di più gli ospedali a delle aziende efficienti. Questo ha sicuramente i sui aspetti positivi nel tentativo di rendere gli ospedali sempre più efficienti nell'erogare prestazioni e di ridurre al minimo gli sprechi. Ciò, però, ha anche degli aspetti negativi, lo spazio per il medico e le problematiche che tengano conto delle esigenze cliniche sivanno riducendo sempre più. Oggi incredibilmente , in un momento in cui la medicina sta facendo enormi passi avanti ed è in grado di dare risposte tecniche sempre più efficaci alle richieste dei pazienti, il grado di soddisfazione dei pazienti verso i medici e la medicina è in netto calo. Il problema a mio parere è proprio nel fatto che c'è stato una scarsa attenzione alla relazione tra medico(e infermiere ) ed il paziente.
da 2 anni 29 reparti di oncologia in Italia stanno partecipando ad un progetto, chiamato HUCARE , sostenuto dal ministero della Sanità , che ha l'obiettivo , attraverso la formazione di medci ed infermieri ed una profonda riorganizzazione dei reparti, di favorire un più stretto rapporto tra operatori sanitari e malati. Tra le altre cose viene istituita la figura dell'infermiere di riferimento( un infermiere che viene asssegnato al paziente durante la prima visita e che sarà la sua persona di riferimento per tutto il percorso diagnostico terapeutico), la istituziione di uno spazio, il PIS (punto di informazione e supporto) dove il paziente può trovare materiale cartaceo ed informatico per approfondire le conoscenze sulla sua malattia,spesso guidato alla scelta del materiale dall'infermiere di riferimento o anche da un medico,la disponibilità di uno psicologo nei casi di disagio emotivo, la preparazione di un depliant che suggerisce al paziente una serie di domande da fare la medico e che dovrebbe essere un incentivo alla comuniczione ecc. Insomma molti di noi medici ed infermieri stiamo tentando di fare qualcosa per ricostruuire quella relazione umana che si è un pò andata perdendo , sacrificata al mondo della tecnica e della tecnologia.
Quando ho scelto di fare il medico sapevo che la mia professione aveva due caratteristice fondamentali: da una parte era fondamentale la competenza scientifica e l'abiltà tecnica, dall'altra era fondamentale un aspetto umanitario nel cogliere il disagio e la fragilità di una persona che si ammala ed essere in grado di rispondere ai bisogni non solo fisici.
Oggi le scuole di medicina sono in grado di dare un elevata preparazione tecnica, ma poco o nulla è previsto per formare i medici dal punto di vista umano, psicologico ed emotivo. E spesso il medico bravissimo tecnicamente non è adeguato emotivamente e psicologicamente davanti alla sofferenza ed alla paura della morte.
Anche le organizzazioni sanitarie , come dicevo prima , concentrate sugli aspetti tecnici ed organizzativi , poco hanno fatto per favorire la relazione tra medico e paziente.
So che lei ha chiesto una risposta ad un suo bisogno personale ed io le ho dato una risposta su un problema generale.
Ma le assicuro che se un paziente ed i suoi parenti soffrono per la mancata relazione con il medico, spesso anche noi medici soffriamo di questa mancanza.
Proviamo a venirci incontro.
“Ma la tecnica delle grandi imprese, le pratiche di massa, incrementano ovunque quel livellamento a causa del quale gli uomini si riducono a parti di un meccanismo.Anche il rapporto fra medico e malato viene coinvolto nella grande impresa minacciando l'originario rapporto che legava il singolo medico al singolo paziente". (Jaspers)
Come lei sa oggi gli ospedali si chiamano Aziende ospedalieri, e si cerca di far assomigliare sempre di più gli ospedali a delle aziende efficienti. Questo ha sicuramente i sui aspetti positivi nel tentativo di rendere gli ospedali sempre più efficienti nell'erogare prestazioni e di ridurre al minimo gli sprechi. Ciò, però, ha anche degli aspetti negativi, lo spazio per il medico e le problematiche che tengano conto delle esigenze cliniche sivanno riducendo sempre più. Oggi incredibilmente , in un momento in cui la medicina sta facendo enormi passi avanti ed è in grado di dare risposte tecniche sempre più efficaci alle richieste dei pazienti, il grado di soddisfazione dei pazienti verso i medici e la medicina è in netto calo. Il problema a mio parere è proprio nel fatto che c'è stato una scarsa attenzione alla relazione tra medico(e infermiere ) ed il paziente.
da 2 anni 29 reparti di oncologia in Italia stanno partecipando ad un progetto, chiamato HUCARE , sostenuto dal ministero della Sanità , che ha l'obiettivo , attraverso la formazione di medci ed infermieri ed una profonda riorganizzazione dei reparti, di favorire un più stretto rapporto tra operatori sanitari e malati. Tra le altre cose viene istituita la figura dell'infermiere di riferimento( un infermiere che viene asssegnato al paziente durante la prima visita e che sarà la sua persona di riferimento per tutto il percorso diagnostico terapeutico), la istituziione di uno spazio, il PIS (punto di informazione e supporto) dove il paziente può trovare materiale cartaceo ed informatico per approfondire le conoscenze sulla sua malattia,spesso guidato alla scelta del materiale dall'infermiere di riferimento o anche da un medico,la disponibilità di uno psicologo nei casi di disagio emotivo, la preparazione di un depliant che suggerisce al paziente una serie di domande da fare la medico e che dovrebbe essere un incentivo alla comuniczione ecc. Insomma molti di noi medici ed infermieri stiamo tentando di fare qualcosa per ricostruuire quella relazione umana che si è un pò andata perdendo , sacrificata al mondo della tecnica e della tecnologia.
Quando ho scelto di fare il medico sapevo che la mia professione aveva due caratteristice fondamentali: da una parte era fondamentale la competenza scientifica e l'abiltà tecnica, dall'altra era fondamentale un aspetto umanitario nel cogliere il disagio e la fragilità di una persona che si ammala ed essere in grado di rispondere ai bisogni non solo fisici.
Oggi le scuole di medicina sono in grado di dare un elevata preparazione tecnica, ma poco o nulla è previsto per formare i medici dal punto di vista umano, psicologico ed emotivo. E spesso il medico bravissimo tecnicamente non è adeguato emotivamente e psicologicamente davanti alla sofferenza ed alla paura della morte.
Anche le organizzazioni sanitarie , come dicevo prima , concentrate sugli aspetti tecnici ed organizzativi , poco hanno fatto per favorire la relazione tra medico e paziente.
So che lei ha chiesto una risposta ad un suo bisogno personale ed io le ho dato una risposta su un problema generale.
Ma le assicuro che se un paziente ed i suoi parenti soffrono per la mancata relazione con il medico, spesso anche noi medici soffriamo di questa mancanza.
Proviamo a venirci incontro.
Claudio Verusio
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 2.7k visite dal 13/09/2010.
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