Degenerazione maculare
[#1]
Gentile Signora,
Occorre innanzitutto che Lei si sottoponga all'esame fluorangiografico consigliatoLe, che consente di confermare la diagnosi di "degenerazione maculare sierosa" e stabilirne le dimensioni e la precisa ubicazione nei vari strati retinici. Se vi sarà conferma di diagnosi, la indicazioni variano dalla semplice "osservazione" della malattia, che può avere remissione spontanea (qualora si tratti di "corioretinopatia sierosa centrale"), alla terapia con laser ad argon alla più recente "terapia fotodinamica".
Le faccio i miei migliori auguri!
Dott. Antonio Pascotto
Specialista Oculista
Napoli
Occorre innanzitutto che Lei si sottoponga all'esame fluorangiografico consigliatoLe, che consente di confermare la diagnosi di "degenerazione maculare sierosa" e stabilirne le dimensioni e la precisa ubicazione nei vari strati retinici. Se vi sarà conferma di diagnosi, la indicazioni variano dalla semplice "osservazione" della malattia, che può avere remissione spontanea (qualora si tratti di "corioretinopatia sierosa centrale"), alla terapia con laser ad argon alla più recente "terapia fotodinamica".
Le faccio i miei migliori auguri!
Dott. Antonio Pascotto
Specialista Oculista
Napoli
Dottor Antonio Pascotto
Tel. 081 554 2792
www.oculisticapascotto.it
[#2]
GENTILE SIGNORA
QUALCHE AGGIORNAMENTO DALLA LETTERATURA
Sono circa 25-30 milioni nel mondo le persone affette da degenerazione maculare senile e di queste 4-5 milioni si possono definire "legalmente ciechi". Con l'avanzare dell'età poi e in particolare con l'invecchiamento della cosiddetta "baby boom generation" ci si aspetta che questi numeri triplichino entro il 2025.
Già queste cifre sarebbero ragione sufficiente per portare all'attenzione generale la patologia, ma a questo si deve aggiungere che la consapevolezza della malattia, persino nel mondo medico, non è così diffusa. Le stime parlano di un 14% a livello europeo e in Italia siamo in coda alla classifica, visto che da un recente sondaggio Doxa, la degenerazione maculare senile è risultata nota solo al 3,1% degli intervistati, mentre il 22,4% ne ha solo sentito parlare e ben il 74,5% non la conosce affatto. A Londra si è svolto, perciò, un workshop, finalizzato a esplorare tutti gli aspetti della malattia, la principale causa di gravi riduzioni del visus per le persone oltre i 50 anni nel mondo occidentale. La degenerazione maculare senile , che comporta una perdita della visione centrale. La parte che subisce la degenerazione è la macula, la zona centrale e più sensibile, che ha il compito di fornire una visione nitida di quanto si trova al centro del campo visivo. Succede così che guardando un oggetto, la parte centrale appare coperta da una macchia nera, mentre i contorni sono visibili ma in modo sfuocato e distorto. La vita quotidiana ne risulta così, inevitabilmente condizionata e attività come guidare o leggere o ancora cucinare sono compromesse. Se la degenerazione maculare non si presenta subito in forma grave, ci sono alcuni campanelli d'allarme che possono mettere in guardia. Un lento e graduale calo della vista, con immagini distorte o ondulate o peggio con macchie scure, sono segnali da non sottovalutare e da non attribuire banalmente all'età. La malattia in genere si manifesta in un occhio con un 43% di possibilità di manifestarsi anche nell'altro nel giro di cinque anni. La malattia, come premesso, colpisce soprattutto dopo i 50 anni e la sua incidenza aumenta con l'aumentare dell'età. Dopo i 75 anni, ne è colpito quasi il 30% della popolazione con conseguenze che possono degenerare fino alla cecità. La degenerazione della macula si può presentare in due forme: non essudativa, detta anche non neovascolare o secca, e essudativa o neovascolare o umida. La prima è la più diffusa ed è caratterizzata da depositi puntiformi, detti drusen, che provocano una lenta atrofia della retina. La forma non-essudativa può degenerare nell'altra più grave e più rara in cui vasi sanguigni indesiderati rompono la membrana retinica. La progressione della malattia in questo caso è molto rapida, non più di poche settimane, e pur rappresentando solo il 10% dei casi di malattia è responsabile del 90% dei casi di cecità. La sequenzialità tra le due forme - ha precisato Alan Bird del Moorfields Eye Hospital di Londra - è tale che si può tranquillamente parlare di forma precoce e tardiva.
I fattori di rischio sono prevalentemente genetici e ambientali. La malattia è cioè ereditaria e legata all'età, come più volte ribadito. Un fattore di rischio sembra poi rappresentato dall'appartenenza al sesso femminile. Le donne, infatti, colpite da più gravi forme di miopia e con un'aspettativa di vita più lunga sono più a rischio di degenerazione. Esistono poi fattori di rischio legati alla conduzione di una vita sana e sono quelli modificabili: il fumo di sigaretta, l'esposizione eccessiva alla luce solare, la dieta ricca di grassi animali. Il ruolo di queste abitudini malsane è stato confermato da un paziente, presente al workshop per raccontare la sua esperienza. Ma si può curare? Nel caso specifico vale più che mai la regola che prevenire è meglio che curare, per cui è consigliabile ai pazienti, soprattutto se per qualche ragione a rischio, visite regolari dopo i 40 anni. La terapia vera e propria, invece, almeno per il momento punta a limitare i danni attraverso due trattamenti standard: la fotocoagulazione laser, che mira a distruggere l'area della retina interessata dal processo di neovascolarizzazione, e la terapia fotodinamica, che riesce a chiudere i vasi sanguigni in eccesso senza danneggiare i tessuti sani, attraverso l'iniezione endovenosa di una sostanza chiamata verteporfina. La prima tecnica presenta qualche rischio in più e per questo la percentuale d'uso non supera il 10%, per l'altra si arriva al 35% dei casi trattabili, ma per tutte e due vale una esigua riduzione nella perdita della vista. Nessuna speranza, perciò? Si, dicono i ricercatori e due sono le direzioni più seguite. Da una parte la terapia genica, più targetizzata e favorita dalle recenti scoperte. L'ultima, appena pubblicata da Pnas, riguarda la scoperta della variante genetica che aumenterebbe il rischio. L'altra possibilità è rappresentata dai nuovi farmaci. Uno su tutti sodio pegaptanib iniettabile, approvato dall'Fda e in Europa.
Si tratta di un farmaco da somministrare per iniezione intraoculare e in grado di bloccare il processo degenerativo, anche se non può restituire quanto perso.
Anche AVASTIN e LUCENTIS VABBO DAVVERO MOLTO BENE
A PRESTO
suo prof luigi marino
QUALCHE AGGIORNAMENTO DALLA LETTERATURA
Sono circa 25-30 milioni nel mondo le persone affette da degenerazione maculare senile e di queste 4-5 milioni si possono definire "legalmente ciechi". Con l'avanzare dell'età poi e in particolare con l'invecchiamento della cosiddetta "baby boom generation" ci si aspetta che questi numeri triplichino entro il 2025.
Già queste cifre sarebbero ragione sufficiente per portare all'attenzione generale la patologia, ma a questo si deve aggiungere che la consapevolezza della malattia, persino nel mondo medico, non è così diffusa. Le stime parlano di un 14% a livello europeo e in Italia siamo in coda alla classifica, visto che da un recente sondaggio Doxa, la degenerazione maculare senile è risultata nota solo al 3,1% degli intervistati, mentre il 22,4% ne ha solo sentito parlare e ben il 74,5% non la conosce affatto. A Londra si è svolto, perciò, un workshop, finalizzato a esplorare tutti gli aspetti della malattia, la principale causa di gravi riduzioni del visus per le persone oltre i 50 anni nel mondo occidentale. La degenerazione maculare senile , che comporta una perdita della visione centrale. La parte che subisce la degenerazione è la macula, la zona centrale e più sensibile, che ha il compito di fornire una visione nitida di quanto si trova al centro del campo visivo. Succede così che guardando un oggetto, la parte centrale appare coperta da una macchia nera, mentre i contorni sono visibili ma in modo sfuocato e distorto. La vita quotidiana ne risulta così, inevitabilmente condizionata e attività come guidare o leggere o ancora cucinare sono compromesse. Se la degenerazione maculare non si presenta subito in forma grave, ci sono alcuni campanelli d'allarme che possono mettere in guardia. Un lento e graduale calo della vista, con immagini distorte o ondulate o peggio con macchie scure, sono segnali da non sottovalutare e da non attribuire banalmente all'età. La malattia in genere si manifesta in un occhio con un 43% di possibilità di manifestarsi anche nell'altro nel giro di cinque anni. La malattia, come premesso, colpisce soprattutto dopo i 50 anni e la sua incidenza aumenta con l'aumentare dell'età. Dopo i 75 anni, ne è colpito quasi il 30% della popolazione con conseguenze che possono degenerare fino alla cecità. La degenerazione della macula si può presentare in due forme: non essudativa, detta anche non neovascolare o secca, e essudativa o neovascolare o umida. La prima è la più diffusa ed è caratterizzata da depositi puntiformi, detti drusen, che provocano una lenta atrofia della retina. La forma non-essudativa può degenerare nell'altra più grave e più rara in cui vasi sanguigni indesiderati rompono la membrana retinica. La progressione della malattia in questo caso è molto rapida, non più di poche settimane, e pur rappresentando solo il 10% dei casi di malattia è responsabile del 90% dei casi di cecità. La sequenzialità tra le due forme - ha precisato Alan Bird del Moorfields Eye Hospital di Londra - è tale che si può tranquillamente parlare di forma precoce e tardiva.
I fattori di rischio sono prevalentemente genetici e ambientali. La malattia è cioè ereditaria e legata all'età, come più volte ribadito. Un fattore di rischio sembra poi rappresentato dall'appartenenza al sesso femminile. Le donne, infatti, colpite da più gravi forme di miopia e con un'aspettativa di vita più lunga sono più a rischio di degenerazione. Esistono poi fattori di rischio legati alla conduzione di una vita sana e sono quelli modificabili: il fumo di sigaretta, l'esposizione eccessiva alla luce solare, la dieta ricca di grassi animali. Il ruolo di queste abitudini malsane è stato confermato da un paziente, presente al workshop per raccontare la sua esperienza. Ma si può curare? Nel caso specifico vale più che mai la regola che prevenire è meglio che curare, per cui è consigliabile ai pazienti, soprattutto se per qualche ragione a rischio, visite regolari dopo i 40 anni. La terapia vera e propria, invece, almeno per il momento punta a limitare i danni attraverso due trattamenti standard: la fotocoagulazione laser, che mira a distruggere l'area della retina interessata dal processo di neovascolarizzazione, e la terapia fotodinamica, che riesce a chiudere i vasi sanguigni in eccesso senza danneggiare i tessuti sani, attraverso l'iniezione endovenosa di una sostanza chiamata verteporfina. La prima tecnica presenta qualche rischio in più e per questo la percentuale d'uso non supera il 10%, per l'altra si arriva al 35% dei casi trattabili, ma per tutte e due vale una esigua riduzione nella perdita della vista. Nessuna speranza, perciò? Si, dicono i ricercatori e due sono le direzioni più seguite. Da una parte la terapia genica, più targetizzata e favorita dalle recenti scoperte. L'ultima, appena pubblicata da Pnas, riguarda la scoperta della variante genetica che aumenterebbe il rischio. L'altra possibilità è rappresentata dai nuovi farmaci. Uno su tutti sodio pegaptanib iniettabile, approvato dall'Fda e in Europa.
Si tratta di un farmaco da somministrare per iniezione intraoculare e in grado di bloccare il processo degenerativo, anche se non può restituire quanto perso.
Anche AVASTIN e LUCENTIS VABBO DAVVERO MOLTO BENE
A PRESTO
suo prof luigi marino
LUIGI MARINO CHIRURGO OCULISTA
CASA di CURA “ LA MADONNINA “ via Quadronno n. 29 MILANO prenota 02 50030013 urgenze 3356028808
[#3]
Ex utente
ho già fatto la fotodinamica per tre volte e devo dire che un piccolo miglioramento c'era stato ,riuscivo a distinguere di nuovo i colori e riuscivo a leggere anche se stentatamente ma quest'estate ho avuto un peggioramento . E' possibile fare la fotodinamica un'altra volta? ho sentito parlare di integratori (macular ....)possono aiutare? Non ho capito cosa sono AVASTIN LUCENTIS VABBO. La ringrazio
[#4]
GENTILE SIGNORA,
I FARMACI IN QUESTIONE SONO AVASTIN, MACUGEN e LUCENTIS
Negli ultimi anni si è scoperto che il principale responsabile della crescita dei neovasi è una proteina denominata VEGF (vascular endothelial growth factor).
Oggi grazie a questa scoperta sono stati messi a punto degli anticorpi in grado di bloccare il VEGF e quindi la crescita della NVC.
LUCENTIS (ranibizumab):
si tratta di un frammento dell’anticorpo originario anti-VEGF. Le sue caratteristiche sono quelle di bloccare tutte le diverse forme (isoforme) del VEGF. Dai risultati clinici si evince che i pazienti trattati con Lucentis migliorano in modo statisticamente significativo la vista rispetto ai pazienti trattati con la terapia standard cioè la PDT. Il trattamento deve essere ripetetuto su base mensile almeno per i primi tre mesi e poi quando necessario in base ai controlli clinici e strumentali.
MACUGEN (pegaptanib):
Il pegaptanib è un aptamero, cioè un piccolo frammento di RNA sintetico, con conformazione tridimensionale e altamente specifica, che si lega ad una sola delle quattro isoforme del VEGF, la 165, impedendone il legame con il proprio recettore. I risultati delle sperimentazioni cliniche hanno dimostrato che il Macugen è in grado di ridurre il rischio di perdita visiva rispetto al gruppo di controllo.
AVASTINA (bevacizumab):
Il bevacizumab è un anticorpo monoclonale che blocca tutte le isoforme del VEGF. Il bevacizumab (Avastina) è un anticorpo monoclonale intero, non penetrava completamente la retina per via delle sue dimensioni troppo grandi.
Allora hanno iniziato a modificare l’anticorpo originario e sono arrivati a ottenere un frammento dell’anticorpo che era comunque in grado di bloccare tutte le isoforme del VEGF e nello stesso tempo poteva penetrare meglio la retina, in quanto le dimensioni erano molto inferiori.
Questo frammento lo hanno chiamato ranibizumab e gli hanno dato il nome commerciale di Lucentis. Per questo si può dire che l’Avastina e il Lucentis sono un po’ dei parenti stretti.
spero di esserLe stato utile...a presto
SUO PROF LUIGI MARINO
I FARMACI IN QUESTIONE SONO AVASTIN, MACUGEN e LUCENTIS
Negli ultimi anni si è scoperto che il principale responsabile della crescita dei neovasi è una proteina denominata VEGF (vascular endothelial growth factor).
Oggi grazie a questa scoperta sono stati messi a punto degli anticorpi in grado di bloccare il VEGF e quindi la crescita della NVC.
LUCENTIS (ranibizumab):
si tratta di un frammento dell’anticorpo originario anti-VEGF. Le sue caratteristiche sono quelle di bloccare tutte le diverse forme (isoforme) del VEGF. Dai risultati clinici si evince che i pazienti trattati con Lucentis migliorano in modo statisticamente significativo la vista rispetto ai pazienti trattati con la terapia standard cioè la PDT. Il trattamento deve essere ripetetuto su base mensile almeno per i primi tre mesi e poi quando necessario in base ai controlli clinici e strumentali.
MACUGEN (pegaptanib):
Il pegaptanib è un aptamero, cioè un piccolo frammento di RNA sintetico, con conformazione tridimensionale e altamente specifica, che si lega ad una sola delle quattro isoforme del VEGF, la 165, impedendone il legame con il proprio recettore. I risultati delle sperimentazioni cliniche hanno dimostrato che il Macugen è in grado di ridurre il rischio di perdita visiva rispetto al gruppo di controllo.
AVASTINA (bevacizumab):
Il bevacizumab è un anticorpo monoclonale che blocca tutte le isoforme del VEGF. Il bevacizumab (Avastina) è un anticorpo monoclonale intero, non penetrava completamente la retina per via delle sue dimensioni troppo grandi.
Allora hanno iniziato a modificare l’anticorpo originario e sono arrivati a ottenere un frammento dell’anticorpo che era comunque in grado di bloccare tutte le isoforme del VEGF e nello stesso tempo poteva penetrare meglio la retina, in quanto le dimensioni erano molto inferiori.
Questo frammento lo hanno chiamato ranibizumab e gli hanno dato il nome commerciale di Lucentis. Per questo si può dire che l’Avastina e il Lucentis sono un po’ dei parenti stretti.
spero di esserLe stato utile...a presto
SUO PROF LUIGI MARINO
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Si, la fotodinamica è possibile ripeterla diverse volte, fino a quando si repertano delle lesioni ancora attive all'esame fluorangiografico.
Gli integratori, secondo vari e seri studi, sono realmente efficaci nel rallentare l'evoluzione della degenerazione maculare, in particolare quelli che contengono Luteina, Astaxantina e Zeaxantina.
Il trattamento più "promettente", allo stato attuale, è quello che utilizza i nuovi farmaci che ha dettagliatamente descritto il prof. Marino: gli anti-vegf. E' comunque possibile affettuare trattamenti combinati (es. fotodinamica + anti-vegf).
In bocca al lupo,
Antonio Pascotto
PS: ecco il link con alcune informazioni supplementari:
http://www.forumsalute.it/Forum/topic.asp?TOPIC_ID=81466
Gli integratori, secondo vari e seri studi, sono realmente efficaci nel rallentare l'evoluzione della degenerazione maculare, in particolare quelli che contengono Luteina, Astaxantina e Zeaxantina.
Il trattamento più "promettente", allo stato attuale, è quello che utilizza i nuovi farmaci che ha dettagliatamente descritto il prof. Marino: gli anti-vegf. E' comunque possibile affettuare trattamenti combinati (es. fotodinamica + anti-vegf).
In bocca al lupo,
Antonio Pascotto
PS: ecco il link con alcune informazioni supplementari:
http://www.forumsalute.it/Forum/topic.asp?TOPIC_ID=81466
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 9.8k visite dal 13/09/2002.
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