Plusdotazione e depressione
Buongiorno,
sono la mamma di tre magnifici bambini, scrivo per il più grande, di 9 anni.
E' molto dotato, a mio avviso è proprio un cosiddetto bambino plusdotato: a scuola ed in qualunque cosa faccia è bravissimo, inoltre è particolarmente rispettoso delle regole, anche se molto partecipe nelle attività è un po' riservato, e le maestre riferiscono che per farlo intervenire, al contrario di tutti gli altri bambini, è necessario interpellarlo in prima persona. E' molto autonomo e responsabile per la sua età.
A casa invece è vivace, ribelle, usa parolacce che non so nemmeno dove abbia sentito, è intollerante, incapace di sopportare anche la minima frustrazione, a volte è perfino violento verso i genitori: mi pare di avere un piccolo adolescente anziché un bimbo di 9 anni. E' un bambino estremamente sensibile, ma non affronta mai le emozioni, né verbalmente e nemmeno nei testi scritti.
Lo abbiamo portato da una psicologa per un aiuto, e dopo due sedute nelle quali gli ha somministrato due test credo grafici (ad uno, mi pare che si chiami TAT, si è subito rifiutato di rispondere) ci ha comunicato che il piccolo dà chiari segnali di depressione, e che se non ci saranno miglioramenti dovrà sottoporsi a psicoterapia.
La diagnosi della dottoressa è che il bimbo non è in grado di gestire le proprie emozioni, sostanzialmente a causa di un forte legame con la mamma che gli ha impedito di crescere sotto questo aspetto. La terapia suggerita, prima di ricorrere alla psicoterapia, è di farlo parlare col papà delle proprie emozioni, in modo che piano piano possa dar loro un significato e una spiegazione.
Non discuto affatto il percorso suggeritoci, tuttavia sono perplessa rigardo al fatto che la dottoressa non ha preso in alcuna considerazione che il piccolo non è un bambino comune, nel senso che non ha un comune modo di pensare e soprattutto di sentire. Personalmente penso che la sua incapacità ad affrontare le proprie emozioni, la tendenza alla scarsa autostima e alla depressione siano più che altro una difesa della propria senibilità, che è amplificata e certamente diversa rispetto al comune modo di sentire dei suoi pari, e per lui difficile da sostenere. Penso anche di conoscere bene questo suo modo di sentire, e tutte le conseguenze, perché io stessa l'ho vissuto nella mia infanzia ed adolescenza.
In questi giorni ho letto moltissimi articoli, in varie lingue, relativi ai bambini plusdotati, che hanno per certi aspetti riaperto delle ferite riguardo al mio vissuto. Vorremmo davvero un aiuto per evitare al mio piccolo che questo dono si trasformi in sofferenza e malessere, perché da soli non siamo in grado di farcela. Ma francamente siamo completamente privi di aiuto: per le maestre è il bambino perfetto, per la psicologa è un bimbo esposto alla depressione sostanzialmente a causa dell'ambiente e delle dinamiche familiari.
sono la mamma di tre magnifici bambini, scrivo per il più grande, di 9 anni.
E' molto dotato, a mio avviso è proprio un cosiddetto bambino plusdotato: a scuola ed in qualunque cosa faccia è bravissimo, inoltre è particolarmente rispettoso delle regole, anche se molto partecipe nelle attività è un po' riservato, e le maestre riferiscono che per farlo intervenire, al contrario di tutti gli altri bambini, è necessario interpellarlo in prima persona. E' molto autonomo e responsabile per la sua età.
A casa invece è vivace, ribelle, usa parolacce che non so nemmeno dove abbia sentito, è intollerante, incapace di sopportare anche la minima frustrazione, a volte è perfino violento verso i genitori: mi pare di avere un piccolo adolescente anziché un bimbo di 9 anni. E' un bambino estremamente sensibile, ma non affronta mai le emozioni, né verbalmente e nemmeno nei testi scritti.
Lo abbiamo portato da una psicologa per un aiuto, e dopo due sedute nelle quali gli ha somministrato due test credo grafici (ad uno, mi pare che si chiami TAT, si è subito rifiutato di rispondere) ci ha comunicato che il piccolo dà chiari segnali di depressione, e che se non ci saranno miglioramenti dovrà sottoporsi a psicoterapia.
La diagnosi della dottoressa è che il bimbo non è in grado di gestire le proprie emozioni, sostanzialmente a causa di un forte legame con la mamma che gli ha impedito di crescere sotto questo aspetto. La terapia suggerita, prima di ricorrere alla psicoterapia, è di farlo parlare col papà delle proprie emozioni, in modo che piano piano possa dar loro un significato e una spiegazione.
Non discuto affatto il percorso suggeritoci, tuttavia sono perplessa rigardo al fatto che la dottoressa non ha preso in alcuna considerazione che il piccolo non è un bambino comune, nel senso che non ha un comune modo di pensare e soprattutto di sentire. Personalmente penso che la sua incapacità ad affrontare le proprie emozioni, la tendenza alla scarsa autostima e alla depressione siano più che altro una difesa della propria senibilità, che è amplificata e certamente diversa rispetto al comune modo di sentire dei suoi pari, e per lui difficile da sostenere. Penso anche di conoscere bene questo suo modo di sentire, e tutte le conseguenze, perché io stessa l'ho vissuto nella mia infanzia ed adolescenza.
In questi giorni ho letto moltissimi articoli, in varie lingue, relativi ai bambini plusdotati, che hanno per certi aspetti riaperto delle ferite riguardo al mio vissuto. Vorremmo davvero un aiuto per evitare al mio piccolo che questo dono si trasformi in sofferenza e malessere, perché da soli non siamo in grado di farcela. Ma francamente siamo completamente privi di aiuto: per le maestre è il bambino perfetto, per la psicologa è un bimbo esposto alla depressione sostanzialmente a causa dell'ambiente e delle dinamiche familiari.
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Gentile Signora,
essere diverso dagli altri è sicuramente uno dei fattori che contribuiscono al problema. Questo fattore può complicare ma può anche aiutare.
In che modo può aiutare ? - Se una persona è più dotata intellettualmente, ha maggiori capacità di apprendimento anche nella sfera emotiva (avendo dunque un buon potenziale a sviluppare i propri meccanismi di compensazione e di resistenza allo stress). E bisogna accettare, che questo apprendimento necessita delle esperienze emotive, che è normale che possono essere di vario tipo, cioè, anche dolorose. Bisogna anche comprendere, che tale processo include le fasi apparentemente dis-adattive o anche i modi di compensazione "infantili" o "troppo maturi" o che non sono adeguati all'età o ai ruoli ecc. Il tutto nello sviluppo di un bambino è caratterizzato dalle fasi, ovvero dalle tappe, e, nella norma, non c'è la staticità... Così è anche coi bambini dell'intelligenza media, ed è normale, ed anzi, si auspica, che così sia (e forse ancora di più) coi bambini più dotati. Tutto questo, però, non vuole dire, che il Suo bambino debba uscire dai Suoi problemi completamente da solo, perché è dotato ecc., ma è corretto cercare le modalità di aiuto adeguate da parte vostra e riflettere sui consigli degli specialisti, come la psicologa, la quale avete interpellato; perché l'intelligenza superiore non è solo un aspetto genetico, ma va sviluppata, coltivata; e perché l'intelligenza non sostituisce le cure genitoriali.
Come invece può questo fattore peggiorare il problema ? - Può farlo, se il bambino viene considerato e trattato dai genitori e dalle altre figure significative, sin da piccola età, come diverso, come un super-dotato (il che è spesso più un bisogno dei genitori, e non del bambino stesso); e se a questo si associano le aspettative più elevate nei suoi confronti su tutti i fronti (accentuando lo stress); e se il bambino viene trattato con tolleranza nei suoi comportamenti inadeguati, motivandolo a noi con i doti o con la sensibilità superiori del bambino, insomma, con la sua personalità speciale...
Tutti i bambini hanno bisogno di essere stimati, di essere incoraggiati, ecc., di sentirsi, a momenti, i più capaci al mondo; e contestualmente anche amati. Questo bisogno non bisogna confondere con la necessità di dare il merito a chi è più capace. Il bambino iper-dotato, grazie al suo potenziale, riuscirà a trarre il sostegno, l'energia emotiva necessaria per i suoi progressi importanti, anche se non è considerato il genio, ma semplicemente se riceve il sostegno genitoriale in modo adeguato. Se, però, lui lo riceverà, sentendo, che è amato per la sua super-dotazione, allora non si tratta di amore e stima incondizionati, che sono importanti per ogni bambino. La dinamica di aspettative dei genitori nei confronti del figlio più dotato può alterare i processi di sviluppo emotivo.
Inoltre, per i bambini già prima dell'età preadolescenziale diventa importante il confronto e le relazioni con i compagni, con i pari d'età: sentirsi "diverso" non sempre aiuta al bambino in queste esperienze, il quale può sentirsi molto solo..
Per quanto riguarda, infine, gli atteggiamenti inadeguati, che perdoniamo, pensando alla grande sensibilità del nostro bambino, questi atteggiamenti sono in realtà "il dialogo" con noi, sono in parte una prova di sé e in parte una prova alla quale sottopone noi; e necessitano delle risposte che aiutano al bambino a svilupparsi: a secondo del contesto possono essere le risposte che introducono quella o quell'altra esperienza correttiva. Un bambino più dotato non è vero che ne necessita meno degli altri, perché già sente tutto e capisce tutto. No. Lui sente e capisce, e ha bisogno del feed-back.
In tanti casi i problemi all'età scolare sono legati al contesto della vita al di fuori della famiglia, e a casa uno sfoga il nervosismo (come succede anche con gli adulti). Ma questo non vuol dire che bisogna andare in giro a cercare i colpevoli fuori della famiglia, bensì, sono delle occasioni per aiutare alla persona a riprendersi. Può essere che il bambino non voglia parlarne (succede più spesso con gli adolescenti), e allora è una occasione per far sviluppare il concetto ed il rispetto della privacy. Ma se uno si comporta male per un motivo che non vuole dire, allora lui stesso non ha imparato a difendere la propria privacy, perché indirettamente fa capire ad altri, che lui ha qualcosa.. E magari questa cosa va notata a lui...
Per quanto riguarda i rapporti con il padre, sono effettivamente importanti in questa epoca di sviluppo, nella quale il bambino è sottoposto a molte tensioni e conflitti, che riguardano la dipendenza-indipendenza, il confronto con il mondo esterno, l'apprendimento, ecc. Succede che l'attenzione della madre fa sentire il bambino come uno che è incapace, fa risvegliare le paure di separazione ed i desideri di regressione; ed il bambino può opporsene, diventando più distaccato o offensivo con la madre.
Un maggiore contatto con il padre, effettivamente, può aver senso.
Certe dinamiche non sono propri solo dell'epoca adolescenziale. Le cosidette nevrosi d'infanzia, cadono su un'età inferiore, ed il periodo "di latenza" (fra sei anni e l'adolescenza) è solo apparentemente tranquillo. In questo periodo l'attenzione si sposta dalla famiglia al mondo relazionale esterno.
Molte cose sono comuni allo sviluppo dei bambini anche normali, non iper-dotati. Anche l'ipotesi diagnostica della depressione non è da scartare, ma da considerare con tutta la serietà, perché è una cosa potenzialmente grave. Scartando le cose che sono "per i bambini normali, non per il mio", si rischia di sottrarre a lui quelle cure che sono essenziali.
essere diverso dagli altri è sicuramente uno dei fattori che contribuiscono al problema. Questo fattore può complicare ma può anche aiutare.
In che modo può aiutare ? - Se una persona è più dotata intellettualmente, ha maggiori capacità di apprendimento anche nella sfera emotiva (avendo dunque un buon potenziale a sviluppare i propri meccanismi di compensazione e di resistenza allo stress). E bisogna accettare, che questo apprendimento necessita delle esperienze emotive, che è normale che possono essere di vario tipo, cioè, anche dolorose. Bisogna anche comprendere, che tale processo include le fasi apparentemente dis-adattive o anche i modi di compensazione "infantili" o "troppo maturi" o che non sono adeguati all'età o ai ruoli ecc. Il tutto nello sviluppo di un bambino è caratterizzato dalle fasi, ovvero dalle tappe, e, nella norma, non c'è la staticità... Così è anche coi bambini dell'intelligenza media, ed è normale, ed anzi, si auspica, che così sia (e forse ancora di più) coi bambini più dotati. Tutto questo, però, non vuole dire, che il Suo bambino debba uscire dai Suoi problemi completamente da solo, perché è dotato ecc., ma è corretto cercare le modalità di aiuto adeguate da parte vostra e riflettere sui consigli degli specialisti, come la psicologa, la quale avete interpellato; perché l'intelligenza superiore non è solo un aspetto genetico, ma va sviluppata, coltivata; e perché l'intelligenza non sostituisce le cure genitoriali.
Come invece può questo fattore peggiorare il problema ? - Può farlo, se il bambino viene considerato e trattato dai genitori e dalle altre figure significative, sin da piccola età, come diverso, come un super-dotato (il che è spesso più un bisogno dei genitori, e non del bambino stesso); e se a questo si associano le aspettative più elevate nei suoi confronti su tutti i fronti (accentuando lo stress); e se il bambino viene trattato con tolleranza nei suoi comportamenti inadeguati, motivandolo a noi con i doti o con la sensibilità superiori del bambino, insomma, con la sua personalità speciale...
Tutti i bambini hanno bisogno di essere stimati, di essere incoraggiati, ecc., di sentirsi, a momenti, i più capaci al mondo; e contestualmente anche amati. Questo bisogno non bisogna confondere con la necessità di dare il merito a chi è più capace. Il bambino iper-dotato, grazie al suo potenziale, riuscirà a trarre il sostegno, l'energia emotiva necessaria per i suoi progressi importanti, anche se non è considerato il genio, ma semplicemente se riceve il sostegno genitoriale in modo adeguato. Se, però, lui lo riceverà, sentendo, che è amato per la sua super-dotazione, allora non si tratta di amore e stima incondizionati, che sono importanti per ogni bambino. La dinamica di aspettative dei genitori nei confronti del figlio più dotato può alterare i processi di sviluppo emotivo.
Inoltre, per i bambini già prima dell'età preadolescenziale diventa importante il confronto e le relazioni con i compagni, con i pari d'età: sentirsi "diverso" non sempre aiuta al bambino in queste esperienze, il quale può sentirsi molto solo..
Per quanto riguarda, infine, gli atteggiamenti inadeguati, che perdoniamo, pensando alla grande sensibilità del nostro bambino, questi atteggiamenti sono in realtà "il dialogo" con noi, sono in parte una prova di sé e in parte una prova alla quale sottopone noi; e necessitano delle risposte che aiutano al bambino a svilupparsi: a secondo del contesto possono essere le risposte che introducono quella o quell'altra esperienza correttiva. Un bambino più dotato non è vero che ne necessita meno degli altri, perché già sente tutto e capisce tutto. No. Lui sente e capisce, e ha bisogno del feed-back.
In tanti casi i problemi all'età scolare sono legati al contesto della vita al di fuori della famiglia, e a casa uno sfoga il nervosismo (come succede anche con gli adulti). Ma questo non vuol dire che bisogna andare in giro a cercare i colpevoli fuori della famiglia, bensì, sono delle occasioni per aiutare alla persona a riprendersi. Può essere che il bambino non voglia parlarne (succede più spesso con gli adolescenti), e allora è una occasione per far sviluppare il concetto ed il rispetto della privacy. Ma se uno si comporta male per un motivo che non vuole dire, allora lui stesso non ha imparato a difendere la propria privacy, perché indirettamente fa capire ad altri, che lui ha qualcosa.. E magari questa cosa va notata a lui...
Per quanto riguarda i rapporti con il padre, sono effettivamente importanti in questa epoca di sviluppo, nella quale il bambino è sottoposto a molte tensioni e conflitti, che riguardano la dipendenza-indipendenza, il confronto con il mondo esterno, l'apprendimento, ecc. Succede che l'attenzione della madre fa sentire il bambino come uno che è incapace, fa risvegliare le paure di separazione ed i desideri di regressione; ed il bambino può opporsene, diventando più distaccato o offensivo con la madre.
Un maggiore contatto con il padre, effettivamente, può aver senso.
Certe dinamiche non sono propri solo dell'epoca adolescenziale. Le cosidette nevrosi d'infanzia, cadono su un'età inferiore, ed il periodo "di latenza" (fra sei anni e l'adolescenza) è solo apparentemente tranquillo. In questo periodo l'attenzione si sposta dalla famiglia al mondo relazionale esterno.
Molte cose sono comuni allo sviluppo dei bambini anche normali, non iper-dotati. Anche l'ipotesi diagnostica della depressione non è da scartare, ma da considerare con tutta la serietà, perché è una cosa potenzialmente grave. Scartando le cose che sono "per i bambini normali, non per il mio", si rischia di sottrarre a lui quelle cure che sono essenziali.
Dr. Alex Aleksey Gukov
[#2]
Utente
la ringrazio moltissimo per la risposta, c'è davvero molto su cui dovremo riflettere, ed anche la conferma di una mia convinzione: la maggior parte dei problemi che manifestano i bambini ha origine dai loro genitori :-) .
Riguardo all'ipotesi di depressione, non l'abbiamo affatto sottovalutata, è proprio perché siamo consapevoli di quanto sia importante (per tutti) sostenere al meglio il nostro piccolino che agiamo e riflettiamo con la massima cautela.
Solitamente, quando mi rivolgo ad un medico, lo faccio dandogli fiducia senza alcun dubbio o esitazione. Ma trattandosi del benessere e della salute di un bimbo, di cui ho la responsabilità, non potrei perdonarmi il minimo errore.
Riguardo all'ipotesi di depressione, non l'abbiamo affatto sottovalutata, è proprio perché siamo consapevoli di quanto sia importante (per tutti) sostenere al meglio il nostro piccolino che agiamo e riflettiamo con la massima cautela.
Solitamente, quando mi rivolgo ad un medico, lo faccio dandogli fiducia senza alcun dubbio o esitazione. Ma trattandosi del benessere e della salute di un bimbo, di cui ho la responsabilità, non potrei perdonarmi il minimo errore.
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 7.5k visite dal 01/11/2015.
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