Autismo con lieve ritardo mentale
Salve sono un insegnante di sostegno che lavora nella scuola media.
quest'anno mi è stato assegnato un ragazzino di 12 anni che ha in diagnosi: Autismo con lieve ritardo mentale, art. 3 comma 3 della Legge 104.
Il ragazzino è chiuso verso l'esterno solo parzialmente, nel senso che se indotto saluta i compagni oppure vi scambia qualche parola, ma senza guardarli negli occhi. Con me ha un atteggiamento cangiante, a volte mi consente di stargli vicino, di abbracciarlo, ma altre mi spinge e mi allontana da lui.
Non parla mai direttamente con nessuno, tra lui e gli altri c'è sempre un "filtro", cioè un'altro "lui" con il quale dialoga e per mezzo del quale trasmette i suoi messaggi agli altri.
Il problema è il suo comportamento a scuola. Il ragazzo non assume farmaci ma non riesce a gestire probabilmente l'ansia del contesto scolastico, infatti succedono quasi quotidianamente due cose:
1) batte forte con la penna, la mano, o altro, sul banco, sui muri, in modo da creare un forte rumore che disturbi la lezione in corso. Si alza all'improvviso o sfugge in un attimo all'attenzione del docente e sbatte violentemente contro il muro o le finestre tutto ciò che gli capita a tiro: chiavi, borse, computer, ecc. Spesso strappa dalle mani le cose ai professori e ai compagni e le lancia distruggendole, tutto ciò con il rischio dell'incolumità sua, dei compagni e dei professori. Spinge violentemente i banchi rovesciandoli a terra così come le sedie e quant'altro.
2) Quando contrastato, poichè si ostina a perpetuare il comportamento che gli viene vietato, inizia una crisi fatta di urla, pianto, sudorazione e movimenti stereotipati all'interno dell'ambiente in cui si trova, crisi che può durare anche un ora o più.
Come insegnante di sostegno sono più io che i colleghi che deve seguirlo e dico sinceramente, che ho molti problemi e non so proprio come fare a gestire questa situazione.
Oggi ho dovuto chiamare la madre per chiederle di venirlo a ritirare da scuola anzitempo perchè non si poteva più gestire. Nell'occasione ho cercato di convincerla a sottoporlo ad una rivalutazione medica per vedere se esiste la possibilità di una cura farmacologica che gli consenta una vita di relazione più serena negli ambienti in cui si trova quando non è a casa, dove la madre dice che non ha di queste crisi.
Io non so come affrontare la cosa specie perchè ho la sensazione che quando rovesci le sedie e lanci gli oggetti lo faccia anche per una sorta di "dispetto" che lui fa nei miei confronti quando cerco di fargli svolgere un compitino scolastico.
La collega che lo seguiva la scorso anno si è fatta trasferire io invece vorrei fare di meglio ma davvero mi servirebbe un vostro aiuto. Potete consigliarmi qualche metodica per fronteggiare la situazione? Per esempio quando ride, comincia a rovesciare le sedie, sbattere sui tavoli, quale dovrebbe essere il mio atteggiamento nei suoi riguardi, come mi dovrei relazionare con lui?
Ringrazio anticipatamente
quest'anno mi è stato assegnato un ragazzino di 12 anni che ha in diagnosi: Autismo con lieve ritardo mentale, art. 3 comma 3 della Legge 104.
Il ragazzino è chiuso verso l'esterno solo parzialmente, nel senso che se indotto saluta i compagni oppure vi scambia qualche parola, ma senza guardarli negli occhi. Con me ha un atteggiamento cangiante, a volte mi consente di stargli vicino, di abbracciarlo, ma altre mi spinge e mi allontana da lui.
Non parla mai direttamente con nessuno, tra lui e gli altri c'è sempre un "filtro", cioè un'altro "lui" con il quale dialoga e per mezzo del quale trasmette i suoi messaggi agli altri.
Il problema è il suo comportamento a scuola. Il ragazzo non assume farmaci ma non riesce a gestire probabilmente l'ansia del contesto scolastico, infatti succedono quasi quotidianamente due cose:
1) batte forte con la penna, la mano, o altro, sul banco, sui muri, in modo da creare un forte rumore che disturbi la lezione in corso. Si alza all'improvviso o sfugge in un attimo all'attenzione del docente e sbatte violentemente contro il muro o le finestre tutto ciò che gli capita a tiro: chiavi, borse, computer, ecc. Spesso strappa dalle mani le cose ai professori e ai compagni e le lancia distruggendole, tutto ciò con il rischio dell'incolumità sua, dei compagni e dei professori. Spinge violentemente i banchi rovesciandoli a terra così come le sedie e quant'altro.
2) Quando contrastato, poichè si ostina a perpetuare il comportamento che gli viene vietato, inizia una crisi fatta di urla, pianto, sudorazione e movimenti stereotipati all'interno dell'ambiente in cui si trova, crisi che può durare anche un ora o più.
Come insegnante di sostegno sono più io che i colleghi che deve seguirlo e dico sinceramente, che ho molti problemi e non so proprio come fare a gestire questa situazione.
Oggi ho dovuto chiamare la madre per chiederle di venirlo a ritirare da scuola anzitempo perchè non si poteva più gestire. Nell'occasione ho cercato di convincerla a sottoporlo ad una rivalutazione medica per vedere se esiste la possibilità di una cura farmacologica che gli consenta una vita di relazione più serena negli ambienti in cui si trova quando non è a casa, dove la madre dice che non ha di queste crisi.
Io non so come affrontare la cosa specie perchè ho la sensazione che quando rovesci le sedie e lanci gli oggetti lo faccia anche per una sorta di "dispetto" che lui fa nei miei confronti quando cerco di fargli svolgere un compitino scolastico.
La collega che lo seguiva la scorso anno si è fatta trasferire io invece vorrei fare di meglio ma davvero mi servirebbe un vostro aiuto. Potete consigliarmi qualche metodica per fronteggiare la situazione? Per esempio quando ride, comincia a rovesciare le sedie, sbattere sui tavoli, quale dovrebbe essere il mio atteggiamento nei suoi riguardi, come mi dovrei relazionare con lui?
Ringrazio anticipatamente
[#1]
Gentile docente,
a mio avviso non è possibile consigliare un metodo "standard" da attuare nelle situazioni critiche che Lei ha ben descritto, poiché ciò che potrebbe essere efficace con una persona, potrebbe risultare inutile -se non dannoso- con altre.
Ritengo invece maggiormente utile cercare di conoscere meglio le caratteristiche di questo specifico alunno, in modo da personalizzare il più possibile l'intervento. Più che mai in casi come questo sarebbe opportuno un lavoro d'équipe che consenta un passaggio reciproco di informazioni tra famiglia, scuola e specialisti che hanno in carico (esistono in questo caso?) il ragazzino. Anche consultare l'insegnante dello scorso anno potrebbe essere fonte di preziose indicazioni.
Purtroppo in alcune situazioni non si può far molto di più che procedere per tentativi ed errori, fino a che con aggiustamenti progressivi si giunge alle strategie migliori per gestire la situazione. Tutto questo partendo ovviamente da una apertura e disponibilità a comprendere ed accogliere i bisogni e le difficoltà di questo alunno speciale.
Sarebbe bene anche che, in accordo con i suoi colleghi, venissero fissati degli obiettivi da raggiungere (relativi, ad esempio, a capacità di autocontrollo, accettazione delle regole, miglioramento dei tempi di attenzione...), prerequisiti indispensabili per giungere a svolgere quei compitini che gli vengono ora proposti.
Infine, un supporto valido potrebbe anche giungerle dalle associazioni di genitori di persone con autismo che esistono ormai in molte città, o dai vari siti dedicati all'argomento, come ad esempio:
http://www.emergenzautismo.org/
http://www.genitoricontroautismo.org/index.php?option=com_content&task=category§ionid=2&id=24&Itemid=89&lang=it_IT
http://www.prodigio.it/articoli.asp?idarticolo=340
http://www.autismo.in/portale/
Cordialmente,
a mio avviso non è possibile consigliare un metodo "standard" da attuare nelle situazioni critiche che Lei ha ben descritto, poiché ciò che potrebbe essere efficace con una persona, potrebbe risultare inutile -se non dannoso- con altre.
Ritengo invece maggiormente utile cercare di conoscere meglio le caratteristiche di questo specifico alunno, in modo da personalizzare il più possibile l'intervento. Più che mai in casi come questo sarebbe opportuno un lavoro d'équipe che consenta un passaggio reciproco di informazioni tra famiglia, scuola e specialisti che hanno in carico (esistono in questo caso?) il ragazzino. Anche consultare l'insegnante dello scorso anno potrebbe essere fonte di preziose indicazioni.
Purtroppo in alcune situazioni non si può far molto di più che procedere per tentativi ed errori, fino a che con aggiustamenti progressivi si giunge alle strategie migliori per gestire la situazione. Tutto questo partendo ovviamente da una apertura e disponibilità a comprendere ed accogliere i bisogni e le difficoltà di questo alunno speciale.
Sarebbe bene anche che, in accordo con i suoi colleghi, venissero fissati degli obiettivi da raggiungere (relativi, ad esempio, a capacità di autocontrollo, accettazione delle regole, miglioramento dei tempi di attenzione...), prerequisiti indispensabili per giungere a svolgere quei compitini che gli vengono ora proposti.
Infine, un supporto valido potrebbe anche giungerle dalle associazioni di genitori di persone con autismo che esistono ormai in molte città, o dai vari siti dedicati all'argomento, come ad esempio:
http://www.emergenzautismo.org/
http://www.genitoricontroautismo.org/index.php?option=com_content&task=category§ionid=2&id=24&Itemid=89&lang=it_IT
http://www.prodigio.it/articoli.asp?idarticolo=340
http://www.autismo.in/portale/
Cordialmente,
Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 3.6k visite dal 28/10/2014.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.