Sostituzione farmaci nell'epilessia
Nelle pubblicazioni disponibili su carbamazepina e oxcarbazepina si dice che hanno la stessa efficacia ma l’oxcarbazepina è più tollerabile e soprattutto procura nel tempo un minore decadimento cognitivo. Che non mi sembra vantaggio da poco.
Ho conosciuto un neurologo che si occupa specificamente di epilessia che preferisce la carbamazepina alla oxcarbazepina in quanto ritenuta più efficace. Lui stesso però riconosce che solo una parte dei pazienti passati dalla oxcarbazepina alla carbamazepina ha avuto dei benefici.
Non capisco bene. Ha senso che il singolo medico faccia affidamento sulla sua esperienza invece che sulla letteratura scientifica che si presume fondata su dati molto più vasti? A questo punto il passaggio alla carbamazepina dovrebbe essere solo un tentativo. Se poi i miglioramenti non ci sono si dovrebbe tornare al farmaco meno tossico. Giusto?
Ho conosciuto un neurologo che si occupa specificamente di epilessia che preferisce la carbamazepina alla oxcarbazepina in quanto ritenuta più efficace. Lui stesso però riconosce che solo una parte dei pazienti passati dalla oxcarbazepina alla carbamazepina ha avuto dei benefici.
Non capisco bene. Ha senso che il singolo medico faccia affidamento sulla sua esperienza invece che sulla letteratura scientifica che si presume fondata su dati molto più vasti? A questo punto il passaggio alla carbamazepina dovrebbe essere solo un tentativo. Se poi i miglioramenti non ci sono si dovrebbe tornare al farmaco meno tossico. Giusto?
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Gentile Utente,
come regola generale, una volta fatta la diagnosi del tipo specifico di epilessia di cui un paziente soffre, si prescrive un farmaco indicato in quella specifica condizione tenendo conto, teoricamente, dei minori effetti collaterali in percentuale segnalati su quel farmaco. Dico "teoricamente" perché la risposta ad una terapia è strettamente individuale sia come efficacia che come tollerabilità.
Se l'efficacia è buona, cioè non si manifestano crisi, ed il farmaco è ben tollerato, non ci sono motivi per sostituirlo, tanto meno per convinzioni personali che di fronte all'efficacia e alla tollerabilità del farmaco vengono meno.
Cordiali saluti
come regola generale, una volta fatta la diagnosi del tipo specifico di epilessia di cui un paziente soffre, si prescrive un farmaco indicato in quella specifica condizione tenendo conto, teoricamente, dei minori effetti collaterali in percentuale segnalati su quel farmaco. Dico "teoricamente" perché la risposta ad una terapia è strettamente individuale sia come efficacia che come tollerabilità.
Se l'efficacia è buona, cioè non si manifestano crisi, ed il farmaco è ben tollerato, non ci sono motivi per sostituirlo, tanto meno per convinzioni personali che di fronte all'efficacia e alla tollerabilità del farmaco vengono meno.
Cordiali saluti
Dr. Antonio Ferraloro
[#2]
Utente
E quindi, continuando il ragionamento, se un farmaco "teoicamente" meno tossico dà risultati solo parziali è opportuno sostituirlo con uno "teoricamente" più tossico sperando di raggiungere il risultato. Laddove però non si ottengano miglioramenti si dovrebbe tornare a quello meno tossico (oxcarbazepina).
E' corretto?
E' corretto?
[#4]
Utente
Un ultima cosa se posso approfittare della sua cortesia. Nella terapia dell'epilessia è importante l'orario di assunzione dei farmaci?
Ad es. se un farmaco deve essere assunto mattina e sera ma il paziente con una certa frequenza lo assume a pranzo o nel pomeriggio invece che la mattina, questo incide parecchio sull'efficacia della terapia?
Ad es. se un farmaco deve essere assunto mattina e sera ma il paziente con una certa frequenza lo assume a pranzo o nel pomeriggio invece che la mattina, questo incide parecchio sull'efficacia della terapia?
[#5]
Gentile Utente,
certamente, incide perché vengono a crearsi delle fluttuazioni della concentrazione plasmatica del farmaco con periodi di sovraccarico (quando l'assunzione è ravvicinata) e periodi di scarsa concentrazione quando le assunzioni sono molto distanziate tra loro, per es. la sera e la successiva il pomeriggio del giorno dopo.
Tale modalità è pertanto fortemente sconsigliata, viceversa un'assunzione sempre alla stesa ora è quella che garantisce una stabile concentrazione della molecola nel sangue, per es. un farmaco con due somministrazioni al giorno è consigliabile assumerlo ogni 12 ore circa.
Cordialità
certamente, incide perché vengono a crearsi delle fluttuazioni della concentrazione plasmatica del farmaco con periodi di sovraccarico (quando l'assunzione è ravvicinata) e periodi di scarsa concentrazione quando le assunzioni sono molto distanziate tra loro, per es. la sera e la successiva il pomeriggio del giorno dopo.
Tale modalità è pertanto fortemente sconsigliata, viceversa un'assunzione sempre alla stesa ora è quella che garantisce una stabile concentrazione della molecola nel sangue, per es. un farmaco con due somministrazioni al giorno è consigliabile assumerlo ogni 12 ore circa.
Cordialità
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 2.7k visite dal 29/05/2016.
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