Falsi ricordi?
La domanda che pongo pur nella sua banalità é per me fondamentale sebbene immagini che non ci siano ancora risposte certe in merito.
E' possibile che io ricordi in maniera chiara episodi di quando avevo 3 anni di età? Episodi che trovano conferma a trent'anni di distanza da parte dei miei genitori...
Possono essere falsi ricordi? Fino a che età è possibile "tornare indietro" con i ricordi? È possibile ricordare eventi dei primi anni di vita? (tipo 1 anno o due anni di età). E se non fosse possibile, perchè? Il cervello non è ancora completamente svilupato?
Grazie
E' possibile che io ricordi in maniera chiara episodi di quando avevo 3 anni di età? Episodi che trovano conferma a trent'anni di distanza da parte dei miei genitori...
Possono essere falsi ricordi? Fino a che età è possibile "tornare indietro" con i ricordi? È possibile ricordare eventi dei primi anni di vita? (tipo 1 anno o due anni di età). E se non fosse possibile, perchè? Il cervello non è ancora completamente svilupato?
Grazie
[#1]
Gentile utente,
<<..E' possibile che io ricordi in maniera chiara episodi di quando avevo 3 anni di età?..>>
Sì.
<<..Possono essere falsi ricordi?..>>
Sì. Vedi in seguito.
<<..Fino a che età è possibile "tornare indietro" con i ricordi?..>>
E' un aspetto individuale.
<<..È possibile ricordare eventi dei primi anni di vita? (tipo 1 anno o due anni di età). E se non fosse possibile, perchè?..>>
Sì, è possibile.
Anche se dobbiamo fare qualche precisazione su che cosa significhi "ricordare".
L'età di tre anni (talvolta prima) non a caso coincide con l'inizio dell'acquisizione del linguaggio, e del pensiero (nel senso adulto), dunque i ricordi consapevoli nella specie umana sono intimamente legati al linguaggio (non solo a livello espressivo, ma anche a livello ricettivo e a livello della codifica delle informazioni).
Il linguaggio è anche alla base dell'attribuzione dei significati e alla base di quel tipo della memoria, ovvero di quel tipo di immagazzinamento dei ricordi, che chiamiamo "semantico", che è una modalità di immagazzinamento ritenuta più durevole.
In realtà, anche le esperienze connotate e codificate solo in base alle sensazioni (oltre all'udito e alla vista, in particolare l'olfatto, ma anche il gusto ed il tatto che assume l'importanza così cruciale già nel periodo neonatale !) possono lasciare "segni" assai durevoli nella memoria, anzi, tali "ricordi" hanno la caratteristica di essere molto "vivi", ma le persone già adulte hanno molta più difficoltà a richiamare o a riconoscere questi "ricordi" se non sono associati a qualche traccia di significato codificato tramite il linguaggio.
Dunque, conta non solo la capacità di immagazzinare nella memoria, ma tanto anche la modalità di codifica. Già un bambino appena nato possiede la capacità di riconoscere gli stimoli a contatto coi quali è stato, come ad esempio le sensazioni associate al contatto con il corpo materno, al contatto delle sue labbra con il capezzolo, all'ingestione del latte. Questi "ricordi", fondamentali per la sopravvivenza, hanno un'organizzazione del tutto diversa rispetto a quella che subentra con l'inizio dell'acquisizione del linguaggio. Volendo, è paragonabile ad un archivio, dove, da un certo giorno in poi viene cambiata la classificazione, la numerazione: i materiali nuovi, archiviati secondo le nuove regole, sono più facilmente trovabili, mentre quelli vecchi, se non ricodificati, possono rimanere da qualche parte nell'archivio, ma sono molto meno accessibili. Nei termiini del discorso sulla memoria, sono "meno consapevoli". Già, che anche la nostra consapevolezza, da adulti, siamo soliti ad identificare con la capacità di formulare le frasi che abbbiano un "senso" nella lingua che utilizziamo (almeno a noi stessi, fra sé e sé).
L'acquisizione del linguaggio e la rispettiva "ricodifica" dei vissuti domina, mentre alcune capacità menemoniche "pre-linguistiche" progressivamente subiscono la riduzione. Ad esempio, la memoria visiva, quasi fotografica, è tendenzialmente più sviluppata nei bambini fino ad una certa età. Il destino di queste capacità "pre-linguistiche" è comunque individuale.
Il processo di acquisizione del linguaggio inizia tradizionalmente verso l'età di tre anni. In realtà, spesso un po' prima. Secondo alcune teorie, la capacità di linguaggio è addirittura innata. In ogni modo, però, un bambino fino ad una certa età non è ancora capace ad utilizzare il linguaggio.
Con l'acquisizione del linguaggio succede una cosa interessante: diventiamo capaci anche a codificare a mezzo di linguaggio anche le esperienze mentali che solo in parte si allacciano a quelle realmente vissute a contatto col mondo esterno, mentre per il resto sono le eleborazioni di queste ultime. Tali "ricordi" possono essere anche molto "chiari". Non si può sostenere fermamente che non lo eravamo capaci prima, ma il linguaggio permette tale possibilità molto più facilmente, permette la creazione di un mondo a sé stante. Questa attività sta anche alla base delle fantasie, dell'esplorazione mentale dei propri vissuti emotivi, di molti giochi man mano più complessi e maturi dei bambini.
Ovviamente non subito sopraggiunge la capacità di distinguere fra tali elaborazioni e la realtà, e, nonostante questa si sviluppa, sono forti anche i fattori emotivi che si oppongono ad una tale distinzione. Nel contempo, ogni vissuto codificato a mezzo di linguaggio ha un notevole potenziale di essere associato ad altri ricordi e di essere rievocato. Come uno dei risultati, i "ricordi" riguardanti il periodo d'infanzia rappresentano, almeno in parte, anche i processi di tali "elaborazioni" e non hanno soltanto il significato dei "ricordi" nel senso "adulto". Questo aspetto ("elaborativo") della memoria è sempre presente anche nella vita adulta, ma in maniera minore, più individuale (da persona a persona) e più selettivo (da un tipo di vissuti ad altro).
<<..E' possibile che io ricordi in maniera chiara episodi di quando avevo 3 anni di età?..>>
Sì.
<<..Possono essere falsi ricordi?..>>
Sì. Vedi in seguito.
<<..Fino a che età è possibile "tornare indietro" con i ricordi?..>>
E' un aspetto individuale.
<<..È possibile ricordare eventi dei primi anni di vita? (tipo 1 anno o due anni di età). E se non fosse possibile, perchè?..>>
Sì, è possibile.
Anche se dobbiamo fare qualche precisazione su che cosa significhi "ricordare".
L'età di tre anni (talvolta prima) non a caso coincide con l'inizio dell'acquisizione del linguaggio, e del pensiero (nel senso adulto), dunque i ricordi consapevoli nella specie umana sono intimamente legati al linguaggio (non solo a livello espressivo, ma anche a livello ricettivo e a livello della codifica delle informazioni).
Il linguaggio è anche alla base dell'attribuzione dei significati e alla base di quel tipo della memoria, ovvero di quel tipo di immagazzinamento dei ricordi, che chiamiamo "semantico", che è una modalità di immagazzinamento ritenuta più durevole.
In realtà, anche le esperienze connotate e codificate solo in base alle sensazioni (oltre all'udito e alla vista, in particolare l'olfatto, ma anche il gusto ed il tatto che assume l'importanza così cruciale già nel periodo neonatale !) possono lasciare "segni" assai durevoli nella memoria, anzi, tali "ricordi" hanno la caratteristica di essere molto "vivi", ma le persone già adulte hanno molta più difficoltà a richiamare o a riconoscere questi "ricordi" se non sono associati a qualche traccia di significato codificato tramite il linguaggio.
Dunque, conta non solo la capacità di immagazzinare nella memoria, ma tanto anche la modalità di codifica. Già un bambino appena nato possiede la capacità di riconoscere gli stimoli a contatto coi quali è stato, come ad esempio le sensazioni associate al contatto con il corpo materno, al contatto delle sue labbra con il capezzolo, all'ingestione del latte. Questi "ricordi", fondamentali per la sopravvivenza, hanno un'organizzazione del tutto diversa rispetto a quella che subentra con l'inizio dell'acquisizione del linguaggio. Volendo, è paragonabile ad un archivio, dove, da un certo giorno in poi viene cambiata la classificazione, la numerazione: i materiali nuovi, archiviati secondo le nuove regole, sono più facilmente trovabili, mentre quelli vecchi, se non ricodificati, possono rimanere da qualche parte nell'archivio, ma sono molto meno accessibili. Nei termiini del discorso sulla memoria, sono "meno consapevoli". Già, che anche la nostra consapevolezza, da adulti, siamo soliti ad identificare con la capacità di formulare le frasi che abbbiano un "senso" nella lingua che utilizziamo (almeno a noi stessi, fra sé e sé).
L'acquisizione del linguaggio e la rispettiva "ricodifica" dei vissuti domina, mentre alcune capacità menemoniche "pre-linguistiche" progressivamente subiscono la riduzione. Ad esempio, la memoria visiva, quasi fotografica, è tendenzialmente più sviluppata nei bambini fino ad una certa età. Il destino di queste capacità "pre-linguistiche" è comunque individuale.
Il processo di acquisizione del linguaggio inizia tradizionalmente verso l'età di tre anni. In realtà, spesso un po' prima. Secondo alcune teorie, la capacità di linguaggio è addirittura innata. In ogni modo, però, un bambino fino ad una certa età non è ancora capace ad utilizzare il linguaggio.
Con l'acquisizione del linguaggio succede una cosa interessante: diventiamo capaci anche a codificare a mezzo di linguaggio anche le esperienze mentali che solo in parte si allacciano a quelle realmente vissute a contatto col mondo esterno, mentre per il resto sono le eleborazioni di queste ultime. Tali "ricordi" possono essere anche molto "chiari". Non si può sostenere fermamente che non lo eravamo capaci prima, ma il linguaggio permette tale possibilità molto più facilmente, permette la creazione di un mondo a sé stante. Questa attività sta anche alla base delle fantasie, dell'esplorazione mentale dei propri vissuti emotivi, di molti giochi man mano più complessi e maturi dei bambini.
Ovviamente non subito sopraggiunge la capacità di distinguere fra tali elaborazioni e la realtà, e, nonostante questa si sviluppa, sono forti anche i fattori emotivi che si oppongono ad una tale distinzione. Nel contempo, ogni vissuto codificato a mezzo di linguaggio ha un notevole potenziale di essere associato ad altri ricordi e di essere rievocato. Come uno dei risultati, i "ricordi" riguardanti il periodo d'infanzia rappresentano, almeno in parte, anche i processi di tali "elaborazioni" e non hanno soltanto il significato dei "ricordi" nel senso "adulto". Questo aspetto ("elaborativo") della memoria è sempre presente anche nella vita adulta, ma in maniera minore, più individuale (da persona a persona) e più selettivo (da un tipo di vissuti ad altro).
Dr. Alex Aleksey Gukov
[#2]
Utente
La ringrazio. Solo una domanda ancora. Se non ho capito male i "ricordi" sono archiviati ma non sempre accessibili(con un gioco di parole non sono "ricordabili"). Ma perchè alcuni episodi anche insignificanti rimangono impressi e altri no? E' possibile che il nostro cervello decida cosa cancellare in maniera "random"?
[#3]
Il nostro cervello non decide in maniera "random". Se lo facesse, sarebbe imparziale come una macchina, ed invece non ha una metodicità della macchina ed è tutt'altro che imparziale.
Il perché un episodio (apparentenente) insignificante possa essere ricordato meglio rispetto ad un altro (apparentemente) ugualmente insignificante o addirittura meglio di alcuni eventi significativi può avere più spiegazioni.
Se noi parliamo della memoria semantica (basata sul significato), una delle caratteristiche di questa è che un elemento può essere messo in associazione con diversi altri elementi proprio in base al significato. Ad esempio, un ricordo che nella nostra cultura può essere significativo proprio grazie al suo ampio significato può associarsi a eventi, idee, vissuti che non sono stati in relazione necessariamente diretta con un tale evento, ma ne condividono il significato. Ad esempio, il ricordo dell'incontro con o della separazione da una persona significativa può associarsi al ricordo del contesto nel quale è avvenuta o anche al ricordo del contesto nel quale si è convissuto con tale persona prima o di un oggetto o di una esperienza che ne possano essere associati. Ma anche al ricordo di un altra situazione simile, anche se questa altra situazione non riguardava direttamente noi. Anche il suono o la scrittura delle parole con le quali un evento è ricordato può creare le altre associazioni, apparentemente sconnesse, ma in realtà spesso utili alla rievocazione di un ricordo. Le associazioni possono essere molteplici ed infniti: più deboli e più forti, più "significative" e "meno significative". Proprio grazie a questa potenzialmente enorme rete dei ricordi che aiutano uno a ricordare l'altro, basandosi sulle associazioni, i ricordi "rimangono" nella memoria "semantica" più solidamente e possono essere rievocati tramite più vie. Dall'altra parte, in tale sistema molti ricordi, sono a sua volta anche un "tramite" per gli altri e devono loro facile "ricordabilità" al significato degli altri ricordi.
Secondo una delle teorie, appartenente tradizionalmente, alla scuola di pensiero psicoanalitico, la nostra psiche tende a censurare i nostri ricorsi in base a quanto sono tollerabili o meno per la nostra consapevolezza. Basandosi su questa teoria, si ipotizza che molti vissuti od eventi che non riusciamo a ricordare non sono cancellati, ma modificati, essendo rappresentati dagli altri ricordi, apparentemente meno significativi e meno traumatici, che sono meno significativi, ma in compenso più tollerabili. Tale teoria non contraddice ma può essere complementare con quello che ho scritto prima rispetto alla rete associativa.
Questa "rete associativa", nei tentativi di teoretizzazione di alcuni psicologi cognitivisti, è stata paragonata alla rete di comunicazione che unisce i numerosi neuroni del nostro sistema nervoso centrale. In realtà, le nostre capacità riflessive, associative e di rievocazione dei ricordi dipendono dalla capacità dei nostri neuroni di interagire fra di loro. Ogni neurone è in connessione con molti altri neuroni tramite le microstrutture presenti sulla propria superficie (assoni e dendriti). Vivendo, non aumenta la quantità dei neuroni, ma aumenta la complessità delle relazioni fra di loro, la complessità di queste microstrutture di "comunicazione", pari passo con l'esposizione alle nuove esperienze ed alla nostra elaborazione mentale di queste. Gli stress (psichici, ma anche fisici e metabolici) ed anche le malattie che compromettono la salute e la nutrizione dei neuroni possono compromettere tali microstrutturee far diventare i neuroni più "limitati" nelle proprie potenzialità, comprese quelle necessarie per una buona memoria.
Inoltre, quello che ho dimenticato a scriverLe (ma se ricordassi tutto, avrei dovuto scrivere un trattato) è che, sebbene nella memoria degli adulti il principio basato sul significato è dominante, non è l'unico suo meccanismo: è basata, ad esempio anche sul principio cronologico, indipendente da quello "semantico". Vuol dire che, a prescindere del significato, ricordiamo le cose anche in base alla loro successione cronologica. In questa catena cronologica i ricordi più vivi non sono necessariamente quelli più significativi dal punto di vista semantico. Alcune sperimentazioni hanno da tempo dimostrato che, ad esempio, di una sequenza degli stimoli, ricordiamo meglio quelli che sono stati presentati all'inizio e quelli che sono stati presentati alla fine, mentre ricordiamo peggio quelli in mezzo.
Un'altro fattore che contribuisce ad una maggiore ricordabilità è se uno stimolo (od evento) è contrastante, discorde o nuovo rispetto a quegli presentati prima. Indipendentemente dal significato.
Inoltre, alcune esperienze anche importanti ma codificate con le modalità più "primitive" (basati sulle caratteristiche percettive o emotive dello stimolo) possono non essere ricordate non come tali, ma tramite i nessi associativi o cronologici i quali però possono non trasmettere il significato esatto.
Il perché un episodio (apparentenente) insignificante possa essere ricordato meglio rispetto ad un altro (apparentemente) ugualmente insignificante o addirittura meglio di alcuni eventi significativi può avere più spiegazioni.
Se noi parliamo della memoria semantica (basata sul significato), una delle caratteristiche di questa è che un elemento può essere messo in associazione con diversi altri elementi proprio in base al significato. Ad esempio, un ricordo che nella nostra cultura può essere significativo proprio grazie al suo ampio significato può associarsi a eventi, idee, vissuti che non sono stati in relazione necessariamente diretta con un tale evento, ma ne condividono il significato. Ad esempio, il ricordo dell'incontro con o della separazione da una persona significativa può associarsi al ricordo del contesto nel quale è avvenuta o anche al ricordo del contesto nel quale si è convissuto con tale persona prima o di un oggetto o di una esperienza che ne possano essere associati. Ma anche al ricordo di un altra situazione simile, anche se questa altra situazione non riguardava direttamente noi. Anche il suono o la scrittura delle parole con le quali un evento è ricordato può creare le altre associazioni, apparentemente sconnesse, ma in realtà spesso utili alla rievocazione di un ricordo. Le associazioni possono essere molteplici ed infniti: più deboli e più forti, più "significative" e "meno significative". Proprio grazie a questa potenzialmente enorme rete dei ricordi che aiutano uno a ricordare l'altro, basandosi sulle associazioni, i ricordi "rimangono" nella memoria "semantica" più solidamente e possono essere rievocati tramite più vie. Dall'altra parte, in tale sistema molti ricordi, sono a sua volta anche un "tramite" per gli altri e devono loro facile "ricordabilità" al significato degli altri ricordi.
Secondo una delle teorie, appartenente tradizionalmente, alla scuola di pensiero psicoanalitico, la nostra psiche tende a censurare i nostri ricorsi in base a quanto sono tollerabili o meno per la nostra consapevolezza. Basandosi su questa teoria, si ipotizza che molti vissuti od eventi che non riusciamo a ricordare non sono cancellati, ma modificati, essendo rappresentati dagli altri ricordi, apparentemente meno significativi e meno traumatici, che sono meno significativi, ma in compenso più tollerabili. Tale teoria non contraddice ma può essere complementare con quello che ho scritto prima rispetto alla rete associativa.
Questa "rete associativa", nei tentativi di teoretizzazione di alcuni psicologi cognitivisti, è stata paragonata alla rete di comunicazione che unisce i numerosi neuroni del nostro sistema nervoso centrale. In realtà, le nostre capacità riflessive, associative e di rievocazione dei ricordi dipendono dalla capacità dei nostri neuroni di interagire fra di loro. Ogni neurone è in connessione con molti altri neuroni tramite le microstrutture presenti sulla propria superficie (assoni e dendriti). Vivendo, non aumenta la quantità dei neuroni, ma aumenta la complessità delle relazioni fra di loro, la complessità di queste microstrutture di "comunicazione", pari passo con l'esposizione alle nuove esperienze ed alla nostra elaborazione mentale di queste. Gli stress (psichici, ma anche fisici e metabolici) ed anche le malattie che compromettono la salute e la nutrizione dei neuroni possono compromettere tali microstrutturee far diventare i neuroni più "limitati" nelle proprie potenzialità, comprese quelle necessarie per una buona memoria.
Inoltre, quello che ho dimenticato a scriverLe (ma se ricordassi tutto, avrei dovuto scrivere un trattato) è che, sebbene nella memoria degli adulti il principio basato sul significato è dominante, non è l'unico suo meccanismo: è basata, ad esempio anche sul principio cronologico, indipendente da quello "semantico". Vuol dire che, a prescindere del significato, ricordiamo le cose anche in base alla loro successione cronologica. In questa catena cronologica i ricordi più vivi non sono necessariamente quelli più significativi dal punto di vista semantico. Alcune sperimentazioni hanno da tempo dimostrato che, ad esempio, di una sequenza degli stimoli, ricordiamo meglio quelli che sono stati presentati all'inizio e quelli che sono stati presentati alla fine, mentre ricordiamo peggio quelli in mezzo.
Un'altro fattore che contribuisce ad una maggiore ricordabilità è se uno stimolo (od evento) è contrastante, discorde o nuovo rispetto a quegli presentati prima. Indipendentemente dal significato.
Inoltre, alcune esperienze anche importanti ma codificate con le modalità più "primitive" (basati sulle caratteristiche percettive o emotive dello stimolo) possono non essere ricordate non come tali, ma tramite i nessi associativi o cronologici i quali però possono non trasmettere il significato esatto.
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 5.6k visite dal 04/08/2012.
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