Esiti di intervento di laminectomia l5-s1
Dist.mo Dr. Migliaccio,
seguo con interesse le sue risposte e già in passato ho avuto modo di porle qualche parere per il caso clinico che mi interessa personalmente.
Purtroppo sono passati due anni, due anni di continui accertamenti (TAC rachide lombo-sacrale, RMN lombo-sacrale con mdc ripetuta tre volte, elettromiografia arti inferiori ripetuta quattro volte) e visite neurochirurgiche di professionisti ben accreditati ma, il problema non è stato nè capito nè risolto.
In sintesi: operato circa 12 anni fa di laminectomia L5-S1 a sx , da circa due anni non posso più mettermi sulla punta del piede sx e sento la gamba, dal cavo popliteo in giù, addormentata internamente, torpida, come se avessi un fil di ferro che stringe sotto il ginocchio e alla caviglia.Presenti segni di denervazione ai muscoli della gamba (RMN+Elettromiografia).
Le indagini di RMN con mdc lombo-sacrali (ripetute tre volte in tutto questo tempo trascorso) evidenziano modestissima fibrosi a carico dellaa radice S1 a sx e secondo i neurochirurghi consultati non tale da giustificare alcun intervento.
Data la scarsità di fibrosi in S1 è stata ipotizzata una sindrome compressiva a carico del cavo popliteo (sindrome dello SPE), ma anch'essa scartata a seguito della RMN senza mdc e di due ecografie del cavo popliteo.
Riassumendo, non cause determinanti a carico del rachide nè as acrico del cavo popliteo.
Risultato: si continua a brancolare nel buio, ma io da due anni ho un andatura claudicante divenuta insopportabile.
A tutto questo si è aggiunta una documentata neuropatia sdensitivo-motoria (documentata all'elettromiografia)
Capisco che chiederle un parare a distanza e senza poter vedere le immagini dei differenti dischetti è utopistico.
Vorrei però chiederle una cosa: vista la scarsità di tessuto fibrotico-cicatriziale a livello di S1, nell'ipotesi comunque da non scartare di una qualche compressione dello SPE o di altre terminazioni nervose del cavo popliteo, quali altre indagini potrei fare a livello di cavo polpliteo?
E se ci fosse un piccolo neurinoma che comprime come si potrebbe scoprire?
Dico questo perche una mia amica che aveva disturbi invalidanti ad una gamba aveva un neurinoma che comprimeva lo sciatico, ma i neurochirurghi consultati cercavano nel rachide ciò che invece non c'era.
Grato per l'attenzione e per il tempo che mi dedicherà, in attesa di un suo parere, invio distinti saluti.
seguo con interesse le sue risposte e già in passato ho avuto modo di porle qualche parere per il caso clinico che mi interessa personalmente.
Purtroppo sono passati due anni, due anni di continui accertamenti (TAC rachide lombo-sacrale, RMN lombo-sacrale con mdc ripetuta tre volte, elettromiografia arti inferiori ripetuta quattro volte) e visite neurochirurgiche di professionisti ben accreditati ma, il problema non è stato nè capito nè risolto.
In sintesi: operato circa 12 anni fa di laminectomia L5-S1 a sx , da circa due anni non posso più mettermi sulla punta del piede sx e sento la gamba, dal cavo popliteo in giù, addormentata internamente, torpida, come se avessi un fil di ferro che stringe sotto il ginocchio e alla caviglia.Presenti segni di denervazione ai muscoli della gamba (RMN+Elettromiografia).
Le indagini di RMN con mdc lombo-sacrali (ripetute tre volte in tutto questo tempo trascorso) evidenziano modestissima fibrosi a carico dellaa radice S1 a sx e secondo i neurochirurghi consultati non tale da giustificare alcun intervento.
Data la scarsità di fibrosi in S1 è stata ipotizzata una sindrome compressiva a carico del cavo popliteo (sindrome dello SPE), ma anch'essa scartata a seguito della RMN senza mdc e di due ecografie del cavo popliteo.
Riassumendo, non cause determinanti a carico del rachide nè as acrico del cavo popliteo.
Risultato: si continua a brancolare nel buio, ma io da due anni ho un andatura claudicante divenuta insopportabile.
A tutto questo si è aggiunta una documentata neuropatia sdensitivo-motoria (documentata all'elettromiografia)
Capisco che chiederle un parare a distanza e senza poter vedere le immagini dei differenti dischetti è utopistico.
Vorrei però chiederle una cosa: vista la scarsità di tessuto fibrotico-cicatriziale a livello di S1, nell'ipotesi comunque da non scartare di una qualche compressione dello SPE o di altre terminazioni nervose del cavo popliteo, quali altre indagini potrei fare a livello di cavo polpliteo?
E se ci fosse un piccolo neurinoma che comprime come si potrebbe scoprire?
Dico questo perche una mia amica che aveva disturbi invalidanti ad una gamba aveva un neurinoma che comprimeva lo sciatico, ma i neurochirurghi consultati cercavano nel rachide ciò che invece non c'era.
Grato per l'attenzione e per il tempo che mi dedicherà, in attesa di un suo parere, invio distinti saluti.
[#1]
Egr. signore,
La ringrazio della considerazione che ha di me, ma non ho alcun modo di esserLe utile a distanza.
Le indagini diagnostiche strumentali si fanno dopo una accurata visita medica dalla quale dovrebbe emergere il sospetto diagnostico e la sede di una eventuale patologia. Le indagini radiologiche o di altro tipo servono non per cercare la diagnosi, ma per confermarla o smentirla.
Dai sintomi che riferisce e visto il pregresso intervento, intuisco che il problema verosimilmente riguarda il tessuto cicatriziale a livelo di S1.
Se la sintomatologia è congrua e invalidante, non è importante la "quantità" di tessuto cicatriziale, ma la sua presenza.
Una volta accertato questo va valutata la possibilità di una decompressione delle radice con la lisi delle aderenze.
A distanza più di questo non saprei cosa consigliare.
Resto però disponibile per quel che posso.
Cordialmente
La ringrazio della considerazione che ha di me, ma non ho alcun modo di esserLe utile a distanza.
Le indagini diagnostiche strumentali si fanno dopo una accurata visita medica dalla quale dovrebbe emergere il sospetto diagnostico e la sede di una eventuale patologia. Le indagini radiologiche o di altro tipo servono non per cercare la diagnosi, ma per confermarla o smentirla.
Dai sintomi che riferisce e visto il pregresso intervento, intuisco che il problema verosimilmente riguarda il tessuto cicatriziale a livelo di S1.
Se la sintomatologia è congrua e invalidante, non è importante la "quantità" di tessuto cicatriziale, ma la sua presenza.
Una volta accertato questo va valutata la possibilità di una decompressione delle radice con la lisi delle aderenze.
A distanza più di questo non saprei cosa consigliare.
Resto però disponibile per quel che posso.
Cordialmente
[#2]
Lo stimato collega Migliaccio mi ha preceduto nella risposta che, naturalmente, ricalca quella che è stata appena fornita.
La sindrome da aderenze cicatriziali peri-radicolari è indipendente dal "quantitativo" di tessuto connettivo in quanto non è legata ad effetto compressivo (come accade per il disco erniato) ma ad effetto costrittivo. Ovviamente, la valutazione di tali esiti deve sempre essere vagliata attraverso l'esame clinico - come correttamente dice il Collega Giovanni Migliaccio - e supportata da eventuali indagini strumentali.
Cordialmente
La sindrome da aderenze cicatriziali peri-radicolari è indipendente dal "quantitativo" di tessuto connettivo in quanto non è legata ad effetto compressivo (come accade per il disco erniato) ma ad effetto costrittivo. Ovviamente, la valutazione di tali esiti deve sempre essere vagliata attraverso l'esame clinico - come correttamente dice il Collega Giovanni Migliaccio - e supportata da eventuali indagini strumentali.
Cordialmente
Dott. Mauro Colangelo, Neurochirurgo/Neurologo
maurocolang@gmail.com
www.colangeloneurologo.it
[#3]
Utente
Ch.mo Dott. MIgliaccio,
la ringrazio per la cortese risposta ; la sintomalogia riferita a carico della gamba sx risulta essere "invalidante" in quanto oltre alla andatuira zoppicante la gamba la sento addormentata dentro (polpaccio e zona plantare in particolar modo); impossibile mettermi sulla punta del piede sx.
Lei suggerisce di valutare la possibilità di una lisi delle aderenze, cosa che a questo punto potrebbe trovare fondamento.
Mi chiedo tuttavia come mai un neurochirurgo di chiara fama che ho consultato ,abbia scartato questa possibilità dicendo che gli effetti a distanza di tempo di una lisi sono notoriamente transitori e i rischi non sono da trascurare (vista la scarsità di tessuto cicatriziale su cui intervenire).
Mi consenta ancora un'ultima domanda: se la causa del mio problema all agamba non fosse solo riconducibile a tale esiguo tessuto fibrotico presente, ma fosse dovuta al restringimento del forame da cui esce la radica S1 (per fatti artrosici) ci sarebbe la possibilità di "allargarlo" chirurgicamente? con quali rischi potenziali?
Molto grato per l'attenzione , invio distinti saluti
la ringrazio per la cortese risposta ; la sintomalogia riferita a carico della gamba sx risulta essere "invalidante" in quanto oltre alla andatuira zoppicante la gamba la sento addormentata dentro (polpaccio e zona plantare in particolar modo); impossibile mettermi sulla punta del piede sx.
Lei suggerisce di valutare la possibilità di una lisi delle aderenze, cosa che a questo punto potrebbe trovare fondamento.
Mi chiedo tuttavia come mai un neurochirurgo di chiara fama che ho consultato ,abbia scartato questa possibilità dicendo che gli effetti a distanza di tempo di una lisi sono notoriamente transitori e i rischi non sono da trascurare (vista la scarsità di tessuto cicatriziale su cui intervenire).
Mi consenta ancora un'ultima domanda: se la causa del mio problema all agamba non fosse solo riconducibile a tale esiguo tessuto fibrotico presente, ma fosse dovuta al restringimento del forame da cui esce la radica S1 (per fatti artrosici) ci sarebbe la possibilità di "allargarlo" chirurgicamente? con quali rischi potenziali?
Molto grato per l'attenzione , invio distinti saluti
[#4]
Utente
Ch.mo Dott. Colangelo,
desidero ringraziare anche Lei per la Sua risposta che credo precisi un aspetto importante circa l'effetto costrittivo delle aderenze radicolari piuttosto che l'effetto compressivo nel determinismo della sintomatologia in oggetto.
In tal caso una eventuale neurolisi è praticabile ? Ci sarebbero rischi derivanti da tale metodica?
Ringraziando per l'attenzione, distinti saluti
desidero ringraziare anche Lei per la Sua risposta che credo precisi un aspetto importante circa l'effetto costrittivo delle aderenze radicolari piuttosto che l'effetto compressivo nel determinismo della sintomatologia in oggetto.
In tal caso una eventuale neurolisi è praticabile ? Ci sarebbero rischi derivanti da tale metodica?
Ringraziando per l'attenzione, distinti saluti
[#5]
Caro signore,
io non so di che consistenza è la fibrosi, se concomita un forame radicolare stretto, aspetti che si possono valutare guardando le immagini radiologiche.
La lisi delle aderenze, la foraminotomia (si amplia il forame) sono manovre chirurgiche del tutto di routine in mani esperte.
Non discuto le convinzioni del collega che non ritiene risolutivo un intervento di neurolisi. Io ho esperienza differente, anche se la certezza di un buon esito di un intervento nessuno può averla a priori, ma come anche la certezza di un fallimento.
io non so di che consistenza è la fibrosi, se concomita un forame radicolare stretto, aspetti che si possono valutare guardando le immagini radiologiche.
La lisi delle aderenze, la foraminotomia (si amplia il forame) sono manovre chirurgiche del tutto di routine in mani esperte.
Non discuto le convinzioni del collega che non ritiene risolutivo un intervento di neurolisi. Io ho esperienza differente, anche se la certezza di un buon esito di un intervento nessuno può averla a priori, ma come anche la certezza di un fallimento.
[#6]
Egregio Signore,
in tanti anni di pratica neurochirurgica, tanto il mio Collega Migliaccio che io abbiamo imparato che, tranne ben limitati casi, l'indicazione assoluta al trattamento chirurgico ben di rado esiste come tale. E' sempre necessario commisurare il fatto patologico individuato al suo contesto clinico, ivi includendo le indagini strumentali. Comunque, l'assioma che deve governare qualsiasi decisione è costantemente "primum non nocere".
Sembra che non le abbia risposto, invece ho inteso dirle che la con la sola descrizione anamnestica del suo problema non saremo mai, Migliaccio ed io o chiunque altro, pienamente consapevoli della realtà clinica che è la sola che muove, alla fine, ad un indirizzo terapeutico appropriato.
Cordialmente
in tanti anni di pratica neurochirurgica, tanto il mio Collega Migliaccio che io abbiamo imparato che, tranne ben limitati casi, l'indicazione assoluta al trattamento chirurgico ben di rado esiste come tale. E' sempre necessario commisurare il fatto patologico individuato al suo contesto clinico, ivi includendo le indagini strumentali. Comunque, l'assioma che deve governare qualsiasi decisione è costantemente "primum non nocere".
Sembra che non le abbia risposto, invece ho inteso dirle che la con la sola descrizione anamnestica del suo problema non saremo mai, Migliaccio ed io o chiunque altro, pienamente consapevoli della realtà clinica che è la sola che muove, alla fine, ad un indirizzo terapeutico appropriato.
Cordialmente
[#7]
Utente
Dist.mo Dott. Migliaccio,
nel ringraziarLa ancora per l'attenzione dedicatami,
prendo atto della importante considerazione conclusiva nella Sua rispostach e mi incoraggia a proseguire sulla via di un eventuale intervento chirurgico.
Tuttavia mi permane un dubbio:eventualmente, è un intervento da effettuarsi come "intervento di neurochirurgia mininvasiva (quali centri i centri d'eccellenza in Italia a riguardo?) o un intervento di ch. tradizionale?
In considerazione della mia età ancora relativamente "giovane" non vorrei a priori mettere da parte la speranza di poter ritornare a camminare come una persona normale.
Ancora molte grazie e molte cordialità.
nel ringraziarLa ancora per l'attenzione dedicatami,
prendo atto della importante considerazione conclusiva nella Sua rispostach e mi incoraggia a proseguire sulla via di un eventuale intervento chirurgico.
Tuttavia mi permane un dubbio:eventualmente, è un intervento da effettuarsi come "intervento di neurochirurgia mininvasiva (quali centri i centri d'eccellenza in Italia a riguardo?) o un intervento di ch. tradizionale?
In considerazione della mia età ancora relativamente "giovane" non vorrei a priori mettere da parte la speranza di poter ritornare a camminare come una persona normale.
Ancora molte grazie e molte cordialità.
[#8]
Anche per scegliere la tecnica chirurgica più idonea sono necessarie valutazioni cliniche e radiologiche.
Le cosiddette tecniche miniinvasive hanno una propria indicazione e non possono essere routinariamente applicate.
In ogni caso le attuali tecniche di chirurgia della colonna vertebrale, in particolar modo per gli interventi su uno o due spazi, sono tutti di scarsa invasività in quanto si utilizza la tecnica microchirurgica con l'uso del microscopio che, tra l'altro, consente un miglior controllo delle sedi anatomiche sottoposte all'aggressione chirurgica.
Cordialmente
Le cosiddette tecniche miniinvasive hanno una propria indicazione e non possono essere routinariamente applicate.
In ogni caso le attuali tecniche di chirurgia della colonna vertebrale, in particolar modo per gli interventi su uno o due spazi, sono tutti di scarsa invasività in quanto si utilizza la tecnica microchirurgica con l'uso del microscopio che, tra l'altro, consente un miglior controllo delle sedi anatomiche sottoposte all'aggressione chirurgica.
Cordialmente
Questo consulto ha ricevuto 8 risposte e 2.3k visite dal 28/07/2018.
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