Sciatalgia in protrusione discale

Buongiorno,
dopo aver chiesto un consulto qualche mese fa, sono ad aggiornare la situazione e chiedere un ulteriore parere.
Da novembre 2013 ho avuto ripetuti episodi di dolore lombare in punto molto preciso all'altezza l4 l5 a dx. Dolore quasi puntorio ("chiodo nella schiena"), nessuna estensione agli arti, raramente lombalgia bilaterale. Fatta risonanza si riportava minima protrusione discale l4 l5 con minimo impegno intraforaminale a dx. Inoltre live sinovite delle faccette articolari l4 l5. inizio di disidratazione nel disco l4 l5. (ma le immagini non fanno vedere un black disc, semmai un disco alto, leggermente più scuro degli altri)
Recatomi da neurochirurgo veniva dato peso all'iniziale disidratazione e mi si indicava trattamento conservativo eventualmente pensando ad una artrodesi con gabbiette. Terrorizzato ho fatto cicli di idrokinesiterapia, posturale individuale, tecar, 2 infiltrazioni peridurali. Un secondo ortopedico vertebrale da me interpellato dava più importanza alle faccette e si faceva a fine giugno infiltrazione tac guidata delle faccette (con cortisone).
Risultato: a partire da fine luglio sento che il dolore lombare sparisce e dopo una settimana di tregua a fine luglio inizia sciatalgia gamba sx tuttora in corso!
Ricontatto il neurochirurgo che mi fa rifare RMN: lieve protrusione discale l4 l5 mediana posteriore con impegno intraforaminale bilaterale. Minima impronta sul sacco durale. Ora il neurochirurgo (lo stesso di prima) mi dice che: i) lo scenario è cambiato, ii) l'artrodesi è da escludere, iii) viene descritta a voce una situazione di "inizio di ernia" non acora da operare, iv) mi da una serie di medicine e v) dice di rivedersi a settembre (probabilmente per valutare l'intervento, microdiscectomia?)
Vorrei chiedervi, se possibile quanto segue:
come è possibile che solo oggi si parli di inizio di ernia? Leggendo i referti delle risonanze mi sembra siano descritte situazioni identiche, da profano ho guardato le immagini ma morfologicamente mi sembrano davvero uguali/simili (d'altro canto i referti mi sembrano simili). Cioè finchè avevo dolore lombare veniva imputato il disco pseudo degenerato (ripeto lieve disidratazione e e disco alto), ora con la sciatalgia è responsabile la protrusione/inizio di ernia, mai additata prima?
E' consigliabile un intervento per le piccole protrusioni/inizio di ernia? Nonostante abbia fatto 9 gg di voltaren e abbia iniziato da 2gg terapia con deflan 30mg (da portare avanti per 5gg, poi 5gg a 15mg, poi 5gg a 7.5mg) non noto grosse remissioni. La sciatalgia in alcuni giorni si alleggerisce poi ritorna punto a capo dietro coscia, ginocchio e qualche vlta polpaccio). Il mio timore è che essendo una piccola protrusione non si verifichi quell'effetto di riassorbimento che vi è per le grandi ernie. Cosa vi sentite di consigliarmi? di nuovo fisioterapia? ozono? Chiedere a voce più forte un intervento?

Sono molto sconsolato. Ho veramente paura dopo 8 mesi di dolore lombare me ne aspettino minimo altrettanti di sciatalgia e che in realtà non si stia affrontando la causa.
Vi ringrazio per qualunque suggerimento alle domande che ho fatto. Grazie

[#1]
Dr. Vincenzo Della Corte Neurochirurgo 7.1k 247
Le ho risposto personalmente nel precedente consulto e mi pare di avere ben intuito il da farsi illustarndolo nella mia risposta.
Comunque, come ha detto Lei "da profano", vale la pena visionare le due rmn e valutare la corrispondenza immagini con i disturbi clinici del paz.
Ozono....non direi proprio che possano svogere un ruolo favorevole.
Cordialità

Dr. Della Corte: vincenzodellacortemi@libero.it
Case di Cura: La Madonnina Milano-02/50030013
Le Betulle Appiano Gentile (Co) 031/973311

[#2]
Utente
Utente
grazie dottore per la solerte risposta. Si, lei mi aveva dato una risposta nel senso dell'intervento, ma è il nesso che non capisco. Nel senso: è metodica comune indicare la disidratazione come causa principale del solo dolore lombare e invece identificare nella protrusione la causa non appena si instaura la sciataglia?
Cioè la sciatalgia fa propendere di più per uno scenario di protrusione piuttosto che di disidratazione?
Tenga conto che altro specialista si riferiva alle faccette, segno che queste benedette immagini non indicando una casua coì evidente.

Una seconda domanda: visto l'instaurarsi della sciatagia è bene attendere ancora per qualche mese o ha senso intervenire presto?
Nel mio caso ho dolore, ma non debolezze o parestesie o limitazioni funzionali

Infine quando lei si riferisce al miniinvasivo, si riferisce ad una discectomia con laser o percutanea (con cannula)? Leggo che sono metodiche non approvate se non in casi di clinical trials, segno che non vi è unanimità di opinione

Grazie ancora
[#3]
Dr. Vincenzo Della Corte Neurochirurgo 7.1k 247
Ho cercato di risponderLe con un lungo nuovo consulto, ma non sono riuscito a spedirglilo nè a salvarlo.
Ora riassumo brevemente.

L'avere un disturbo, tipo compressione di nervi/radici nervose, può significare, quanto meno, l'alterazione del normale stile di vita (con possibili risentimenti sull'attività lavorativa, sulla personalità, sui rapporti familiari...).
Se i disturbi durano da mesi, vi è sicuramente l'indicazione ad un trattamento chirurgico una volta che i consueti accorgimenti conservativi non sortiscono un particolare effetto.
Se i disturbi consistessero in deficit neurologici, ancor più se ingravescenti, concluderei che l'indicazione sia tassativa.

Va, però, valutato il problema anche tenendo conto dei rischi/benefici per cui, ad es., in un paz. con gravi problematiche internistiche bisogna valutare quanto valga la pena intervenire in rapporto al tipo di sintomo rilevato.
Se il Collega, che La ha finora visto, pensava ad un intervento tipo microdiscectomia, o peggio ad una stabilizzazione, può darsi che abbia concluso che i Suoi disturbi non siano così rilevanti da meritare il rischio di un intervento a cielo aperto.
Ma se la posta non vale la candela per un tale trattamento, ben diversa è la situazione se viene impiegata la tecnica mininvasiva che risulta innovativa non solo perchè l'incisione è estremamente limitata normalmente ad alcuni millimetri ed interna ad una piega della cute...(che potrebbe essere un discorso estetico ), ma soprattutto per la via di approccio postero laterale che non influisce assolutamente sulla integrità della parte posteriore della colonna. Sostanzialmente non si intacca il tessuto muscolo-ligamentoso-osseo (cosa che invece accade, pressocchè inevitabilmente, con la tecnica microdiscetomica che è a cielo aperto) e si giunge senza tagliare, dal sottocute in giù, mentre l'atto chirurgico si estrinseca solo e strettamente sul campo operatorio vero e proprio che è in profondità, Tutto viene fatto a cute integra, fatto salvo l'approccio per permettere il passaggio dello strumentario che di norma ha un diametro inferiore ad un centimetro. La visione dell'interno, dove è situatato il campo operatorio vero e proprio e dove giunge la estremità dello strumentario, è assicurata attraverso un monitor che è in grado di fornire, anche istantaneamente, nozione su dove stia lavorando lo strumentario guidato da un Chirurgo che rimane sempre all'esterno del corpo.
Lei si rende conto di quanto siano estremamente inferiori, con la tecnica appena descritta, i rischi e gli effetti collaterali. Ciò significa che le indicazioni all'intervento chirurgico si allargano, non rimanendo più confinati ai casi particolarmente impegnativi, conquistando quello "spazio di nessuno" (come potrebbe essere il Suo caso) che è stato lasciato abbandonato senza che una qualche soluzione di qualsiasi tipo sia mai stata trovata. Anzi, procedendo nella predetta maniera, divengono sempre meno numerosi, fino a tendere ad azzerarsi, i casi complessi o comunque più impegnativi in quanto, risolvendoli agevolmente prima, non si aggravano fino alla "complessità". E', tuttavia, altrettanto vero che anche casi "impegnativi/complessi" vengono risolti con la tecnica mininvasiva con risultati più che soddisfacenti soprattutto per il paziente.
Uno degli effetti collaterali della microdiscectomia può essere la formazione di abbondante fibrosi in sede d'intervento (una delle principali cause dell'eventuale fallimento di tale intervento). Tale evenienza, essendo, fra l'altro, proporzionata alla grandezza del campo operatorio, specie quello interno, finisce per essere un rischio infinitesimale con la tecnica mininvasiva ove il campo è volumetricamente di gran lunga inferiore.
E' vero che anche dopo una microdiscectomia è possibile eseguire un trattamento mininvasivo (le due tecniche non collidono fra di loro anche per la diversa via di approccio dalla cute al campo operatorio vero e proprio), ma proprio per questo, avendo a disposizione due diverse soluzioni, va razionalmente scelta per prima quella meno traumatica e non viceversa.

Credo di avere descritto abbastanza, nel consulto di pochi mesi fa, la tecnica che Le ho consigliato e anche nella mia pagina blog la descrizione, effettuata con intento divulgativo, è ben illustrata, anche se posso rendermi conto che ad un "laico" può non riuscire perfettamente chiara (come non riesce perfettamente chiara un'altra tecnica in qualsiasi campo chirurgico o il meccanismo di azione di un farmaco, nella pratica internistica, nonostante la puntigliosità di un "bugiardino").

Nel corso della tecnica mininvasiva non si fanno cose nuove, si usano procedure e si perseguono obiettivi straconosciuti da tempo. Solo si usano aggressività più contenute con immenso vantaggio, anche nel periodo post-operatorio, per la velocità di ripresa...
Non vengono usati farmaci non conosciuti dalla farmacopea ufficiale nè vengono impiantate protesi ancora prive del crisma dell'ufficialità (anzi di norma non è prevista alcun impianto protesico).
Ma, solo, si impiega un metodo più snello per raggiungere meglio i risultati auspicati.

Con questo, mi rendo conto di non essere stato fortemente sintetico, ma ho cercato di rispondere alle Sue domande.
Ho approfittato delle ferie agostane e, forse, anche della Sua pazienza. La qual cosa mi dispiace.
La saluto cordialmente
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