Tumore,aneurisma e insufficienza renale. cosa si è sbagliato?

Salve, mio marito 73 anni fumatore con varie patologie tra cui enfisema, insufficienza renale cronica ( creatinina stabile sui 3.1 mg, gfr 19), cisti renali di cui una di 20 cm (si venti), e sicuramente un quadro di vasculopatia cerebrale ( mano tremante,spasmi muscolari continui, dimenticarsi spesso le cose, episodi di defecazione a letto) è morto.
Dieci anni fa ebbe un carcinoma vescicale di basso grado non infiltrante al 2 stadio operato con turb e tutto si risolse bene. A distanza di 10 anni a seguito di un lungo periodo di sangue nelle urine, macro ematuria visibile a occhio nudo, riuscimmo a convincerlo ad andare all'ospedale. Da qui inizia il calvario.
Dall'ecografia si vide qualcosa, definita come neoformazione vescicale e viene ricoverato( emoglobina 5,6). Vengono fatte analisi ,continui lavaggi vescicali e anche una tac. Si sarebbe dovuto procedere con una turb , ma tutto viene bloccato quando escono gli esiti della tac che rivela un aneurisma sottorenale di 5,7 cm di larghezza e 8 di lunghezza(dentro un sacco trombotico), che si estendeva anche alle arterie renali ( rispettivamente 3,6 cm e 3 cm). (Dieci anni fa l'aneurisma era di 4,4 cm).L'urologo ha detto chiaramente che non poteva essere toccato al livello chirurgico, e chiese un consulto vascolare, e si è deciso di fare una nuova tac con contrasto ( si sospettava una dissecazione) che sarebbe servita per operarlo di aneurisma. Si decise di operarlo con endoprotesi biforcata .La tac con contrasto venne sconsigliata dal radiologo per la situazione renale, ho cercato di proporre altre situazioni ma era l'unica alternativa o mio padre potevo riportarmelo a casa in quanto non sarebbe stato trattato urologicamente. Cosi ho seguito i medici. In breve nonostante l'intervento sia riuscito, dopo 2 settimane mio marito viene dimesso e viene rimandato a casa, nonostante nella cartella clinica vi era scritto di essere affidato ai colleghi dell'urologia, loro se ne sono lavati le mani dicendo che il paziente non poteva piu essere trattato, perchè nelle sue condizioni in cui perdeva sangue ( infatti aveva un catetere e non ha mai smesso di urinare sangue ) se fosse stato operato sarebbe morto, visto avrebbero dovuto togliere tutta la vescica. Hanno proposto una radioterapia emostatica. Dopo l'operazione è sempre diventato piu debole, mangiava sempre meno, la creatinina sempre rimasta alta, a volte anche piu alta, ma sempre intorno i 3,2, l'azotemia invece alle stelle, sui 200, anche gli altri elettroliti non erano nella norma. La nefrologa disse che i valori non erano tali per la dialisi .Poi smise di mangiare(bocca amara come il veleno), assistenza a casa con flebo per un mese e mori', dopo 2 mesi dall'intervento ,aveva una pupilla dilatata e rimase a occhi aperti agonizzante, poi smise di respirare. Operarlo era necessario? Mio marito è entrato per un tumore ed è morto in tre mesi, ma non per il tumore ( nella tac non vi erano metastasi). Sarebbe vissuto senza intervento?

Cordiali saluti
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Dr. Michele Di Dio Nefrologo 880 32
Gentile signora, mi spiace molto per il calvario che suo marito e lei hanno dovuto passare per la concomitanza di gravi patologie (insufficienza renale, K vescicale, aneurisma aorta addominale). Non saprei dirle quale tra le tre sia stata la peggiore ma sicuramente tutte insieme hanno avuto un ruolo determinante. L'aneurisma, per come lo descrive, era a rischio di morte imminente e necessitava di un primo intervento. La decisione sulla inoperabilità della neoplasia è sempre una valutazione chirurgica legata ai rischi sia legati all'atto chirurgico in se, ma anche al rischio anestesiologico, oltre che prognostico. La insufficienza renale penso sia stata la conseguenza della patologia vescicale ed un intervento di cistectomia radicale avrebbe di certo peggiorato la funzione renale.
Ora non posso dirle altro non conoscendo per certo le condizioni cliniche.
Per certo la concomitanza delle tre patologie, gravi, rendevano il caso assai complesso
Saluti

Dr. Michele Di Dio

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Utente
Utente
Mio marito conosceva bene le patologie che aveva e sapeva pure probabilmente non sarebbe vissuto moltissimo, ma secondo me se non si fosse intervenuto con l'aneurisma ( si era grande, ma dieci anni prima era 4,4 aveva una crescita molto bassa, anche se era a rischio, penso il tumore lo avrebbe ucciso prima), e quindi l'intervento a mio avviso, con la sua situazione renale compromessa, il rischio anestesiologico sarebbe stato giustificato solo in un prospetto lungo di vita. Io penso una terapia conservativa, anche se non risolutiva, avrebbe allungato la vita a mio marito anche se di poco. Se una operazione alla vescica lo avrebbe molto compromesso, figuriamoci l'aneurisma. La cosa migliore sarebbe stata semplicemente una radioterapia per tenere sotto controllo il tumore fin quando comunque non vi era nulla da fare. Molte persone vivono anche molti anni con la radioterapia. Insomma sottoporlo al calvario dell'aneurisma, molto distruttivo per le sue condizioni scadenti, e poi lasciarlo a morire, mi lascia perplesso. Se avesse avuto una dissecazione aortica in atto ovviamente non c'era da discutere, ma dal mio punto di vista hanno operato sottovalutando di molto le condizioni scadenti di mio marito, avrebbero dovuto prevedere dopo un intervento del genere mio marito non si sarebbe piu ripreso, e quindi optare per una terapia conservativa . ( tral'altro le linee guida dicono che l'operazione di aneurisma è sconsigliata in pazienti che hanno piu comorbità associate, soprattutto in presenza di grave insufficienza renale, eta' avanzata, tumori, compromissione polmonare). Avrebbe avuto senso rischiare tutto ciò per salvargli la vita in una situazione di vita o morte, oppure per garantirgli una lunga vita eliminando una bomba ad orologeria nel suo corpo. Ma a mio avviso non era nessuno dei casi. Comunque la ringrazio per la sua risposta. Io ho espresso solo la mia personale opinione e non voglio essere arrogante da affermare sia corretta. Sicuramente condivido il punto che il caso è complesso, e mio padre aveva patologie sicuramente tutte a rischio, ma non riesco a togliermi l'idea che si poteva fare di più. Tutto qua. La ringrazio. Cordiali saluti
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Dr. Michele Di Dio Nefrologo 880 32
Gentile signora, pultroppo parecchie volte mi è capitato di fronteggiare situazioni così complesse. Un elemento comune in tutte è stato quello, appunto, di trovare una soluzione che non fosse solo dettata dall'applicazione di linee guida o delle migliori pratiche mediche, ma anche quella che risultasse la più confacente per quel determinato paziente: cioè "fare la cosa giusta". Ma fare la cosa giusta é anche dare la serenità di dover fare o di aver fatto il meglio che si poteva. E questo non sempre riesce. Ma ciò non vuol dire che non si è tentato. Saluti