Tremore alle palpebre e sopracciglia, fischi e rossore alle orecchie
Salve esimi dottori,
sono un informatico di 40 anni (media di 10 ore al giorno davanti a uno schermo tra pc e cellulare) e da un po' di tempo noto che quando sono sotto stress mi provoca dei tremori di palpebre e sopracciglia.
A questo va associato un riscaldamento e rossore alle orecchie con fischi annessi, raffreddamento degli arti dalle mani alle gambe, come se l'afflusso di sangue si concentrasse solo sulla testa. Contorno di rinforzo, appunto, un simpatico cerchio alla testa (frontale, temporale e occipitale) con dei "brividi" che alle volte addormentano o risvegliano il cervello, a seconda dei momenti.
Dai sintomi fisici passiamo poi alle conseguenze psicosomatiche che sono: dislessia sia nel leggere che nello scrivere, memoria a breve termine ridotta leggera depressione e depersonalizzazione.
Tutto diagnosticato da 2 psichiatri, con risultati RM, EEG, oculistica e otorino tutti negativi. Diagnosi: "sindrome da visione del computer" o CVS, malattia del nuovo millennio, di cui si conosce ancora poco. A questo punto, direi che sono costretto a cambiare lavoro oltre che a cominciare un percorso psicoterapico. Ma ho domande e considerazioni che vi espongo.
Domande:
- questi "danni", espressi come sintomi, sono permanenti? Che rischi ci sono?
- che farmaci consigliate?
- che tipo di percorso psicoterapico consigliate?
Ho sentito parlare bene della bioenergetica, la consigliate?
- quanto tempo si può continuare a lavorare così?
Considerazioni:
- lo sport o una bellissima e lunga passeggiata, la campagna, le belle giornate e la vita sociale sono le UNICHE cose che mi fanno stare meglio.
Ma la considerazione più importante è questa: non essendo sicuramente l'unico che soffre di questi disagi, io definirei questo lavoro come "invalidante" e anche alcuni dei medici consultati concordano, anche medici di base che ad oggi sono costretti a lavorare meno con i pazienti e più con i computer, facendo il proprio lavoro solo emettendo solo ricette online. E ovviamente ciò vale anche per altri lavori. Quindi chiedo a voi, facenti parte di un ordine scientifico, perché non definire e IMPORRE dei limiti sull'utilizzo di questo strumento di lavoro che ormai si sa che tipo di disagi causa? Perché non aggiungere un'indennità economica "di stress" a noi operatori informatici, come per chi lavora col pubblico? Perché non limitare anche questo lavoro fino ad una certa età? Perché non limitare le ore di lavoro giornaliere da 8 a 6, ad esempio?
Io a 40 anni posso ancora reinvetarmi un lavoro, avendo anche forza di volontà e carattere. Ma chi non ha questa personalità, magari a 50 o 60 anni, un mutuo e una famiglia alle spalle, difficilmente cambierà lavoro. Ho dei colleghi che non riescono a decollare con la carriera, e dei colleghi che non riescono ad andare in pensione. Vi rendete conto?
Io penso che lavoratori come noi, in questo campo, sono passati un po' in sordina e meritano ascolto e aiuto.
Grazie
un informatico deluso.
sono un informatico di 40 anni (media di 10 ore al giorno davanti a uno schermo tra pc e cellulare) e da un po' di tempo noto che quando sono sotto stress mi provoca dei tremori di palpebre e sopracciglia.
A questo va associato un riscaldamento e rossore alle orecchie con fischi annessi, raffreddamento degli arti dalle mani alle gambe, come se l'afflusso di sangue si concentrasse solo sulla testa. Contorno di rinforzo, appunto, un simpatico cerchio alla testa (frontale, temporale e occipitale) con dei "brividi" che alle volte addormentano o risvegliano il cervello, a seconda dei momenti.
Dai sintomi fisici passiamo poi alle conseguenze psicosomatiche che sono: dislessia sia nel leggere che nello scrivere, memoria a breve termine ridotta leggera depressione e depersonalizzazione.
Tutto diagnosticato da 2 psichiatri, con risultati RM, EEG, oculistica e otorino tutti negativi. Diagnosi: "sindrome da visione del computer" o CVS, malattia del nuovo millennio, di cui si conosce ancora poco. A questo punto, direi che sono costretto a cambiare lavoro oltre che a cominciare un percorso psicoterapico. Ma ho domande e considerazioni che vi espongo.
Domande:
- questi "danni", espressi come sintomi, sono permanenti? Che rischi ci sono?
- che farmaci consigliate?
- che tipo di percorso psicoterapico consigliate?
Ho sentito parlare bene della bioenergetica, la consigliate?
- quanto tempo si può continuare a lavorare così?
Considerazioni:
- lo sport o una bellissima e lunga passeggiata, la campagna, le belle giornate e la vita sociale sono le UNICHE cose che mi fanno stare meglio.
Ma la considerazione più importante è questa: non essendo sicuramente l'unico che soffre di questi disagi, io definirei questo lavoro come "invalidante" e anche alcuni dei medici consultati concordano, anche medici di base che ad oggi sono costretti a lavorare meno con i pazienti e più con i computer, facendo il proprio lavoro solo emettendo solo ricette online. E ovviamente ciò vale anche per altri lavori. Quindi chiedo a voi, facenti parte di un ordine scientifico, perché non definire e IMPORRE dei limiti sull'utilizzo di questo strumento di lavoro che ormai si sa che tipo di disagi causa? Perché non aggiungere un'indennità economica "di stress" a noi operatori informatici, come per chi lavora col pubblico? Perché non limitare anche questo lavoro fino ad una certa età? Perché non limitare le ore di lavoro giornaliere da 8 a 6, ad esempio?
Io a 40 anni posso ancora reinvetarmi un lavoro, avendo anche forza di volontà e carattere. Ma chi non ha questa personalità, magari a 50 o 60 anni, un mutuo e una famiglia alle spalle, difficilmente cambierà lavoro. Ho dei colleghi che non riescono a decollare con la carriera, e dei colleghi che non riescono ad andare in pensione. Vi rendete conto?
Io penso che lavoratori come noi, in questo campo, sono passati un po' in sordina e meritano ascolto e aiuto.
Grazie
un informatico deluso.
[#1]
Gentile utente,
I sintomi che lei accusa e che la stanno mettendo in seria difficoltà a svolgere il suo lavoro, da quanto lei descrive, nascono dalla nefasta azione combinata della prolungata esposizione alla luce emessa dagli schermi (con forte componente blu, poco naturale e affaticante per la vista) con i fattori stressogeni nella sua attività.
Le problematiche correlate all’uso di dispositivi elettronici in realtà è da tempo studiata. Oggi purtroppo dobbiamo fare i conti con il prolungato uso che, di fatto, impegna i nostri occhi e la nostra mente per gran parte della giornata.
I sintomi che lei lamenta non sono permanenti (lei stesso riferisce di trovare giovamento facendo sport o comunque attività che la allontanano dagli schermi e dalle preoccupazioni).
Non penso siano necessari farmaci (che comunque in questa sede non potrei consigliare).
Le consiglio di rivolgersi ad uno specialista oculista che potrà consigliarle semplici esercizi di rilassamento oculare e ad uno specialista psicologo che saprà certamente aiutarla con la giusta strategia psicoterapeutica.
In ogni caso mi sento di consigliarle non di abbandonare il suo lavoro ma di riorganizzarlo, imponendosi dei limiti nel tempo di esposizione al VDT ed in generale nella durata del suo orario di lavoro per consentirle di mantenere un congruo periodo di tempo per attività ricreative che ha già sperimentato darle beneficio.
La normativa sull’utilizzo delle apparecchiature munite di VDT sul lavoro esiste (dlgs 81/08 titolo VII) e prevede specifici limiti di utilizzo ed impone l’utilizzo di attrezzature tali da minimizzare i rischi. Purtroppo oggi, come dicevo, l’ubiquitaria diffusione del VDT (a lavoro, a casa, in auto, per strada, con gli smartphone, ecc.) rischia di vanificare la prevenzione prevista dalla norma sulla sicurezza sul lavoro.
Cordiali saluti
I sintomi che lei accusa e che la stanno mettendo in seria difficoltà a svolgere il suo lavoro, da quanto lei descrive, nascono dalla nefasta azione combinata della prolungata esposizione alla luce emessa dagli schermi (con forte componente blu, poco naturale e affaticante per la vista) con i fattori stressogeni nella sua attività.
Le problematiche correlate all’uso di dispositivi elettronici in realtà è da tempo studiata. Oggi purtroppo dobbiamo fare i conti con il prolungato uso che, di fatto, impegna i nostri occhi e la nostra mente per gran parte della giornata.
I sintomi che lei lamenta non sono permanenti (lei stesso riferisce di trovare giovamento facendo sport o comunque attività che la allontanano dagli schermi e dalle preoccupazioni).
Non penso siano necessari farmaci (che comunque in questa sede non potrei consigliare).
Le consiglio di rivolgersi ad uno specialista oculista che potrà consigliarle semplici esercizi di rilassamento oculare e ad uno specialista psicologo che saprà certamente aiutarla con la giusta strategia psicoterapeutica.
In ogni caso mi sento di consigliarle non di abbandonare il suo lavoro ma di riorganizzarlo, imponendosi dei limiti nel tempo di esposizione al VDT ed in generale nella durata del suo orario di lavoro per consentirle di mantenere un congruo periodo di tempo per attività ricreative che ha già sperimentato darle beneficio.
La normativa sull’utilizzo delle apparecchiature munite di VDT sul lavoro esiste (dlgs 81/08 titolo VII) e prevede specifici limiti di utilizzo ed impone l’utilizzo di attrezzature tali da minimizzare i rischi. Purtroppo oggi, come dicevo, l’ubiquitaria diffusione del VDT (a lavoro, a casa, in auto, per strada, con gli smartphone, ecc.) rischia di vanificare la prevenzione prevista dalla norma sulla sicurezza sul lavoro.
Cordiali saluti
Dr. Domenico Spinoso
Medico del Lavoro
[#2]
Utente
Grazie della celere risposta dottor Spinoso,
l'anno scorso mi hanno consigliato il Brintellix in 15mg e del Mavosten per rinforzare i nervi. La visita oculistica completa ha già dato una diagnosi negativa, manca solo un OCT, che credo farò comunque.
Ma il problema non si risolve con nessuno di questi farmaci che ormai prendo da diversi mesi, né con psicoterapia durata un anno, dove mi si spostava l'attenzione sulla vita sociale, presunti problemi di relazione con genitori o del narcisismo lavorativo. Invece il mio problema è decisamente meccanico: accendo il computer, provo a lavorarci, sto progressivamente male. Al termine della mia "sessione di lavoro" i sintomi rientrano molto lentamente, ma la miochimia rimane, persino la mattina appena sveglio. Le cose si calmano solo se intanto mi alzo dalla postazione e penso/faccio altro.. di reale. Credo di aver quasi sviluppato un rifiuto del computer e di "comunicare" con esso. Preferisco insomma, rapporti e lavori più umani, che alimentano il mio lato sociale e umano,
Ora mi sto spostando sulla bioenergetica (per quello infatti chiedevo un parere) ma l'uso costante del dispositivo, soprattutto in "multitasking" (quindi io che fccio più cose contemporamente), per più di un'ora consecutiva, mi continua a creare problemi e questo l'azienda non credo che lo accetterà. Credo che mi intimerà le dimissioni, ma ovviamente combatterò per il mio salario.
Come consiglia di comportarmi?
l'anno scorso mi hanno consigliato il Brintellix in 15mg e del Mavosten per rinforzare i nervi. La visita oculistica completa ha già dato una diagnosi negativa, manca solo un OCT, che credo farò comunque.
Ma il problema non si risolve con nessuno di questi farmaci che ormai prendo da diversi mesi, né con psicoterapia durata un anno, dove mi si spostava l'attenzione sulla vita sociale, presunti problemi di relazione con genitori o del narcisismo lavorativo. Invece il mio problema è decisamente meccanico: accendo il computer, provo a lavorarci, sto progressivamente male. Al termine della mia "sessione di lavoro" i sintomi rientrano molto lentamente, ma la miochimia rimane, persino la mattina appena sveglio. Le cose si calmano solo se intanto mi alzo dalla postazione e penso/faccio altro.. di reale. Credo di aver quasi sviluppato un rifiuto del computer e di "comunicare" con esso. Preferisco insomma, rapporti e lavori più umani, che alimentano il mio lato sociale e umano,
Ora mi sto spostando sulla bioenergetica (per quello infatti chiedevo un parere) ma l'uso costante del dispositivo, soprattutto in "multitasking" (quindi io che fccio più cose contemporamente), per più di un'ora consecutiva, mi continua a creare problemi e questo l'azienda non credo che lo accetterà. Credo che mi intimerà le dimissioni, ma ovviamente combatterò per il mio salario.
Come consiglia di comportarmi?
[#3]
Gentile utente,
Non saprei proprio cosa consigliarle da un punto di vista psicoterapeutico salvo che di chiedere un consiglio nella sezione specifica di questo sito. Non ho peraltro alcuna esperienza con la bioenergetica.
Da un punto di vista lavorativo le consiglio questo:
Richieda al suo datore di lavoro di essere sottoposto ad una visita medica straordinaria ex art. 41 comma 1 lettera b del dlgs. 81/08 da parte del medico competente aziendale. A lui descriva tutti i suoi sintomi e le circostanze che li determinano e porti alla sua osservazione tutta la documentazione sanitaria relativa in suo possesso.
Certamente il medico competente prenderà i dovuti provvedimenti relativamente all’organizzazione del suo lavoro (impegno al vdt, pause, ecc.) in modo da provare a risolvere o mitigare i suoi sintomi.
Ove il giudizio del medico competente non dovesse trovarla d’accordo può proporre ricorso, entro 30 giorni, all’organo di vigilanza della asl competente per territorio ex art. 41 comma 9 del dlgs. 81/08.
Cordiali saluti
Non saprei proprio cosa consigliarle da un punto di vista psicoterapeutico salvo che di chiedere un consiglio nella sezione specifica di questo sito. Non ho peraltro alcuna esperienza con la bioenergetica.
Da un punto di vista lavorativo le consiglio questo:
Richieda al suo datore di lavoro di essere sottoposto ad una visita medica straordinaria ex art. 41 comma 1 lettera b del dlgs. 81/08 da parte del medico competente aziendale. A lui descriva tutti i suoi sintomi e le circostanze che li determinano e porti alla sua osservazione tutta la documentazione sanitaria relativa in suo possesso.
Certamente il medico competente prenderà i dovuti provvedimenti relativamente all’organizzazione del suo lavoro (impegno al vdt, pause, ecc.) in modo da provare a risolvere o mitigare i suoi sintomi.
Ove il giudizio del medico competente non dovesse trovarla d’accordo può proporre ricorso, entro 30 giorni, all’organo di vigilanza della asl competente per territorio ex art. 41 comma 9 del dlgs. 81/08.
Cordiali saluti
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 1.6k visite dal 16/02/2020.
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